N. 11158/2013 REG.SEN.
N. 03461/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3461 del 2013,
proposto da:
Società Arba Srl, in persona del suo legale
rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Valeri, Alfredo
Stoppa, con domicilio eletto presso Giovanni Valeri in Roma, viale G. Mazzini
n. 11;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentata e difesa per legge dall'avv. Rosalda Rocchi, domiciliata in Roma,
via Tempio di Giove, 21;
per l'annullamento dei seguenti atti:
-determina dirigenziale n. 10 del 21 marzo 2013,
recante l’ordine di immediata rimozione dell’occupazione abusiva di suolo
pubblico all’esterno dell’esercizio commerciale sito in Piazza del Popolo n. 16
nonché l’immediato ripristino dello stato dei luoghi, nonché la chiusura
dell’esercizio sito in Piazza del Popolo n. 16 per un periodo di 5 giorni;
-ordinanza del Sindaco di Roma Capitale, n. 14 del 21
gennaio 2013, con la quale è stata integrata l’ordinanza sindacale n. 258 del
27 novembre 2012;
-atto di accertamento di violazione VAV n. 14120182417
del 7 febbraio 2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma
Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre
2013
il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, la ricorrente ha impugnato i
seguenti atti:
-determinazione dirigenziale n. 10 del 21 marzo 2013 a
mezzo della quale il Direttore dell’Ufficio Temporaneo di Scopo Occupazione
Abusiva Suolo Pubblico – Centro Storico - del “Municipio Roma Centro Storico”
ha ordinato alla società ricorrente A.R.B.A. a r.l., nella persona del suo
legale rappresentante, “l’immediata rimozione dell’occupazione abusiva del
suolo pubblico accertata dal Corpo della Polizia Locale di Roma Capitale con
VAV n. 14120182417 del 7/2/2012 all’esterno dell’esercizio sito in Piazza del
Popolo n. 16 e l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a cura e spese
dell’interessato” nonché “la chiusura dell’esercizio sito in Piazza del Popolo
n. 16 per un periodo pari a 5 giorni e, comunque, fino al completo ripristino
dello stato dei luoghi”;
-ordinanza del Sindaco di Roma Capitale n. 14 del 21
gennaio 2013, con la quale è stata integrata l’ordinanza sindacale n. 258 del
27 novembre 2012;
-atto di accertamento di violazione VAV n. 14120182417
del 7 febbraio 2013.
Il provvedimento di rimozione o.s.p. e chiusura
esercizio (D.D. n. 10 del 21 marzo 2013) è stato adottato sulla scorta del
verbale n. 14120182417 elevato dal I Gruppo di Polizia Locale della Città ai
sensi dell’art. 20 codice della strada in data 7/2/2013.
La Polizia Locale aveva accertato che la società
A.R.B.A., sebbene in possesso di concessione o.s.p., giusta D.D. n. 421 del
28/2/2011, per occupare il suolo pubblico antistante il locale per complessivi
mq 87,90 con borchie, tavoli, sedie e n. 2 tende di copertura, di fatto, in
difformità da quanto concesso, occupava il suolo pubblico con tavoli, sedie, 2
tende e discendenti in materiale plastica trasparente a copertura dell’area
interessata”.
Il Direttore dell’Ufficio Temporaneo di Scopo del
Municipio Roma Centro Storico si è determinato nei divisati sensi “in
osservanza a quanto previsto dall’art. 3, c. 16, della L. n. 94 del 2009 e
dall’ordinanza sindacale n. 14 del 2013 (...); Visto l’art. 20 del C.d.S. di
cui al D.Lvo 30 aprile 1992, n. 285;
Vista l’ordinanza sindacale n. 14 del 21 gennaio
2013”.
In punto di fatto, la società ricorrente espone di
essere titolare di un’attività di somministrazione in Roma, Piazza del Popolo
nn. 16-17 nel locale denominato “Canova”, giusta autorizzazione amministrativa
n. 1213 del 12 dicembre 1995.
