N. 02555/2013REG.PROV.COLL.
N. 09861/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso r.g.a.n. 9861/2009, proposto dal sig. Andrea Meloni,
rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Ibba, con domicilio eletto
presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza
Capo di Ferro, 13;
contro
Fondazione Teatro Lirico di Cagliari e Teatro Lirico G. P. da Palestrina,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, entrambi
rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Sardegna, Cagliari, sezione II, n. 1132/2009, resa tra le parti e concernente l’inquadramento dell’interessato nel livello superiore.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa.
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Fondazione Teatro lirico di Cagliari e del Teatro lirico G. P. da Palestrina.
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed udito, per gli enti appellati, l’avvocato dello Stato Ventrella.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO
A) Il sig. Meloni Andrea, impiegato presso l’Istituzione dei Concerti e del Teatro lirico G. P. Da Palestrina
di Cagliari dal 1° gennaio 1974, con qualifica di terzo livello A,
deduceva di aver prestato servizio, dal gennaio 1995 al dicembre 1996,
presso il Servizio produzione e distribuzione, occupandosi della
predisposizione dei contratti e degli spettacoli, quale unico referente
amministrativo ed organizzativo per le attività svolte dalle strutture
decentrate dell’ente.
Egli sosteneva, dunque, di
aver svolto attività rientranti in un livello superiore rispetto a
quello formalmente posseduto, precisamente nel primo livello, ritenuto
corrispondente alla figura del coordinatore amministrativo, unica
caratterizzata da mansioni di contenuto non artistico ed inerenti
all’Ufficio rapporti con il territorio, subentrato nelle competenze del
Servizio produzione e distribuzione, in base alla nuova pianta organica
approvata dal Consiglio di amministrazione in data 12 dicembre 1996.
B)
Conseguentemente, il sig. Meloni chiedeva l’inquadramento nel superiore
livello 1° e, subordinatamente, una declaratoria del suo diritto a
vedersi corrisposte le relative differenze retributive per lo
svolgimento di mansioni superiori: istanza, questa, già respinta in sede
amministrativa con nota 17 giugno 1997 dell’Ente lirico.
Egli
deduceva la censura di violazione di legge, richiamando la sentenza
12/25 luglio 1990, n. 369, della Corte costituzionale, che avrebbe
esteso ai dipendenti pubblici la disciplina di cui all’art. 2103, c.c..
L’interessato
chiedeva, inoltre, l’annullamento del provvedimento del Direttore
generale 7 marzo 1998, n. 1911/34, recante il suo collocamento in ferie
dal 9 marzo 1998 al 20 maggio 1998 ed in recupero ore c.i.a. dal 21
maggio 1998 al 9 giugno 1998, e ciò in quanto i compiti in precedenza
svolti dal Servizio presso il quale era attivo il sig. Meloni sarebbero
stati trasferiti nel frattempo all’Ufficio produzione (di nuova
istituzione).
L’interessato deduceva censure di
erronei presupposti ed accertamenti, nonché eccesso di potere per
illogicità manifesta e violazione di legge e delle previsioni di cui al
c.c.n.l. di settore.
Si costituiva in giudizio l’Istituzione dei Concerti e del Teatro lirico, chiedendo la reiezione del gravame.
C) Il T.a.r. dichiarava il ricorso in parte inammissibile ed in parte infondato (dopo il rigetto
di un’istanza cautelare), alla luce delle premesse di cui sopra, mentre
le spese processuali venivano compensate fra le parti in causa.
Con l’appello in esame, la
sentenza veniva impugnata dall’interessato soccombente sig. Meloni, che
riprospettava quanto sostanzialmente già dedotto in prima istanza ed
insisteva nelle sue richieste, cui si opponeva l’amministrazione
(Fondazione Teatro lirico e Teatro lirico), costituitasi in appello a tale scopo.
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.
DIRITTO
I)
Preliminarmente, ritiene la Sezione che il T.a.r. abbia
condivisibilmente ritenuto infondata la richiesta d’inquadramento nel
superiore primo livello.
