Come devono essere quantificate le ferie spettanti ad una lavoratrice che, titolare di un rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale con distribuzione della prestazione lavorativa solo sui primi sei mesi di ciascun anno e con un orario di lavoro di 36 ore articolato su cinque giorni settimanali, si assenti per interdizione dal lavoro per maternità e successivamente per congedo di maternità ?
Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale, ai sensi dell’art. 6, comma 8, del CCNL del 14.9.2000, si deve procedere al riproporzionamento delle ferie spettanti al lavoratore, commisurandole alle giornate di lavoro prestate nell’anno, senza che assuma alcun rilievo a tal fine la durata della singola giornata lavorativa (le ferie non si calcolano e non si maturano mai a ore). Quest’ultima conta solo ai fini della determinazione della retribuzione dei giorni di ferie, dato che essa deve essere rapportata alla durata della prestazione giornaliera (art. 6, comma 8, terzo periodo, del CCNL del 14.9.2000). Pertanto, nel caso di specie (un rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale al 50%, con distribuzione dell’orario su solo sei mesi dell’anno), la circostanza che la lavoratrice durante il periodo destinato alla prestazione lavorativa abbia fruito dell’interdizione dal lavoro per maternità e, successivamente, del congedo di maternità, non acquista rilievo, in senso riduttivo, ai fini della maturazione delle ferie, in quanto, ai sensi dell’art. 22, comma 3 del d.lgs. n. 151/2001, i periodi di congedo di maternità sono computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli delle ferie.
Nei confronti di un dipendente già autorizzato ad assentarsi per ferie, è stata disposta la revoca per ragioni di servizio della sola giornata di ferie (la prima). Rinunciando a tutta la vacanza organizzata per le ferie, il dipendente ha richiesto il rimborso delle spese per le ferie non effettuate ed in particolare quelle dell’albergo prenotato. Quali regole trovano applicazione per tale fattispecie?
In materia, si ritiene utile precisare quanto segue:
la particolare problematica esposta non trova alcuna diretta soluzione nella vigente disciplina contrattuale in materia di ferie, contenuta nell’art. 18 del CCNL del 6.7.1995 e successive modificazioni ed integrazioni;
per i suoi contenuti specifici, infatti, essa non può essere ricondotta, in via analogica, alle previsioni dell’art. 18, comma 11, del CCNL del 6.7.1995 che prendono in considerazione solo i diversi casi dell’interruzione e della sospensione delle ferie che il dipendente già sta fruendo;
conseguentemente, in mancanza di regole espresse su tale materia, si possono solo richiamare alcune indicazioni giurisprudenziali, intervenute in passato con riferimento al settore del lavoro privato;
in particolare la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con sentenza n. 1557 dell’11 febbraio 2000, ha avuto modo di affermare che:a) in base al dato letterale dell'art. 2109 c.c., è il datore di lavoro che stabilisce nel tempo il periodo annuale di ferie retribuito, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La legge prevede la determinazione unilaterale del periodo annuale di ferie da parte del datore di lavoro e in detta determinazione egli deve soltanto tener conto degli interessi del lavoratore. La stessa legge stabilisce, inoltre, che il datore di lavoro deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie;
b) la rilevanza degli interessi del prestatore non esclude il permanere del potere del datore di lavoro di modificare il periodo originariamente assegnato in relazione alle esigenze dell'impresa (il sopravvenire di esigenze eccezionali ed imprevedibili) e, quindi, di modificare, salva la obbligatoria preventiva comunicazione, il periodo di ferie assegnato;
c) pertanto, il potere attribuito al datore di lavoro di stabilire il periodo delle ferie, implica quello di modificarlo, con il solo limite del preavviso (secondo la Corte ai fini della modifica non sarebbe necessario il sopravvenire di circostanze eccezionali ed imprevedibili in quanto la modifica del periodo feriale può derivare anche soltanto da una riconsiderazione delle esigenze aziendali, alle quali per legge è legata l’assegnazione delle ferie);
d) la rilevanza degli interessi del prestatore comporta che, eventualmente, questi potrà richiedere di essere indennizzato per i danni derivanti dal mutamento del periodo feriale, qualora il datore di lavoro non abbia rispettato l’onere, sullo stesso incombente, di dare comunicazione al lavoratore con congruo preavviso della decisione di modifica del periodo di fruizione delle ferie. Alla luce di tali indicazioni giurisprudenziali (non sono numerose le pronunce dei giudici su tale particolare materia e, quindi, non si può parlare di orientamenti consolidati), si dovrebbe ritenere che la possibilità di indennizzare il lavoratore delle spese sostenute nel caso di modifica del periodo di ferie già assegnato, prima della fruizione delle stesse, sussiste solo nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto all’onere della comunicazione al lavoratore, con congruo preavviso, della decisione di modifica, come richiesto dalla normativa codicistica. Il che potrebbe comportare, implicitamente, il riconoscimento di una forma di responsabilità per il pagamento dell’indennizzo a carico del soggetto datoriale che a tale comunicazione era tenuto e che non vi ha provveduto. Inoltre, ai fini della determinazione dell’ammontare dell’indennizzo (nel caso di specie si tratterebbe del rimborso delle spese di soggiorno), dovrebbe comunque essere verificato se il lavoratore, sulla base delle regole in materia di responsabilità per danni e dei principi generali di correttezza e buona fede, abbia fatto tutto quanto era in suo potere per evitare o ridurre, quanto meno, l’entità del danno a carico del datore di lavoro, come ad esempio, la richiesta all’albergo dello slittamento di un giorno della prenotazione. Occorre, infatti, considerare che la effettiva decisione di non fruire comunque dell’intero periodo di ferie, pure in presenza della revoca di un solo giorno, è stata autonomamente adottata dal lavoratore stesso.
Spetta comunque all’ente, anche alla luce delle indicazioni giurisprudenziali fornite, decidere quale comportamento concretamente adottare, trattandosi di attività tipicamente gestionale di una materia che, ad oggi, trova la sua fonte regolativa esclusivamente nelle previsioni dell’art. 2109 del codice civile.
Fonte: www.piscino.it