Con D.D. n. 421 del 28 febbraio 2011, è stata
rilasciata alla società la concessione demaniale permanente di mq 87,90
antistante il locale di Piazza del Popolo nn. 16-17, strumentale all’attività
di somministrazione, autorizzando l’uso di borchie, tavoli, sedie e n. 2 tende
di copertura di ml. 5 x ml 7,85 (con scadenza al 31 dicembre 2013).
In data 7 febbraio 2013, a seguito di sopralluogo
effettuata dal Corpo di Polizia Locale, veniva contestato alla ricorrente
l’installazione “in difformità da quanto concesso copertura in pvc trasparente
ai lati dell’OSP senza essere in possesso di ulteriore concessione” (verbale n.
14120182417).
Con la gravata determinazione dirigenziale del 21
marzo 2013 veniva disposta la chiusura dell’esercizio commerciale per la durata
di giorni cinque e la rimozione degli arredi (discendenti laterali in materiale
plastico trasparente) difformi rispetto alle indicazioni del titolo
concessorio.
Questi i motivi vizi dedotti in ricorso:
1)Violazione dell’art. 3, c. 16, L. n. 94 del 2009 –
violazione e falsa applicazione della delibera C.C. n. 75 del 30/31 luglio 2010
nonché delle ordinanze sindacali n. 258/2012 e 14/2013.
1.1)L’epigrafata ordinanza sindacale n. 14/2013 è
applicabile ai soli casi di occupazione di suolo pubblico totalmente abusiva,
come chiarito dal Consiglio comunale di Roma nel proprio Regolamento in materia
di occupazione suolo pubblico approvato con delibera n. 75 del 30/31 luglio
2013;
1.2)la violazione contestata alla ricorrente non
attiene ad uno sconfinamento o arbitrario aumento della superficie occupata ma
esclusivamente all’applicazione laterale, a precaria protezione dei clienti
dalla pioggia, di due tendine completamente trasparenti ai due lati adiacenti
al muto;
1.3)il Direttore dell’esercizio ha provveduto
immediatamente alla rimozione dell’arredo ed al ripristino della conformità dei
luoghi alla concessione assentita;
1.4)nel caso di specie, ricorre esclusivamente una
fattispecie di irregolarità nella o.s.p. assentita, perseguibile ai sensi
dell’art. 20 del D.Lvo n. 258 del 1992 con sanzione pecuniaria (che la società
ha già pagato) e giammai una occupazione abusiva sanzionabile in base all’art.
3, c. 16 della L. n. 94 del 2009;
1.5)né appare invocabile la citata ordinanza sindacale
n. 14/2013 che, integrando l’ordinanza sindacale n. 258/2012, avrebbe esteso
l’applicabilità delle sanzioni di cui all’art. 3, c. 16 della L. n. 94 del 2009
ai soli casi di occupazione di suolo pubblico totalmente abusiva, aventi ad
oggetto installazione di elementi di copertura/tende autoportanti, e/o chiusure
verticali in PVC, plexiglass e simili, su strade urbani ricadenti nel
territorio capitolino, delimitato dal perimetro del sito UNESCO.
2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma
16, della legge 94/2009 sotto altro profilo.
2.1)L’ordinanza non dà atto del fatto che il
ripristino della situazione conforme alla concessione rilasciata è avvenuta
contemporaneamente alla contestazione che ingiunge un ripristino già avvenuto;
2.3)la sanzione ulteriore della chiusura
dell’esercizio per cinque giorni consecutivi è stata disposta senza tenere
conto del già avvenuto e immediato ripristino.
3)Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma
16, della legge 94/2009 - Eccesso di potere per violazione dei principi
ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza dell’azione amministrativa.
3.1)Il provvedimento impugnato e la stessa ordinanza
sindacale sono illegittime per manifesta violazione dei principi indicati in
epigrafe, attesa l’abnorme sproporzione tra la contestazione mossa alla società
e la sanzione irrogata.
