Rientrano nella nozione di rifiuti speciali i veicoli a motore, i rimorchi e loro parti quando trattasi di mezzi non più usabili come tali, anche se ancora non privi di valore economico,
E'“sufficiente che si tratti di oggetti abbandonati o destinati
all'abbandono, non nel senso di "res nullius", bensì in quello traslato -
funzionale di cosa (o parte di cosa) non più idonea allo scopo per il
quale era stata originariamente costruita”
Pubblicato il 24/10/2023
N. 15744/2023 REG.PROV.COLL.
N. 08068/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8068 del 2011, proposto da
Benedetto Pisciotta, rappresentato e difeso dall'avvocato Orietta Bonifacio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nizza, 59;
Benedetto Pisciotta, rappresentato e difeso dall'avvocato Orietta Bonifacio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nizza, 59;
contro
Comune di Ariccia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Benedetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Banchi Vecchi n.58;
per l'annullamento
dell’ordinanza del Comune di Ariccia n. 189 del 2011 avente ad oggetto la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti speciali dall'area ubicata in via Appia Antica n. 58
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ariccia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023 la dott.ssa Francesca Santoro Cayro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato che:
- con il presente ricorso il Sig. Pisciotta è insorto avverso l’ordinanza n. 189 del 14 luglio 2011, con la quale il Comune di Ariccia, a seguito di accertamento effettuato dalla Polizia Municipale, gli ordinava, ai sensi dell’art. 192 del d. lgs. n. 152/2006, la rimozione, entro 90 giorni, di tutti i materiali ferrosi e non accumulatisi sull’area in cui lo stesso precedentemente esercitava la propria attività commerciale, lamentando i) violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, ii) violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 e vizio di motivazione, nonché iii) violazione del principio di buon andamento dell’attività amministrativa;
- il Comune di Ariccia si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame, con conclusioni confermate con memoria ex art. 73 c.p.a. depositata in data 25 luglio 2023;
- all’udienza pubblica del 26 settembre 2023 l’avvocato di parte ricorrente ha dichiarato, come documentato a verbale, la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, e il ricorso è stato trattenuto a sentenza;
Ritenuto che:
- non resta al Collegio che prendere atto di quanto dichiarato nel corso dell’udienza di discussione del ricorso e, conseguentemente, rilevare l’improcedibilità del gravame per sopravvenuto difetto in interesse ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. c) c.p.a.;
- quanto alle spese di lite, queste devono essere poste comunque a carico del ricorrente in applicazione del principio della soccombenza virtuale, essendosi peraltro la difesa dell’Ente opposta alla compensazione;
- dal materiale di causa è emerso che il ricorrente esercitava attività di vendita di generi non alimentari (in particolare, ricambi e accessori usati per auto e moto) su terreno ubicato nel Comune di Ariccia, giusta l’autorizzazione n. 489 rilasciata nel 1992;
- tale attività era esercitata all’interno di manufatti di cui il Comune, in epoca successiva al rilascio dell’autorizzazione, accertava la natura abusiva, in conseguenza del diniego delle relative domande di condono, intimandone pertanto la demolizione, con ordinanze che venivano indirizzate sia al Sig. Pisciotta sia agli altri soggetti comproprietari del terreno;
- con provvedimento n. 14146 del 20 maggio 2009 il titolo autorizzatorio del 1992 veniva revocato in ragione del sopravvenuto venir meno dei necessari presupposti di legittimità, attesa appunto la violazione dei requisiti edilizi-urbanistici, mentre con ordinanza n. 89 del 24 giugno 2009 era disposta la cessazione immediata dell’attività commerciale del Sig. Pisciotta;
- tali provvedimenti sono stati impugnati dai relativi destinatari con ricorsi in parte dichiarati perenti e, per l’altra parte, rigettati da questo Tribunale (cfr. in particolare la sentenza n. 2350 del 10 febbraio 2023, che ha rigettato l’impugnativa esperita avverso il provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale);
- sicchè risulta confermato il presupposto giuridico-fattuale sulla scorta del quale è stata adottata la presente ordinanza, che appunto dispone la rimozione dei materiali ferrosi e non presenti in loco in quanto oggetto di “attività di raccolta, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione” svolta “in assenza delle prescritte autorizzazioni”;
- ne consegue che non hanno pregio le doglianze dedotte con il primo mezzo, con le quali la parte, avendo rappresentato l’intervenuta cessazione dell’attività commerciale (con cancellazione dal registro imprese), l’avvenuto smaltimento, tramite ditta specializzata, di una parte del materiale presente e l’eliminazione in corso dei materiali deteriorati e non recuperabili, lamentava che l’esecuzione dell’ordine di rimozione con riferimento alla restante parte del materiale accumulato in magazzino (parti di carrozzeria, cristalli, gomme ecc...), costituente la merce ivi collocata a suo tempo per la vendita, gli avrebbe arrecato un grave danno economico proprio in ragione della pendenza dei giudizi esperiti avverso i prodromici provvedimenti;
