In materia di provvedimenti amministrativi, dalla lettura dell’art. 50 d. lgs. 267 del 2000, si riscontra la legittimità del potere del Sindaco,in qualità di ufficiale di Governo, di adottare ordinanze contingibili ed urgenti in presenza di un pericolo concreto ed attuale di danno grave e imminente per la salute pubblica; pertanto, tale potere è esercitabile esclusivamente se preceduto da un’attività istruttoria finalizzata all’accertamento del predetto requisito.
Nell’ipotesi in cui il presupposto dell’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente sia la prevenzione di una mera situazione di disagio per le abitazioni civili limitrofe, il potere del Sindaco ex art. 50 d. lgs. 267 del 2000 non è funzionale alla tutela della salute pubblica, perché risulta privo dei requisiti di pericolo concreto ed attuale e di danno grave ed imminente per la salute, e come tale è illogico.
Nell’ipotesi in cui il presupposto dell’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente sia la prevenzione di una mera situazione di disagio per le abitazioni civili limitrofe, il potere del Sindaco ex art. 50 d. lgs. 267 del 2000 non è funzionale alla tutela della salute pubblica, perché risulta privo dei requisiti di pericolo concreto ed attuale e di danno grave ed imminente per la salute, e come tale è illogico.
TAR ABRUZZO di PESCARA - SENTENZA 22 aprile 2011, n.264 -
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 79 del 2008, proposto da:
Azienda Agricola Sborgia Claudio e Maurizio S.a.s., rappresentata e difesa dall'avv. Giustino Sartorelli, con domicilio eletto presso il proprio difensore in Pescara, via Piave, 91;
Azienda Agricola Sborgia Claudio e Maurizio S.a.s., rappresentata e difesa dall'avv. Giustino Sartorelli, con domicilio eletto presso il proprio difensore in Pescara, via Piave, 91;
contro
Comune
di Spoltore, rappresentato e difeso dall'avv. Lorenza Violante, con
domicilio eletto presso Cinzia Ranghelli in Pescara, via Sulmona, 17;
per l'annullamento
dell’ordinanza
3 dicembre 2007, n. 182, con la quale il Sindaco del Comune di Spoltore
ha ingiunto alla parte ricorrente di rispettare alcune prescrizioni
nella gestione dell’azienda agricola.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Spoltore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2011 il dott. Michele
Eliantonio e uditi l'avv. Sartorelli Giustino per la società ricorrente e
l'avv. Ranghelli Cinzia, su delega dell'avv. Violante Lorenza per il
Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La
parte ricorrente riferisce di gestire da oltre 50 anni un allevamento
di bestiame in località Pescarina del Comune di Spoltore su un’area
inserita in zona agricola nel vigente strumento urbanistico.
Riferisce,
altresì, che su un’area adiacente, avente da poco destinazione
residenziale, erano stati realizzati degli edifici destinati ad uso
abitativo e che, su segnalazione dell’impresa costruttrice, era stata
effettuata il 9 novembre 2007 un’ispezione da parte dell’Ufficio Igiene,
Epidemiologia e Sanità Pubblica della Azienda USL di Pescara conclusasi
con l’invito al Sindaco ad emettere ordinanza nei confronti dei
titolari dell’Azienda per ridurre al minimo i possibili disturbi al
vicinato.
In
accoglimento di tale richiesta il Sindaco con ordinanza 3 dicembre
2007, n. 182, ha ingiunto ai proprietari dell’azienda agricola di
rispettare le seguenti prescrizioni:
-
mantenere l’allevamento e le aree circostanti nelle migliori condizioni
di pulizia possibile ed effettuare la rimozione del letame dall’interno
della stalla con cadenza giornaliera utilizzando l’accesso alla stessa
posto più lontano dalle civili abitazioni circostanti;
-
ripristinare la funzionalità del pozzo di raccolta del percolato
annesso alla concimaia mediante l’asportazione del materiale solido in
esso contenuto ed apposizione di un coperchio a tenuta, evitando in tal
modo il ristagno del percolato all’interno della concimaia;
-
rimuovere tutti i pneumatici depositati all’interno dell’azienda e
smaltirli nei termini previsti dalla normativa vigente, al fine di
evitare il possibile ristagno di acqua piovana ed il conseguente
sviluppo di insetti ed, in particolar modo, di zanzare;
- effettuare periodici interventi di disinfestazione e derattizzazione dell’allevamento e delle aree circostanti.
