N. 02220/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00540/2012 REG.RIC.
N. 00540/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 540 del 2012, proposto da:
Edoardo Crimi, rappresentato e difeso dagli avv. Giorgia Crimi, Basilio Iuculano, con domicilio eletto presso avv. Basilio Iuculano, in Catania, via Bologna, 17;
contro
Comune di Acicastello, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanna Miano, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar;
per l'accesso
agli atti riguardanti il procedimento di accertamento di un abuso edilizio a seguito di denuncia;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Acicastello;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Col ricorso in epigrafe il ricorrente Crimi Edoardo contesta il diniego di accesso agli atti amministrativi ex L. 241/90 oppostogli dal Comune di Acicastello con la nota prot. 514/PM del 30 gennaio 2102 emessa dalla Polizia Municipale. In dettaglio, con istanza del 19 gennaio 2012 il ricorrente aveva richiesto all’amministrazione comunale di acquisire copia degli atti concernenti l’attività di accesso e sopralluogo espletata dalla Polizia Municipale nel suo immobile a seguito di segnalazione di abuso edilizio fatta da terzi; il Comando VV.UU. ha respinto l’istanza, con la suddetta nota del 30 gennaio, affermando che gli accertamenti svolti riguardano attività di polizia giudiziaria i cui esiti sono stati trasmessi con comunicazione di notizia di reato del 25 novembre 2012 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania, e precisando che “la richiesta di accesso debba essere inoltrata direttamente all’Autorità Giudiziaria competente”.
Avverso tale atto il ricorrente è insorto denunciando:
1.- violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 25 della L. 241/90, in quanto il diritto di accesso agli atti amministrativi costituirebbe principio generale dell’attività amministrativa, non comprimibile nemmeno a causa del segreto istruttorio, allorquando il richiedente è animato dall’intento di conoscere i documenti al fine di tutelare la propria sfera soggettiva;
2.- eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di istruttoria, per illogicità ed irrazionalità manifesta;
la censura è rivolta avverso l’iter procedimentale seguito dall’amministrazione comunale, ed il contenuto sostanziale degli atti da essa redatti, laddove vengono qualificati come “abuso edilizio” i lavori effettuati dal ricorrente;
3.- eccesso di potere per contraddizione con manifestazioni di volontà provenienti dalla stessa amministrazione, dal momento che precedenti incontri con organi del Comune avevano indotto il ricorrente a ritenere - in origine - che nessun titolo abilitativo fosse necessario per l’attività da intraprendere, e – successivamente, a lavori completati - che comunque nessuna violazione edilizia fosse stata riscontrata.
In conclusione, il ricorrente chiede che sia annullato il provvedimento impugnato, ed ordinato all’amministrazione di consentire l’accesso agli atti e documenti richiesti.
Il Comune di Acicastello si è costituito in giudizio per resistere con memoria depositata il 4 giugno 2012, come tale tardiva rispetto all’udienza camerale fissata per il 7 giugno. Di tale atto, pertanto, il Collegio non terrà conto ai fini della decisione.
Il ricorso è, in parte, infondato ed, in parte, inammissibile, e va pertanto respinto.
Il primo motivo, in particolare, si incentra sulla tesi secondo la quale ogni divieto di accesso ai documenti amministrativi deve ritenersi recessivo, ai sensi dell’art. 24, co. 7, della L. 241/90, allorquando la conoscenza degli atti amministrativi sia necessaria al richiedente per curare o per difendere i propri interessi giuridici. La tesi viene supportata attraverso il richiamo a copiosa giurisprudenza amministrativa che esclude l’opponibilità del segreto istruttorio fintanto che gli atti amministrativi siano in possesso della PA e non sia ancora intervenuto un provvedimento di sequestro da parte dell’A.G. penale.
La tesi non convince in quanto l’art. 24 citato dal ricorrente riguarda il diritto di accesso ai documenti amministrativi e non risulta riferibile agli atti di polizia giudiziaria, ossia a quella attività che, a norma dell’art. 55 c.p.p., si sostanzia nel “prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale”.
