martedì 5 giugno 2012

Sul rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti pubblici

N. 00695/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02842/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2842 del 2004, proposto da:
Montagnino Antonino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Di Trapani e Antonino Gambino, e con domicilio eletto presso lo studio del primo difensore in Palermo, via N. Turrisi n. 84;

contro

- il Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi n. 81, è per legge domiciliato;

per l'annullamento

- della determinazione n. 30730 del 02.02.2004 del Comando Generale della Guardia di Finanza, notificata il 18.02.2004, con cui è stata respinta l’istanza volta ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute dal ricorrente nell’ambito del procedimento penale conclusosi con sentenza n. 2260 emessa dal Tribunale di Palermo in data 11.06.2002;

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata, con le relative deduzioni difensive;

Vista la memoria di replica presentata dal ricorrente in data 17.02.2012;

Visti gli atti tutti di causa;

Relatore il primo referendario Maria Cappellano;

Uditi alla pubblica udienza del 9 marzo 2012 i difensori delle parti, presenti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

A. – Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, il ricorrente, militare della Guardia di Finanza in servizio a Palermo, ha impugnato il provvedimento del Comando Generale della Guardia di Finanza, con cui è stata respinta la sua istanza tendente ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute per un procedimento penale conclusosi con la sua assoluzione, esponendo:

- di essere stato sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli artt. 490 c.p., 56, 61 n°9 e 640 c.p., con conseguente assoluzione da tutti i capi di imputazione con la formula “perché il fatto non sussiste”, con sentenza del Tribunale di Palermo n. 2260/2002, divenuta irrevocabile;

- di avere presentato, ai sensi dell’art. 18 della l. n.135/97, istanza di rimborso delle spese legali sostenute, rigettata dal Comando Generale della Guardia di finanza con determinazione n. 30730 del 02.02.2004.

Impugna detto provvedimento negativo, deducendo l’articolata censura di Violazione e falsa applicazione dell’art.18 della L. n.135/97 - eccesso di potere per difetto di presupposto – arbitrio – ingiustizia manifesta – contraddittorietà tra atti successivi della PA – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/90 – eccesso di potere per insufficienza della motivazione e difetto di istruttoria:

sussistono i presupposti per l’applicazione della citata norma di legge, atteso che la condotta posta in essere dal ricorrente avrebbe, qualora accertata in sede penale, certamente concretizzato una violazione degli obblighi istituzionali.

Chiede, quindi, l’annullamento del provvedimento impugnato, con il favore delle spese.

B. – Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, la quale, con memoria ritualmente depositata, ha affermato la legittimità del provvedimento impugnato, stante la non riferibilità della condotta del ricorrente all’Ente di appartenenza, presupposto necessario per l’applicazione della normativa de qua; chiedendo pertanto il rigetto dei ricorso, col favore delle spese.

C. – Con memoria di replica ritualmente depositata, il ricorrente ha controdedotto a dette argomentazioni, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

D. – Alla pubblica udienza del 9 marzo 2012 su richiesta dei difensori delle parti, presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

A. – Viene in decisione il ricorso, con cui il sig. Montagnino Antonino - militare della Guardia di Finanza in servizio a Palermo - ha contestato il provvedimento in epigrafe indicato, con cui è stata respinta l’istanza presentata dal predetto, tendente ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute per un procedimento penale conclusosi con l’assoluzione.

Richiamando in estrema sintesi le prospettazioni delle parti: il ricorrente sostiene che i fatti, per i quali è stato sottoposto a procedimento penale, rientrerebbero nell’assolvimento degli obblighi istituzionali; di contro, la resistente amministrazione esclude la riconducibilità degli stessi nell’alveo applicativo dell’art. 18 della l. n. 135/1997, in quanto la qualifica ricoperta dal ricorrente avrebbe costituito solo l’occasione per la realizzazione dell’ipotizzata condotta criminosa.

B. – Il ricorso è infondato.

B.1. – L’art. 18, comma 1, della l. n. 135/1997, di conversione del d.l. n. 67/1997, stabilisce che “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità.”

