Sentenza in favore degli ottici siciliani per carenza della motivazione e difetto dell’istruttoria

N. 01697/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02906/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2906 del 2014, proposto da:
L'Arcipelago s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Reale e Guglielmo Nicastro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo sito in Palermo, Via Ammiraglio Gravina 95;


contro

Comune di Trapani in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Carmela Santangelo e Francesco Paolo Di Trapani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Rosita Marchesano in Palermo, Via P.Pe Belmonte n.93;


per l'annullamento

- del provvedimento prot. n. 7504 del 25.8.2014, pervenuto il successivo 1.9.2014, con cui è stata respinta l'istanza di avviamento di un reparto di ottica all'interno di media struttura di vendita, presentata dall'odierna ricorrente e precisamente nella struttura di Trapani Via Libica, lotto 45 Consorzio ASI;

- di ogni altro atto anteriore, connesso e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Trapani in persona del Sindaco pro tempore;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2015 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

E’ impugnato il diniego all’istanza di avviamento di un reparto ottica all’interno di un esercizio di vendita presso il Comune di Trapani, motivato in ragione dei vincoli previsti nella Legge regionale n. 12 del 2004.

Il Comune di Trapani, regolarmente intimato, si è costituito in giudizio sostenendo la legittimità del proprio operato, anche alla luce delle determinazioni assunte dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale sulla corretta interpretazione della normativa de quo in relazione al rispetto dei principi comunitari di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

Ai fini di una migliore comprensione della controversia, è opportuna una breve disamina sull’excursus giurisprudenziale formatosi attorno alle problematiche interpretative della legge regionale n. 12/2004.

L’art. 1 della legge subordina il rilascio all'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di ottico da parte della competente autorità comunale, oltre che al possesso dell'iscrizione in un apposito registro, al rispetto di due limiti: uno correlato a un parametro di tipo demografico (che consente un esercizio di ottica per ogni fascia di popolazione di ottomila residenti) e l’altro che impone una distanza minima, pari a trecento metri, tra un esercizio e l’altro.

Il comma 2 dell’articolo 1 consente il rilascio da parte del Comune di un’autorizzazione in deroga, in presenza di “comprovate esigenze territoriali” e previa acquisizione di un parere obbligatorio da parte di una commissione provinciale presso la Camera di commercio.

Questo Tribunale ha già avuto modo di pronunciarsi sulla citata previsione normativa ed in particolare sulla sua compatibilità con altre norme statali poste a tutela della concorrenza (quali l’art. 3 della L. 248/2006) nonché dei principi comunitari in materia di diritto di stabilimento, divieto di intese e di abuso di posizione dominante (cfr. artt. 43, 81 e 82 del Trattato CE).

Un primo orientamento giurisprudenziale ha ritenuto di disapplicare, in virtù dell’efficacia diretta del diritto comunitario nell’ordinamento interno ed in particolare dei surriferiti principi, la normativa regionale di cui alla L.r. 12/2004 limitativa dell’apertura di esercizi commerciali di ottica, in quanto incompatibile con dette norme di diritto comunitario (cfr. T.a.r. Sicilia, Sez. III, n. 608 del 31 marzo 2011).

Altre pronunce, più di recente, si sono espresse nel senso della tacita abrogazione delle norme regionali regolanti l’attività di ottico a seguito dell’introduzione di norme statali, in tema di tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e Cost.), incompatibili con l’assetto definito dalla legge regionale. In particolare, nell’ambito della disciplina regionale sull’attività di ottico è stato ravvisato un evidente contrasto della stessa con l’art. 3, comma 1, del d.l. n. 223 del 2006, convertito dalla L. n. 248 del 2006, il quale ha fatto venir meno tutta una serie di limitazioni e prescrizioni in tema di attività commerciali, fra le quali anche i parametri numerici per il rilascio delle autorizzazioni di che trattasi (così la decisione n. 1049 del 1° giugno 2011).

Infine, la questione è stata affrontata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa che, in primo luogo, non ha ritenuto di poter superare l’antinomia tra le disposizioni regionali e nazionali utilizzando l’istituto della disapplicazione, considerando l’ipotetico conflitto tra le leggi risolvibile solo “attraverso l’abrogazione di una delle previsioni confliggenti (attraverso cioè un’iniziativa legislativa della Regione o dello Stato) oppure con l’intermediazione della Corte costituzionale”. Decideva, quindi, di sottoporre alla Corte di Giustizia della Comunità europea, attraverso l’ordinanza n. 610 del 29 settembre 2011, la questione della compatibilità della normativa regionale con i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Chiedeva, in particolare, alla Corte se tali principi potessero comunque considerarsi rispettati alla luce delle finalità di tutela della sanità pubblica perseguite dalla norma regionale.

La Corte di giustizia con la sentenza del 26 settembre 2013, in causa C-539/11, ha dichiarato che: “L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa regionale, come quella oggetto del procedimento principale, che pone limiti al rilascio delle autorizzazioni per l’apertura di nuovi esercizi di ottica (…) purché le autorità competenti si avvalgano delle facoltà offerte dalla normativa di cui trattasi in maniera adeguata, rispettando criteri trasparenti e oggettivi, al fine di realizzare in modo coerente e sistematico le finalità perseguite da detta normativa, attinenti alla tutela della salute nell’intero territorio di cui trattasi, circostanza che sarà compito del giudice nazionale accertare”.

