mercoledì 20 giugno 2012

Quando il Sindaco può adottare ordinanze contingibili ed urgenti

N. 03490/2012REG.PROV.COLL.
N. 05124/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5124 del 2008, proposto dal signor Burgauner Gerhard, rappresentato e difeso dagli avv. Luciano Andrea Miori, Barbara Piccini, con domicilio eletto presso Barbara Piccini in Roma, Circonvallazione Clodia, 29;

contro

Il Comune di Castelrotto;
nei confronti di
La signora Schgaguler Regina ved. Scerlin;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 117/2008, resa tra le parti, concernente ORDINE DI ALLONTANAMENTO DA ALLOGGIO PER FUORUSCITA DI GASOLIO;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2012 il Cons. Rosanna De Nictolis e udito l’avvocato Piccini;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Sindaco del Comune di Castelrotto, con ordinanza n. 23 del 2002, adottata in data 30 aprile 2002, prot. n. 4516/BA/eg., ha disposto misure in via di urgenza a seguito della fuoriuscita di gasolio dalla cisterna che riforniva l’edificio di proprietà del Sig. Burgauner, con conseguente riversamento dello stesso sul terreno limitrofo e sull’abitazione di proprietà della Sig.ra Schgaguler.

Il provvedimento sindacale ha disposto l’allontanamento delle persone ivi abitanti fino a revoca dell’ordinanza ovvero fino al termine dei lavori di risanamento, nonché l’alloggio delle suddette persone, a titolo transitorio, presso l’Albergo “Alla Torre” di Castelrotto, a spese dei responsabili dell’inquinamento del terreno.

Il provvedimento del Comune di Castelrotto è stato dall’Amministrazione fondato sulla situazione di emergenza ed eccezionalità generata dall’evento in questione.

In particolare, il Comune ha proceduto sulla base della valutazione svolte dal dott. Tagnin ed altri, intervenuti sul luogo dell’incidente in occasione di un accertamento tecnico preventivo afferente la causa civile n. 391 del 2001 (vertente sui medesimi fatti), nonché sulla successiva nota dello stesso dott. Tagnin in relazione ai suddetti sopralluoghi, dove si legge che “non si è in grado di stabilire se il suddetto inquinamento costituisce pericolo o meno per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito”.

2. Con il ricorso di primo grado n. 196 del 2002, l’odierno ricorrente ha chiesto al Tribunale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige l’annullamento di detta ordinanza.

Con il ricorso di primo grado si lamentava la violazione di legge e l’eccesso di potere poiché, trattandosi di un’ordinanza contingibile ed urgente, non sussisterebbe, nello specifico, alcun grave pericolo, atteso che il Comune resistente non avrebbe mai espletato alcuno specifico accertamento circa la sua sussistenza.

3. Il Tribunale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige, nella sentenza oggetto di gravame, ha respinto il ricorso, ritenendo che la sussistenza di un potenziale pericolo per la salute fosse sufficiente a legittimare l’adozione del provvedimento impugnato, in quanto “i presupposti della pericolosità ed urgenza vanno valutati con riferimento alla possibilità del verificarsi dell’evento di pericolo, senza dover attendere l’espletamento di indagini chimiche, il cui esito, per loro intrinseca complessità, avrebbe richiesto parecchio tempo”.

4. Con l’odierno appello l’originario ricorrente chiede la riforma della sentenza.

Egli lamenta che i consulenti - cui il Comune di Castelrotto si sarebbe rivolto per effettuare i rilievi sul luogo dell’incidente - non avrebbero mai disposto o consigliato un allontanamento di persone, non avendo acclarato alcuna situazione di gravità tale da poter prognosticare un grave pericolo per la salute o per l’integrità dell’ambiente, e chiarendo, bensì, che di pericolo si poteva trattare solo dopo aver effettuato analisi chimiche approfondite e specifiche. Da ciò deriverebbe l’errata adozione del provvedimento contingibile ed urgente, mancandone i presupposti di fatto.

L’appellante lamenta inoltre il difetto di motivazione del provvedimento.

5. L’appello è fondato.

Con l’ordinanza oggetto d’impugnazione dinanzi al giudice di prime cure, l’Amministrazione ha adottato un provvedimento contingibile ed urgente, ovvero un provvedimento straordinario, assunto in casi tassativamente previsti dalla legge.