Con
il ricorso in esame l’azienda agricola è insorta dinanzi questo
Tribunale avverso tale atto, deducendo nella sostanza che, in violazione
dell’art. 50 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’ordinanza era stata
assunta per eliminare una situazione non di pericolo, ma di mero
“disagio” per i vicini e che, in definitiva, mancavano i presupposti di
legge (situazione di pericolo per la pubblica incolumità) per assumere
l’ordinanza in questione; ha rilevato che tali prescrizioni erano state,
in ogni caso, sempre rispettate ed erano state imposte esclusivamente
per favorire i confinanti; ha, infine, dedotto che non avrebbe potuto
imporsi l’obbligo di utilizzare l’accesso “posto più lontano dalle
civili abitazioni circostanti”, dal momento che le modalità operative e
di organizzazione del lavoro rientrano nella discrezionalità
dell’imprenditore.
Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 7 marzo 2011.
Il
Comune di Spoltore si è costituito in giudizio e con memoria depositata
l’11 aprile 2008 ha diffusamente confutato il fondamento delle censure
dedotte.
Alla pubblica udienza del 7 aprile 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.
.
DIRITTO
Con
l’impugnata ordinanza 3 dicembre 2007, n. 182, assunta ai sensi
dell’art. 50 del t.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, il
Sindaco del Comune di Spoltore, recependo i rilievi evidenziati
dall’Azienda USL, ha ingiunto ai ricorrenti, proprietari di un’azienda
agricola di rispettare le seguenti prescrizioni:
a)
mantenere l’allevamento e le aree circostanti nelle migliori condizioni
di pulizia possibile ed effettuare la rimozione del letame dall’interno
della stalla con cadenza giornaliera utilizzando l’accesso alla stessa
posto più lontano dalle civili abitazioni circostanti;
b)
ripristinare la funzionalità del pozzo di raccolta del percolato
annesso alla concimaia mediante l’asportazione del materiale solido in
esso contenuto ed apposizione di un coperchio a tenuta, evitando in tal
modo il ristagno del percolato all’interno della concimaia;
c)
rimuovere tutti i pneumatici depositati all’interno dell’azienda e
smaltirli nei termini previsti dalla normativa vigente, al fine di
evitare il possibile ristagno di acqua piovana ed il conseguente
sviluppo di insetti ed, in particolar modo, di zanzare;
d) effettuare periodici interventi di disinfestazione e derattizzazione dell’allevamento e delle aree circostanti.
Tali
prescrizioni sono state dettate all’evidente fine di evitare o, quanto
meno, di ridurre al minimo possibili inconvenienti igienici agli edifici
destinati ad uso residenziale posti nelle immediate vicinanze.
La
parte ricorrente con il gravame per un verso ha contestato la
legittimità dell’uso del potere di ordinanza da parte del Sindaco in
ragione del fatto - che a suo avviso - mancavano i presupposti di legge
(situazione di pericolo per la pubblica incolumità) e per altro verso ha
rilevato che tali prescrizioni erano state, in ogni caso, sempre
rispettate. Ha evidenziato, peraltro, anche l’illegittimità della
prescrizione sopra indicata alla lettera a) nella parte in cui era stato
imposto l’obbligo di utilizzare l’accesso “posto più lontano dalle civili abitazioni circostanti”, dal momento che le modalità operative e di organizzazione del lavoro rientrano nella discrezionalità dell’imprenditore.
Il
ricorso, va subito precisato, è fondato nella sola parte in cui è stata
contestata la legittimità di tale ultima prescrizione.