Infatti, l’appellante non
aveva a suo tempo impugnato i provvedimenti d’inquadramento, per la loro
natura autoritativa da tempo divenuti inoppugnabili.
Neppure
può il giudice amministrativo disporre – in via di accertamento – la
spettanza di un livello o di una qualifica superiore, in sostituzione
del provvedimento non impugnato dall’interessato.
II)
Quanto alle pretese di carattere economico in questa sede riproposte
dall’appellante, la sezione ritiene che esse siano infondate.
Va
riaffermato in questa sede il principio da tempo enunciato da questo
Consiglio di Stato, per il quale nell'ambito del pubblico impiego, salvo
che la legge disponga altrimenti, le mansioni superiori svolte da un
dipendente risultano del tutto irrilevanti, sia ai fini economici che ai
fini della progressione di carriera (cfr. Cons. St., sez. IV, sent. n.
5611/2000; sez. V, n. 1079/2000), in quanto il rapporto non è
assimilabile a quello di lavoro privato, avendo gli interessi pubblici
coinvoltivi natura indisponibile ed anche perché l'attribuzione delle
mansioni ed il riconoscimento del correlativo trattamento economico
devono avere il proprio indefettibile presupposto nel provvedimento di
nomina o d’inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto
di libere determinazioni dei funzionari amministrativi sovraordinati,
onde evitare l’elusione del rigoroso principio dell’accesso e della
progressione mediante concorso (cfr. anche Cons. St., Ad. pl., sent. 18
novembre 1999 n. 22; sez. VI, sent. 31 maggio 2006 n. 3325).
Pertanto,
risulta condivisibile la sentenza appellata, che ha respinto la domanda
avente ad oggetto le differenze retributive tra lo stipendio percepito e
quello relativo alle mansioni superiori, asseritamente svolte (e delle
quali pertanto è anche inutile ogni accertamento, in ragione della loro
irrilevanza, pur se effettivamente svolte).
Nella
specie, le pretese del sig. Andrea Meloni non trovavano fondamento in
alcuna norma di legge applicabile per il periodo controverso.
IV)
Va comunque ribadito che - contrariamente a quanto dedotto
dall’appellante - la pretesa di una retribuzione superiore a quella
stabilita dalla normativa di settore non può fondarsi sull’art. 36,
Cost., poiché:
– in applicazione degli articoli 51 e
97 della Costituzione gli interessi pubblici coinvolti hanno natura
indisponibile e, quindi, l’attribuzione al dipendente delle mansioni ed
il conferimento del relativo trattamento economico non possono
costituire oggetto di libere scelte dei rispettivi apparati di vertice;
-
i requisiti costituzionali di proporzionalità e sufficienza della
retribuzione vanno valutati in riferimento non già ai singoli elementi
costituenti il trattamento economico, ma alla retribuzione
complessivamente considerata (cfr. Cons. St., sez.V, sent. 24 marzo 1997
n. 290);
- come sopra si è rilevato, il quadro
normativo applicabile è stato più volte ricostruito da questo Consiglio,
anche in sede di Adunanza plenaria, ed esso non è stato inciso da
alcuna pronuncia d’incostituzionalità, sia pure parziale, della Corte
costituzionale:
- non sono applicabili, ratione temporis,
alla vicenda in esame le disposizioni del decreto legislativo n.
80/1998, che – in presenza dei relativi presupposti sostanziali e
procedimentali – hanno attribuito rilievo allo svolgimento di mansioni
superiori,
- non risulta comunque applicabile
analogicamente l’art. 2103 del codice civile, poiché per il pubblico
impiego si applica il principio di legalità con i relativi corollari,
mentre nell’impiego privato il datore di lavoro, quando assegna al
lavoratore le mansioni superiori, del cui svolgimento si avvalga,
risponde personalmente dei propri comportamenti;
-
l’opposta conclusione condurrebbe, tra l’altro, ad un’evidente elusione
dell’obbligo di copertura finanziaria degli atti amministrativi
comportanti spese, in violazione di ogni principio di sana gestione
finanziaria, postulante la preventiva attività d’individuazione e
quantificazione della maggiore spesa e dei mezzi per farvi fronte.
