La procura di Roma boccia il ddl Zanettin sugli smartphone: “Dovrà essere il pm a motivare le ragioni del sequestro”


Il fulcro della questione riguarda l’opportunità o meno di ottenere un’autorizzazione preventiva da parte del giudice per acquisire il contenuto di dispositivi digitali, tema su cui si sono confrontate recentemente anche la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, oltre a essere oggetto di proposte di legge attualmente in esame parlamentare.

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  Linee guida in materia di sequestri di telefoni e altri strumenti informatici.

Segnaliamo ai lettori che la Procura di Roma, il 9 giugno 2025, ha adottato le allegate linee guida in materia di sequestri di telefoni e altri strumenti informatici. Il documento, redatto a seguito di riunioni dell'Ufficio studi della Procura stessa, vale come indirizzo interno e muove da una premessa: l'esistenza di contrasti giurisprudenziali, in seno alla Corte di cassazione, su alcuni rilevanti aspetti della disciplina, interessata nel recente passato da pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia UE, nonché oggetto di disegni di legge all'esame del Parlamento.

L'incertezza interpretativa porta la Procura di Roma, in particolare, ad aderire a un orientamento che esclude la necessità di una preventiva autorizzazione del giudice per l'acquisizione del contenuto di telefoni e dispositivi informatici. La Procura, così, si discosta da un diverso orientamento sostenuto dalla Sesta Sezione della Corte di cassazione, richiamato nelle linee guida. Resta fermo un particolare onere di motivazione del provvedimento del p.m., anche per giustificare la proporzione della misura adottata. Per ulteriori dettagli e aspetti si rinvia all'articolato documento qui allegato.

 Linee guida della Procura di Roma 9.6.2025

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Vedi anche:


La Corte di cassazione fissa i criteri per il sequestro dei dati informatici e telematici (prima ed a prescindere dall’intervento del legislatore)
3 Giugno 2025 Mario Griffo 

 Cassazione Penale, Sez. VI, 8 maggio 2025 (ud. 4 febbraio 2025), n. 17479
Presidente Aprile, Relatore D’Arcangelo

Estrarre copia dei dati informatici costituisce espressione di un’autonoma e discrezionale valutazione dell’autorità giudiziaria, e pertanto richiede che venga espressamente indicata la rilevanza probatoria di ciò che è stato acquisito e della pertinenza con gli ipotizzati reati.

In proposito, la giurisprudenza aveva già chiarito che non è consentito sequestrare un bene realizzando una copia identica all’originale, con funzione meramente esplorativa, ossia volta genericamente alla ricerca di elementi di indagine, sul mero presupposto della successiva restituzione del dispositivo contenente i dati originali.

È stato ritenuto, dunque, illegittimo il sequestro ai fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione.

Va precisato che, secondo la Corte, non si può comunque escludere a priori la legittimità di un sequestro probatorio di dispositivi informatici che comporti l’acquisizione indiscriminata di un’intera categoria di informazioni.

Ma quando ciò avviene, il Pubblico Ministero è tenuto ad adottare una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro più esteso e omnicomprensivo, in ragione del tipo di reato per cui si procede, della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni e delle difficoltà di individuare ex ante l’oggetto del sequestro.

Ancora, laddove si proceda all’estrazione di copia integrale dei dati contenuti nei dispositivi informatici, il trattenimento della totalità dei dati e delle informazioni apprese non può protrarsi a tempo indeterminato e, in ogni caso, non oltre il tempo necessario a selezionare quelli pertinenti al reato per cui si procede.

Il Pubblico Ministero deve quindi predisporre un’adeguata organizzazione per compiere tale selezione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano sequestrati a persone estranee al reato, e provvedere all’esito alla restituzione della copia integrale agli aventi diritto.

Ad ogni modo, con la sentenza annotata, ricca di riferimenti giurisprudenziali e di rimandi (anche) a pronunciamenti sovranazionali, si è precisato che, in considerazione delle caratteristiche tecniche dei dispositivi informatici e telematici (compresi gli smartphone), della loro capacità di memoria e di archiviazione di una massa eterogenea di dati (messaggi, foto, mail) attinenti alla sfera personale del titolare, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura, sia genetica che nella successiva fase esecutiva, è necessario che il pubblico ministero illustri, già nel decreto di sequestro probatorio:

a) le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo o, in alternativa le specifiche informazioni oggetto di ricerca;

b) i criteri che devono presiedere alla selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, giustificando, altresì, l’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi dal perimetro temporale dell’imputazione provvisoria;

c) i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti. Solo un’adeguata motivazione su tali punti consente, infatti, di valutare la sussistenza di un rapporto di proporzione tra le finalità probatorie perseguire dalla misura ed il sacrificio imposto al diretto interessato con la privazione della disponibilità esclusiva dei dati personali archiviati.

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