SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZION III CIVILE
Sentenza 7 agosto 2012, n. 14181
Sentenza 7 agosto 2012, n. 14181
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 16 marzo 2009
il Giudice di pace di Lucca, decidendo secondo equità, ha accolto
l’opposizione proposta da A.S. ex art. 615 cod. proc. civ. avverso la
cartella esattoriale dell’importo di Euro 104,57 emessa dalla Società
Equitalia SRT s.p.a. di Lucca, relativa a verbale di contravvenzione del
C.d.S. e ha condannato l’opposto Comune di Lucca al pagamento delle
spese processuali.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Lucca, svolgendo due motivi.
Ha resistito A.S., depositando controricorso e deducendo l’inammissibilità del ricorso per cassazione.
Motivi della decisione
1.1. Innanzitutto vanno rigettate le
pregiudiziali eccezioni di inammissibilità del ricorso, prospettate sul
presupposto dell’appellabilità a motivi “limitati” ex art. 339 cod.
proc. civ. della sentenza emessa dal giudice di pace e, comunque,
dell’intervenuta acquiescenza da parte del Comune di Lucca alla stessa
sentenza.
1.1. Occorre muovere dalla premessa che,
nella specie, deve farsi applicazione dell’art. 616 cod. proc. civ., nel
testo modificato dalla L. n. 52 del 2006, art. 14 (con decorrenza dal 1
marzo 2006) e antecedente alla L. n. 69 del 2009, art. 58 (che ha reso
nuovamente appellabili le sentenze emesse ex art. 616 cod. proc. civ. a
partire dal 4 luglio 2009), per cui, trattandosi di sentenza ratione
temporis non impugnabile, è ammissibile il ricorso per cassazione ex
art. 111 Cost. in relazione a tutti i motivi di cui all’art. 360 cod.
proc. civ. (art. 360 c.p.c., u.c.), non potendosi ipotizzare la
soggezione al regime dell’appellabilità ai sensi dell’art. 339 cod.
proc. civ..
Va, infatti, ribadito il principio
affermato da Cass. (ord.) n. 14179 del 2008, secondo cui l’art. 616 cod.
proc. civ. (nel testo sostituito, con decorrenza dal 1 marzo 2006,
dalla L. 14 febbraio 2006, n. 52, art. 14, comma 1), nella parte in cui
stabilisce l’inappellabilità delle sentenze pronunciate nei giudizi di
opposizione all’esecuzione (tanto se introdotti prima dell’inizio
dell’esecuzione, e quindi sotto forma di opposizione a precetto, quanto
se introdotti dopo), è norma speciale (e, perciò, derogativa) rispetto
all’art. 339 cod. proc. civ., comma 3, che sancisce, invece, in via
generale l’appellabilità limitata delle sentenze pronunciate dal giudice
di pace secondo equità. Ne consegue che la sentenza pronunciata dal
giudice di pace in tema di opposizione all’esecuzione sfugge alla regola
di cui al cit. art. 339 cod. proc. civ. ed è, di conseguenza, sempre
inappellabile (nel regime ante D.Lgs. n. 40 del 2006), anche se
pronunciata secondo equità.
1.2. E’ infondata anche l’altra eccezione
di inammissibilità formulata sul presupposto del volontario adempimento
della sentenza, per effetto dell’avvenuto sgravio dal ruolo del verbale
esecutivamente azionato. Invero l’acquiescenza alla pronuncia,
preclusiva della impugnazione ex art. 329 c.p.c., consiste
nell’accettazione della sentenza, cioè nella manifestazione da parte del
soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia
in forma espressa, che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza può
ritenersi sussistente solo in presenza di un atteggiamento univocamente
incompatibile con la volontà di avvalersi della impugnazione, quale non
può essere l’esecuzione volontaria di una sentenza di appello, anche se
alla spontanea esecuzione provveda la P.A., soggetta anch’essa
all’aggravio di spese derivanti da una eventuale azione esecutiva (così
Cass. 24 novembre 2000, n. 15212 che, in una fattispecie similare, ha
escluso che sia circostanza indicativa in forma univoca della volontà di
accettare la sentenza, lo sgravio, disposto dall’amministrazione
finanziaria degli importi in contestazione, iscritti a ruolo e non
pagati).
