domenica 29 gennaio 2012

Liberalizzazione degli orari del commercio al dettaglio e di somministrazione:come si applica?

La cosidetta “LIBERALIZZAZIONE DEGLI ORARI” delle attività di commercio al dettaglio e di somministrazione,ulteriormente confermata dal decreto “salva Italia” di dicembre, sta suscitando una serie di dubbi applicativi e resistenze da parte soprattutto delle categorie interessate, ma anche di talune Regioni (che hanno già preannunciato ricorsi alla Corte Costituzionale) e di Comuni.
Fermo restando il diritto delle Regioni ad appellarsi alla Suprema Corte se lo ritengono opportuno, ed astenendosi dall’esprimere qualunque valutazione “politica” o di opportunità, viste le numerose richieste di precisazione che ci sono pervenute da molti comuni e da privati, abbiamo ritenuto opportuno fornire in questa sede una interpretazione strettamente “giuridica” sull’argomento, basato sul semplice principio dell’obbligatorietà del rispetto delle norme vigenti.
Come è noto, con il Decreto Legge 6.12.2011 n. 201 (convertito con Legge 22.12.2011 n. 214),
il Governo è intervenuto nuovamente sulla disciplina degli orari e delle giornate di esercizio dell’attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, disciplina che era già stata oggetto di riforma pochi mesi prima con l’entrata in vigore del D.L. 6.07.2011 n. 98 (convertito con Legge 15.07.2011 n. 111) e poi del D.L. 13.08.2011 n. 138 (convertito con Legge 14.09.2011 n. 148).
Al fi ne di poter correttamente interpretare ed applicare la nuova disciplina, si ritiene necessaria
una breve ricostruzione del complesso intreccio normativo che si è venuto a creare a seguito dei ripetuti interventi legislativi.
Innanzitutto la norma più volte modificata è quella di cui all’art. 3 del D.L. 4.07.2006 n. 223 (convertito con Legge 4.08.2006 n. 248), con la quale il Legislatore statale aveva introdotto alcune disposizioni dirette alla tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale.
Più in particolare era stato previsto che le attività commerciali di cui al D.lgs. 114/1998 e le attività di somministrazione di alimenti e bevande fossero svolte senza la previsione dei limiti e delle prescrizioni  espressamente elencate nel primo comma dell’art. 3, tra le quali, il rispetto di distanze minime tra esercizi consimili, il contingentamento dei titoli abilitativi, limitazioni quantitative all’assortimento merceologico e simili.
L’eliminazione di detti limiti e prescrizioni si rendeva necessaria al fine di adeguare la disciplina nazionale ai principi previsti dall’ordinamento comunitario in tema di libera concorrenza tra operatori e pari opportunità di accesso al mercato, oltre ad essere diretta ad assicurare al consumatore finale un livello minimo ed uniforme delle condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi su tutto il territorio nazionale, materie considerate di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettere e) ed m) della Costituzione.
La competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza ha comportato che le norme che in essa rinvengono la propria base giuridica sono destinate a prevale sulle eventuali norme regionali che risultassero incompatibili, ciò senza che si determini un’ingerenza dello Stato in ambiti di competenza legislativa regionale, stante la “trasversalità” riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale alla materia della “tutela della concorrenza” (cfr. Corte Cost. sent. 288/2010 e sent. 430/2007).
Il comma 4 dell’art. 3 D.L. 223/2006, prevedeva che le Regioni e gli Enti Locali adeguassero i propri ordinamenti alle nuove norme di cui allo stesso art. 3 entro il 1° gennaio 2007. Il mancato adeguamento entro la data prevista ha avuto come effetto la prevalenza delle disposizioni statali sulle norme regionali incompatibili sino a quel momento in vigore con la conseguente disapplicazione di queste ultime; ciò è quanto ha precisato il Ministero dello Sviluppo Economico con la circolare n. 3603/C del 28.09.2006, con la quale sono stati forniti gli indirizzi interpretativi delle disposizioni del D.L. 223/2006, ed altresì quanto emerge dalla sentenza del T.A.R. Lombardia 6259/2007, con la quale è stato ritenuto incompatibile, e quindi disapplicato, il contingentamento delle autorizzazioni alla somministrazione di alimenti e bevande, poiché, appunto, incompatibile con il dettato del D.L. 223/2006.
Su tale assetto normativo ed interpretativo è intervenuto dapprima l’art. 35 comma 6 del D.L.
