N. 01063/2014 REG.RIC.
N. 00001/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1063 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Velma Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaele Bucci, Marco Antoniol, con domicilio eletto presso Marco Antoniol in Dolo, Via Cairoli, 129;
Velma Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaele Bucci, Marco Antoniol, con domicilio eletto presso Marco Antoniol in Dolo, Via Cairoli, 129;
contro
Comune di Venezia in Persona del Sindaco P.T.,
rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Iannotta, con domicilio eletto
presso Antonio Iannotta in Venezia, Avvocatura Civica - San Marco 4091;
Regione Veneto in Persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso
dall'avv. Ezio Zanon, con domicilio eletto presso Ezio Zanon in Venezia,
Regione Veneto - Cannaregio, 23;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Save S.p.A. e Marco Polo Park S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Domenichelli, Davide Cester, Alfredo Biagini, con domicilio eletto presso Alfredo Biagini in Venezia, S. Croce, 466/G;
Save S.p.A. e Marco Polo Park S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Domenichelli, Davide Cester, Alfredo Biagini, con domicilio eletto presso Alfredo Biagini in Venezia, S. Croce, 466/G;
sul ricorso n.1 del 2015, proposto da:
Velma Srl, Davide Vecchiato, Stefano Vecchiato, rappresentati e difesi dagli avv. Raffaele Bucci, Marco Antoniol, con domicilio eletto presso Marco Antoniol in Dolo, Via Cairoli, 129;
Velma Srl, Davide Vecchiato, Stefano Vecchiato, rappresentati e difesi dagli avv. Raffaele Bucci, Marco Antoniol, con domicilio eletto presso Marco Antoniol in Dolo, Via Cairoli, 129;
contro
Comune di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv.
Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, Nicoletta Ongaro, Marzia Masetto,
domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091;
Provincia di Venezia,
rappresentato e difeso dagli avv. Roberta Brusegan, Giuseppe Roberto
Chiaia, Katia Maretto, con domicilio eletto presso Roberta Brusegan in
Venezia, c/o Prov. Venezia - S. Marco, 2662;
Regione Veneto, Conferenza di Servizi Per L'Approvazione del Piano di Assetto del Territorio del Comune di Venezia;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1063 del 2014:
1) della nota prot. n. 246163/2014, fasc. 2014/.627
del 12.06.2014, emessa dal Comune di Venezia, Direzione mobilità e
trasporti - Settore trasporti - Servizio Trasporti Pubblici non di Linea
e Autorizzati, parcheggi e Carburanti, ed avente il seguente oggetto:
"VELMA S.r.l. - rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2014/146398
del 07.04.2014 per attività di rimessa a cielo aperto veicoli
(parcheggio) sita in Favaro Veneto, via Triestina, n. 80; divieto di
prosecuzione dell'attività di parcheggio";2) di ogni altro atto
connesso, prodromico o conseguente a tale nota, ivi espressamente
incluse, per quanto di necessità: a) in parte qua, la D.G.R. Veneto n.
3905 del 3.12.2004 recante approvazione della Variante per la terraferma
al PRG del Comune di Venezia, ai sensi della l.r. 1/1985 (nonché, se
del caso, anche la relativa D.C.C. n. 16 del 25.01.1999, di adozione di
tale Variante, e la successiva D.G.R. Veneto n. 2141 del 29.07.2008),
limitatamente alla destinazione grafica e/o normativa dalla all'area de
qua, ove eventualmente in contrasto con l'art. 30 della l.r. 61/1985; b)
la nota fasc. 2014/.627 del 5.05.2014; c) la nota PG 2014/182979 del
30.04.2014; d) la nota PG 2014/243310 dell'11.05.2014; e) la nota prot.
n. 296819/2014, fasc. 2014.XIII/2/4.1055 del 14.07.2014; f) l'eventuale
provvedimento amministrativo, già adottato o da adottare, di rimozione
della scia prot. n. 252249 del 17.06.2014..
quanto al ricorso n. 1 del 2015:
della deliberazione della giunta provinciale di
Venezia n. 128 del 10.10.2014 recante "presa d'atto e ratifica
dell'approvazione in sede di conferenza di servizi decisoria del Piano
di assetto del territorio del comune di Venezia".
Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune
di Venezia in Persona del Sindaco P.T. e di Regione Veneto in Persona
del Presidente P.T. e di Comune di Venezia e di Provincia di Venezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno
2015 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone la ricorrente di gestire da oltre un ventennio
un ampio complesso produttivo collocato lungo la statale Triestina in
prossimità dell’agglomerato urbano di Favaro Veneto nel comune di
Venezia, vicino all’aeroporto.