- né ha pregio l’assunto secondo il quale si tratterebbe comunque di materiali non inquinanti, adeguatamente stoccati e conservati, che non risulterebbero affatto abbandonati, col risultato che non potrebbero essere inquadrati nella nozione di “rifiuto” ai sensi del d. lgs. n. 152/2006;
- alla luce di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, infatti, rientrano nella nozione di rifiuti speciali i veicoli a motore, i rimorchi e loro parti quando trattasi di mezzi non più usabili come tali, anche se ancora non privi di valore economico, essendo “sufficiente che si tratti di oggetti abbandonati o destinati all'abbandono, non nel senso di "res nullius", bensì in quello traslato - funzionale di cosa (o parte di cosa) non più idonea allo scopo per il quale era stata originariamente costruita” (cfr. Cass. pen., sez. III, 24 aprile 2015, n. 17121);
- nel caso di specie non è fondatamente predicabile che i materiali riscontrati in loco dalla Polizia Municipale, ossia “rifiuti ferrosi, automobili fuori uso, con e senza targa, pneumatici, parti di autovetture usate smantellate” (come documentato compiutamente dalla difesa comunale, anche con allegazione della relativa rappresentazione fotografica), non costituiscano “rifiuti”;
- trattasi, infatti, del “residuo” di un’attività che il ricorrente, per sua stessa ammissione, non esercitava più (egli stesso, infatti, afferma che l’attività era cessata “in ottemperanza all’ordinanza n. 89 del 24/06/2009”), o comunque non aveva più titolo ad esercitare;
- ne consegue che i rottami che la Polizia Municipale ha accertato essere ancora presenti sul terreno, a distanza di due anni dal momento in cui il Comune ha disposto la revoca del titolo abilitativo e intimato la cessazione immediata dell’attività di vendita, costituiscono “rifiuti” accumulati in violazione del divieto di cui dell’art. 192 d. lgs. n. 152/2006, con conseguente obbligo di rimozione (“1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. (…) 3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”);
- il provvedimento, poi, risulta esaustivamente motivato con il richiamo (nelle sue premesse) alle prodromiche ordinanze adottate dal Comune (di demolizione dei manufatti abusivi esistenti sul terreno e cessazione dell’attività di vendita ivi esercitata per difetto del necessario presupposto della regolarità urbanistica-edilizia), sicché non sussiste il deficit motivazionale denunciato con il secondo motivo di ricorso;
- da ultimo, per tutto quanto sopra evidenziato nessuna violazione dei principi di buon andamento è imputabile in capo all’amministrazione, anche tenuto conto che, come dedotto dalla difesa comunale, il terreno è ubicato all’interno di un’area gravata da vincolo archeologico (insistendo nella fascia di rispetto di 100 mt dall’Appia Antica, per la quale vige vincolo di inedificabilità assoluta) e paesaggistico (trattandosi di zona di particolare pregio paesistico), sicchè la presenza dei predetti materiali ferrosi costituiva seria menomazione per i valori tutelati e motivo di degrado ambientale;
- il provvedimento, dunque, risulta scevro dai vizi denunciati con il gravame;
- con il presente ricorso il Sig. Pisciotta è insorto avverso l’ordinanza n. 189 del 14 luglio 2011, con la quale il Comune di Ariccia, a seguito di accertamento effettuato dalla Polizia Municipale, gli ordinava, ai sensi dell’art. 192 del d. lgs. n. 152/2006, la rimozione, entro 90 giorni, di tutti i materiali ferrosi e non accumulatisi sull’area in cui lo stesso precedentemente esercitava la propria attività commerciale, lamentando i) violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, ii) violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 e vizio di motivazione, nonché iii) violazione del principio di buon andamento dell’attività amministrativa;
- il Comune di Ariccia si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame, con conclusioni confermate con memoria ex art. 73 c.p.a. depositata in data 25 luglio 2023;
- all’udienza pubblica del 26 settembre 2023 l’avvocato di parte ricorrente ha dichiarato, come documentato a verbale, la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, e il ricorso è stato trattenuto a sentenza;
Ritenuto che:
- non resta al Collegio che prendere atto di quanto dichiarato nel corso dell’udienza di discussione del ricorso e, conseguentemente, rilevare l’improcedibilità del gravame per sopravvenuto difetto in interesse ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. c) c.p.a.;
- quanto alle spese di lite, queste devono essere poste comunque a carico del ricorrente in applicazione del principio della soccombenza virtuale, essendosi peraltro la difesa dell’Ente opposta alla compensazione;
- dal materiale di causa è emerso che il ricorrente esercitava attività di vendita di generi non alimentari (in particolare, ricambi e accessori usati per auto e moto) su terreno ubicato nel Comune di Ariccia, giusta l’autorizzazione n. 489 rilasciata nel 1992;
- tale attività era esercitata all’interno di manufatti di cui il Comune, in epoca successiva al rilascio dell’autorizzazione, accertava la natura abusiva, in conseguenza del diniego delle relative domande di condono, intimandone pertanto la demolizione, con ordinanze che venivano indirizzate sia al Sig. Pisciotta sia agli altri soggetti comproprietari del terreno;
