N. 05382/2011REG.PROV.COLL.
N. 02902/2007 REG.RIC.
N. 02902/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2902 del 2007, proposto da:
Soficoop S.r.l. in Liquidazione, rappresentata e difesa dall'avv. Biagio Izzo, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Comune di Brusciano, rappresentato e difeso dall'avv. Arcangelo D'Avino, con domicilio eletto presso Alberto D'Auria in Roma, via Calcutta, 45;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 01623/2006, resa tra le parti, concernente DECADENZA E REVOCA ASSEGNAZIONE SUOLI COMPRESI NEL PIANO DI ZONA 167 - RIS.DANNO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2011 il Cons. Antonio Bianchi e uditi per le parti gli avvocati Quinto, su delega dell' avv. Izzo, e D' Avino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con decreto P.G.R.C. n. 6556 del 06.10.1975 veniva approvato il piano di zona per l’edilizia economica e popolare del Comune di Brusciano, ai sensi delle leggi n. 167/1962 e n. 865/1971.
Successivamente, con Delibera Consiliare n. 75 del 10.11.1979, il Comune di Brusciano assegnava alla SO.FI.COOP. S.r.l. il diritto di superficie per le aree residenziali (lotto 15 per complessivi mq. 6500 circa) comprese nel piano per l’edilizia economica e popolare (P.E.E.P.), altrimenti noto come piano di zona o piano 167.
Il Comune di Brusciano formalizzava l’assegnazione dei suoli mediante la stipula di “convenzione per la costituzione del diritto di superficie su area destinata ad edilizia residenziale ai sensi dell’art. 35 della legge 865/1971”.
Specificatamente, e ai fini che qui interessano, veniva convenzionalmente pattuito che:
a) la ricorrente si dichiarava disponibile a procedere in nome e per conto del Comune all’esproprio e all’eventuale acquisto delle aree sulle quali l’amministrazione avrebbe concesso il diritto di superficie (art. 7);
b) le aree si intendevano consegnate all’impresa concessionaria con l’emissione del decreto di esproprio (art. 11, comma 2).
Sennonché, adducendo la mancata realizzazione dell’opera, la violazione dei termini, la mancata ottemperanza alla delega per la procedura espropriativa e lo stato di abbandono dell’area, l’Amministrazione comunale, con delibera di Giunta Comunale n. 11 del 14.01.2003, disponeva la revoca e comunque la decadenza dell’assegnazione dei suoli in danno dell’appellante società.
Avverso il citato atto deliberativo insorgeva la società SO.FI.COOP. s.r.l. che, con giudizio incardinato al nr. R.G. 4316/2003 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania di Napoli, ne chiedeva 1’ annullamento con risarcimento dei danni subiti.
Con sentenza n. 1623/2006, il tribunale adito respingeva il ricorso.
Avverso tale decisione la SO.FI.COOP. ha interposto l’odierno appello, chiedendone l’integrale riforma.
L’amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 29 aprile 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei sensi di seguito precisati.
2. Va preliminarmente rilevato che la gravata sentenza ha espressamente qualificato il provvedimento impugnato in primo grado, come “revoca” della precedente determinazione del Consiglio Comunale.
Al riguardo, infatti, il primo giudice ha precisato che “l’atto adottato corrisponde, nei suoi tratti essenziali, ad una determinazione che ha lo scopo di eliminare l’ulteriore produzione di effetti, in considerazione di un mutato apprezzamento dell’interesse pubblico e della situazione di fatto”.
Tale statuizione non è stata fatta oggetto di specifica censura e, pertanto, sul punto si è formato il giudicato sostanziale.
3. Tanto permesso, erroneamente il T.A.R. ha disatteso la censura dedotta dalla società ricorrente, di violazione del generale principio del “contrarius actus”.
La gravata revoca è stata infatti disposta con delibera di Giunta Comunale del 14 gennaio 2003, mentre l’assegnazione dei suoli è stata deliberata dal Consiglio comunale con atto n. 75 del 1979.
Orbene, per pacifica giurisprudenza la revoca, oltre che a seguire la medesima procedura che aveva determinato l’adozione del provvedimento poi ritirato, deve essere disposta dallo stesso organo che lo ha emanato.