2. Il thema decidendum è incentrato
sull’estinzione o meno dell’obbligazione derivante da contravvenzione
amministrativa e, correlativamente, sulla possibilità o meno
dell’Amministrazione di azionare in excutivis il verbale di
contravvenzione in conseguenza del pagamento della sanzione in misura
ridotta, che seppure effettuato entro il previsto termine di 60 gg. di
cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 202 (“nuovo codice della
strada”, di seguito C.d.S.), non è stato accompagnato dal pagamento
delle spese di notifica.
Il Giudice di pace ha dato risposta
negativa al suddetto quesito, muovendo dalla considerazione che l’art.
203 C.d.S., comma 3 prevede che il verbale costituisce titolo esecutivo
per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa
edittale e per le spese del procedimento soltanto nell’ipotesi di
mancato o ritardato pagamento della sanzione in misura ridotta (senza
fare alcun riferimento alle spese postali) e dall’ulteriore rilievo che
il pagamento effettuato in misura inferiore “rispetto a quanto previsto
dal codice” di cui all’art. 389 reg. C.d.S., è unicamente il pagamento
dell’importo della sanzione amministrativa di cui all’art. 202 C.d.S.,
comma 1.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si
denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 201, 202 e 203
C.d.S. e dell’art. 389 reg. C.d.S. (art. 360 c.p.c., n. 3). A tal
riguardo parte ricorrente deduce il carattere unitario dell’obbligazione
(spese di accertamento, notifica e sanzione) da assolversi entro
l’unico termine di scadenza, con la conseguenza che l’incompleto
pagamento impone, a norma dell’art. 389 reg. C.d.S., di iscrivere a
ruolo una somma calcolata secondo i criteri ivi specificati.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si
denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1194 cod. civ. (art.
360 c.p.c., n. 3). A tal riguardo il ricorrente lamenta che la decisione
impugnata si fondi su una premessa errata e cioè sull’avvenuta
estinzione della sanzione amministrativa – laddove, in considerazione
dei criteri di imputazione di cui all’art. 1194 cod. civ., il pagamento
effettuato dall’ A. andava imputato prima agli interessi e alle spese,
con la conseguenza che la sanzione risultava solo parzialmente estinta.
3. Il ricorso è fondato e va accolto.
Va, innanzitutto, osservato che
l’interpretazione assunta dal giudice di pace non regge a una lettura
logico-sistematica delle norme di riferimento: l’art. 201 C.d.S., comma 4
(“Le spese di accertamento e di notificazione sono poste a carico di
chi è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria”),
l’art. 202 C.d.S., comma 1 (“Per le violazioni per le quali il presente
codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando
l’applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è
ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla
notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme”),
l’art. 203 C.d.S., comma 3 (“Qualora nei termini previsti non sia stato
proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il
verbale, in deroga alle disposizioni di cui alla L. 24 novembre 1981, n.
689, art. 27, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà
del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di
procedimento”), in comb. disp. con il D.P.R. n. 495 del 1992, art. 389,
commi 1 e 2, contenente il regolamento del C.d.S. (“1. Il pagamento
effettuato in misura inferiore rispetto a quanto previsto dal codice,
non ha valore quale pagamento ai fini dell’estinzione dell’obbligazione.
2. Nei casi di cui al comma 1 la somma versata è tenuta in acconto per
la completa estinzione dell’obbligazione conseguente al verbale divenuto
titolo esecutivo, e la somma da iscrivere a ruolo è pari alla
differenza tra quella dovuta a norma dell’art. 203, comma 3, del codice,
e l’acconto fornito”) e in relazione alla L. n. 689 del 1981, art. 16
(il quale al comma 1, recita “E’ ammesso il pagamento di una somma in
misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista
per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia
stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo
importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di
sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è
stata, dalla notificazione degli estremi della violazione”).