- con provvedimento n. 14146 del 20 maggio 2009 il titolo autorizzatorio del 1992 veniva revocato in ragione del sopravvenuto venir meno dei necessari presupposti di legittimità, attesa appunto la violazione dei requisiti edilizi-urbanistici, mentre con ordinanza n. 89 del 24 giugno 2009 era disposta la cessazione immediata dell’attività commerciale del Sig. Pisciotta;
- tali provvedimenti sono stati impugnati dai relativi destinatari con ricorsi in parte dichiarati perenti e, per l’altra parte, rigettati da questo Tribunale (cfr. in particolare la sentenza n. 2350 del 10 febbraio 2023, che ha rigettato l’impugnativa esperita avverso il provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale);
- sicchè risulta confermato il presupposto giuridico-fattuale sulla scorta del quale è stata adottata la presente ordinanza, che appunto dispone la rimozione dei materiali ferrosi e non presenti in loco in quanto oggetto di “attività di raccolta, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione” svolta “in assenza delle prescritte autorizzazioni”;
- ne consegue che non hanno pregio le doglianze dedotte con il primo mezzo, con le quali la parte, avendo rappresentato l’intervenuta cessazione dell’attività commerciale (con cancellazione dal registro imprese), l’avvenuto smaltimento, tramite ditta specializzata, di una parte del materiale presente e l’eliminazione in corso dei materiali deteriorati e non recuperabili, lamentava che l’esecuzione dell’ordine di rimozione con riferimento alla restante parte del materiale accumulato in magazzino (parti di carrozzeria, cristalli, gomme ecc...), costituente la merce ivi collocata a suo tempo per la vendita, gli avrebbe arrecato un grave danno economico proprio in ragione della pendenza dei giudizi esperiti avverso i prodromici provvedimenti;
- né ha pregio l’assunto secondo il quale si tratterebbe comunque di materiali non inquinanti, adeguatamente stoccati e conservati, che non risulterebbero affatto abbandonati, col risultato che non potrebbero essere inquadrati nella nozione di “rifiuto” ai sensi del d. lgs. n. 152/2006;
- alla luce di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, infatti, rientrano nella nozione di rifiuti speciali i veicoli a motore, i rimorchi e loro parti quando trattasi di mezzi non più usabili come tali, anche se ancora non privi di valore economico, essendo “sufficiente che si tratti di oggetti abbandonati o destinati all'abbandono, non nel senso di "res nullius", bensì in quello traslato - funzionale di cosa (o parte di cosa) non più idonea allo scopo per il quale era stata originariamente costruita” (cfr. Cass. pen., sez. III, 24 aprile 2015, n. 17121);
- nel caso di specie non è fondatamente predicabile che i materiali riscontrati in loco dalla Polizia Municipale, ossia “rifiuti ferrosi, automobili fuori uso, con e senza targa, pneumatici, parti di autovetture usate smantellate” (come documentato compiutamente dalla difesa comunale, anche con allegazione della relativa rappresentazione fotografica), non costituiscano “rifiuti”;
- trattasi, infatti, del “residuo” di un’attività che il ricorrente, per sua stessa ammissione, non esercitava più (egli stesso, infatti, afferma che l’attività era cessata “in ottemperanza all’ordinanza n. 89 del 24/06/2009”), o comunque non aveva più titolo ad esercitare;
- ne consegue che i rottami che la Polizia Municipale ha accertato essere ancora presenti sul terreno, a distanza di due anni dal momento in cui il Comune ha disposto la revoca del titolo abilitativo e intimato la cessazione immediata dell’attività di vendita, costituiscono “rifiuti” accumulati in violazione del divieto di cui dell’art. 192 d. lgs. n. 152/2006, con conseguente obbligo di rimozione (“1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. (…) 3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”);
- il provvedimento, poi, risulta esaustivamente motivato con il richiamo (nelle sue premesse) alle prodromiche ordinanze adottate dal Comune (di demolizione dei manufatti abusivi esistenti sul terreno e cessazione dell’attività di vendita ivi esercitata per difetto del necessario presupposto della regolarità urbanistica-edilizia), sicché non sussiste il deficit motivazionale denunciato con il secondo motivo di ricorso;
- da ultimo, per tutto quanto sopra evidenziato nessuna violazione dei principi di buon andamento è imputabile in capo all’amministrazione, anche tenuto conto che, come dedotto dalla difesa comunale, il terreno è ubicato all’interno di un’area gravata da vincolo archeologico (insistendo nella fascia di rispetto di 100 mt dall’Appia Antica, per la quale vige vincolo di inedificabilità assoluta) e paesaggistico (trattandosi di zona di particolare pregio paesistico), sicchè la presenza dei predetti materiali ferrosi costituiva seria menomazione per i valori tutelati e motivo di degrado ambientale;
- il provvedimento, dunque, risulta scevro dai vizi denunciati con il gravame;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Condanna il ricorrente a rifondere al Comune di Ariccia le spese di lite, che liquida in euro 1.500,00, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, Iva e c.p.a. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Donatella Scala, Presidente
Francesca Santoro Cayro, Referendario, Estensore
Luigi Edoardo Fiorani, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Francesca Santoro Cayro
Donatella Scala
IL SEGRETARIO