N. 03921/2013REG.PROV.COLL.
N. 09045/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9045 del 2007, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Sannino Anna;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE III n. 08327/2006, resa
tra le parti, concernente autorizzazione realizzazione forno ad uso
casalingo
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2013 il Pres. Pier Giorgio
Lignani e udito l’avvocato dello Stato Collabolletta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.
Il presente contenzioso trae origine dal provvedimento del Prefetto di
Napoli 3 ottobre 2002, n. 13045, che in applicazione della legge n.
1002/1956 sulla panificazione, ha disposto la chiusura di un forno
asseritamente esercito senza le necessarie autorizzazioni.
Su
ricorso dell’interessata, il T.A.R. Napoli ha annullato il
provvedimento, avendo ritenuto fondata e assorbente la censura riferita
alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento (art. 7, legge n.
241/1990).
In proposito, il T.A.R. ha osservato
che nella fattispecie si dibatteva, fra l’altro, se il forno in
questione fosse effettivamente gestito a guisa di pubblico esercizio.
Invero l’interessata sosteneva che il forno era utilizzato
esclusivamente per uso familiare, e che pertanto non fosse soggetto alla
legge n. 1002/1956, che riguardava esclusivamente la panificazione per
il commercio al pubblico.
Tale essendo il punto
controverso, il T.A.R. ha concluso che il provvedimento impugnato non
avrebbe potuto essere adottato se non previo avviso ai sensi dell’art.
7, legge n. 241/1990.
2. L’Amministrazione dell’Interno ha proposto appello.
L’appellata, già ricorrente, non è costituita.
3.
Il Collegio osserva, preliminarmente, che si potrebbe mettere in dubbio
la permanenza dell’interesse del Ministero alla decisione.
Ed
invero, l’amministrazione, appellando, non ha chiesto la sospensione
della sentenza, mostrando così di non avere un immediato interesse a
mantenere esecutivo il provvedimento annullato dal T.A.R.; e a quanto
pare non ha neppure riaperto il procedimento, al fine di reiterare
l’atto impugnato, premettendo questa volta l’avviso alla parte.
Del
resto, la legge n. 1002/1956 era stata abrogata con il decreto legge n.
223/2006, vale a dire prima ancora della proposizione dell’appello.
4.
Prescindendo, tuttavia, dalla verifica dell’ammissibilità dell’appello
(ovvero della sua procedibilità), l’appello stesso risulta
manifestamente infondato.
Ed invero, l’appellante
concentra la sua impugnazione intorno alla tesi che nella fattispecie
l’avviso del procedimento non fosse necessario, in quanto l’intervento
repressivo del Prefetto era vincolato.
In
proposito, questo Collegio osserva che la natura vincolata dell’atto è
sostenibile, sempreché, però, in punto di fatto si ritenga realizzata la
fattispecie dell’esercizio abusivo di un panificio.
Ma,
come osservato nella sentenza del T.A.R., proprio questo estremo di
fatto era il punto controverso, in quanto l’allora ricorrente contestava
che si trattasse di un pubblico esercizio di panificio e asseriva che
il forno era utilizzato esclusivamente per la produzione di pane
destinato al consumo domestico in proprio.
Eventuali accertamenti in senso contrario si sarebbero dovuti effettuare in contraddittorio.
5.
L’appellante sostiene che in forza dell’art. 4 della legge n. 1002/1956
è (o era) soggetta ad alcuni controlli amministrativi (comunque non
all’intera disciplina) anche l’attività di panificazione per «privati
consumatori diretti».
Ad avviso del Collegio, il richiamo di questa disposizione non è pertinente.
Premesso
che l’insieme della legge n. 1002/1956 ha per oggetto l’attività di
panificazione per il commercio al pubblico (e quindi non per
l’autoconsumo familiare), la fattispecie considerata dall’art. 4
riguarda quella peculiare attività (pur essa commerciale, ossia svolta a
pagamento) che consiste nel procedere alla sola cottura di pane già
confezionato da privati committenti, che poi ne saranno anche i
consumatori. Ciò si evince in modo non equivoco dal testo dell’art. 4
che è del seguente tenore: «I forni adibiti alla sola cottura del
pane per conto di privati consumatori diretti e da questi direttamente
confezionato ed approntato per la cottura, sono soggetti a licenza...».
6. In conclusione, l’appello va respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, non essendovi stata costituzione di controparti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE | ||
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)