lunedì 12 marzo 2012

ARAN: Nuovi orientamenti applicativi delle Regioni – Problematiche applicative proposte dagli Enti in ordine a specifici aspetti della disciplina contrattuale relativa all’istituto della turnazione.

Problematiche applicative proposte dagli Enti in ordine a specifici aspetti della disciplina contrattuale relativa  all’istituto della turnazione.


Ad un dipendente inserito in organizzazione del lavoro per turni compete la relativa indennità, ai sensi dell’art. 22, comma 5, del CCNL del 14.9.2000 per un periodo in cui lo stesso è impegnato in un corso di aggiornamento professionale?
In presenza di una organizzazione del lavoro per turni (presenti tutti i requisiti espressamente stabiliti a tal fine dall’art. 22 del CCNL del 14.9.2000), la relativa indennità può essere erogata al personale interessato solo se abbia effettivamente reso la propria prestazione lavorativa nell’ambito del turno di assegnazione.
Infatti, l’art. 22, comma 6, del CCNL del 14.9.2000 chiaramente dispone che: “L’indennità di cui al comma 5 è corrisposta solo per i periodi di effettiva prestazione di servizio in turno”.
Proprio la precisa formulazione della clausola contrattuale, non consente l’erogazione della stessa in tutti i casi in cui sia mancata la effettiva prestazione di servizio in turno; quindi, non solo nelle ipotesi di assenza dal servizio (qualunque sia la causa dell’assenza: ferie, malattia, ecc.), ma anche in quelle particolari fattispecie nella quale, pur essendo formalmente in servizio, il dipendente interessato comunque non rende la propria prestazione nell’ambito dell’organizzazione del turno, come nel caso in cui lo stesso partecipa ad un corso di formazione.
Può un ente disporre direttamente ed autonomamente la riduzione a 35 ore settimanali dell’orario di lavoro del personale in turno, ai sensi dell’art. 22 del CCNL dell’1.4.1999, per il solo fatto che si è in presenza di un’organizzazione del lavoro per turni? Vi sono condizioni o particolari modalità per tale riduzione?
Su tale particolare problematica si ritiene utile specificare quanto segue:
1.     l’art. 22 del CCNL dell’1.4.1999 non riconosce direttamente alcun diritto alla riduzione dell’orario di lavoro al personale che svolge la propria attività lavorativa sulla base di una organizzazione del lavoro per turni o sulla base di una programmazione plurisettimanale;
2.     in altri termini la sussistenza di un orario di lavoro articolato in più turni, in base alla disciplina dell’art. 22, del CCNL del 14.9.2000, o anche secondo una programmazione plurisettimanale in base alla disciplina dell’art. 17, comma 4, lett. b) e c) del medesimo CCNL del 14.9.2000, per alcune categorie di personale, non costituisce da solo sufficiente presupposto per l’applicazione della riduzione dell’orario di lavoro ordinario a trentacinque ore, medie settimanali, ivi previste;
3.     spetta al contratto decentrato il compito di dare eventuale attuazione alla disciplina contenuta nell’art. 22, comma 1 del CCNL del 1.4.1999, anche alla luce delle condizioni organizzative e di spesa;
4.     infatti, per espressa previsione dell’art. 22, del CCNL dell’1.4.1999, la riduzione a 35 ore dell’orario di lavoro è praticabile solo se è anche possibile dimostrare e certificare, in sede di contrattazione decentrata integrativa, che i maggiori oneri derivanti dalla riduzione stessa possono essere fronteggiati con proporzionali riduzioni del lavoro straordinario o con stabili modifiche degli assetti organizzativi;
5.     la locuzione “fino a raggiungere le 35 ore medie settimanali” è da intendersi nel senso che le 35 ore settimanali sono previste come limite orario medio, pertanto l’orario di lavoro potrebbe essere ridotto anche in misura superiore alle trentacinque ore per alcune settimane e continuare ad essere fissato in trentasei ore o anche in misura superiore in altre;
6.     la locuzione “proporzionali riduzioni del lavoro straordinario”, ad avviso della scrivente Agenzia, deve intendersi come riduzione della spesa destinata a finanziare il lavoro straordinario; altrimenti, non vi sarebbero effettivi risparmi e, quindi, risorse da destinare alla copertura della maggiore spesa derivante dalla riduzione dell’orario di lavoro;
7.     per “stabili modifiche degli assetti organizzativi” devono intendersi tutti quei mutamenti dell’attuale organizzazione del lavoro negli uffici dell’ente, di carattere permanente, la cui adozione potrebbe consentire all’ente di conseguire comunque “economie” di gestione, utilizzabili, proprio per la loro stabilità nel tempo, per il finanziamento, anche solo in quota (vi è, infatti, anche l’intervento sulla spesa per il lavoro straordinario), della riduzione dell’orario di lavoro. Non si nasconde che, date le specifiche, e soprattutto rigide, caratteristiche dell’organizzazione del lavoro per turni, ad avviso della scrivente Agenzia, ben difficilmente si ritiene possibile l’introduzione nella stessa di modificazioni stabili ed effettivamente idonee a consentire risparmi di gestione, suscettibili di essere destinati al finanziamento della riduzione dell’orario di lavoro del personale turnista. In ogni caso deve escludersi ogni possibilità di porre oneri aggiuntivi a carico del bilancio dell’ente.
Alla luce di quanto sopra detto si esclude che, a prescindere dall’intervento della contrattazione integrativa, la riduzione possa essere disposta autonomamente dall’ente, attraverso l’adozione di un proprio regolamento comunque di autonome decisioni dei singoli dirigenti o responsabili dei servizi, anche alla luce dei costi connessi ed alla necessità di procedere alla relativa copertura, non potendosi in alcun modo ritenere possibile che, per effetto di una clausola del CCNL, essi siano posti direttamente a carico del bilancio dell’ente.