Con la segnalazione certificata di inizio attività del
7 aprile 2014 informava il comune di Venezia dell’inizio dell’attività
di rimessa.
Con nota del 10 aprile il responsabile del servizio
mobilità e trasporti del comune di Venezia richiedeva agli uffici
competenti di esprimere i pareri relativi, informando la ditta che il
termine di cui all’articolo 19 della legge numero 241/90 risultava
sospeso, tra i quali risultava di particolare rilievo quello rilasciato
in data 30 aprile 2014 dallo sportello unico dell’edilizia, in base al
quale, premesso che gli edifici risultano individuati dalla VPRG per la
terraferma come attività in zona impropria da trasferire e pur valutato
che l’inserimento di una nuova attività appare ammissibile, se la
stessa non costituisce variazione della destinazione degli immobili
legittimati già in essere, si ritiene che in base agli atti legittimanti
prodotti (condono e concessioni edilizie) il lotto di pertinenza non
risulta legittimato a destinazione commerciale, ritenendo incompatibile
l’utilizzo dello scoperto per attività di parcheggio commerciale.
Conseguentemente in data 5 maggio 2014 il comune di
Venezia inviava comunicazione di avvio del procedimento di rimozione
degli effetti della segnalazione riportando in parte motiva il parere
succitato, invitando la richiedente segnalante a presentare proprie
controdeduzioni entro 10 giorni, presentate le quali in data 12 giugno
veniva adottato il provvedimento di rimozione degli effetti, confutando
le osservazioni e le controdeduzioni confermandosi da parte della
struttura comunale preposta all’edilizia il parere contrario già
espresso in data 30 aprile, affermandosi altresì che “ l’area
pertinenziale non ha automaticamente cambiato l’uso con il condono
edilizio”.
La ditta a questo punto presentava nuova segnalazione
certificata, limitata tuttavia alla sola area compresa nella fascia di
rispetto stradale, in data 17 giugno, cui il comune replicava con nota
14 luglio di comunicazione dell’avvio di procedimento per l’adozione del
provvedimento di rimozione degli effetti e divieto di prosecuzione
dell’attività di parcheggio, sfociata nel provvedimento 31 luglio 2014
con il quale è stata disposta la rimozione degli effetti anche di questa
seconda segnalazione.
Questi i profili di rilievo amministrativo.
Quanto ai profili processuali, risulta che la prima
segnalazione è stata impugnata con il ricorso principale, con domanda
cautelare accolta con decreto monocratico, fissandosi la discussione
collegiale dell’istanza cautelare alla camera di consiglio del 10
settembre; il comune in data 1 agosto notificava invece il provvedimento
di rimozione degli effetti della seconda segnalazione, il che ad avviso
dell’amministrazione conduceva alla improcedibilità del ricorso
originario.
Conseguentemente la ditta ricorrente impugnava anche il secondo provvedimento inibitorio.
Si costituivano le amministrazioni intimate e veniva
spiegato atto di intervento da parte della società SAVE, la cui
legittimazione discende dal fatto che la società svolge attività di
parcheggio a pagamento e quindi può dolersi di provvedimenti
amministrativi di natura strettamente urbanistica che consentano il
parcheggio di vetture di utenti in aree non consentite.
Le resistenti eccepivano l’improcedibilità del ricorso
avendo come oggetto il provvedimento di rimozione degli effetti di una
SCIA sostituita da nuova ma analoga segnalazione del privato, con la
quale ha informato l’amministrazione dello svolgimento della stessa
attività in termini e modalità identiche anche se più limitate quanto al
numero di posti (43 invece che 192).
In ogni caso anche se ritenesse che la seconda SCIA
non abbia comportato il superamento della prima, il ricorso principale
sarebbe comunque parzialmente improcedibile per carenza d’interesse in
capo alla ricorrente ove diretto a ottenere l’annullamento del
provvedimento 12 giugno di rimozione degli effetti della prima SCIA
limitatamente all’esercizio dell’attività in fascia di rispetto
stradale, posto che tale provvedimento è stato superato dal nuovo atto
di rimozione degli effetti.
All’odierna udienza dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
I ricorsi possono essere riuniti per una trattazione
congiunta solo ove si postuli la rilevanza della censura sulla
zonizzazione contenuta nel PAT come ostativa alla intrapresa e al suo
insediamento.
Il ricorso e l’atto di motivi aggiunti contengono censure di ordine formale e censure di ordine sostanziale.