L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio,
ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo atteso che
la legge n. 689/1981 affida al giudice di pace il sindacato sulle sanzione
amministrative. Nel merito, essa ha chiesto il rigetto del ricorso perché
infondato.
La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto
impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da
questo Tribunale accolta con ordinanza n. 1955 del 2013, con la quale è stato
altresì fissata alla odierna pubblica udienza la trattazione nel merito della
controversia.
Con memoria depositata il 25 ottobre 2013, parte
ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 27 novembre 2013, la causa è stata
trattenuta perla decisione.
Preliminarmente, occorre farsi carico di esaminare l’eccezione
sollevata dalla difesa Capitolina in ordine al difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo (in favore del giudice di pace) a conoscere della
sanzione con la quale è stata inflitta la chiusura dell’esercizio commerciale
per cinque giorni.
L’eccezione è infondata.
L’intimata Amministrazione ha irrogato la divisata
sanzione in osservanza dell’art. 3, c. 16 della legge n. 94 del 2009 nonché
delle ordinanza sindacali n. 258/2012 e 14/2013, secondo cui dalla violazione
delle prescrizioni impartire nell’atto di concessione o.s.p. consegue la
chiusura dell’esercizio, fino al pieno adempimento dell’ordine di ripristino,
per un periodo non inferiore a cinque giorni.
Le disposizioni normative di cui l’Amministrazione ha
fatto applicazione nel caso concreto hanno, dunque, attribuito all'autorità
comunale il potere di ingiungere - in caso di occupazione abusiva del suolo
pubblico - la chiusura dell' esercizio commerciale.
Si tratta, evidentemente, di norme poste a tutela degli
interessi della collettività ad impedire abusi nelle autorizzazioni
amministrative (commerciali) e che regolano il potere amministrativo
suscettibile di incidere su diritti soggettivi degradandoli ad interessi
legittimi, la cui tutela non può che essere devoluta al giudice amministrativo
secondo l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione.
Nel merito, va osservato che la questione per cui è
controversia è stata già portata di recente all’attenzione della Sezione (v.
per tutte Tar Lazio, sez, II ter, sentenza n. 7931/2013).
Il Collegio non ravvede, nel caso di specie, motivi
per cui discostarsi dalle argomentazioni di diritto sostenute nei propri
precedenti giurisprudenziali.
Va, innanzi tutto, osservato che l’art. 20 del D.Lgs.
30 aprile 1992 n. 285 (Codice della Strada) prevede che:
- “nei centri abitati, ferme restando le limitazioni e
i divieti di cui agli articoli ed ai commi precedenti, l'occupazione di
marciapiedi da parte di chioschi, edicole od altre installazioni può essere
consentita fino ad un massimo della metà della loro larghezza, purché in
adiacenza ai fabbricati e sempre che rimanga libera una zona per la
circolazione dei pedoni larga non meno di 2 m. Le occupazioni non possono
comunque ricadere all'interno dei triangoli di visibilità delle intersezioni,
di cui all'art. 18, comma 2. Nelle zone di rilevanza storico-ambientale, ovvero
quando sussistano particolari caratteristiche geometriche della strada, è
ammessa l'occupazione dei marciapiedi a condizione che sia garantita una zona
adeguata per la circolazione dei pedoni e delle persone con limitata o impedita
capacità motoria” (comma 3);
- “chiunque occupa abusivamente il suolo stradale,
ovvero, avendo ottenuto la concessione, non ottempera alle relative
prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da euro 168 ad euro 674” (comma 4);
- “la violazione di cui ai commi 2, 3 e 4 importa la
sanzione amministrativa accessoria dell'obbligo per l'autore della violazione
stessa di rimuovere le opere abusive a proprie spese, secondo le norme del capo
I, sezione II, del titolo VI” (comma 5).
L’art. 3, comma 16, della legge 15 luglio 2009 n. 94
ha, poi, stabilito che “fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di
ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti
dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade
urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di
sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l’immediato ripristino
dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a
fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento
dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia
e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni”.