Ed
invero, sotto tale ultimo aspetto, la copertura finanziaria di un
provvedimento di spesa, legislativo o amministrativo, risulta un canone
fondamentale recepito dall’ordinamento interno a livello costituzionale
(artt. 81 e 97, Cost.), in coerenza anche con l’art. 188-C, commi due e
tre, del Trattato istitutivo della Comunità europea, nel testo
risultante dalle modificazioni apportate dall’art. 2, punto 43,
paragrafi 2) e 3), trattato di Amsterdam del 2 ottobre
1997 (ratificato in Italia con legge 16 giugno 1998 n. 209),
disposizioni da cui si desume il principio fondamentale della corretta
finanza pubblica.
V) Per le ragioni che precedono l’appello va respinto, con conferma dell’impugnata sentenza.
La natura della controversia ed il comportamento difensivo delle parti in causa giustificano un’integrale compensazione degli oneri processuali di secondo grado fra le stesse.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge l’appello (r.g.n. 9861/2009) e compensa gli oneri processuali di secondo grado fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2013, con l'intervento dei giudici:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
------------------------------------------------
N. 05852/2012REG.PROV.COLL.
N. 09588/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9588 del 2004, proposto da:
SANTAMARIA MAURIZIO RAFFAELE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Garofalo, con domicilio eletto presso Simona Di Murro in Roma, via Duccio Galimberti, n. 27;
SANTAMARIA MAURIZIO RAFFAELE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Garofalo, con domicilio eletto presso Simona Di Murro in Roma, via Duccio Galimberti, n. 27;
contro
COMUNE
DI LATINA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso
dall'avv. Francesco Di Leginio, con domicilio eletto presso Paolo
Pontecorvi in Roma, piazza dell'Orologio, n. 7;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. LAZIO, sezione staccata di Latina, n. 154 del 5
aprile 2004, resa tra le parti, concernente attribuzione trattamento
economico relativo a mansioni superiori svolte;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Latina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. Carlo
Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Fantini, per delega dell'Avv.
Garofalo, e Di Leginio;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1.
Il sig. Maurizio Raffaele Santamaria, dipendente di ruolo del Comune di
Latina, inquadrato quale istruttore direttivo nella VII qualifica
funzionale, premesso di essere stato incaricato con ordine di servizio
n. 25 del 15 ottobre 1992 della sostituzione del titolare responsabile
dell’ufficio tributi, di essere stato poi nominato Responsabile
dell’I.C.I., con funzioni di Direttore di Sezione (con deliberazione di
Giunta comunale n. 222 dell’11 febbraio 1993), quindi Funzionario
responsabile dell’OSAP permanente e temporaneo (con delibera di Giunta
comunale n. 1007 del 16 aprile 1994) e di essere stato ancora
riconfermato “Funzionario Responsabile della Tassa N.U.” (con delibera
consiliare n. 113 del 29 luglio 1994), ed assumendo che
l’amministrazione comunale era rimasta inadempiente rispetto alle sue
richieste di attribuzione della VIII q.f. – Direttore di Sezione con
riconoscimento del relativo trattamento economico, anche con riferimento
alle effettive mansioni svolte ascrivibili alla I qualifica
dirigenziale, con atto notificato il 2 maggio 1996 invitava e diffidava
la predetta amministrazione comunale di Latina ad adottare, entro trenta
giorni, i necessari provvedimenti in conformità delle sue richieste e
aspettative.