Anzitutto il ricorso risulta procedibile in quanto la
presentazione della seconda SCIA per area più limitata non produce
l’effetto di rendere privo di interesse il ricorso proposto nei
confronti di una precedente segnalazione avente a oggetto un’area più
ampia, dovendosi riconoscere la autonomia sostanziale di questa seconda
SCIA, di talché la ricorrente a seconda dell’esito processuale potrà
avvalersi della superficie intera o di quella più ridotta.
Il ricorso risulta fondato quanto agli assorbenti profili procedimentali.
Infatti il comune di Venezia ha adottato tutta una
serie di atti che si collocano al di fuori del corretto procedimento da
adottarsi nel caso di SCIA, con derivato sforamento del termine massimo
di 60 giorni consentito dalla legge e puntualmente censurato in ricorso.
Anzitutto risulta del tutto illegittimo e contrario
alla norma, nonché alla sua ratio, disporre una sospensione del termine
previsto dalla legge per l’acquisizione dei pareri interni degli uffici
competenti; il termine complessivo di 60 giorni è quello ritenuto
congruo dal legislatore per l’adozione dell’atto terminale, del tutto
eventuale, non essendo richiesto che l’amministrazione adotti un
provvedimento a fronte di una segnalazione che, recuperando il
significato e la previsione contenuta nell’originario articolo 19 della
legge numero 241 del 1990, consente la cosiddetta immediata intrapresa
dell’attività e che va qualificata come atto di un soggetto privato.
Parimenti non trova spazio nella costruzione del
procedimento sulla scia il cosiddetto preavviso di diniego, recato
dall’articolo 10 bis della legge numero 241 del 1990, attesane la non
compatibilità sotto il profilo temporale, non risultando accettabile
all’ordinamento la produzione di un effetto interruttivo nel caso di
procedimento che ritrova nell’accelerazione temporale una delle proprie
ragion d’essere.
Dispone l’articolo 19 della legge numero 241 del 1990
che nel termine di 60 giorni dalla data di presentazione/ricezione
della SCIA, se la P.A. accerta la carenza dei requisiti e presupposti di
legge necessari perché quella determinata attività sia legittima, emana
un provvedimento che vieta di proseguire l'attività, ordinando
contestualmente la rimozione di eventuali effetti dannosi;
prima di notificare al destinatario questo
provvedimento, la legge consente alla P.A. di adottare una diffida a
regolarizzare l'attività, per renderla conforme alle norme, entro un
termine che non deve essere inferiore a 30 giorni.
Infatti prima dell’adozione del provvedimento
repressivo o ripristinatorio l’amministrazione deve vagliare se esistono
delle possibilità di conformazione dell’attività già intrapresa alle
norme vigenti, e ciò, a differenza di quanto afferma l’amministrazione
secondo cui spetta all’interessato proporre le modalità di
conformazione, ben può discendere anche da attività suggerita
dall’amministrazione stessa, la quale peraltro può anche escludere ogni
possibilità di conformazione nel caso in cui sia appunto impossibile il
raggiungimento di tale risultato.
Nel caso di specie assume la difesa
dell’amministrazione che vi sarebbe stata la comunicazione di avvio del
procedimento di rimozione, e cita a conforto una decisione di questo
tribunale secondo cui con la comunicazione di avvio del procedimento
l’amministrazione, pur riservandosi di adottare un successivo
provvedimento definitivo in seguito alle controdeduzioni, ha già
comunicato al privato che l’attività non può essere intrapresa, e dunque
a partire dalla conoscenza di tale comunicazione si determina in capo
privato la consapevolezza che l’attività intrapresa è illecita e dunque
non può essere svolta (cfr. Tar Veneto, n.379/2014).
Il collegio concorda con tale affermazione ma solo ove
questa non comporti una sorta di interruzione o sospensione del termine
di 60 giorni che invece continua a “correre”, obbligando
l’amministrazione al suo rispetto ovvero, nel caso di inutile scadenza
del termine, in difetto dei requisiti legittimanti l’attività, ad
adottare il provvedimento di autotutela volto a eliminare gli effetti
che si sono medio tempore prodotti.
Sul punto il legislatore è intervenuto varie volte,
riservando dapprima, almeno secondo la lettura più corretta e non quella
pacificamente ammessa, l’adozione dell’autotutela ai propri atti
inibitori ritenuti non legittimi – in altri termini l’amministrazione
adottava l’atto inibitorio rendendosi poi conto, alla luce anche delle
osservazioni presentate nei confronti dello stesso, che i requisiti
sussistevano, annullando il proprio atto, ma solo secondo le modalità e i
presupposti previsti dall’articolo 21 nonies-, laddove invece la
giurisprudenza aveva tratto da questa disposizione la convinzione che
dovendo l’autotutela incidere su un atto si fosse attribuito alla
segnalazione tale natura.