98/2011 (conv. L. 111/2011), che modifica il testo dell’art. 3 D.L. 223/2006 introducendo la lettera d)-bis, in forza della quale alle attività commerciali di cui al D.lgs. 114/1998 e di somministrazione di alimenti e bevande nell’esercizio della propria attività non potrà essere imposto “……in via sperimentale, il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte;”.
Il comma 7 dell’art. 35 D.L. 98/2011 prevedeva inoltre che “Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari alla disposizione introdotta dal comma 6 entro la data del 1° gennaio 2012.”.
Con il D.L. 98/2011, in buona sostanza, il Legislatore statale ha stabilito che le attività commerciali e di somministrazione non fossero più tenute al rispetto degli orari di esercizio, né dell’obbligo della chiusura domenicale o festiva; tale nuova facoltà era però limitata agli esercizi ubicati nei comuni che le Regioni avessero individuato come turistici o come città d’arte, includendoli negli appositi elenchi (elenchi originariamente previsti dall’art. 12 del D.lgs. 114/1998 ma che non tutte le Regioni avevano istituito o mantenuto).
Considerato il termine di adeguamento previsto dal comma 7 dell’art. 35 D.L. 98/2011, le nuove disposizioni avrebbero dovuto trovare applicazione solamente a partire dal 1° gennaio 2012, data entro la quale le Regioni e gli Enti Locali avrebbero dovuto adottare le norme di adeguamento dei propri ordinamenti.
Sino alla scadenza del termine di adeguamento avrebbero invece continuato ad essere applicate le  vigenti norme e disposizioni regionali e comunali, anche se incompatibili. Dopo il 1° gennaio 2012, l’ipotesi di mancato adeguamento da parte delle Regioni e degli Enti Locali, le nuove norme di liberalizzazione degli orari di esercizio dell’attività avrebbero comunque prevalso su quelle locali difformi, con conseguente loro disapplicazione.
Si precisa che quella sopra fornita è tra l’altro l’interpretazione data dal Ministero dello Sviluppo Economico alle norme di cui al D.L. 98/2011 con la circolare n. 3644/C del 28.10.2011, interpretazione confermata anche dal dossier n. 301 dell’Ufficio Studi del Senato, ove è specificato che il D.L. 98/2011 ha sostanzialmente riaperto il termine di adeguamento normativo ) previsto dal D.L. 223/2006 ed originariamente individuato nel 1° gennaio 2007 (ora costituito dal 1° gennaio 2012) anche se limitatamente alle disposizioni di cui alla lettera d)-bis dell’art. 3 sulla  liberalizzazione degli orari delle attività commerciali.
L’art. 6 del D.L. 138/2011 interviene nuovamente in materia di orari di esercizio dell’attività, apportando alcune modifiche al testo del comma 6 dell’art. 35 D.L. 98/2011.
Dal testo della terrea d)-bis viene eliminato il riferimento alle località turistiche ed alle città d’arte, con il risultato che la liberalizzazione degli orari e delle giornate di esercizio delle attività commerciali e di somministrazione viene esteso a tutto il territorio nazionale, anche se sempre in via sperimentale.Infatti, a seguito della nuova modifica, il testo dell’art. 3 let. d)-bis D.L. 223/2006 risultava il seguente:
”… in via sperimentale, il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte;” Il D.L. 138/2011 non ha invece modificato il disposto di cui al comma 7 dell’art. 35 D.L. 98/2011, pertanto è rimasto fissato al 1° gennaio 2012 il termine per l’adeguamento da parte delle Regioni e degli Enti Locali.                
La modifica del D.L. 138/2011 non è però stata confermata in sede di conversione del decreto
legge, avvenuta con la Legge 148/2011; pertanto il testo della lettera d)-bis dell’art. 3 D.L. 223/2006 è rimasto lo stesso originariamente introdotto dal D.L. 98/2011, con la conseguente limitazione territoriale del campo di applicazione delle norme liberalizzatrici.
Da ultimo, con l’art. 31 comma 1 del D.L. 201/2011 (conv. L. 214/2011), il Legislatore ha modificato il testo dell’art. 3 let. d)-bis D.L. 223/2006, che ora risulta il seguente: “……in via sperimentale, il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte;”.
Con la nuova modifica, questa volta confermata in sede di conversione, è stato definitivamente
eliminato l’inciso che limitava gli effetti della liberalizzazione degli orari e delle giornate di attività ai soli esercizi commerciali situati nei comuni turistici o individuati come città d’arte; inoltre tale facoltà deve ora intendersi introdotta in via definitiva nell’ordinamento giuridico, essendo stato altresì eliminato l’inciso che attribuiva alla stessa carattere sperimentale.
Si rileva come l’art. 31 del D.L. 201/2011 non abbia previsto un nuovo termine per l’adeguamento