Va,
invero, al riguardo ricordato che il predetto art. 50 attribuisce al
Sindaco, in qualità di ufficiale di governo, il potere di esercitare, in
caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere
esclusivamente locale, ordinanze contingibili e urgenti. L’esercizio di
tale potere è espressione di un’elevata discrezionalità diretta a
soddisfare esigenze di pubblico interesse per porre rimedi a danni alla
salute già verificatisi, ma anche e soprattutto - tenuto conto dei
valori espressi dall'art. 32 Cost. - per evitare che tale danno si
verifichi; per l’esercizio di tale potere sindacale non si può,
peraltro, prescindere dalla ricorrenza di un pericolo concreto e attuale
di danno grave e imminente per la salute pubblica, con la conseguenza
che tali provvedimenti devono normalmente essere preceduti da
un’adeguata attività istruttoria finalizzata proprio all’accertamento
del predetto requisito
Tali
ordinanze contingibili ed urgenti possono essere adottate, come sembra
evidente, non solo per porre rimedio ai danni già verificatisi in
materia di sanità ed igiene, ma anche per prevenire tali danni, come del
resto espressamente previsto dal menzionato art. 38 che consente
l’adozione di tali provvedimenti “al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini”
(T.A.R. Campania, sede Napoli, sez. V, 18 gennaio 2011, n. 255);
inoltre, tali ordinanze contingibili ed urgenti a tutela della salute
pubblica possono essere assunte anche quando questa sia minacciata da
fenomeni di inquinamento ambientale provocati da rifiuti, emissioni
inquinanti nell’aria e da scarichi inquinanti (T.A.R. Calabria, sede
Catanzaro, sez. II, 1 dicembre 2010, n. 2831).
Ciò
precisato, va inoltre puntualizzato che, dopo l’entrata in vigore del
nuovo codice del processo amministrativo, il sindacato giurisdizionale
del giudice amministrativo su tali atti non è più esteso anche al
merito; l’art. 134 del codice non include, infatti, tali atti tra quelli
relativamente ai quali la cognizione è estesa anche al merito, per cui
tali provvedimenti - contrariamente a quanto, anche di recente,
sostenuto da altro giudice (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 29 dicembre
2010, n. 28169) - non possono più essere pienamente sindacati dal
giudice amministrativo con riferimento non solo a tutti gli aspetti
concernenti la legittimità, ma anche ai profili relativi alla
sufficienza ed alla attendibilità delle disposte istruttorie ed alla
convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate.
In
definitiva, ritiene la Sezione che l’accertamento da parte dell’organo
tecnico (nella fattispecie, l’Ufficio Igiene, Epidemiologia e Sanità
Pubblica della Azienda USL di Pescara) delle situazioni suscettibili di
recare danno alla salute pubblica costituisce una valutazione tecnica in
ordine alla quale il giudice amministrativo esercita un sindacato
limitato ai soli profili della logicità e coerenza della motivazione
anche in relazione alla veridicità dei presupposti di fatto considerati,
non essendogli più consentito il sindacato sul merito dell’azione
amministrativa, legato a scelte di opportunità e convenienza.
Fatte
tali precisazioni, ritiene il Collegio che tutte le predette
prescrizioni imposte con l’atto impugnato - che, peraltro, la stessa
parte ricorrente afferma di rispettare - non sembrano inficiate da
evidenti vizi di logicità, in quanto sono state imposte non per evitare
dei semplici fastidi al vicinato, ma per prevenire situazioni di
pericolo per la pubblica incolumità. Sembrano, in definitiva, immuni
dalle censure dedotte le prescrizioni con le quali è stato imposto di “mantenere
l’allevamento e le aree circostanti nelle migliori condizioni di
pulizia possibile e di effettuare la rimozione del letame dall’interno
della stalla con cadenza giornaliera”, di “ripristinare la funzionalità del pozzo di raccolta del percolato”, di “rimuovere tutti i pneumatici depositati all’interno dell’azienda e smaltirli nei termini previsti dalla normativa vigente” e di “effettuare periodici interventi di disinfestazione e derattizzazione dell’allevamento e delle aree circostanti”.