Con nota prot. 08/3489 del 24 maggio
1996 l’amministrazione comunale di Latina, riscontrando detta diffida,
comunicava che l’accesso alle qualifiche superiori poteva avvenire solo
attraverso regolari procedure concorsuali, aggiungendo che l’istituto
delle mansioni superiori non era applicabile fino alla effettiva vigenza
dell’art. 57 del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ed osservando, per un
verso, che erano stati attivati concorsi interni per l’accesso alla II^
ed alla I^ qualifica dirigenziale e, per altro verso, che in sede di
approvazione della nuova pianta organica (delibera consiliare n. 79 del
26 luglio 1995) erano state previste norme transitorie che, se approvate
dall’organo tutorio, avrebbe consentito, anche in deroga al titolo di
studio, il miglioramento della posizione di carriera dei dipendenti
mediante corsi – concorsi interni.
2. Il Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, sede di Latina, con la sentenza
n. 154 del 5 aprile 2004, definitivamente pronunciando sul ricorso
proposto dal predetto signor Maurizio Raffaele Santamaria per
l’annullamento della citata nota n. 08/3489 del 24 maggio 1996 e per
l’accertamento e la declaratoria del suo diritto al trattamento
economico corrispondente alle superiori mansioni svolte di VIII^
qualifica funzionale (dal 15 ottobre 1992 al 30 giugno 1996) e di I^
qualifica dirigenziale (dal 1° giugno 1995 al 1° aprile 1997, data di
collocamento a riposo), lo ha respinto, richiamando il consolidato
indirizzo giurisprudenziale sull’irrilevanza dello svolgimento delle
mansioni superiori nel rapporto di pubblico impiego, non mancando di
rilevare peraltro la non univocità delle espressioni (“funzionario”)
contenute negli atti di conferimento degli incarichi e della irrilevanza
della invocata normativa regolamentare del comune (che concerneva gli
istituti della supplenza e della reggenza).
3. Con
atto di appello notificato il 15 ottobre 2004 l’interessato ha chiesto
la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia
giacché, come si evinceva dalla documentazione versata in atti, le
mansioni superiori non erano state rese “di fatto”, ma in virtù di
specifici atti formali, esecutivi ed inoppugnabili ed erano state
oggetto di specifiche attestazioni e certificazioni.
Ciò
provava, a suo avviso, al di là di ogni ragionevole dubbio l’effettivo
svolgimento delle superiori mansioni ascrivibili prima alla VIII^
qualifica funzione e poi alla I^ qualifica dirigenziale, di cui ha
peraltro chiesto il solo riconoscimento economico e non giuridico,
fondato del resto sulle puntuali previsioni del regolamento organico e
sulle peculiari disposizioni concernente il settore tributario (I.C.I.,
O.S.A.P. e tassa rifiuti), ricorrendo anche il presupposto della vacanza
dei relativi posti in organico.
Ha resistito al gravame il Comune di Latina che ne ha chiesto il rigetto.
4. All’udienza pubblica del 16 ottobre 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. L’appello è infondato.
5.1.
La giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito che nell’ambito
del pubblico impiego lo svolgimento di fatto da parte del dipendente di
mansioni superiori a quelle dovute in base all’inquadramento è del tutto
irrilevante, sia ai fini economici, sia ai fini della progressione di
carriera, salva l’esistenza di un’espressa disposizione che disponga
diversamente (C.d.S., sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5529; 24 dicembre
2008, n. 6571; sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 758; 20 ottobre 2010, n.
7584; 8 maggio 2009, n. 2845); né la domanda del dipendente, tesa ad
ottenere la retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa
applicabile, per effetto dello svolgimento delle mansioni superiori,
può fondarsi sull’articolo 36 della Costituzione, in quanto il principio
della corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e
alla quantità del lavoro prestato non trova incondizionata applicazione
nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo con altri principi di pari
rilievo costituzionale, quali quelli di cui agli articoli 97 e 98 (tra
le più recenti, C.d.S., sez. V, 2 agosto 2010, n. 5064; 25 maggio 2010,
n. 3314; sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3639; 3 febbraio 2011, n. 758; 18
settembre 2009, n. 5605) ovvero sugli articoli 2126 C.C. (concernente
solo l’ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di
atto nullo o annullato) e 2041 C.C., stante, per un verso, la natura
sussidiaria dell’azione di arricchimento senza causa (C.d..S., sez. IV,
24 aprile 2009, n. 2626) e, per altro verso, la circostanza che
l’ingiustificato arricchimento postula un correlativo depauperamento del
dipendente, non riscontrabile e dimostrabile nel caso del pubblico
dipendente che, come nel caso di specie, ha comunque percepito la
retribuzione prevista per la qualifica rivestita (C.d.S., sez. V, 9
marzo 2010, n. 1382).