normativo da parte di Regioni ed Enti Locali, né risulta che sia stato introdotto in sede di conversione adopera della L. 214/2011, né modificato nel decreto “milleproroghe”.
Avendo avuto ad oggetto direttamente il testo del D.L. 223/2006, la novella legislativa non ha però eliminato o modificato il termine del 1° gennaio 2012 per l’adeguamento previsto dal comma 7 dell’art. 35 D.L. 98/2011, termine che deve (doveva, alla data in cui si scrive) intendersi
ancora efficace.
Per quanto riguarda il termine di 90 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della stessa L.
214/2011, si precisa come lo stesso si riferisca alle disposizioni previste dal comma 2 dell’art. 31 D.L. 201/2011, ossia alle disposizioni che prevedono la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza la previsione di contingenti, limitazioni territoriali ed altri vincoli di qualsiasi natura. Si legge infatti al comma 2 dell’art. 31 che “Secondo la disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”.
Le modifiche in materia di libertà di orari di esercizio dell’attività, in quanto previste dal comma 1 dell’art. 31, non soggiacciono quindi al suddetto “termine di adeguamento” di 90 giorni, bensì, come detto, all’originario termine fissato per il 1° gennaio 2012 (ormai decorso).
Ne consegue, pertanto, che dal 1° gennaio 2012 gli esercizi commerciali di cui al D.lgs. 114/1998
e gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande possono svolgere la propria attività senza alcun vincolo di orario e senza l’obbligo di chiusura domenicale e festiva. Ciò anche nel caso in cui le Regioni ed i Comuni non abbiano provveduto ad adeguare le proprie norme in materia, trovando applicazione diretta la disciplina di cui all’art. 3 let. d)-bis D.L. 223/2006, fondata, come detto, sulla competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza ed uniformità di accesso all’acquisto di prodotti e servizi da parte dei consumatori, così come confermato dal Ministero con la citata circolare n. 3644/2011 e dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale.
In base alla stessa logica di prevalenza della normativa statale, non risulta necessaria l’assunzione di alcuno specifico provvedimento da parte dei comuni per rendere operativa la liberalizzazione. Tutt’al più può risultare opportuna l’emanazione di una direttiva agli organi di vigilanza per evitare che questi assumano, nel dubbio, inopportune iniziative sanzionatorie.
Resta invece impregiudicata, ai sensi della circolare n. 3644/C del 28.10.2011 del Ministero per lo Sviluppo Economico, la possibilità di applicare limitazioni di orario o aperture differenziate correlate alla tipologia degli esercizi con atti provvedimentali specifici, atti ad evitare “danno alla sicurezza … e indispensabili per la protezione della salute umana … dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale”. Tali provvedimenti sono certamente applicabili alle attività di somministrazione di alimenti e bevande, mentre è meno pacifica l’estensione alle attività di vendita. Beninteso, tali limitazioni sono quelle motivabili con eventuali disagi alla cittadinanza che potrebbero derivare da aperture serali o notturno prolungate in materia di disturbo alla quiete ed alla sicurezza, all’ordine pubblico, alla viabilità, ecc., e non certo quelle afferenti alla problematiche di natura concorrenziale, sindacale, di rispetto delle tradizioni, ecc.
Di conseguenza tali ordinanze potranno riguardare l’estensione degli orari (a causa del disturbo introdotto da aperture notturne), ma non la limitazione del numero di ore di apertura, né la possibilità di aperture domenicali o festive (problemi di natura concorrenziale) Ulteriori limitazioni che venissero introdotte dai Comuni non sembrano trovare alcuna legittimità, salvo i casi in cui venissero disposte da specifici provvedimenti regionali (da assumersi “ad hoc”, in quanto quelli esistenti sono superati dalla normativa statale).
Precisiamo inoltre che:
Le nuove norme non hanno modificato le disposizioni nazionali e regionali sull’obbligo di comunicazione al pubblico dell’orario praticato da ogni singolo esercizio, tramite l’esposizione di “appositi cartelli o altri mezzi idonei”.
Nulla è innovato per le attività che sono soggette a normative speciali, non immediatamente riconducibili a quelle generali sul commercio e la somministrazione (es.: distribuzione di carburanti,
farmacie, tabaccherie, acconciatori ed estetisti, ecc.) per le quali continuano ad applicarsi la normativa vigente e le eventuali ordinanze sindacali emanate in base ad essa.