Ai sensi dell’art. 54 comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, le ordinanze contingibili ed urgenti possono essere adottate dal Sindaco nella veste di ufficiale di governo solamente quando si tratti di affrontare situazioni di carattere eccezionale e impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico: tali requisiti non ricorrono di conseguenza, quando le pubbliche amministrazioni possono adottare i rimedi di carattere ordinario.

Infatti le ordinanze in questione presuppongono una situazione di pericolo effettivo in cui si possono configurare anche situazioni non tipizzate dalla legge e ciò giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi, la possibilità di deroga rispetto alla disciplina vigente e la necessità di motivazione congrua e peculiare, la configurazione anche residuale, quasi di chiusura, delle ordinanze contingibili ed urgenti.

I rimedi di carattere ordinario, al contrario, sono i provvedimenti tipizzati atti a fronteggiare le esigenze prevedibili ed ordinarie e costituiscono l’elemento “normale” rimesso dalla legge ai poteri pubblici per gestire usualmente le materie a questi rimesse (Cons. St., sez IV, 13 luglio 2011 n. 4262; Cons. St., sez. IV, 24 marzo 2006 n. 1537).

Caratteristiche preminenti di tali provvedimenti sono l’atipicità, il potere derogatorio rispetto agli strumenti “ordinari”, l’eccezionalità e la gravità del pericolo presupposto, la generalità degli interessi cui sono volti e, naturalmente, un adeguato supporto motivazionale.

In quest’ottica, dunque, dinanzi ad una situazione di pericolo solo potenziale e territorialmente del tutto delimitato, l’Amministrazione, prima di adottare il provvedimento dovrebbe compiere ogni accertamento volto a fissare, a cristallizzare la “gravità” e la “contingenza” del pericolo stesso.

Ciò rientra nella natura eccezionale e derogatoria degli atti in analisi, i quali si pongono nell’ordinamento giuridico come strumenti di extrema ratio, in quanto tali utilizzabili esclusivamente al verificarsi dei presupposti legislativi, e quando i mezzi ordinari si palesino come insufficienti ed inadeguati.

L’Amministrazione deve accertare la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per la incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, a seguito di approfondita istruttoria con adeguata motivazione circa il carattere indispensabile degli interventi immediati ed indilazionabili imposti a carico del privati (Cons. St., sez. V 16 febbraio 2010 n. 868): l’accertamento, cioè, deve fondarsi su prove concrete e non mere presunzioni (Cons. St., sez. V 11 dicembre 2007 n. 6366).

Nel caso in esame, però, non risulta desumibile, dai resoconti dei consulenti incaricati dall’Amministrazione resistente, alcun elemento di gravità ed imminenza del pericolo, atteso che, come riportato nella nota del dott. Tagnin del 15 marzo 2002, “non si è in grado di stabilire se il suddetto inquinamento costituisce o meno un pericolo per la salute pubblica, o per l’ambiente naturale o costruito”.

Alla luce di siffatte considerazioni, l’Amministrazione, a parere di questo Collegio, avrebbe dovuto esperire attività di ulteriore indagine integrativa, volta ad appurare l’effettiva sussistenza dei summenzionati profili di pericolo: e, solo in caso di positivo riscontro, avrebbe potuto procedere all’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente.

La situazione era inoltre rimediabile nell’immediato con gli strumenti ordinari, e in particolare con un ordine di bonifica del sito inquinato.

Ciò è in linea anche con la tempistica procedurale degli adempimenti svolti: nel tempo trascorso dall’accadimento del sinistro (9 febbraio 2001), all’adozione dell’ordinanza (30 aprile 2002), vale a dire più di un anno, ben avrebbe potuto il Comune procedere a rilievi più precisi ed approfonditi.

In definitiva il Comune non ha provveduto in via di urgenza nell’immediatezza dei fatti, in una situazione di incertezza e di rischio, ma a distanza di oltre un anno, in un’epoca in cui non emergeva più, ove mai vi fosse stato, un pericolo imminente e irreparabile, e una situazione di urgenza.

6. In conclusione, l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata e in accoglimento del ricorso di primo grado, va annullato il provvedimento impugnato in prime cure.

Le spese, attesa la peculiarità delle questioni di fatto, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 5124 del 2008, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato in primo grado.

Spese compensate dei due gradi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere


L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)