Se è vero che non ogni denuncia di reato presentata dalla pubblica amministrazione all’autorità giudiziaria costituisce atto coperto da segreto istruttorio penale, potendosi registrare casi in cui la denuncia è presentata dall’amministrazione nell’esercizio delle proprie istituzionali funzioni amministrative, è vero il contrario nei casi in cui la PA agisca nell'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria specificamente attribuitele dall’ordinamento. In tali ultimi casi, gli atti redatti sono soggetti a segreto istruttorio ai sensi dell’art. 329 c.p.p. e conseguentemente sottratti all’accesso ai sensi dell’art. 24, L. n. 241(1990 (v. C. di S., VI, 6117/2008, Tar Abruzzo 112/2009, Tar Cagliari 638/2011). Ciò è quanto si verifica nel caso in esame, nel quale il Comune di Acicastello ha inoltrato alla Procura della Repubblica una comunicazione di notizia di reato ai sensi dell’art. 347 c.p.p. (disciplinante l’“Obbligo di riferire la notizia del reato” da parte della P.G.), che è cosa ben diversa dalla mera “denuncia” presentata dalla PA in quanto soggetto passivo del reato o parte lesa.
Di fronte ad atti di polizia giudiziaria, coperti dal segreto istruttorio ex art. 329 c.p.p., vige il divieto di pubblicazione sancito dall’art. 114 c.p.p. Ciò non significa, tuttavia, che le esigenze di conoscenza di tali atti manifestate dal privato a fini difensivi siano del tutto disconosciute dall’ordinamento. La questione trova regolamentazione nell’art 116 c.p.p., a tenore del quale “Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti”; il delicato compito di valutare e bilanciare le contrapposte esigenze implicate in tali vicende è stato affidato all’A.G. penale, dato che “Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda (…)” (art. 116, co. 2). Dunque, le istanze conoscitivo/difensive del ricorrente troveranno legittimo interlocutore nell’a.g. penale, come indicato nel provvedimento impugnato.
Né può valere a ribaltare le conclusioni appena raggiunte la giurisprudenza citata in ricorso che sembrerebbe attribuire – nell’interpretazione data dal ricorrente - una valenza prevalente all’esigenza conoscitiva manifestata dal privato interessato rispetto agli obblighi di mantenimento del segreto istruttorio. Invero, quelle richiamate sono tutte decisione che riguardano ipotesi di accesso ad atti amministrativi – non, lo si ribadisce, ad atti di polizia giudiziaria – seppur in qualche modo collegati (o riferibili) ad una vicenda di rilievo penale. In tal modo si spiegano i riferimenti del giudice amministrativo alla permanenza della disponibilità degli atti in capo alla PA; ad un eventuale sequestro disposto da parte dell’a.g. penale, che non può certo riguardare gli atti di polizia giudiziaria; al provvedimento di sospensione dei lavori abusivi (che non è atto di p.g.); ai procedimenti ispettivi amministrativi.
Per chiarire questa sottile differenza può essere utile richiamare la vicenda cui si riferisce la seguente massima “Ai sensi dell'art. 329 c.p.p., l'obbligo di segreto nei procedimenti penali riguarda soltanto gli atti di indagine compiuti dal p.m. e dalla polizia giudiziaria, di talché gli atti posti in essere da un'azienda sanitaria locale nell'ambito della sua attività istituzionale sono atti amministrativi, anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti e rimangono tali pur dopo l'inoltro di una denunzia all'autorità giudiziaria; tali atti, dunque, restano nella disponibilità dell'amministrazione fintanto che non intervenga uno specifico provvedimento di sequestro da parte dell'A.g., cosicché non può legittimamente impedirsi, nei loro confronti, l' accesso garantito all'interessato dall'art. 22, l. 7 agosto 1990 n. 241, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all'art. 24, l. n. 241 del 1990” (Tar Salerno 920/2003).
Il primo motivo di ricorso, in conclusione, è infondato.
2.- Il secondo ed il terzo motivo risultano invece inammissibili, in quanto rivolti a contestare sotto il profilo procedimentale e nel merito la decisione dell’amministrazione comunale di qualificare come abuso edilizio i lavori realizzati dal ricorrente. E’ evidente l’errore procedurale insito nell’adoperare il procedimento speciale dell’actio ad exhibendum di cui all’art. 116 c.p.a., per far valere vizi dell’attività amministrativa che nulla hanno a che vedere col regime di ostensibilità dei documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere. Eventualmente, tali presunti vizi potranno essere denunciato con ricorso ordinario, di tipo impugnatorio, ove il procedimento repressivo avviato dal Comune dovesse concludersi con un provvedimento amministrativo definitivo e lesivo (ad. esempio, ingiunzione di demolizione del presunto abuso).
In conclusione, il ricorso non può essere accolto e va respinto; le spese sono regolate dal principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese processuali sostenute dall’amministrazione resistente, liquidate in Euro 1.000 oltre IVA, CPA e spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Biagio Campanella, Presidente
Salvatore Schillaci, Consigliere
Francesco Bruno, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il 20/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)