Quando si dice i casi della vita! Purtroppo, possono capitarne di tutti i
colori. Nel caso che segue, un automobilista, in conseguenza di una
violazione che non aveva mai commessa, si era visto sottrarre alcuni
punti dalla patente di guida. Il fatto è accaduto a Pagani, in provincia
di Salerno, ad un signore reso destinatario di una notificazione con
cui gli veniva comunicata sic et simpliciter
la decurtazione. L’uomo si è domandato reiteratamente cosa mai avesse
combinato per meritarsi una tale sottrazione, ma proprio non gli era
veniva in mente alcunché. Perciò, messo alle strette, aveva finito con
lo sporgere una formale denuncia.
Una volta acquisiti i termini della vicenda, gli uomini della Squadra
della Polizia giudiziaria della Polstrada di Avellino si erano
insospettiti e si erano attivati ponendo in essere tutta una serie di
accertamenti che, alla fine, avevano portato all’individuazione di un
cinquantenne, compaesano di colui che era stato accusato del “misfatto”,
poi denunciato all’Autorità competente del Tribunale di Nocera
Inferiore con le accuse: 1) di falsità ideologica; 2) di sostituzione di
persona: 3) di false dichiarazioni sull’identità personale.
Altra classica storia all’italiana. Magari si è superato il limite di
velocità oppure si è effettuato un sorpasso a destra o magari si viene
sanzionati senza essere stati fermati; e, una volta ricevuto il verbale,
si dichiara che alla guida c’era la nonna col girello o il prozio che
non guida più l’auto da un decennio. Insomma, per conseguire un
risparmio economico (ammontante a qualche centinaio di euro quando si
dichiari di non ricordare chi fosse stato alla guida al momento
dell’infrazione) oppure per evitare di vedersi decurtare il proprio
monte di punti della patente, si rischia di incorrere in sanzioni ben
più gravi.
Anziché raccontare balle, quando non si voglia rischiare di perdere la
patente o di pagare importi salati, se non altro almeno per una
questione di decenza morale, basta rispettare il Codice della strada.
Soprattutto perchè questo tipo di indagini, avviato a seguito di
dichiarazioni che appaiono sospette, sono diventate sempre più
frequenti; cosicché il rischio di essere denunciati in via penale è
altissimo.
A completamente di quanto riferito, si elencano - qui di seguito - le
pene (perché come già detto si è fuoriusciti dal campo degli illeciti
amministrativi per finire in quello dei penali) che possono essere
inflitte a coloro che decidono di coinvolgere l’ignara nonnina nelle
proprie vicende:
· falsità ideologica - Capo III, art. 483 del Codice penale (reclusione fino a due anni);
· sostituzione di persona - Capo IV, art. 494 del Codice penale (reclusione fino ad un anno);
· false dichiarazioni sull’identità - Capo IV, art. 496 del Codice penale (reclusione da uno a cinque anni).
Messe così le cose, la domanda è: ne vale la pena?
Terzo caso. Viola il Codice penale pure chi abbia rifiutato di fornire
le proprie generalità ai Carabinieri, seppure nella contingenza questi
avessero vestito abiti borghesi e fossero stati a bordo di un’auto
civetta. La sanzione non si evita neppure se subito dopo si corre in Caserma a fornire i propri dati.
La Corte di Cassazione ha confermato reiteratamente la condanna di
soggetti che non avevano voluto rilasciare indicazioni sulla propria
identità. Anzi, recentemente l’episodio si era verificato quando due
Carabinieri, presentatisi in abiti civili e con una macchina priva dei
segni distintivi dell’Arma, erano intervenuti per avere ricevuto una
telefonata anonima che segnalava un’auto bloccata nel fango.
L’intenzione di un solerte cittadino di dare una mano all’automobilista
in panne, almeno per questo verso, non era andata a buon fine; e
l’uomo, estratto dal terreno melmoso grazie all’aiuto gratuito offerto
dal conducente di un trattore, è stato poi condannato a pagare 130 euro
di ammenda per essersi rifiutato di mostrare i documenti ai Carabinieri
intervenuti sul posto. Il ricorrente, alla richiesta di farsi
identificare, era ripartito in tutta fretta dichiarando “io non do niente a nessuno”.
Tale comportamento è stato ritenuto inammissibile dal Supremo collegio che
ha valutato non convincente la tesi difensiva secondo cui
l’automobilista, avendo nutrito dei dubbi sulla reale identità dei
militari, si era dichiarato disponibile a consegnare personalmente i
suoi documenti in caserma, come in realtà poi era avvenuto. Infatti,
secondo gli “Ermellini”, “non
è necessaria la conoscenza della qualifica di pubblico ufficiale del
richiedente, ma basta la semplice rappresentabilità, da parte di chi
rifiuta di obbedire all’ordine, della sussistenza, nel richiedente,
della predetta qualifica”.
Un po’ come dire "in dubio, pro Arma".
Fonte: http://www.primonumero.it