Sembra,
invece, illogica la prescrizione sopra indicata alla lettera a) con la
quale si è imposto alla parte ricorrente di utilizzare l’accesso “posto più lontano dalle civili abitazioni circostanti”,
dal momento che tale prescrizione, che va direttamente ad incidere
sulle modalità operative e di organizzazione del lavoro
dell’imprenditore, non sembra volta a prevenire danni alla salute
pubblica, essendo, al contrario, volta esclusivamente ad evitare dei
semplici fastidi agli abitanti degli edifici confinanti.
Alla
luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve,
conseguentemente, essere accolto nella sola parte con cui è stato
imposto alla ricorrente di utilizzare l’accesso alla stalla posto più
lontano dalle civili abitazioni circostanti e, per l’effetto, deve
essere annullato solo in parte qua l’atto impugnato.
Sussistono,
per concludere, con riferimento anche alla soccombenza parziale, giuste
ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e
degli onorari di giudizio.
.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo - Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
parzialmente e, per l’effetto, annulla nei termini specificati in
motivazione l’impugnata ordinanza 3 dicembre 2007, n. 182, del Sindaco
del Comune di Spoltore.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 517 del 2007, proposto da:
Provincia di L'Aquila, rappresentata e difesa dagli avv. Dania Andreina Aniceti, Pierfranco De Nicola, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Provincia in L'Aquila, via S. Agostino Nr. 7;
contro
Comune di Castelvecchio Subequo in persona del Sindaco p.t., Regione Abruzzo in persona del Presidente p.t.;
nei confronti di
Ambito Territoriale di Caccia - ATC – Subequano;
per l'annullamento
dell’ORDINANZA SINDACALE DI CHIUSURA DELLA CACCIA PER MOTIVI DI SICUREZZA, CON LA ESCLUSIONE DEI CACCIATORI RESIDENTI IN ZONA ZPS.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Con il ricorso sopra epigrafato l’Amministrazione Provinciale dell’Aquila impugna l’atto meglio sopra individuato, recante divieto di caccia “per giorni 30 a partire dal 7 ottobre 2007 con esclusione dei cacciatori residenti nella zona ZPS (ex Parco Sirente-Velino), i residenti del Comune di Molina Aterno e gli iscritti alle squadre assegnatarie delle zone” per motivi di sicurezza, incolumità pubblica e salvaguardia del territorio.
La ricorrente contesta la sussistenza dei presupposti di legge per emanare siffatto provvedimento, anzitutto denunciando lo sconfinamento di potere del Sindaco, stante la competenza esclusiva della Provincia in subiecta materia, ferme le funzioni di programmazione e coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria, di orientamento, controllo e sostitutive attribuite alle Regioni, e comunque deducendo l’assoluta carenza dei requisiti di contingibilità ed urgenza, oltre che la non ricorrenza del pericolo di danni gravi ed irreparabili che soli legittimerebbero l’esercizio del potere sindacale e che, oltre che insussistenti in concreto, neppure sarebbero stati in alcun modo esplicitati nell’ordinanza impugnata, così vulnerata da incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione ed istruttoria.
Il Comune intimato non si costituiva in giudizio.
All’esito della pubblica udienza del 9 marzo 2011, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Il Sindaco del Comune di Castelvecchio Subequo (AQ) ha inteso far divieto di caccia, nei limiti indicati nell’ordinanza, avvalendosi espressamente del disposto di cui agli artt. 54, TUEL e 1 R.D. 773/1931, secondo cui il Sindaco, quale Ufficiale di Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.
E’ avvenuto che, in conseguenza degli incendi occorsi nell’estate 2007, la Provincia dell’Aquila, nell’esercizio dei suoi poteri amministrativi in materia, ebbe a precludere la caccia in diverse zone del territorio subequano, con l’effetto che la caccia è stata di fatto consentita in una zona più ristretta nella quale si sono concentrati i cacciatori (nel provvedimento impugnato si fa riferimento a 1.400 cacciatori in 4 mila ettari, cinque volte in più del massimo consentito).