Come esattamente dedotto dall’appellante, infatti, nell’esercizio del potere di autotutela il provvedimento dell’amministrazione tendente alla rimozione di precedente atto esistente ed efficace, deve essere adottato con le medesime formalità procedimentali seguite per l’adozione dell’atto rimosso.
Nel caso in questione la funzione amministrativa esercitata è di contenuto identico, seppure di segno opposto, a quella esplicitata in precedenza e dunque essa doveva articolarsi secondo gli stessi moduli già adottati e ad opera dello stesso organo, in coerenza con il principio di competenza intesa come misura dei poteri attribuiti ad un dato organo.
Ciò non di meno, l’atto di secondo grado è stato adottato dalla Giunta comunale in luogo del Consiglio, in violazione del principio sopra richiamato.
4. Né può accedersi alla tesi sostenuta dall’amministrazione resistente secondo cui, a seguito del nuovo riparto di competenze fissato dal D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, l’adozione del provvedimento di revoca per cui è causa spetterebbe alla Giunta trattandosi sostanzialmente di una determinazione attuativa “della volontà consiliare espressa con la delibera di concessione, consistendo nella verifica e nel controllo della sua concreta attuazione come attività di governo”.
In primo luogo, infatti, la delibera in contestazione non assume i connotati di una attività di verifica e controllo, ma piuttosto, come correttamente statuito dal primo giudice, di una funzione di autotutela volta ad apprezzare la permanenza dell’originario interesse pubblico che ha indotto all’adozione del primigenio provvedimento.
E non v’è dubbio, come la funzione di autotutela non sostanzi un’attività esecutiva ma, al contrario, un apprezzamento squisitamente discrezionale e di indirizzo rispetto ai fini perseguiti dall’Ente, di natura analoga (ancorché di segno contrario) a quello originariamente esercitato.
In secondo luogo, è comunque dirimente la circostanza per cui la competenza alla approvazione della convenzione per cui è causa, (ed a fortiori la sua revoca) è espressamente attribuita al Consiglio Comunale dall’art. 35 della legge 865/1971, ancora oggi a tutti gli effetti in vigore.
E non solo, tale competenza è altresì ragionevolmente attribuita all’organo consiliare, anche dallo stesso D. Lgs. 267/2000 invocato dall’amministrazione.
L’art. 42 del predetto decreto legislativo, infatti, attribuisce al Consiglio la competenza (tra le altre) in materia di programmi, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, nonché gli affidamenti di attività o servizi mediante convenzione.
Non v’è dubbio, pertanto, che i piani di zona per l’edilizia residenziale pubblica, nonché le convenzioni accessive previste dalla legge per la realizzazione degli interventi ivi previsti, rientrino anche per questa via nella competenza consiliare.
5. Conclusivamente, il ricorso si appalesa fondato sotto l’assorbente profilo della incompetenza della Giunta del Comune di Brusciano, alla adozione della delibera di revoca n. 11/2003 per cui è causa.
Incompetenza che il giudice di primo grado, benché formalmente dedotta, non ha positivamente apprezzato.
6. L’istanza risarcitoria non può, allo stato, essere delibata.
Invero, per quanto sopra specificato, i rapporti tra l’amministrazione e la società ricorrente dovranno essere ridefiniti dal’organo competente con una nuova specifica determinazione.
È di tutta evidenza, pertanto, che solo a seguito dell’adozione di quest’ultima l’odierna appellante potrà eventualmente avanzare le sue pretese risarcitorie in ragione di quanto in concreto deliberato.
7. Per le ragioni esposte il ricorso va accolto, per ciò che attiene alla pretesa caducatoria, nei sensi di cui in motivazione; va dichiarato improcedibile, allo stato, per ciò che attiene alla pretesa risarcitoria.
Sussistono giusti motivi, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe:
- lo accoglie per ciò che attiene alla pretesa caducatoria e per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR per la Campania n. 1623/2006 impugnata, annulla la delibera della G. M. di Brusciano n. 11/2003 per incompetenza;
- lo dichiara improcedibile, allo stato, per ciò che attiene alla pretesa risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)