lunedì 9 luglio 2012

“Rimborso spese legali Amministratori locali”


L’Anci ha provveduto a inviare alle proprie sedi regionali una nota, che si allega, che ha come oggetto il “Rimborso delle spese legali Amministratori locali”. Il documento è di particolare importanza per la complessità della questione per la molteplicità di eventi e sfaccettature che i procedimenti talvolta assumono nel loro iter giudiziario.
Allegati:

NotaAnciSpeseLegaliAmministratori.pdf 561 Kb

Nota in tema di “Rimborso spese legali Amministratori locali”
Il quadro normativo di riferimento che riguarda le spese legali sostenute dagli amministratori locali,
che sono stati eventualmente coinvolti in procedimenti giurisdizionali a loro carico anche se con
esito assolutorio, non contempla disposizioni che obblighino espressamente il Comune al
pagamento delle spese processuali sostenute dai medesimi, disposizioni al contrario esistenti solo
per i dipendenti comunali (vedi art. 28 CCNL Comparto Regioni Autonomie locali 14.09.2000,
trasposizione norma originariamente prevista dall’art. 67 del DPR n. 268/1987).
Vi sono, tuttavia, in materia orientamenti giurisprudenziali contrastanti che se da una parte
consentono l’estensione dell’art. 28 del citato CCNL anche all’operato degli amministratori e non
solo ai dipendenti pubblici (Consiglio di Stato Sez.
VI sentenza
n. 5367/2004), dall’altra
emergono pronunce che si discostano dal suddetto indirizzo ritenendo applicabile per analogia
legis quanto previsto dall’art. 1720 del codice civile, ovvero del rapporto fondamentale esistente tra
mandante e mandatario e l’obbligo del primo di risarcire le spese e i danni subiti dal secondo per
l’espletamento dell’incarico ricevuto (Consiglio di Stato Sez.
V – sentenza n. 2242/2000 e
Consiglio di Stato – Sez. III – parere n. 792/2004, in cui sindaco e assessori sono stati assimilati al
mandatario in mancanza di una disposizione specifica che regoli i rapporti patrimoniali con l’ente
rappresentato).
Successivamente, in merito al primo orientamento sopra evidenziato, la Corte di Cassazione a
Sezioni Unite ha avuto modo di chiarire che l’amministratore di un ente locale presta la propria
opera per conto dell'ente pubblico non a titolo di lavoro subordinato, come il pubblico impiegato,
bensì quale rappresentante politico ossia a titolo onorario, non potendo pertanto essere assimilato ad
un lavoratore subordinato (Corte di Cassazione Civ., Sez. Unite, sentenza n. 479/2006).
Interpretazione giurisprudenziale che ha di conseguenza superato l’orientamento contemplante
l’estensione della disciplina sulle spese legali prevista per il dipendente pubblico anche a favore
dell’amministratore locale.
Invece per ciò che concerne l’art. 1720 del codice civile, la Corte di Cassazione si è pronunciata nel
senso di ritenere possibile per gli amministratori locali, ritenuti quali funzionari onorari e non
pubblici impiegati, il rimborso delle spese sostenute a causa del proprio incarico e non
semplicemente in occasione del medesimo, in quanto l’eventuale commissione di un reato non
rientra nei limiti di un mandato validamente conferito (Corte di Cassazione Civ. Sez.
Unite sentenza
n. 479/2006 e Corte di Cassazione Civ. – Sez. I – sentenza n. 10052/2008). Dal che si
desume che gli amministratori locali sono funzionari onorari, non pubblici impiegati, legati da un
rapporto di mandante a mandatario con l’ente di appartenenza anche per le spese sostenute a causa
del proprio incarico (ex art. 1720 codice civile).
Proprio sulla eventuale commissione di un reato da parte di chi agisce per la pubblica
amministrazione, la Corte dei Conti ha avuto modo di affermare che anche se il processo penale a
carico degli amministratori per fatti connessi all’espletamento di propri compiti si sia concluso con
l’assoluzione, deve comunque coesistere l’ulteriore condizione della mancanza di conflitto di
interessi con l’ente accertata dai fatti sottoposti a giudizio penale. Infatti è opinione dominante
nell’ambito della giurisprudenza contabile che per non configurare conflitto di interessi occorre una
sentenza emessa con la formula più ampia possibile, tale da far ritenere che il comportamento degli
amministratori sia improntato al rispetto del principio cardine dell’art. 97 Cost. (Corte dei Conti Sez.
Liguria sentenza
n. 580/2008).
A ciò si aggiunga la necessità del coinvolgimento iniziale dell’ente nella scelta del difensore, che
deve essere individuato preventivamente e concordemente tra le parti (Consiglio di Stato Sez.
V sentenza
n. 552/2007).
Da quanto illustrato, nonché da una lettura integrale della sentenza n. 12645/2010 della Corte di
Cassazione, si evince come l’art. 1720 del codice civile evidenzi l’elemento qualificante del
rapporto di mandante a mandatario esistente tra l’ente locale e gli amministratori come anche delle
spese da questi sostenute per l’esecuzione dell’incarico chiarendo, inoltre, che in assenza di un
nesso di causalità tra l’adempimento dell’ufficio e la perdita pecuniaria non può essere riconosciuto
il diritto al rimborso delle spese sostenute dal mandatario ovvero
gli amministratori ricorrenti nel
caso di specie esaminato dalla Cassazione in
quanto, come sopra richiamato, la risarcibilità del
danno presuppone un comportamento incolpevole dell’amministratore.
Comportamento incolpevole che non emerge nella fattispecie esaminata dalla Corte pronunciante la
citata sentenza, in quanto gli amministratori istanti si sono limitati nel ricorso a fare richiesta di
