lunedì 22 luglio 2013

Non è soggetto ad autorizzazione (ora SCIA) il forno utilizzato esclusivamente per la produzione di pane destinato al consumo domestico in proprio.

N. 03921/2013REG.PROV.COLL.
N. 09045/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9045 del 2007, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Sannino Anna;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE III n. 08327/2006, resa tra le parti, concernente autorizzazione realizzazione forno ad uso casalingo

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2013 il Pres. Pier Giorgio Lignani e udito l’avvocato dello Stato Collabolletta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente contenzioso trae origine dal provvedimento del Prefetto di Napoli 3 ottobre 2002, n. 13045, che in applicazione della legge n. 1002/1956 sulla panificazione, ha disposto la chiusura di un forno asseritamente esercito senza le necessarie autorizzazioni.
Su ricorso dell’interessata, il T.A.R. Napoli ha annullato il provvedimento, avendo ritenuto fondata e assorbente la censura riferita alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento (art. 7, legge n. 241/1990).
In proposito, il T.A.R. ha osservato che nella fattispecie si dibatteva, fra l’altro, se il forno in questione fosse effettivamente gestito a guisa di pubblico esercizio. Invero l’interessata sosteneva che il forno era utilizzato esclusivamente per uso familiare, e che pertanto non fosse soggetto alla legge n. 1002/1956, che riguardava esclusivamente la panificazione per il commercio al pubblico.
Tale essendo il punto controverso, il T.A.R. ha concluso che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere adottato se non previo avviso ai sensi dell’art. 7, legge n. 241/1990.
2. L’Amministrazione dell’Interno ha proposto appello.
L’appellata, già ricorrente, non è costituita.
3. Il Collegio osserva, preliminarmente, che si potrebbe mettere in dubbio la permanenza dell’interesse del Ministero alla decisione.
Ed invero, l’amministrazione, appellando, non ha chiesto la sospensione della sentenza, mostrando così di non avere un immediato interesse a mantenere esecutivo il provvedimento annullato dal T.A.R.; e a quanto pare non ha neppure riaperto il procedimento, al fine di reiterare l’atto impugnato, premettendo questa volta l’avviso alla parte.
Del resto, la legge n. 1002/1956 era stata abrogata con il decreto legge n. 223/2006, vale a dire prima ancora della proposizione dell’appello.
4. Prescindendo, tuttavia, dalla verifica dell’ammissibilità dell’appello (ovvero della sua procedibilità), l’appello stesso risulta manifestamente infondato.
Ed invero, l’appellante concentra la sua impugnazione intorno alla tesi che nella fattispecie l’avviso del procedimento non fosse necessario, in quanto l’intervento repressivo del Prefetto era vincolato.
In proposito, questo Collegio osserva che la natura vincolata dell’atto è sostenibile, sempreché, però, in punto di fatto si ritenga realizzata la fattispecie dell’esercizio abusivo di un panificio.
Ma, come osservato nella sentenza del T.A.R., proprio questo estremo di fatto era il punto controverso, in quanto l’allora ricorrente contestava che si trattasse di un pubblico esercizio di panificio e asseriva che il forno era utilizzato esclusivamente per la produzione di pane destinato al consumo domestico in proprio.
Eventuali accertamenti in senso contrario si sarebbero dovuti effettuare in contraddittorio.
5. L’appellante sostiene che in forza dell’art. 4 della legge n. 1002/1956 è (o era) soggetta ad alcuni controlli amministrativi (comunque non all’intera disciplina) anche l’attività di panificazione per «privati consumatori diretti».
Ad avviso del Collegio, il richiamo di questa disposizione non è pertinente.
Premesso che l’insieme della legge n. 1002/1956 ha per oggetto l’attività di panificazione per il commercio al pubblico (e quindi non per l’autoconsumo familiare), la fattispecie considerata dall’art. 4 riguarda quella peculiare attività (pur essa commerciale, ossia svolta a pagamento) che consiste nel procedere alla sola cottura di pane già confezionato da privati committenti, che poi ne saranno anche i consumatori. Ciò si evince in modo non equivoco dal testo dell’art. 4 che è del seguente tenore: «I forni adibiti alla sola cottura del pane per conto di privati consumatori diretti e da questi direttamente confezionato ed approntato per la cottura, sono soggetti a licenza...».
6. In conclusione, l’appello va respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, non essendovi stata costituzione di controparti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 
 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)