Ncc, il Tar «boccia» i limiti fissati da ministero a fine 2024


 NCC, il TAR Lazio annulla il decreto sul foglio di servizio elettronico

(SENTENZA SU TELEGRAM PREMIUM) 

Fine della pausa forzata: giù le mani dalla concorrenza

Il TAR del Lazio annulla le norme che zavorravano il noleggio con conducente. Ora serve una riforma fondata su libertà economica e neutralità dello Stato

 

Per mesi, i noleggiatori con conducente sono stati costretti a fermarsi venti minuti tra una corsa e l’altra, a partire dal punto di arrivo del precedente servizio, e a registrare ogni spostamento e ogni passeggero in un’app digitale gestita dal Ministero.

Non era un esercizio di fantasia distopica: era la realtà prodotta dal decreto n. 226/2024, nato ufficialmente con la pretesa di “regolamentare” il settore, ma in concreto modellato a misura degli interessi dei tassisti, per soffocare in sostanza la libertà organizzativa degli NCC e ridurre l’attività a un servizio subordinato alla burocrazia statale.

La sentenza del TAR

Con la sentenza n. 15284/2025, il TAR del Lazio ha annullato integralmente detto provvedimento. I giudici hanno in particolare riconosciuto che l’amministrazione aveva “precostituito i presupposti per realizzare un controllo generalizzato dell’intera attività dei vettori NCC”, creando un sistema “in cui confluisce in sostanza l’intera attività svolta […] conservato per un periodo incomparabilmente superiore a quello di 15 giorni previsto dalla legge per il foglio di servizio cartaceo”.

Il Tribunale amministrativo ha poi sottolineato che il citato decreto aveva travalicato i limiti dell’atto esecutivo, trasformandosi in una fonte normativa mascherata: “anziché in uno strumento tenuto dal conducente e da esibire agli organi di controllo, si sostanzia […] in un archivio digitalizzato, obbligatoriamente accentrato in seno all’Amministrazione e aggiornato in tempo reale”.

Un altro punto centrale riguarda il tempo minimo di attesa tra un servizio e l’altro: per i giudici laziali, si trattava di una “limitazione della libertà di iniziativa economica […] del tutto ingiustificata e dunque illegittima, sia in base alla Costituzione italiana (art. 41 Cost.), sia in base alla disciplina unionale”. La decisione richiama anche la Corte costituzionale (sent. n. 56/2020), che aveva già osservato come, in casi simili, “si creano interferenze con il servizio di piazza senza che per questo si realizzi una tutela efficace dell’interesse pubblico”.

Un sistema contro i cittadini

Nonostante ciò, non basta esultare per una vittoria giudiziaria. Una sentenza può rimuovere un abuso, ma non impedisce che altri ne prendano il posto. Il sistema italiano continua infatti a reggersi su un impianto che premia il protezionismo, scoraggia l’innovazione e considera la concorrenza un rischio da neutralizzare. È così che si blindano le licenze taxi, si ostacolano le piattaforme digitali e si impongono oneri inutili a chi opera con efficienza.

Le conseguenze per i cittadini sono concrete: meno offerta di trasporto, prezzi più alti, qualità del servizio che ristagna. La regolazione, in questi casi, non tutela l’interesse pubblico, ma garantisce privilegi consolidati e frena ogni miglioramento. È l’esatto opposto di ciò che dovrebbe fare lo Stato.

La riforma necessaria

Per questo una riforma autentica del trasporto non di linea deve partire da pochi principi chiari: concorrenza, libertà organizzativa e neutralità delle regole. Nessun settore va difeso con cavilli o vincoli temporali, né alcuna categoria protetta dal cambiamento. E nessuna norma deve diventare un paravento per garantire monopoli artificiali.

Il foglio di servizio può mantenere una funzione operativa, non deve tuttavia diventare un dispositivo di sorveglianza permanente. La raccolta dati può essere utile, ma solo se strettamente necessaria e proporzionata. Le piattaforme digitali devono essere integrate, non demonizzate. Soprattutto, la libertà di movimento – per operatori e utenti – deve tornare a essere il faro della regolazione.

La vicenda del foglio elettronico è solo la punta dell’iceberg di un problema più ampio: l’uso distorto della regolazione per conservare posizioni di potere e impedire l’ingresso di nuovi operatori. Ogni barriera artificiale soffoca l’innovazione, impedisce la concorrenza leale e, come ricordava Adam Smith, erode quella “naturale libertà” che è la base della prosperità.

In buona sostanza, la riforma necessaria non può ridursi a un maquillage tecnico per vecchi privilegi: deve essere una vera liberazione. Una liberazione dal sospetto verso chi lavora, dal pregiudizio verso chi innova e dalla tentazione autoritaria di controllare ciò che non si vuole comprendere. Lo Stato non è il padrone dell’economia, ma il custode delle libertà individuali – anche, e soprattutto, quando si parla di trasporto.

 

NCC: disciplina le modalità di tenuta e compilazione del foglio di servizio elettronico