rimborso sulla base del semplice dato della corresponsione delle spese legali, senza nulla dedurre
sulla loro condotta, come appunto si evince dalle motivazioni in estratto della sentenza che qui di
seguito si riportano:
“In ordine poi alla pretesa applicabilità della disciplina in tema di mandato, l'art. 1720 c.c.
(secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, pagargli il compenso e
risarcirgli i danni subiti a causa dell'incarico, ipotesi quest'ultima astrattamente evocabile nella
specie) non risulta applicabile, sia perchè il danno risarcibile presupporrebbe un comportamento
incolpevole, in ordine al quale, peraltro, i ricorrenti nulla hanno dedotto (la richiesta di rimborso è
stata invero formulata sulla base del semplice dato della corresponsione delle spese legali), sia
perchè le spese di difesa non sono legate all'esecuzione del mandato da un nesso di causalità
diretta, collocandosi fra i due fatti un elemento intermedio, dato dall'elevazione di un'accusa poi
rivelatasi infondata”.
A conferma di quanto illustrato è intervenuta da ultimo la Corte dei Conti, Sez. Lombardia, con il
parere n. 86/2012, e la Sez. Puglia, con la sentenza n. 787/2012, in cui la Magistratura contabile –
dando una lettura diversa del giudizio di legittimità, come sopra evidenziato – ha affermato con
decisione la validità del riferimento normativo di cui all’articolo 1720 c.c., quale presupposto
fondante il diritto al rimborso delle spese legali a favore degli amministratori locali:
“La rimborsabilità delle spese legali costituisce espressione del “principio fondamentale
dell'ordinamento, secondo il quale chi agisce per conto di altri, in quanto legittimamente investito
del compito di realizzare interessi estranei alla sfera personale, non deve sopportare gli effetti
svantaggiosi del proprio operato, ma deve essere tenuto indenne dalle conseguenze economiche
subite per la “fedele” esecuzione dell'incarico ricevuto” (cfr. C. Conti SS.RR. n. 707/A del
5/4/1991).” (Parere n. 86/2012);
“L'assimilazione degli amministratori locali ai mandatari, che trova la sua ragion d'essere
nell'ormai pacifico riconoscimento degli stessi quali funzionari onorari dell'ente che prestano la
propria opera non a titolo di lavoro subordinato, con conseguente applicazione del disposto di cui
all'art. 1720 del codice civile, consente proprio di rispondere, in assenza di una puntuale disciplina
della materia, a quell'esigenza di giustizia sostanziale a non dovere sostenere oneri per la propria
difesa, ove gli stessi siano ingiustamente accusati di presunti fatti illeciti commessi a causa
dell'incarico espletato.” (Sentenza n. 787/2012).
Infatti sempre secondo la Sezione Lombardia “va riconosciuto il diritto al rimborso delle spese
legali – in presenza di determinate condizioni – tanto ai dipendenti, per i quali vi è un’espressa
previsione nella norma collettiva, quanto agli amministratori, individuando nella disciplina del
mandato le norme necessarie a sostenere l’assunto mediante il ricorso all’analogia legis”.
Dal suo canto la Sezione Puglia ha ulteriormente sentenziato che “Il metodo di autointegrazione
previsto dall'art. 12, comma 2, delle preleggi, norma generale inclusiva, a tenore del quale se una
controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni
che regolano casi simili o materie analoghe (c.d. analogia legis), così come il ricorso, ove il caso
rimanga ancora dubbio, ai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato (c.d. analogia
iuris), trova la sua ragion d'essere nella sempre avvertita esigenza da parte del legislatore
dell'affermazione del principio della completezza dell'ordinamento, là dove in presenza di
comportamenti giuridicamente rilevanti, stante l'ontologica incompletezza di ogni ordinamento
giuridico. […] essendo il nostro sistema staticamente incompleto, ma dinamicamente completabile
attraverso o l'eterointegrazione oppure, come sinora detto, con l'autointegrazione nelle forme
dell'analogia legis o dell'analogia iuris.”.
Infine, la Corte dei Conti della Lombardia ha elencato le condizioni, pienamente compatibili con le
previsioni di cui all’ articolo 1720 del codice civile che danno luogo, ove ricorrenti, al diritto di
rimborso delle spese legali a favore degli amministratori locali, come di seguito sintetizzate:
1) conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione e assenza di conflitto di
interessi (“per l’amministratore, applicandosi l’articolo 1720 c.c., è necessario un
accertamento positivo di diligenza e buona fede all’interno della sentenza. Ciò significa
che, anche a fronte di una pronuncia di proscioglimento, è onere dell’ente locale verificare
l’effettiva portata della stessa dal punto di vista dell’accertamento di innocenza
dell’amministratore coinvolto, e del venir meno del conflitto di interessi, ferma restando
l’insuperabilità di tale pronuncia qualora, all’esito di tale interpretazione, dalla stessa
emerga un’affermazione in positivo di innocenza.”. Così il parere n. 86/2012 Sezione
Lombardia);
2) presenza nesso causale tra mansioni e fatti giuridicamente rilevanti;
3) gradimento del legale da parte dell’amministrazione interessata (condizione questa che
si ritiene sempre opportuna, pur nella considerazione di quanto affermato dalla sentenza n.
787/2012 della Sezione Puglia secondo cui “la riconosciuta possibilità all’amministrazione
di potere rimborsare le spese legali anche senza il previo assenso della stessa nella scelta
del legale di comune gradimento”).