Da tale situazione il sindaco fa discendere “un carico venatorio insostenibile per questo territorio e pericoloso per la sicurezza delle popolazioni e dei cacciatori stessi”.
Va preliminarmente evidenziato che la scadenza temporale di vigenza dell’ordinanza impugnata non determina ex se l’improcedibilità del ricorso, per un verso trattandosi di provvedimenti “ripetibili” e per altro considerata la natura della controversia che si svolge tra Enti pubblici e che involge la delimitazione dei rispettivi poteri.
Tanto premesso, e passando al merito, l’Amministrazione provinciale ricorrente, nella sua qualità di Ente deputato allo svolgimento delle funzioni amministrative in materia di caccia, deduce anzitutto la non ricorrenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza per addivenire a siffatta determinazione.
Il motivo è fondato.
Il potere di cui all’art. 54, comma 2 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267, in base al quale il Sindaco, nella sua qualità di ufficiale di Governo, “adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità dei cittadini” è esercitabile solamente quando si tratti di affrontare situazioni eccezionali ed imprevedibili, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico (cfr., ex pluris, Cons.di Stato, sez.V, n.1678/2003).
Tanto consentirebbe al sindaco di derogare alle ordinarie regole, anche in materia di competenza, nella concorrenza dei presupposti partitamente indicati nella disposizione.
Dalla motivazione dell’impugnata ordinanza emerge che gli scopi perseguiti dal Sindaco, nel caso di specie, non sono tuttavia coerenti con quelli tassativamente fissati dalla norma (cfr. TAR. Piemonte, n.88/2006), posto che, con evidenza, l’”insostenibilità del carico venatorio è circostanza di fatto valutabile unicamente dall’Ente preposto dalle funzioni amministrative in materia, che è, come sopra detto, la Provincia.
Con i provvedimenti emanati nell’occasione, la Provincia ha dovuto necessariamente valutare gli effetti dell’aggiuntivo carico venatorio, con ala conseguenza che il Sindaco non può sovrapporsi a tale esclusiva valutazione, in funzione di controllo o sostitutiva di tale potere.
Quanto al profilo del pericolo che minaccerebbe l’incolumità dei cittadini, che radicherebbe ex se il potere esercitato, lo stesso è desunto del tutto apoditticamente dalla concentrazione dei cacciatori nella zona, senza alcun elemento concreto (vicinanza di centri abitati, esposti di cittadini, particolari circostanze di tempo o luogo) a sostegno di tale anodina deduzione.
Va peraltro osservato che i dati utilizzati dal Sindaco risultano comunque erronei, non avendo tenuto conto della rimodulazione operata, all’esito dei una complessa istruttoria tecnica interessante anche la Regione, da parte della Provincia competente, del numero dei cacciatori per effetto della riduzione del territorio utilizzabile.
Il pericolo non può dunque dedursi ex se dal dato numerico della maggiore concentrazione dei cacciatori nella zona (concentrazione comunque inferiore a quella indicata nell’atto).
E’ invece ius receptum che l’ordinanza contingibile ed urgente debba contenere specifica motivazione inerente alla sussistenza in concreto degli elementi giustificativi dell’esercizio del potere, con indicazione dell’istruttoria compiuta e dei presupposti di fatto considerati (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez.I, n.6896/2010), posto che il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti presuppone la necessità di provvedere, con immediatezza, in relazione a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento.
L’esercizio di tale potere presuppone l’esistenza, oltre che la sua puntuale indicazione nel provvedimento impugnato, di una situazione di pericolo, quale ragionevole probabilità che accada une evento nel caso in cui l’Amministrazione non intervenga prontamente.
Pertanto, la protezione di determinante esigenze costituisce presupposto necessario per giustificare il ricorso al potere ordinatorio, ma non sufficiente, richiedendosi ulteriori particolari requisiti di urgenza, e quindi di pericolo, per la pubblica incolumità.
