N. 00801/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 801 del 2015,
proposto dalla s.r.l. Maestri Gelatieri di Calabria, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati
Carla Foschini e Vittorina Teofilatto, con domicilio eletto presso lo
studio dell’avvocato Carla Foschini in Roma, via Luigi Credaro, n. 19;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Siracusa, domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove, n.21;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio, Sede di Roma, Sez, II
ter, n. 6122/2014, resa tra le parti, concernente il rigetto della
richiesta di autorizzazione per la somministrazione al pubblico di
alimenti e bevande;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio
2015 il Cons. Sabato Guadagno e uditi per le parti gli avvocati
Vittorina Teofilatto e Sergio Siracusa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso n. 3291 del 2010, la s.r.l. Maestri
Gelatieri di Calabria ha impugnato avanti al TAR Lazio, Sede di Roma,
il provvedimento di Roma Capitale, di rigetto della richiesta di
autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
nei locali di via Marmorata n. 111, nel centro storico di Roma, e per
l’accertamento della formazione del silenzio assenso.
2.- Il T.A.R. ha respinto il ricorso con sentenza n. 6122/2014.
3. La s.r.l. Maestri Gelatieri di Calabria ha proposto
appello avverso la sentenza del T.A.R., deducendone l’illegittimità per
i seguenti motivi:
a) erroneità in riferimento all’impossibilità di svolgere un’attività commerciale diversa, parallelamente all’attività tutelata;
b) erroneità del riferimento alla mancata formazione del silenzio assenso.
4.- Si è costituita in giudizio Roma Capitale, chiedendo il rigetto dell’appello.
5. –All’udienza pubblica del 16 luglio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
6.- Ritiene la Sezione che l’appello è infondato e va respinto.
6.1- Con la prima censura, parte appellante ha dedotto
che il provvedimento impugnato sarebbe in contrasto con la delibera
comunale n. 36/2006, il cui art. 1 espressamente ha richiamato le
finalità di promozione delle attività commerciali ed artigianali nella
più ampia tutela dell’ambiente urbano della città storica.
Pertanto la repressione di attività commerciale
diverse da quelle tutelate sarebbe in contrasto con le finalità di
promozione sancite e ribadite anche negli artt. 5 e 6 della medesima
delibera comunale n. 36.
Il divieto assoluto di aprire attività diverse da
quelle tutelate concernerebbe quindi solo alcune strade, tra le quali
non sarebbe inclusa anche via Marmorata.
L’appellante ha rilevato che la delibera n. 36/2006
avrebbe le finalità di tutela e di incentivazione delle attività
commerciali e - richiamando il d.lg. n.223/2006 e l’art. 41 Cost. – ha
dedotto che la tutela delle attività tradizionale nei centri storici non
impedirebbe l’esercizio in tale zona anche di attività diverse da
quelle tradizionali: sarebbe pertanto consentito l’esercizio
parallelamente all’attività tutelata anche di una diversa attività
commerciale non incompatibile, potendo coesistere due attività (una
tutelata e l’altra non tutelata) nel medesimo esercizio commerciale.
La censura non è fondata.
Al riguardo, va rilevata la compatibilità delle
statuizioni del consiglio comunale di Roma n. 36/2006 e, a livello
regionale, delle leggi della Regione Lazio n. 33/1999, n. 22/2001 e n.
21/2006 con la normativa nazionale e comunitaria in materia di
liberalizzazione della concorrenza e delle attività economiche, tenuto
conto della specifica competenza regionale per la tutela dei centri
storici attraverso la salvaguardia e la riqualificazione delle attività
commerciali e artigianali (artt. 6 e 10 del d.lg. n. 114/1998).
La giurisprudenza (Cons. Stato Sez. V 10 maggio 2010,
n. 2758), pronunciandosi in ordine a domande di attivazione, nel caso di
cessazione delle attività tutelate nelle zone localizzate nel Municipio
Roma 1 e per un arco temporale quinquennale, di una o più delle
medesime attività appartenenti al medesimo settore alimentare o non
alimentare, ha riconosciuta la legittimità della delibera consiliare n.
