Consiglio di
Stato sez. III - Sent. 07/06/2013 n. 3711
L’agente
di polizia municipale, nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, secondo
l’ordinamento, non è tenuto ad utilizzare le armi, salvo nel caso in cui gli
sia conferita dal Prefetto la qualifica di agente di pubblica sicurezza. Tale
conferimento non costituisce, peraltro, requisito per lo svolgimento di tutti i
compiti propri del Corpo di Polizia Municipale, tanto è che la sua revoca non
comporta l’automatico mutamento del profilo professionale dell’agente interessato.
FATTO e
DIRITTO
1.
Il sig. XX è stato assunto alle dipendenze del Comune di Genova con il profilo
professionale di Vigile Urbano – già V qualifica funzionale – in esito alla
partecipazione a corso-concorso pubblico indetto dall’amministrazione.
2.
Poiché nel corso del 1997 il sig. XX subiva quattro ricoveri presso l’Istituto
di Psichiatria dell’Ospedale San Martino di Genova, rimanendo assente dal
lavoro, a causa di una sindrome depressiva, per lunghi periodi, il Comune
decideva di inoltrare relazione al Prefetto di Genova per l’adozione dei
provvedimenti ritenuti più opportuni.
3.
Il Prefetto, con provvedimento n. 171 del 15.9.1997, disponeva, nei confronti
dell’interessato, la revoca della qualifica di agente di P.S., in precedenza
conferita al momento dell’immissione in ruolo.
4.
Il Comune, sulla scorta del rilievo che la qualifica di agente di P.S.
costituisse indispensabile requisito di appartenenza al Corpo di Polizia
Municipale, adottava determinazione di mutamento del profilo del sig. XX,
inquadrandolo nel profilo amministrativo – collaboratore professionale –
corrispondente alla ex qualifica di appartenenza.
6.
Il provvedimento di revoca della qualifica di agente di P.S., adottato dal
Prefetto di Genova, veniva quindi impugnato dal sig. XX con ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, ricorso di cui non è dato
conoscere, a tutt’oggi, l’esito.
7.
La determinazione dirigenziale di mutamento del profilo, adottata dal Comune di
Genova, veniva impugnata dal sig. XX avanti al T.A.R. Liguria che, con
ordinanza n. 73 del 12.2.1998, respingeva la proposta domanda cautelare di
sospensione.
8.
Il Prefetto di Genova, nelle more, adottava il 21.12.1999 un nuovo
provvedimento di revoca della qualifica di agente di P.S., emendando il
precedente, che non recava l’autorità alla quale proporre eventuale ricorso e i
relativi termini.
9.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso avanti al T.A.R. Liguria
l’interessato.
10.
All’udienza del 7.12.2006 il T.A.R. Liguria, Sez. II, riuniti i due ricorsi,
con sentenza n. 85 del 24.1.2007, dichiarava inammissibile quello proposto
avverso la revoca della qualifica di agente di P.S., adottato dal Prefetto, e
accoglieva quello avverso la determinazione dirigenziale di mutamento del
profilo.
10.
Il giudice ligure riteneva assorbente il vizio di mancata comunicazione di
avvio del procedimento, con conseguente violazione dell’art. 7 della l. 241/90.
11.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il Comune di Genova, lamentandone
l’erroneità per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 10 della l.
65/1989, degli artt. 2 e 20 del D.M. 4 marzo 1987 n. 145, degli artt. 4 e 73,
comma 2, del Regolamento del Corpo dei Vigili Urbani di Genova, dell’art.
21-octies, comma 2, della l. 241/90 e dell’art. 114 Cost., e ne ha chiesto la
riforma, con conseguente reiezione di entrambi i ricorsi proposti dal sig. XX
in prime cure.
12.
Si sono costituiti in giudizio il sig. XX e il Ministero dell’Interno,
chiedendo entrambi la reiezione dell’appello.
13.
Alla pubblica udienza del 7.6.2013 il Collegio, udita la discussione, ha
trattenuto la causa in decisione.
14.
L’appello va respinto.
15.
Il giudice di prime cure ha ritenuto sussistente e assorbente il vizio di
mancata comunicazione di avvio del procedimento culminato con la modifica del
profilo professionale dell’interessato, disattendendo le deduzioni della difesa
comunale che, al contrario, ha sostenuto che il mutamento del profilo
professionale dovesse considerarsi necessitato alla luce della sopravvenuta
impossibilità di svolgere tutte le funzioni proprie dell’agente di polizia
municipale.
16.
Il Comune appellante ha riproposto in questa sede, con un unico articolato
motivo di censura, le medesime deduzioni disattese dal primo giudice.
17.