Una prima considerazione, emergente dalla lettura
delle riportate disposizioni, consente di affermare che:
- se il Codice della Strada (art. 20, comma 4)
ricongiunge l’applicazione della prevista sanzione amministrativa pecuniaria
non soltanto alle ipotesi di abusiva occupazione di suolo pubblico, ma anche
alla diversa fattispecie della inosservanza delle prescrizioni contenute nel
titolo concessorio,
- la successiva (ed integrativa) legge del 2009 ha
esteso ai soli casi di “indebita occupazione di suolo pubblico previsti …
dall’articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285” l’irrogabilità
della sanzione della chiusura dell’esercizio (fino all’adempimento dell’ordine
ripristinatorio e, comunque, per un periodo non inferiore a giorni cinque).
La misura interdittiva di che trattasi viene, dunque,
a colpire soltanto le violazioni consumate dall’occupazione di suolo pubblico
“abusiva” (in assenza di titolo o, laddove sia stata rilasciata la concessione,
in eccedenza rispetto alla superficie in essa contemplata e per la relativa
porzione di suolo), ma non anche quelle che realizzino una “difformità”
rispetto alle prescrizioni dettate dalla concessione stessa.
Deve, per l’effetto, escludersi che una corretta
delimitazione dell’ambito applicativo della misura (temporaneamente)
interdittiva sostanziata dalla chiusura dell’esercizio commerciale (per un
periodo comunque non inferiore a giorni cinque), contempli anche la fattispecie
dell’inosservanza delle prescrizioni inerenti al rilasciato titolo concessorio.
Se è infatti vero che il comma 16 dell’art. 3 della
legge 94/2009 richiama, tout court, l’intero art. 20 del Codice della Strada, è
altrettanto vero come la sanzione inibitoria di che trattasi viene da tale
disposizione circoscritta alla sola fattispecie dell’“indebita” occupazione di
suolo pubblico.
Va allora escluso che, in ossequio al principio di
tassatività che assiste (l’interpretazione e) l’applicazione della norma
sanzionatoria (di cui è espressione il fondamentale principio di cui al comma 2
dell’art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689, per cui “le leggi che
prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi
in esse considerati”) consenta un’opzione ermeneutica attraverso la quale venga
a realizzarsi quoad effectum (ai fini, cioè, dell’irrogazione della sanzione di
che trattasi) la parificazione fra carenza (totale o parziale) del provvedimento
concessorio ed inottemperanza alle relative prescrizioni.
2. Sulla base dell’illustrato quadro normativo
primario di riferimento vengono ad innestarsi le determinazioni con le quali
Roma Capitale ha disciplinato – per i profili di interesse della presente
controversia – la materia delle concessioni di occupazione di suolo pubblico.
2.1 In primo luogo, l’ordinanza sindacale n. 258 del
27 novembre 2012, preso atto della rilevanza storico-culturale del patrimonio
pubblico della Città di Roma (riconosciuta “patrimonio dell’Umanità”
dall’UNESCO), ha rilevato che “l’obiettivo di garantire la massima fruizione
degli spazi pubblici va costantemente perseguito anche attraverso lo strumento
della tutela del patrimonio pubblico cittadino”: a fronte del quale “il crescente
fenomeno di occupazione abusiva di suolo pubblico … testimonia la necessità di
dar corso ad una nuova valutazione generale dell’equilibrio tra l’interesse
pubblico di massima fruizione del territorio … e l’interesse pubblico di tutela
del patrimonio”.
Richiamati i contenuti della direttiva del Ministro
per i Beni e le Attività culturali del 10 ottobre 2012 concernente l’esercizio
di attività commerciali ed artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o
su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibili con le
esigenze di tutela del patrimonio culturale, l’atto in rassegna:
- nel dare atto del quadro normativo primario di
riferimento già illustrato al precedente punto 4.1;
- e nell’evidenziare che la circolare del Ministero
dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, prot. n.