FONTE: http://www.prassicoop.it/
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Nel condividere pienamente quanto sopra riportato sono superflue tutte le ordinanze emanate da alcuni comuni,  come per esempio quella che riporto sotto (riportata nel sito):

COMUNE DI SAVA

PROVINCIA DI TARANTO

AREA P.M. – P.A. - COMMERCIO – ARTIGIANATO

TEL E FAX 099 9726014
PROT. N. 2132 del 26/01/2012                                ORDINANZA N. 09/2012
DISCIPLINA DEGLI ORARI DI APERTURA AL PUBBLICO DELLE ATTIVITA’
DI COMMERCIO AL DETTAGLIO E DI SOMMINISTRAZIONE  AL PUBBLICO
DI ALIMENTI E BEVANDE 
                                                              
IL SINDACO
Visto l’art. 31, c. 1, del D.L. 06/12/2011, n° 201 (convertito con modificazioni nella legge 214 del 22/12/2011) con cui è stata modificata la lettera d- bis (introdotta dall’art. 35, c.6, del D.L. 06/07/2011, n° 98, convertito con modificaioni nella legge 15/07/2011, n° 111) dell’art. 3, c.1, del D.L. 04/07/2006, n° 223 (convertito con modificazioni nella L. 04/08/2006, n° 248), di modo che il testo della norma de-qua, è ora il seguente:
“1. Ai sensi delle disposizioni dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonchè di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, c. 2°, lett. e ed m della Costituzione, le attività commerciali, come individuate dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n° 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: (omissis)
d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonchè quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio; (omissis).
Visto inoltre l’art. 35, c. 7, del citato D.L. 98/2011 il quale dispone che “le Regioni e gli Enti Locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari alla disposizione introdotta dal c. 6 entro la data del 1° gennaio 2012”.
Ritenuto conseguentemente necessario adeguare alla norma predetta le disposizioni precedentemente adottate da questo Comune in materia di orari delle attività di commercio al dettaglio e di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, a prescindere dal fatto che non sia ancora intervenuto l’adeguamento della disciplina regionale della materia, poichè dal 2 gennaio 2012 la norma statale sopra riportata è comunque cogente, come precisato anche dal Ministero dello Sviluppo Economico con circolare n° 3644/C del 28/10/2011;
Richiamate in particolare:
a)                         l’ordinanza sindacale n ° 37/2003 del 25 luglio 2003, n° 11119 di protocollo, con la quale venne disciplinato l’orario degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico e dei locali di pubblico intrattenimento;
b)                         l’ordinanza sindacale n° 135/2011 del 22 novembre 2011, n. 29300 di protocollo, con la quale vennero disciplinati gli orari di apertura e chiusura degli esercizi di commercio al dettaglio;

ORDINA

A decorrere da oggi sono disapplicate le disposizioni contenute nelle ordinanze sindacali n° 37/2003 del 25/07/2003 riferita all’orario di apertura dei pubblici esercizi e l’ordinanza n° 135/2011 del 22/11/2011 relativa agli orari di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio, sopra citate, salvo per quanto concerne l’obbligo, direttamente discendente dalle norme di legge vigenti in materia, di rendere noto al pubblico, con appositi cartelli e comunicare al Comune, ove prescritto, l’orario di apertura e chiusura effettuato.
 Il sindaco
Aldo Maggi



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Riporto inoltre i seguenti link utili:
-SENTENZA - TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE  LOMBARDIA   N° 114 del 20/01/2012 Decreto cautelare Disciplina orari
-DECRETO - TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE  VENETO   N° del 18/01/2012 Accoglimento richiesta sospensione ordinanza sindacale obbligo chiusura festiva negozi