"Il disturbo mentale ha sempre fatto paura e per questo ed altri
motivi ha provocato il rifiuto, l'isolamento e l'emarginazione di chi ne
è affetto."
È stato scritto e detto di tutto sui provvedimenti
di T.S.O. ed urlato che esso non è un provvedimento di "polizia", ma un
provvedimento "sanitario". L'esegesi in materia è semplicissima. Un
tempo il malato di mente era considerato un rifiuto della società, un
deviato, un alienato pericoloso per la sicurezza pubblica e per la
quiete sociale. Interpretazione sostenuta nel corso dei secoli, da
quella stessa cultura che considerava le donne "streghe". Fino ad
arrivare al famigerato T.U.L.P.S. dell'era fascista, che in supporto
alla concezioni medico-fisiologiche arcaiche imponeva una procedura
coercitiva di tono poliziesco ed una condotta propria dell'emarginazione
dell'individuo sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio. Ma
nell'era moderna cambiano la concezione del problema, la sensibilità
verso il malato di mente, l'analisi della malattia. Il soggetto affetto
da problemi neuro-psichiatrici non è considerato più un malato in senso
clinico e patologico. Il cosiddetto malato non vive nessuna malattia, ma
una "condizione" che può e deve essere curata, "affrontata" con sistemi
diversi, con una sensibilità nuova, che deve tenere conto del disagio
complessivo nel quale piomba il "malato mentale". Quindi muta la
considerazione del problema inteso come riflesso sociologico e
familiare, cambia il grado di conoscenza nei suoi riguardi, si modifica
l'approccio alla questione delle malattie neurovegetative e
psichiatriche. Non si usano le camicie di forza o altri sistemi brutali
di contenzione. Possiamo discutere quanto vogliamo sulla titolarità
giuridica del provvedimento che genera il T.S.O. e sulle competenze e le
responsabilità specifiche da additare, ma resta il fatto che, comunque
sia, il sindaco ha da sempre emesso l’ordinanza nella sua veste di
Autorità Sanitaria Locale e non di Ufficiale di P.S., dopo avere
ricevuto la certificazione sanitaria del medico di base o in sua assenza
dei Responsabili locali del S.S.N.. Il compito delle forze di polizia e
della polizia locale è solo quello di assicurarsi che l’ordinanza venga
eseguita. La stessa scorta alle ambulanze e l’assistenza al personale
medico rientrano in questo precipuo compito. Nulla di più. Gli organi di
polizia non devono assolutamente salire sulle ambulanze, non devono
intervenire sul malato, se esso va in escandescenza, se non solamente
per dare “ausilio” al personale medico-infermieristico specializzato ed
idoneo a trattarlo opportunamente e con sistemi adeguati. Dunque,
facciamo attenzione e non lasciamoci prendere dal panico in situazioni
simili. Applichiamo la legge e segnaliamo al magistrato la ben più
piccola anomalia, senza timore di ricevere filippiche o di essere
sottoposti al peso dei provvedimenti disciplinari. Se manca un codice
certo e cadenzato, facciamo appello alla nostra grande professionalità,
senza sentirci figli di nessuno, affinché prevalga l'orgoglio
dell'appartenenza, nella giustezza della deontologia, contro ogni forma
di subalternità. Non è tempo di convenzioni o di stipule su scala
locale, è tempo invece di realizzare la normativa, mediante una
decretazione chiara, che porti "topicamente" ogni cosa nel suo alveo
naturale, nel rispetto delle funzioni e delle attribuzioni
specialistiche.
(Non è importante tanto il fatto che in futuro ci
siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso
abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c'è un
altro modo di affrontare la questione, anche senza la costrizione.»
(Franco Basaglia)
Nello Russo (Segretario Nazionale SILPoL)
Giuseppe Gemellaro (Presidente MAPLI)
Giuseppe Gemellaro (Presidente MAPLI)