557/LEG/240520.09, Allegato 3, ha ritenuto che, nei casi di indebita
occupazione di suolo pubblico consegua, ex art. 3, comma 16, della legge
94/2009, “l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria del
ripristino dello stato dei luoghi”;
ha ritenuto che “la sanzione della chiusura del
pubblico esercizio si rivela quale misura accessoria alla violazione dell’art.
20 del Codice della Strada che già prevedeva l’obbligo della rimozione delle
opere”; nel caso di occupazione a fine di commercio, imponendosi, per
l’effetto, “la chiusura dell’esercizio per un periodo che va da 5 giorni
(termine minimo) sino al pieno adempimento dell’ordine di ripristino dello
stato dei luoghi”.
Una prima notazione relativa al riportato contenuto
dell’ordinanza sindacale n. 258 consente di apprezzarne la legittimità, laddove
il contenuto interdittivo della sanzione (chiusura temporanea dell’esercizio)
viene ricongiunto (esclusivamente) alla fattispecie di occupazione “abusiva”
(rectius¨: indebita); ovvero:
- realizzata in difetto assoluto di titolo
abilitativo;
- diversamente, in parte attuata al di fuori della
superficie oggetto del permesso precedentemente rilasciato dalla competente
Autorità (e nei limiti, si intende, di siffatto “ampliamento” sine titulo).
Una seconda notazione, poi, consente di affermare che
la latitudine discrezionale del potere riconosciuto al Sindaco ai sensi
dell’art. 3, comma 16, della legge 94/2009 (“il sindaco, per le strade urbane,
e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza
pubblica, per ogni luogo, possono ordinare …) risulta espressa ed esercitata
dalla predetta Autorità con l’indicazione come sopra impartita ai Dirigenti dei
competenti Uffici dell’Amministrazione capitolina; per l’effetto dovendo
escludersi che, in sede di emanazione delle (consequenziali) determinazioni con
le quali, una volta accertata la presenza di fattispecie astrattamente
sanzionabile, venga irrogata la misura ripristinatoria di che trattasi, possa
venire in considerazione un’ulteriore valutazione discrezionale ad opera del
soggetto emanante.
Piuttosto, il contenuto dell’atto irrogativo di
sanzione viene a dimostrarsi – in quanto l’esercizio del relativo potere
risulta inalveato da una direttiva con la quale il Sindaco, a ciò legittimato
dalla norma primaria, ha consumato l’esercizio della discrezionalità al
medesimo rimessa – connotato da vincolatività applicativa: per l’effetto
dovendo darsi atto che il provvedimento con il quale venga disposta la sanzione
temporaneamente interdittiva (chiusura dell’esercizio), laddove assunto a
fronte (non già di occupazione abusiva, ma) di mera inosservanza delle
prescrizioni che assistono il (rilasciato) titolo concessorio, mutui (perciò
dimostrandosi derivativamente invalido) elementi di illegittimità dalla erronea
interpretazione, ad opera dell’Autorità sindacale, della norma (il ripetuto
comma 16 dell’art. 3 della legge 94/2009) che ricongiunge l’applicabilità della
sanzione di che trattasi alla sola fattispecie dell’“indebita” occupazione.
2.2 In tal senso, l’ulteriore ordinanza del Sindaco di
Roma Capitale n. 14 del 21 gennaio 2013, nel richiamare le conclusioni del
“tavolo tecnico” interistituzionale “Piano decoro” costituito fra le
Sovrintendenze statali e Capitolina, nonché le note del Sovrintendente ai Beni
Culturali di Roma Capitale del 29 e 30 ottobre 2012, ha precisato che
“l’occupazione di suolo pubblico effettuata, per fini di commercio, attraverso
l’installazione di elementi di copertura/tende autoportanti, in via temporanea
e non, in PVC, plexiglass e simili … costituisce fattispecie sanzionabile ai
sensi del primo comma del dispositivo dell’ordinanza sindacale n. 258 del 27
novembre 2012”.
Merita particolare attenzione il richiamo, operato
dalla stessa ordinanza 14/2013, al contenuto della deliberazione consiliare n.