Tuttavia, la Corte ha sottolineato come “una normativa del genere rischia di comportare un accesso diseguale allo stabilimento degli esercizi di ottica nelle diverse zone della regione considerata” e che “il rischio di accesso diseguale allo stabilimento degli esercizi di ottica è peraltro accentuato dalla circostanza, menzionata nell’ordinanza di rinvio, che le autorità comunali dispongono di un rilevante potere discrezionale in quanto il requisito attinente alle «comprovate esigenze territoriali» non è delimitato mediante criteri di regolamentazione più precisi”.

In sostanza, pur se astrattamente compatibile con il diritto comunitario, la legge regionale pone dei problemi in sede applicativa, per l’assenza di specifici presidii che garantiscano un corretto esercizio del potere discrezionale spettante alle autorità competenti al rilascio di un’autorizzazione supplementare, oltre i limiti di legge, quando, nel caso specifico, le esigenze di tutela della salute lo imporrebbero.

Per questo motivo, secondo la Corte “è compito del giudice nazionale verificare, con l’ausilio dei dati statistici precisi o con altri mezzi, se le autorità competenti si avvalgano in modo adeguato, nel rispetto di criteri trasparenti e oggettivi, delle facoltà offerte da tale legge al fine di raggiungere, in modo coerente e sistematico, gli obiettivi perseguiti attinenti alla tutela della salute in tutto il territorio considerato”.

Facendo applicazione di tali indicazioni, il C.G.A. ha annullato un provvedimento autorizzativo all’apertura dell’esercizio di ottico adottato senza il rispetto del limite della distanza minima, ferma restando la facoltà per il Comune di verificare la sussistenza della possibilità di applicare l’istituto dell’autorizzazione in deroga di cui all’art. 1, comma 2, della L.R. n. 12/2004, in coerenza con le indicazioni date dalla Corte di Giustizia (C.G.A., decisione n. 651 del 1° dicembre 2014).

Orbene, così tratteggiato il cammino giurisprudenziale che ha da ultimo portato a ritenere applicabile della l.r. n. 12/2004, purchè nel rispetto delle indicazioni formulate dalla CGUE, è possibile scrutinare la vicenda oggetto del presente giudizio.

Il Comune di Trapani, nel negare il rilascio dell’autorizzazione richiesta dal ricorrente, si è limitato a riepilogare i limiti esistenti in base alla normativa regionale e ha affermato che, ai sensi della cennata pronuncia della Corte di Giustizia, la norma regionale è compatibile con quelle comunitarie in quanto idonea a conseguire l’obiettivo della tutela della sanità pubblica.

A fronte di un diniego così formulato, è fondata la censura sollevata nel gravame in ordine alla carenza di motivazione, in quanto dalla lettura del provvedimento non è consentito comprendere qual è l’elemento impeditivo all’accoglimento della richiesta (ossia se il rigetto è dipeso dal mancato rispetto della distanza minima, dal superamento del numero massimo di esercizi in base alla popolazione presente o da entrambi i fattori).

Inoltre, applicando quegli stessi principi formulati dalla decisione della Corte, il diniego del Comune, adottato a seguito di mero richiamo ai limiti astrattamente previsti nella disciplina regionale, si pone in contrasto con l’esigenza prioritaria di perseguire, nell’applicazione della legge regionale, le finalità di tutela della salute pubblica.

L’atto, dunque, va annullato innanzitutto perché non indica le ragioni per le quali l’apertura di un ulteriore negozio di ottica non sarebbe consentito, attesa la mancata esplicitazione dei parametri stabiliti nella norma regionale che non sarebbero rispettati.

Inoltre, il Comune ha comunque omesso qualsiasi valutazione circa l’opportunità di consentire l’autorizzazione in deroga che, specie nell’ipotesi di superamento del solo limite demografico, appare uno strumento efficace a garantire un adeguato perseguimento dell’interesse pubblico tutelato dalla norma.

In definitiva, il diniego va annullato per carenza della motivazione e difetto dell’istruttoria.

E’ opportuno chiarire che l’Amministrazione comunale, nel riesercitare i propri poteri in ordine all’istanza del ricorrente, dovrà accertare se vengono superati i limiti posti dalla legge regionale; nel caso di superamento di uno o entrambi i suddetti limiti, sarà ulteriore compito del Comune verificare la sussistenza, previa analisi del contesto territoriale di riferimento e a seguito di una approfondita e ponderata istruttoria, la presenza di esigenze territoriali che consentano, ai sensi dell’art. 1, comma 2, L.R. 12/2004, l’autorizzazione in deroga di un ulteriore esercizio commerciale.

Attesa la complessità e la novità delle questioni trattate, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:



Calogero Ferlisi, Presidente

Giovanni Tulumello, Consigliere

Lucia Maria Brancatelli, Referendario, Estensore






L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 Il 10/07/2015 
IL SEGRETARIO 
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)