Invero – precisato che nessuna differenza
ontologica è ravvisabile tra “le spese di accertamento e di
notificazione” di cui al comma 4 dell’art. 201 cit. (tra le quali sono
indubbiamente incluse le spese postali di cui trattasi) e “le spese del
procedimento”, di cui al comma 3 dell’art. 203 cit. ritiene il Collegio
che le spese del procedimento concorrono, con la sanzione edittale in
misura ridotta, a comporre la somma che il contravventore deve
corrispondere per conseguire il beneficio. Il comma 1 dell’art. 202 va,
infatti, letto unitamente al comma 4 dell’art. 201 in forza del quale le
spese di accertamento e di notificazione sono poste a carico di chi è
tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria; detta
norma è di portata generale e non può, quindi, intendersi derogata dal
successivo art. 202, dovendo ritenersi che – proprio perchè quest’ultima
disposizione nulla dice in merito alle spese del procedimento – non
contenga alcuna eccezione al principio fissato dall’art. 201 che fa
carico al trasgressore le spese di procedimento.
Tanto è confermato anche dalla
disposizione di carattere generale nel sistema, contenuta dalla L. n.
689 del 1981, art. 16, dal momento che l’assenza nel comma 1 dell’art.
202 dell’inciso “oltre alle psese del procedimento” (presente, invece,
nella L. n. 689, art. 6, comma 1) non autorizza a ritenere che l’art.
202 contenga altra deroga rispetto alla disposizione di portata generale
di cui all’art. 16 cit., oltre quella espressamente prevista relativa
alla misura della sanzione.
In definitiva anche le spese postali sono
incluse tra “quanto previsto dal codice” cui fa riferimento l’art. 389
del regolamento, dovendo intendersi l’oblazione comprensiva di tutte le
spese del procedimento, così come determinate dall’ente impositore.
3.1. Non è superfluo aggiungere che – una
volta affermata la debenza da parte del contravventore delle spese del
procedimento, ivi incluse le spese postali che qui rilevano, anche in
caso di pagamento in misura ridotta – si perviene alle medesime
conclusioni anche in forza delle regole generali di imputazione. Invero –
contrariamente a quanto dedotto da parte resistente – la circostanza
che l’Amministrazione abbia distinto l’importo della sanzione ridotta da
quello degli interessi e dalle spese non autorizza l’imputazione della
somma corrisposta dall’ A. alla sanzione piuttosto che alle spese,
costituendo, piuttosto, la distinzione della somma pretesa, in varie
voci di debito, il presupposto dell’imputazione che, in difetto di
consenso del creditore, non può derogare alla norma di cui all’art. 1194
cod. civ.
3.2. Da quanto sopra consegue che il
pagamento effettuato dall’ A., non essendo completo, non ha efficacia
estintiva dell’obbligazione, mentre la somma versata è trattenuta in
acconto e il verbale di contravvenzione costituisce titolo esecutivo, ai
sensi dell’art. 203 C.d.S., comma 3 in relazione all’art. 389
regolamento, per una somma pari alla differenza tra quella dovuta (pari
alla metà del massimo della sanzione edittale più le spese del
procedimento, ivi incluse le postali) e l’acconto versato (cfr. Cass.
22850/2009; 22851/2009).
Ne consegue che il ricorso deve essere
accolto e che, cassata la sentenza impugnata, la causa può essere decisa
nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto della proposta
opposizione.
Le spese processuali, sia per il giudizio
di merito, che per quello di legittimità seguono la soccombenza e sono
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e
cassa la sentenza impugnata; decidendo nel merito, rigetta l’opposizione
proposta da A.S. e lo condanna al pagamento delle spese processuali
liquidate per il giudizio di merito in Euro 382,00 (di cui Euro 10,00
per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge e
per il giudizio di legittimità in Euro 600,00 (di cui Euro 200,00 per
spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.