75 del 30-31 luglio 2010, recante modificazioni al Regolamento in materia di
occupazione di suolo pubblico.
Il vigente testo regolamentare, per come integrato dal
suindicato deliberato di C.C., stabilisce, in primo luogo, che “per le
occupazioni ricadenti sui marciapiedi … le coperture con ombrelloni o tende non
dovranno aggettare oltre l’area concessa, né dovranno avere chiusure laterali
di alcun genere, né essere infisse al suolo” (art. 4-quinquies).
Inoltre, lo stesso Regolamento reca, sub Allegato B,
le indicazioni relative ai “sistemi coordinati per l’arredo urbano delle aree
di suolo pubblico concesse ad uso dei pubblici esercizi nella Città storica”.
Le relative indicazioni (riguardanti elementi di
copertura, elementi di base e pedane ed elementi complementari) non contemplano
le coperture laterali realizzate mediante pannellature in plexiglass e simili:
piuttosto indicando, con puntuale prescrizione, le tipologie delle pannellature
ammissibili quale elemento di perimetrazione dell’area oggetto di O.S.P. (punto
B1).
Va, quindi, dato atto:
- da un lato, della non consentita apponibilità degli
elementi di copertura e/o chiusura sopra indicati, in quanto non annoverati
nella normativa regolamentare citata, le cui indicazioni realizzano una
fattispecie di etero-integrazione rispetto alle prescrizioni recate dal titolo
concessorio di O.S.P.;
- e, corrispondentemente, della sanzionabilità della
condotta sostanziatasi nella introduzione di tali elementi esclusivamente a
mezzo della irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui al
comma 4 dell’art. 20 del Codice della Strada;
rimanendo, comunque, legittimamente adottabile
l’ordine ripristinatorio (rimozione degli elementi di copertura in discorso),
in ragione del richiamo allo stesso comma 4 operato dalla disposizione di cui
al successivo comma 5 dell’art. 20 in questione.
3. Le considerazioni precedentemente rassegnate
conducono il Collegio a ritenere che:
- se l’ordinanza sindacale n. 258 del 2012 rivela
apprezzabili profili di legittimità, laddove dispone l’irrogazione della misura
temporaneamente interdittiva (chiusura dell’esercizio commerciale per la durata
di giorni cinque) esclusivamente per la fattispecie di occupazione “abusiva” o
“indebita” di cui al precedente punto 2.1;
- diversamente, la successiva ordinanza n. 14 del 2013
non si sottrae a fondata censura, nella parte in cui ha operato l’estensione
della misura afflittiva di che trattasi anche alla (diversa, quanto
inassimilabile) ipotesi in cui l’occupazione di suolo pubblico, assistita da
valido titolo, non sia stata realizzata con l’osservanza delle relative
“prescrizioni” (rivenienti dall’atto abilitativo o, come pure osservato, dal Regolamento
comunale disciplinante la materia).
In tali limiti ed in accoglimento delle censure sul
punto esposte con il presente mezzo di tutela, l’atto da ultimo indicato deve
essere, in parte qua, annullato; così come la pure gravata determinazione
dirigenziale n. 10 del 21 marzo 2013, la quale:
- se si dimostra legittima con riferimento
all’impartito ordine di immediato ripristino dello stato dei luoghi mediante
rimozione della difformità accertata dal Corpo della Polizia Locale di Roma
Capitale;
- è, invece, derivativamente inficiata con riferimento
all’ordine di chiusura dell’esercizio commerciale per un periodo pari a giorni
cinque.
4. Dispone, da ultimo, il Collegio che le spese di
lite vengano compensate in ragione della parziale fondatezza del ricorso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e, per
l’effetto, in tali limiti annulla la determinazione dirigenziale impugnata e
l’ordinanza sindacale n. 14 del 2013.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 27 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL
PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
24/12/2013
(Art. 55,
L. 27/4/1982, n. 186)
IL
SEGRETARIO