TAR Emilia Romagna (BO) Sez. II n. 231 del 26 marzo 2012
N. 00231/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01354/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1354 del 2004, proposto da:
Bastoni Marco ed Altri, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Scavone, con domicilio eletto presso Angelo Scavone in Bologna, via S. Stefano 43; Boninsegni Costanzo, Lodi Renzo, Magnani Loris, Piccinini Ettore;
Bastoni Marco ed Altri, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Scavone, con domicilio eletto presso Angelo Scavone in Bologna, via S. Stefano 43; Boninsegni Costanzo, Lodi Renzo, Magnani Loris, Piccinini Ettore;
contro
Provincia di Bologna, rappresentato e
difeso dagli avv. Patrizia Onorato, Elena Giometti, domiciliata per
legge in Bologna, via Benedetto X i V, 3;
per l'annullamento
del regolamento del corpo di Polizia
provinciale di Bologna, approvato con delibera consigliare n. 107 in
data 1° ottobre 2002, nella parte in cui amplia a tutto il territorio
provinciale il divieto di praticare l'attività venatoria art. 8, comma
1, lett. A.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Bologna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 16 febbraio 2012 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorso è inteso all’annullamento
del regolamento del Corpo di polizia provinciale di Bologna
(deliberazione consiliare 1.10.02, n.107), nella parte in cui fa
divieto agli agenti di polizia provinciale con funzioni di vigilanza
venatoria di esercitare attività venatoria in ambito provinciale
(anziché, come nel precedente regolamento, nella sola sottozona
sottoposta alla vigilanza del singolo operatore secondo
l’organizzazione interna del Corpo).
Resiste la Provincia.
Il ricorso è effettivamente proposto
ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione del regolamento dall’8
al 23 ottobre 2002, ma è pacificamente tempestivo rispetto alla sua
entrata in vigore nel settembre 2004, ai sensi del suo art. 14; prima
di tale data, il regolamento era conoscibile ma sprovvisto di
attitudine lesiva, così che i destinatari avevano si la facoltà
(secondo la giurisprudenza invocata dalla Provincia) ma non anche
l’onere di impugnare, sorto soltanto con l’entrata in vigore.
Pertanto va respinta l’eccezione di irricevibilità.
Le disposizioni statali invocate da
entrambe le parti (art.27, comma 5, legge 157/92: «agli agenti…con
compiti di vigilanza è vietato l’esercizio venatorio nell’ambito in cui
esercitano le funzioni», e art.29 legge 157/92: «gli agenti …, cui
sono conferite… le funzioni… di vigilanza venatoria, esercitano tali
attribuzioni nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza») sono
indifferenti ad entrambe le contrapposte tesi, perché mentre l’art.27
definisce l’ambito territoriale vietato in modo alquanto generico, cioè
senza specificare se esso coincida con l’area di competenza della
polizia provinciale, o del singolo funzionario secondo l’organizzazione
interna del Corpo, l’art.29 chiaramente si riferisce all’ambito
territoriale di competenza dell’ente, per evidenziare che al di fuori
di questo l’incompetenza dei funzionari e degli organi dell’ente è
assoluta, com’è ovvio trattandosi di incompetenza territoriale, e come è
implicito nell’uso del termine “attribuzioni”, che fa riferimento,
appunto, alla mancanza della norma di attribuzione del potere al di
fuori del territorio, con la conseguenza che gli agenti possono essere
assegnatari ed esercitare le loro funzioni solo in tale ambito (salve
ovviamente le ulteriori ripartizioni territoriali con efficacia solo
interna). Pertanto, l’art.29 non reca alcuno spunto interpretativo
dell’art.27, che invece fa generico riferimento, peraltro con scarsa
chiarezza, all’ambito territoriale in cui l’agente esercita la sua
funzione per individuare la zona di divieto per incompatibilità
soggettiva.
Tuttavia, ancorché la norma fosse
suscettibile di una interpretazione restrittiva, nel senso cioè di un
divieto limitato alla zona di assegnazione del singolo operatore (in
tal senso milita, osservano i ricorrenti, il riferimento alle guardie
forestali), certamente essa non precluderebbe la imposizione di un
divieto più ampio da parte dell’ente locale, che sarebbe comunque
legittimo ove rispettoso dei principi di ragionevolezza, in quanto
espressione di discrezionalità amministrativa tendente alla migliore
organizzazione del servizio di vigilanza venatoria, ed esplicantesi
nell’ambito del rapporto di supremazia speciale nei confronti dei
dipendenti agenti.
Ed anche se una incompatibilità per
conflitto di interesse è ravvisabile soltanto in ipotesi di cumulo
nello stesso operatore, e nella stessa zona di assegnazione, della
posizione di controllore e controllato, non sembra affatto
irragionevole, sulla base di comune esperienza, rinvenire una palese
inopportunità, anche di fronte ai terzi, di un esercizio reciproco
della vigilanza tra colleghi nelle zone di rispettiva e diversa
assegnazione.
Inopportunità che, evidentemente,
giustifica, nelle discrezionali valutazioni della Provincia di Bologna,
l’estensione del divieto a tutto l’ambito provinciale, senza esporsi a
censure di illogicità.
Quindi, seguendo l’ordine delle censure:
- non vi è contrasto con gli art.27 e
29 della legge statale (157/92), e perciò non viene in considerazione
il principio di gerarchia delle fonti;
- sussiste una giustificazione non
illogica alla estensione del divieto, che non abbisogna di esplicita
motivazione, essendo previsto in sede regolamentare;
- la disparità di trattamento con altre
province è solo apoditticamente e genericamente affermata, e sarebbe
comunque irrilevante essendo coperta dalla autonoma potestà auto
organizzativa di ciascun ente locale, a fronte della posizione di
subordinazione speciale degli agenti;
- il richiamo generico al Codice di
comportamento dei dipendenti (art.8 del Regolamento) è norma di
chiusura che si aggiunge agli specifici divieti (tra cui quello
esaminato) di seguito indicati, ed è quindi perfettamente pertinente al
contesto normativo considerato;
- la violazione degli art. 3 e 97 della Costituzione è dedotta senza indicazione delle norme primarie censurate.
Il ricorso è respinto.
Spese compensate, atteso il carattere interpretativo della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Bruno Lelli, Consigliere
Alberto Pasi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2012