La finalizzazione e caratterizzazione del provvedimento in questione impongono, poi, che in esso siano necessariamente indicati ed illustrati i relativi presupposti, e può senz’altro affermarsi che non risponde a tali requisiti un generico riferimento ad una possibile situazione di pericolo (TAR Lazio - Latina, n.1732/2006).
La carenza di elementi concreti dai quali desumere la probabilità di pericolo per l’incolumità pubblica inficia, dunque, inesorabilmente l’ordinanza impugnata che va pertanto annullata.
La natura della controversia, tenuto conto della non costituzione delle parti intimate, consiglia di dichiarare irripetibili le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per l’Abruzzo – L’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Mastrocola, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
---------------------------------------
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 517 del 2007, proposto da:
Provincia di L'Aquila, rappresentata e difesa dagli avv. Dania Andreina Aniceti, Pierfranco De Nicola, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Provincia in L'Aquila, via S. Agostino Nr. 7;
contro
Comune di Castelvecchio Subequo in persona del Sindaco p.t., Regione Abruzzo in persona del Presidente p.t.;
nei confronti di
Ambito Territoriale di Caccia - ATC – Subequano;
per l'annullamento
dell’ORDINANZA SINDACALE DI CHIUSURA DELLA CACCIA PER MOTIVI DI SICUREZZA, CON LA ESCLUSIONE DEI CACCIATORI RESIDENTI IN ZONA ZPS.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 9 marzo 2011 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori
come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso sopra epigrafato l’Amministrazione Provinciale dell’Aquila impugna l’atto meglio sopra individuato, recante divieto di caccia “per giorni 30 a partire dal 7 ottobre 2007 con esclusione dei cacciatori residenti nella zona ZPS (ex Parco Sirente-Velino), i residenti del Comune di Molina Aterno e gli iscritti alle squadre assegnatarie delle zone” per motivi di sicurezza, incolumità pubblica e salvaguardia del territorio.
La ricorrente contesta la sussistenza dei presupposti di legge per emanare siffatto provvedimento, anzitutto denunciando lo sconfinamento di potere del Sindaco, stante la competenza esclusiva della Provincia in subiecta materia, ferme le funzioni di programmazione e coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria, di orientamento, controllo e sostitutive attribuite alle Regioni, e comunque deducendo l’assoluta carenza dei requisiti di contingibilità ed urgenza, oltre che la non ricorrenza del pericolo di danni gravi ed irreparabili che soli legittimerebbero l’esercizio del potere sindacale e che, oltre che insussistenti in concreto, neppure sarebbero stati in alcun modo esplicitati nell’ordinanza impugnata, così vulnerata da incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione ed istruttoria.
Il Comune intimato non si costituiva in giudizio.
All’esito della pubblica udienza del 9 marzo 2011, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Il Sindaco del Comune di Castelvecchio Subequo (AQ) ha inteso far divieto di caccia, nei limiti indicati nell’ordinanza, avvalendosi espressamente del disposto di cui agli artt. 54, TUEL e 1 R.D. 773/1931, secondo cui il Sindaco, quale Ufficiale di Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.
E’ avvenuto che, in conseguenza degli incendi occorsi nell’estate 2007, la Provincia dell’Aquila, nell’esercizio dei suoi poteri amministrativi in materia, ebbe a precludere la caccia in diverse zone del territorio subequano, con l’effetto che la caccia è stata di fatto consentita in una zona più ristretta nella quale si sono concentrati i cacciatori (nel provvedimento impugnato si fa riferimento a 1.400 cacciatori in 4 mila ettari, cinque volte in più del massimo consentito).
Da tale situazione il sindaco fa discendere “un carico venatorio insostenibile per questo territorio e pericoloso per la sicurezza delle popolazioni e dei cacciatori stessi”.
Va preliminarmente evidenziato che la scadenza temporale di vigenza dell’ordinanza impugnata non determina ex se l’improcedibilità del ricorso, per un verso trattandosi di provvedimenti “ripetibili” e per altro considerata la natura della controversia che si svolge tra Enti pubblici e che involge la delimitazione dei rispettivi poteri.