E da ultimo con le recenti modifiche recate dalla
legge 7 agosto 2015 numero 124, prevedendo che decorso il termine per
l’adozione di provvedimenti l’amministrazione competente adotta comunque
provvedimenti inibitori o ripristinatori solo in presenza delle
condizioni previste dall’articolo 21 nonies.
Decorso il termine di 30 giorni per l’esercizio del
potere comunale inibitorio (rispetto alla DIA/SCIA) il comune conserva
il potere di controllo sulla sussistenza dei presupposti per la DIA/SCIA
e il conseguente potere inibitorio e sanzionatorio, ma deve farlo con
le forme dell’autotutela, vale a dire previo avviso di avvio del
procedimento e previa valutazione comparativa dell’interesse pubblico e
di quello privato (C.d.S. sez. VI n. 5751 14.11.2012).
Ancora il comune cerca di giustificare la tardività
della propria determinazione facendo ricorso all’ultimo periodo del
terzo comma dell’articolo 19 laddove consente di assumere i
provvedimenti inibitori anche successivamente alla scadenza del termine
di 60 giorni in caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione di
atto di notorietà false o mendaci, cioè quando i privati o i tecnici che
con essi collaborano forniscano dati alterati, allo scopo di indurre in
errore l’amministrazione comunale circa la conformità dell’intervento
alle prescrizioni normative
Nel caso di dichiarazioni false e mendaci (ossia nelle
fattispecie in cui la parte segnalante o i tecnici che hanno cooperato
con essa abbiano fornito rappresentazioni alterate di stati e fatti
semplici, nell’intento di indurre l’amministrazione a travisare profili
rilevanti della fattispecie), oltre a trovare spazio una reazione
sanzionatoria penalistica particolarmente severa, si rende possibile (e
doveroso) l’esercizio del controllo senza alcuno sbarramento temporale e
risulta preclusa la conformazione dell’attività avviata.
Questa disposizione muove dunque da una valutazione
ordinamentale (espressa direttamente dalla legge) di non meritevolezza
di protezione del soggetto che abbia cercato di indurre in errore
l’amministrazione, il che va escluso nella specie ritenendo il
segnalante di possedere tutti i requisiti legittimanti la attività
intrapresa.
Infine il collegio dissente da un’ultima
considerazione contenuta nella memoria del comune laddove richiede si
consideri che il provvedimento è stato adottato solo cinque giorni dopo
la scadenza del termine, sicché un ritardo così esiguo non potrebbe
essere considerato tale da ingenerare nel privato quell’affidamento in
ordine alla legittimità dell’attività intrapresa, idoneo a imporre
all’amministrazione un onere motivazionale particolarmente pregnante,
posto che il legislatore espressamente prevede che l’autotutela si
svolga con particolari requisiti, che possono anche ritrovarsi in un
atto di diniego tardivo ove questo abbia i caratteri sostanziali
dell’atto di annullamento ai sensi dell’articolo 21 nonies, il che
invece non si riscontra nella specie.
Il ricorso deve dunque essere accolto per il profilo
procedimentale indicato, assorbendosi pertanto tutte le questioni
afferenti la motivazione dell’atto inibitorio tardivamente adottato, con
annullamento di quest’ultimo.
Deve conseguentemente dichiararsi l’improcedibilità
dei motivi aggiunti perché rivolto nei confronti di altra segnalazione
SCIA avente estensione più limitata.
Parimenti deve dichiararsi l’improcedibilità del
secondo dei ricorsi in epigrafe, volto a contestare la zonizzazione
imposta all’area su cui dovrebbero insistere le attività da
intraprendersi, in parte qua, ben potendo riproporsi le censure ove un
nuovo provvedimento, congruamente motivato ai sensi dell’art. 21 nonies,
ritragga dalle previsioni urbanistiche le ragioni legittimanti l’atto
di secondo grado.
Le spese attesa la novità della questione possono essere compensate tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), riuniti i ricorsi ,
definitivamente pronunciando sul primo ricorso, come
in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per
l’effetto annulla la nota 12.6.2014 del comune di Venezia.
Dichiara improcedibile l’atto di motivi aggiunti e il ricorso n.1/2015.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)