lunedì 23 giugno 2014

Apertura di grandi strutture di vendita: serve un’autorizzazione espressa

L’apertura di una grande struttura di vendita non è assoggettata a Scia, ma al rilascio di un provvedimento adottato dal Comune in forma espressa. A chiarirlo la Sentenza n. 292 del 15/05/2014 del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, che ha confermato una Sentenza del Tar Catania resa su un diniego all’aggiunta dei prodotti per l’igiene della casa e della persona in un punto vendita della grande distribuzione già autorizzato per la sola vendita alimentare. Due i profili trattati nella pronuncia: la distinzione tra i settori merceologici alimentare e non alimentare, da un lato, e il regime autorizzatorio per l’apertura della grande distribuzione, dall’altro. Per quanto riguarda il primo aspetto, il ricorrente ha asserito che in forza della liberalizzazione introdotta dalla direttiva Bolkestein (n. 2006/123/CE), ogni limitazione relativa ai settori merceologici sarebbe decaduta. In realtà – ha osservato il Collegio – dal quadro normativo in materia emergono indicazioni diverse: in particolare, l’art. 3, comma 1 , del d.l. n. 223/2006, alla lett. c), pur vietando le limitazioni quantitative all’assortimento merceologico, continua a mantenere la distinzione tra settore alimentare e non alimentare. Neppure l’art. 31 del d.l. n. 201/2011, centrato sulla liberalizzazione degli orari, si rivela utile per ritenere superato lo spartiacque tra un settore e l’altro.
A questo punto, occorre interrogarsi sulla possibilità di comprendere nel catalogo dei beni alimentari anche i prodotti per l’igiene della casa e della persona. In proposito, la legge regionale siciliana n. 28/1999, all’art. 3 dispone che nell’Allegato alla stessa siano raggruppati i prodotti appartenenti ai settori alimentari e non alimentari. Nell’elenco dei prodotti alimentari, sono compresi in via sperimentale anche quelli per l’igiene della casa e della persona, sennonché, in mancanza della necessaria legge di riordino dei settori merceologici, la sperimentazione è decaduta, con automatica applicazione delle norme in materia previste dal d. lgs. 114/98. Non è pertanto stato possibile giustificare la legittimità di tali prodotti all’interno di una grande struttura autorizzata per i soli beni alimentari.
L’altro elemento preso in esame nella pronuncia del Collegio siciliano, riguarda il regime autorizzatorio per l’apertura o modifica dei punti vendita della grande distribuzione. La dia/scia che ad un certo punto viene presentata al protocollo del Comune al fine di poter attivare la vendita dei prodotti per l’igiene, non è stata ritenuta legittima, in quanto anche dopo il varo delle liberalizzazioni, in materia permane l’obbligo di autorizzazione espressa, stante il carattere discrezionale che caratterizza le valutazioni formulate dalle amministrazioni interessate in ordine agli aspetti urbanistici ed ambientali connessi all’impatto della grande distribuzione sul territorio. Non trattandosi di un automatismo vincolato, la scia rimane estranea a questi procedimenti.
Inutile, per altro verso, chiamare in causa le liberalizzazioni introdotte dal d.l. n. 1/2012, che all’art. 1 elimina “le norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell'amministrazione comunque denominati per l'avvio di un'attività economica”. In realtà, è questa stessa norma a chiarire che l’abrogazione dei limiti e dei regimi autorizzatori preventivi ha effetto solamente se non sussistono giustificazioni in ordine a “un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità”.
D’altra parte, la stessa previsione di una conferenza di servizi all’interno dell’iter, rende palese la compresenza di diversi interessi pubblici da contemperare. Soggetti al più snello iter della segnalazione certificata sono invece gli interventi che richiedono solo la verifica a posteriori circa il possesso di requisiti e presupposti di legge, senza che entrino in gioco altri interessi da valutare. È, ad esempio, il caso degli esercizi di vicinato o dei pubblici esercizi nelle zone non soggette a programmazione. (Michele Deodati)

 http://www.infocommercio.it