Tanto premesso, e passando al merito, l’Amministrazione provinciale ricorrente, nella sua qualità di Ente deputato allo svolgimento delle funzioni amministrative in materia di caccia, deduce anzitutto la non ricorrenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza per addivenire a siffatta determinazione.
Il motivo è fondato.
Il potere di cui all’art. 54, comma 2 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267, in base al quale il Sindaco, nella sua qualità di ufficiale di Governo, “adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità dei cittadini” è esercitabile solamente quando si tratti di affrontare situazioni eccezionali ed imprevedibili, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico (cfr., ex pluris, Cons.di Stato, sez.V, n.1678/2003).
Tanto consentirebbe al sindaco di derogare alle ordinarie regole, anche in materia di competenza, nella concorrenza dei presupposti partitamente indicati nella disposizione.
Dalla motivazione dell’impugnata ordinanza emerge che gli scopi perseguiti dal Sindaco, nel caso di specie, non sono tuttavia coerenti con quelli tassativamente fissati dalla norma (cfr. TAR. Piemonte, n.88/2006), posto che, con evidenza, l’”insostenibilità del carico venatorio è circostanza di fatto valutabile unicamente dall’Ente preposto dalle funzioni amministrative in materia, che è, come sopra detto, la Provincia.
Con i provvedimenti emanati nell’occasione, la Provincia ha dovuto necessariamente valutare gli effetti dell’aggiuntivo carico venatorio, con ala conseguenza che il Sindaco non può sovrapporsi a tale esclusiva valutazione, in funzione di controllo o sostitutiva di tale potere.
Quanto al profilo del pericolo che minaccerebbe l’incolumità dei cittadini, che radicherebbe ex se il potere esercitato, lo stesso è desunto del tutto apoditticamente dalla concentrazione dei cacciatori nella zona, senza alcun elemento concreto (vicinanza di centri abitati, esposti di cittadini, particolari circostanze di tempo o luogo) a sostegno di tale anodina deduzione.
Va peraltro osservato che i dati utilizzati dal Sindaco risultano comunque erronei, non avendo tenuto conto della rimodulazione operata, all’esito dei una complessa istruttoria tecnica interessante anche la Regione, da parte della Provincia competente, del numero dei cacciatori per effetto della riduzione del territorio utilizzabile.
Il pericolo non può dunque dedursi ex se dal dato numerico della maggiore concentrazione dei cacciatori nella zona (concentrazione comunque inferiore a quella indicata nell’atto).
E’ invece ius receptum che l’ordinanza contingibile ed urgente debba contenere specifica motivazione inerente alla sussistenza in concreto degli elementi giustificativi dell’esercizio del potere, con indicazione dell’istruttoria compiuta e dei presupposti di fatto considerati (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez.I, n.6896/2010), posto che il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti presuppone la necessità di provvedere, con immediatezza, in relazione a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento.
L’esercizio di tale potere presuppone l’esistenza, oltre che la sua puntuale indicazione nel provvedimento impugnato, di una situazione di pericolo, quale ragionevole probabilità che accada une evento nel caso in cui l’Amministrazione non intervenga prontamente.
Pertanto, la protezione di determinante esigenze costituisce presupposto necessario per giustificare il ricorso al potere ordinatorio, ma non sufficiente, richiedendosi ulteriori particolari requisiti di urgenza, e quindi di pericolo, per la pubblica incolumità.
La finalizzazione e caratterizzazione del provvedimento in questione impongono, poi, che in esso siano necessariamente indicati ed illustrati i relativi presupposti, e può senz’altro affermarsi che non risponde a tali requisiti un generico riferimento ad una possibile situazione di pericolo (TAR Lazio - Latina, n.1732/2006).
La carenza di elementi concreti dai quali desumere la probabilità di pericolo per l’incolumità pubblica inficia, dunque, inesorabilmente l’ordinanza impugnata che va pertanto annullata.
La natura della controversia, tenuto conto della non costituzione delle parti intimate, consiglia di dichiarare irripetibili le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per l’Abruzzo – L’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Mastrocola, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)