36/2006, rilevando la legittimità del perseguimento della finalità
istituzionale di salvaguardia dei caratteri tradizionali dei centri
storici dal rischio di degrado e snaturamento.
La Corte Costituzionale (sentenza 20 luglio 2012, n.
200), nell’esaminare la legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3,
del decreto-legge 138 del 2011 (convertito, con modificazioni, dalla
legge 148 del 2011), ha rilevato che il legislatore ha stabilito alcuni
principi in materia economica, orientati allo sviluppo della
concorrenza, mantenendosi all'interno della cornice delineata dai
principi costituzionali.
Così, dopo l'affermazione di principio secondo cui in
ambito economico «è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato
dalla legge», la Corte ha riconosciuto che il legislatore statale o
regionale può e deve mantenere forme di regolazione dell'attività
economica volte a garantire -tra l'altro- anche l‘osservanza dei
principi costituzionali legati alla tutela dell'ambiente e del
patrimonio culturale a presidio dell'utilità sociale di ogni attività
economica.
Sussiste quindi una preminenza delle utilità e delle
finalità sociali rispetto a quelle di profitto della libera iniziativa
economica, non potendo svolgersi l’attività imprenditoriale in contrasto
con le finalità pubblicistiche dell’amministrazione di tutela della
vivibilità centri storici, con un necessario coordinamento ed indirizzo
con il perseguimento di tali finalità, di rango costituzionale (art. 41,
commi secondo e terzo, Cost.).
Né la sentenza del Tar Lazio n. 3589/ 2013, addotta
dall’appellante a sostegno delle proprie tesi difensive, può essere
invocata nella fattispecie in esame, trattandosi di due situazioni
completamente diverse.
Infatti nell’altra vicenda non sono stati ritenuti
sussistenti i presupposti per un provvedimento di divieto di
svolgimento, non essendo evidente, nel caso di specie, il pregiudizio
allo svolgimento dell’attività tutelata (enoteca/vendita di alcolici)
dall’esercizio di quella non tutelata (somministrazione di alcolici). A
quest’ultima, in effetti, la società afferma di voler riservare uno
spazio residuale del locale, pari a 8 mq., rispetto alla superficie di
65 mq. che continuerebbe ad essere riservata all’attività (tutelata) di
enoteca e per questo specifico motivo le finalità sociali «non appaiono
pregiudicate», in virtù dell’impegno preso dalla ricorrente di limitare
l’esercizio dell’attività non tutelata ad una ridotta porzione di locale
e l’eventuale mancato rispetto dei limiti di estensione potrà
costituire motivo per l’attivazione dei poteri di autotutela da parte
dell’amministrazione resistente.
6.2- Con la seconda censura parte appellante assume la
formazione del silenzio assenso, sussistendone i presupposti, e ne
chiede la declaratoria adducendo al riguardo che via Marmorata non è
inclusa nell’elenco delle vie e piazze del centro storico di Roma, per
le quali la suindicata delibera n. 36/2006 sancisce espressamente il
divieto.
In ordine a tale profilo, va escluso che tali
previsioni siano applicabili soltanto agli esercizi commerciali presenti
nell’ambito di determinate strade: esse riguardano tutti gli
insediamenti commerciali destinati a servire una più ampia delimitazione
topografica (quartiere, rione), rilevando anche la salvaguardia delle
precedenti attività esercitate: ciò non comporta un «contingentamento»,
ma mira solo a conservare un tessuto urbano caratterizzato dalle sue
attività tradizionali, ciò che è del tutto ragionevole disporre nelle
città, anche nella Capitale, a salvaguardia della vivibilità, delle
vestigia storiche e dei pregi artistici e storici dei luoghi.
7.- L’appello va pertanto respinto.
Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 801 del 2015,
come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la
sentenza appellata.
Condanna l’appellante s.r.l. Maestri Gelatieri di
Calabria a rifondere all’appellata Roma Capitale le spese ed onorari del
presente grado di giudizio, liquidate nella complessiva somma di €
2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Sabato Guadagno, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)