E’ stato anche rilevato che
nel pubblico impiego presupposto indefettibile per la stessa
configurabilità dell’esercizio di mansioni superiori è l’esistenza di un
posto vacante in pianta organica, al quale corrispondano le mansioni
effettivamente svolte, oltre che un atto formale di incarico o
investitura di dette funzioni, proveniente dall’organo amministrativo a
tanto legittimato, non potendo l’attribuzione delle mansioni e il
relativo trattamento economico essere oggetto di libere determinazioni
dei funzionari amministrativi (C.d.S., sez. V, 4 marzo 2008, n. 879; 6
dicembre 2007, n. 6254).
5.2. Applicando tali
consolidati principi, da cui non vi è ragione per discostarsi, al caso
in esame, la domanda avanzata dall’interessato non poteva e non può
essere accolta, non emergendo dagli atti di causa né l’effettivo
svolgimento di mansioni, superiori a quelle corrispondenti
all’inquadramento legittimamente attribuito, né la vacanza di posti
nella pianta organica comunale cui corrisponderebbero le mansioni
superiori asseritamente svolte.
5.2.1. E’ privo di
qualsiasi valore in tal senso l’ordine di servizio n. 25 del 15 ottobre
1992 a firma del Segretario generale del Comune di Latina.
Con
esso infatti veniva disposto soltanto che, in caso di assenza o
impedimento, il Dirigente Responsabile del Servizio Tributi sarebbe
stato sostituito dal sig. Maurizio Raffaele Santamaria, trattandosi del
funzionario dello Ufficio Tributi “più elevato per grado e servizio”:
lungi dall’essere un provvedimento di conferimento di mansioni
superiori, si è in presenza di un atto di mera natura organizzatoria,
finalizzato a garantire la regolarità e la continuità del funzionamento
dell’ufficio, attraverso il conferimento all’interessato della funzione
vicaria peraltro in via eventuale, condizionata e comunque occasionale,
oltre che temporalmente limitata (funzione fondata per di più proprio
sul presupposto della qualifica rivestita, VII livello – qualifica di
istruttore direttivo).
Peraltro non è stata fornita neppure alcuna prova degli eventuali effettivi periodi di svolgimento di tale funzione vicaria.
5.2.2.
Anche la designazione dell’interessato quale responsabile dell’I.C.I.,
ai sensi dell’art. 11, comma 4, del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504
(giusta delibera della Giunta comunale n. 222 dell’11 febbraio 1993), la
sua nomina quale funzionario responsabile della tassa per l’occupazione
di spazi e aree pubbliche (T.O.S.A.P.), ai sensi dell’art. 54 del D.
Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (giusta delibera della Giunta comunale n.
92 del 30 giugno 1994) ed ancora la sua nomina quale funzionario della
gestione della tassa di nettezza urbana (giusta delibera consiliare n.
113 del 29 luglio 1994) sono avvenute in realtà sulla base della
posseduta qualifica funzionale e del livello in godimento (VII livello,
qualifica di istruttore direttivo, con funzioni di direttore di
sezione), senza che ciò comportasse un mutamento qualitativo delle
mansioni.
I ricordati atti del resto hanno
anch’essi infatti natura prevalentemente organizzatoria, allocando
all’interno degli uffici e servizi comunali, già esistenti e
funzionanti, le nuove funzioni derivanti dall’introduzione
rispettivamente dell’I.C.I. e della T.O.S.A.P. ed individuando i
funzionati ritenuti idonei allo svolgimento di tutti i relativi
adempimenti.
