domenica 12 febbraio 2012

False dichiarazioni e rifiuto di generalità

Quando si dice i casi della vita! Purtroppo, possono capitarne di tutti i colori. Nel caso che segue, un automobilista, in conseguenza di una violazione che non aveva mai commessa, si era visto sottrarre alcuni punti dalla patente di guida. Il fatto è accaduto a Pagani, in provincia di Salerno, ad un signore reso destinatario di una notificazione con cui gli veniva comunicata sic et simpliciter la decurtazione. L’uomo si è domandato reiteratamente cosa mai avesse combinato per meritarsi una tale sottrazione, ma proprio non gli era veniva in mente alcunché. Perciò, messo alle strette, aveva finito con lo sporgere una formale denuncia.
Una volta acquisiti i termini della vicenda, gli uomini della Squadra della Polizia giudiziaria della Polstrada di Avellino si erano insospettiti e si erano attivati ponendo in essere tutta una serie di accertamenti che, alla fine, avevano portato all’individuazione di un cinquantenne, compaesano di colui che era stato accusato del “misfatto”, poi denunciato all’Autorità competente del Tribunale di Nocera Inferiore con le accuse: 1) di falsità ideologica; 2) di sostituzione di persona: 3) di false dichiarazioni sull’identità personale.
 
Altra classica storia all’italiana. Magari si è superato il limite di velocità oppure si è effettuato un sorpasso a destra o magari si viene sanzionati senza essere stati fermati; e, una volta ricevuto il verbale, si dichiara che alla guida c’era la nonna col girello o il prozio che non guida più l’auto da un decennio. Insomma, per conseguire un risparmio economico (ammontante a qualche centinaio di euro quando si dichiari di non ricordare chi fosse stato alla guida al momento dell’infrazione) oppure per evitare di vedersi decurtare il proprio monte di punti della patente, si rischia di incorrere in sanzioni ben più gravi.
 
Anziché raccontare balle, quando non si voglia rischiare di perdere la patente o di pagare importi salati, se non altro almeno per una questione di decenza morale, basta rispettare il Codice della strada. Soprattutto perchè questo tipo di indagini, avviato a seguito di dichiarazioni che appaiono sospette, sono diventate sempre più frequenti; cosicché  il rischio di essere denunciati in via penale è altissimo.
 
A completamente di quanto riferito, si elencano - qui di seguito - le pene (perché come già detto si è fuoriusciti dal campo degli illeciti amministrativi per finire in quello dei penali) che possono essere inflitte a coloro che decidono di coinvolgere l’ignara nonnina nelle proprie vicende:
 
·         falsità ideologica - Capo III, art. 483 del Codice penale (reclusione fino a due anni);
·         sostituzione di persona - Capo IV, art. 494 del Codice penale (reclusione fino ad un anno);
·         false dichiarazioni sull’identità - Capo IV, art. 496 del Codice penale (reclusione da uno a cinque anni).
 
          Messe così le cose, la domanda è: ne vale la pena?
 
Terzo caso. Viola il Codice penale pure chi abbia rifiutato di fornire le proprie generalità ai Carabinieri, seppure nella contingenza questi avessero vestito abiti borghesi e fossero stati a bordo di un’auto civetta. La sanzione non si evita neppure se subito dopo si corre in Caserma a fornire i propri dati.
 
La Corte di Cassazione ha confermato reiteratamente la condanna di soggetti che non avevano voluto rilasciare indicazioni sulla propria identità. Anzi, recentemente l’episodio si era verificato quando due Carabinieri, presentatisi in abiti civili e con una macchina priva dei segni distintivi dell’Arma, erano intervenuti per avere ricevuto una telefonata anonima che segnalava un’auto bloccata nel fango.
L’intenzione di un solerte cittadino di dare una mano all’automobilista in panne, almeno per questo verso, non era andata a buon fine; e l’uomo, estratto dal terreno melmoso grazie all’aiuto gratuito offerto dal conducente di un trattore, è stato poi condannato a pagare 130 euro di ammenda per essersi rifiutato di mostrare i documenti ai Carabinieri intervenuti sul posto. Il ricorrente, alla richiesta di farsi identificare, era ripartito in tutta fretta dichiarando “io non do niente a nessuno”.
 
Tale comportamento è stato ritenuto inammissibile dal Supremo collegio che ha valutato non convincente la tesi difensiva secondo cui l’automobilista, avendo nutrito dei dubbi sulla reale identità dei militari, si era dichiarato disponibile a consegnare personalmente i suoi documenti in caserma, come in realtà poi era avvenuto. Infatti, secondo gli “Ermellini”, “non è necessaria la conoscenza della qualifica di pubblico ufficiale del richiedente, ma basta la semplice rappresentabilità, da parte di chi rifiuta di obbedire all’ordine, della sussistenza, nel richiedente, della predetta qualifica”.
Un po’ come dire "in dubio, pro Arma".
Fonte: http://www.primonumero.it