Assume decisivo rilievo, al fine di delimitare l’ambito di applicazione della norma - e il diritto del pubblico dipendente al rimborso delle spese di patrocinio legale sostenute -, l’esatta portata interpretativa della prevista connessione degli atti e fatti, in relazione ai quali il dipendente è stato sottoposto a giudizio, con “l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali”.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa “la norma in esame è caratterizzata dalla finalità di evitare che i dipendenti statali debbano essere esposti all'onere delle spese legali, per i giudizi promossi nei loro confronti per fatti connessi all'espletamento del servizio (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 26 aprile 2010, n. 8478; Cassazione civile sez. I 03 gennaio 2008 n. 2); si vuole anche che il suo ambito d'applicazione e rigorosamente circoscritto a quanto emerge dal suo contenuto testuale, non essendo la norma stessa espressione di un principio generale, da essa derivando un onere a carico dell'Amministrazione (v. Cassazione civile, sentenza sopra citata). Condizione indispensabile affinché della norma possa invocarsi fondatamente l'applicazione è allora che il dipendente sia stato ingiustamente accusato per fatti inerenti a compiti e responsabilità dell'ufficio;cioè, appunto, " in conseguenza di fatti e atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali" e da tale accusa sia stato pienamente assolto ovvero sia stata comunque accertata l'assenza della sua responsabilità” (Consiglio di Stato, IV, 6 giugno 2011, n. 3396; nello stesso senso: T.a.r. Sicilia, I, 21 aprile 2010, n. 5570; 3 febbraio 2005, n. 127).

La connessione dei fatti con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali deve, quindi, intendersi nel senso che tali atti e fatti siano riconducibili all'attività funzionale del dipendente stesso in un rapporto di stretta dipendenza con l'adempimento dei propri obblighi, dovendo trattarsi di attività che necessariamente si ricollegano all’esercizio diligente della pubblica funzione (v. anche: C.g.a., sez. consultiva, 4 aprile 2006, n. 358); che, inoltre, vi sia un nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere e il compimento dell'atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto (v. T.a.r. Lazio, Roma, I, 7 settembre 2010, n. 32113).

Applicando le su indicate coordinate ermeneutiche al caso di specie, ritiene il Collegio che non possa trovare accoglimento la prospettazione di parte ricorrente, la quale tenta di ricondurre la fattispecie nell’alveo applicativo dell’art. 18 sulla base della sola circostanza che i fatti aventi presunta rilevanza penale siano stati contestati al ricorrente quali “reati propri” (nel senso di reati richiedenti espressamente la qualità soggettiva di pubblico ufficiale).

Invero, dalla lettura della sentenza di assoluzione si evince chiaramente come i comportamenti contestati attenessero, oltre che alla tentata truffa, anche al concorso morale, con altro imputato, nell’occultamento di verbali; atti che in alcun modo possono farsi rientrare tra i compiti istituzionali, ponendosi la qualità di pubblico ufficiale come mera occasione per l’adozione di un contegno del tutto sganciato dall’assolvimento degli obblighi istituzionali, né direttamente riconducibile all’espletamento del servizio.

Deve, pertanto, convenirsi con la difesa erariale che l’art. 18 in commento risulta inapplicabile al caso di specie, in quanto i fatti per i quali il ricorrente è stato rinviato a giudizio, e poi assolto, sono ricollegabili alla sua vita di relazione e comunque al suo status (di appartenente alla Guardia di Finanza), e non al diretto svolgimento delle rispettive funzioni istituzionali.

Indiretta conferma delle conclusioni cui si è giunti si trae dalle stesse argomentazioni di parte ricorrente, che qualifica – correttamente - l’istigazione alla soppressione e/o occultamento dei verbali di constatazione di infrazioni tributarie (al fine di favorire soggetti privati), e il tentativo di truffa ai danni dello Stato, in tesi commesse da un militare della Guardia di Finanza, come violazione del dovere istituzionale di onestà e imparzialità e dell’obbligo di vigilanza e persecuzione dei reati tributari e fiscali.

B.2. – Va, altresì, rilevato che l’assoluzione penale del ricorrente per i fatti in esame è avvenuta ai sensi dell’art. 530 c.p.p., “perché il fatto non sussiste”, vale a dire solo per insufficienza di prove, con ciò non escludendosi del tutto la sua responsabilità: sicché manca anche l’altro presupposto previsto dal citato art. 18 – “sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità” - per l’accoglimento dell’istanza di rimborso (v. C.g.a., sez. consult., n. 358/2006 cit.).

B.3. – Alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso va rigettato, con salvezza del provvedimento impugnato.

C. – Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre oneri accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:

Filoreto D'Agostino, Presidente
Nicola Maisano, Consigliere

Maria Cappellano, Primo Referendario, Estensore



L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/04/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)