Anche ad ammettere che per effetto di
tali provvedimenti l’attività concretamente svolta dall’interessato
possa essere stata più gravosa, rendendo più rilevanti, onerose ed
impegnative dal punto di vista quantitativo le mansioni quotidianamente
svolte, ciò non è tuttavia sufficiente a far ritenere che le stesse
siano per ciò solo corrispondenti a quelle della VIII^ qualifica
funzionale ovvero della I^ qualifica dirigenziale.
Né
a supporto di tale suggestiva tesi può valere la cospicua produzione
documentale, esibita fin dal primo grado di giudizio, idonea piuttosto a
dare atto dell’impegno gravoso e costante richiesto per l’espletamento
delle funzioni conferite, comprensiva anche della partecipazione alle
commissioni consiliari e della complessiva organizzazione del lavoro.
5.2.3.
Tali conclusioni trovano conforto nella documentazione prodotta
dall’appellata amministrazione comunale di Latina già dal primo grado di
giudizio ed in particolare non solo dalla Relazione sui Servizi Tributi
– Finanze – Bilancio dal 1990 al 1994 (doc. 4b) da cui emerge che il
Servizio Tributi rientrava nella Ripartizione Finanziaria, cui era
preposto un dirigente, ma soprattutto dalla disposizione di servizio n.
727 del 12 ottobre 1993 a firma del Dirigente del Settore Finanziario
(doc. 8), da cui si evince che il Servizio Tributi era articolato a sua
volta in due strutture, il “1° Servizio Entrate tributarie” (I.C.I.,
OSAP, ICIAP e Pubblicità, Contravvenzioni amministrative, imposte,
tasse, tributi speciali, etc.), affidato all’appellante ed il “2°
Servizio Entrate Extratributarie”, anch’esso affidato ad un istruttore
direttivo di VII^ qualifica funzionale.
E’ in
definitiva la stessa concreta organizzazione e articolazione degli
uffici comunali a rendere del tutto ragionevole e corrispondente ai
compiti del 1° Servizio Entrate tributarie l’attribuzione di un
funzionario, con qualifica di istruttore direttivo, di VII qualifica
funzionale; né d’altra parte è stata fornita alcuna prova che in
concreto le funzioni di quell’ufficio fossero astrattamente
corrispondenti a quelle della VIII^ qualifica funzionale ovvero
addirittura della 1^ qualifica dirigenziale (a tanto non potendo
considerasi sufficienti le mere affermazioni dell’interessato).
5.2.4. Non conduce a conclusioni dissimili neanche l’intervenuta approvazione della nuova pianta organica.
Infatti,
ammesso pure che per effetto della nuova organizzazione burocratica le
funzioni svolte da quell’ufficio fossero state ascrivibili al livello
superiore ovvero addirittura alla qualifica dirigenziale (circostanza
neppure questa provata), non può tuttavia dubitarsi che le eventuali
mansioni superiori sarebbero state svolte in via di mero fatto e
sarebbero state quindi assolutamente irrilevanti, non essendo stato
prodotto alcun atto di conferimento delle stesse.
5.2.5.
Per mera completezza deve infine rilevarsi che, anche sulla base delle
precedenti osservazioni, è del tutto irrilevante ed ultroneo il richiamo
operato dall’appellante al regolamento comunale e alla possibilità del
riconoscimento anche solo economico delle mansioni superiori svolte,
difettando in ogni caso proprio queste ultime e non ricorrendo neppure
ipotesi di effettivo svolgimento di reggenza o di sostituzione in
assenza di puntuali formali provvedimenti (anche solo ricognitivi) in
tal senso.
6. In conclusione l’appello deve essere respinto, non meritando la sentenza impugnata le critiche che le sono state mosse.
L’annosità
della controversia giustifica la compensazione delle spese di giudizio,
anche in ragione dell’effettiva attività difensiva svolta
dall’amministrazione appellata.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal sig. Maurizio
Raffaele Santamaria avverso la sentenza del Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio, sezione di Latina, n. 154 del 5 aprile 2004, lo
respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)