Esso assume che l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, che pure
non contesta essersi realizzata, non assumerebbe rilievo viziante, invocando
l’applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, c.c., perché il mutamento della
qualifica professionale da vigile urbano in collaboratore professionale sarebbe
conseguenza necessitata dalla revoca della qualifica di agente di P.S. subita
dal sig. XX.
18.
Tale assunto si giustifica, secondo il Comune, sulla base del rilievo che
l’idoneità al conferimento della qualifica di agente di P.S. costituirebbe un
requisito indispensabile per lo svolgimento di tutti i compiti istituzionali
degli appartenenti al Corpo di Polizia Municipale e, quindi, sarebbe essenziale
tanto ai fini dell’assunzione quanto ai fini della permanenza nel profilo.
19.
Da tale premessa l’appellante trae la conclusione che l’apporto
dell’interessato non avrebbe potuto modificare l’esito necessitato del
procedimento di mutamento del suo profilo professionale da vigile urbano in
collaboratore professionale, una volta intervenuta la revoca della qualifica di
agente di P.S., sicché erroneamente il T.A.R. ligure avrebbe ritenuto il
provvedimento illegittimo per omessa comunicazione di avvio del procedimento
stesso.
20.
L’argomento è fallace.
21.
Si evince infatti chiaramente dal complessivo impianto della l. 65/1986 (“Legge
quadro sull’ordinamento della polizia municipale”) e del D.M. 145/1987 (“Norme
concernenti l’armamento degli appartenenti alla polizia municipale ai quali è
conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza”), che lo status di agente
di pubblica sicurezza costituisce una prerogativa accessoria ed eventuale
rispetto alle funzioni di servizio dell’agente di polizia municipale.
21.1.
Questi è infatti chiamato a svolgere, nel nostro ordinamento, molteplici,
complesse e delicate funzioni, tra le quali possono rientrare anche quelle
attinenti alla pubblica sicurezza, con conseguente possibile uso delle armi.
La
giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che le
competenze attribuite dall’ordinamento (artt. 3 e 5 della legge 7 marzo 1986,
n. 65) al corpo di polizia municipale “consistono, in misura assolutamente
prevalente, in compiti di prevenzione e vigilanza sull’osservanza di norme e di
regolamento nei settori di competenza comunale; di accertamento e di
contestazione delle eventuali infrazioni; di adozione di provvedimenti
sanzionatori” e che “a queste attività di aggiunge l’espletamento di funzioni
di polizia giudiziaria, di polizia stradale e, in determinate circostanze, di
pubblica sicurezza” (Consiglio St., sez. V, 12.8.1998, n. 1261).
21.2.
Il nostro ordinamento non prevede nemmeno, in via generale, che l’agente di
polizia municipale, nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, debba
necessariamente far uso delle armi, in quanto l’art. 5, comma 5, della L.
65/1986 contempla la dotazione e, quindi, l’utilizzo delle armi esclusivamente
per gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali sia conferita dal
Prefetto la qualità di agente di pubblica sicurezza.
21.3.
Non vi è, quindi, né vi può essere alcun automatismo tra la revoca della
qualifica di agente di pubblica sicurezza e il mutamento del profilo
professionale dell’agente di polizia municipale, essendo la prima qualifica
requisito indispensabile solo all’esercizio di funzioni che implichino l’uso
delle armi da parte dei vigili urbani, ma non certo per l’espletamento dei
compiti che, ordinariamente, competono all’agente di polizia municipale in base
alla legislazione vigente.
21.4.
Né a tale fondamentale differenza, ben delineata dal legislatore nazionale,
possono sovrapporsi o, addirittura, contrapporsi discipline normative di rango
inferiore, dettate eventualmente dai regolamenti comunali, anche preesistenti,
i quali ultimi non sarebbero con essa compatibili ai sensi dell’art. 20, comma
1, della L. 65/1986.
21.5.
E del resto, anche nel caso di specie, il Regolamento comunale del Corpo dei
Vigili Urbani di Genova del 1956, diversamente da quanto assume il Comune
appellante, agli artt. 4 e 73 prevede solo, in armonia con le – pur successive
– previsioni del legislatore nazionale, che i vigili urbani possano ottenere
dal Prefetto il riconoscimento aggiuntivo della qualità di agente di pubblica
sicurezza, senza che ciò costituisca requisito obbligatorio per rivestire la
qualifica di agente di polizia municipale.
22.
Ne segue che la tesi dell’appellante, in quanto erronea, deve essere disattesa,
con conseguente reiezione dell’appello.
23.
Le spese del presente, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del
Comune nei confronti dell’appellato XX, non avendo il Ministero svolto, al di
là della mera costituzione mediante atto di controricorso, sostanziale attività
difensiva.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna
il Comune di Genova a rifondere in favore di XX le spese del presente grado di
giudizio, che liquida nell’importo di € 3.000,00, oltre gli accessori di legge.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2013.