lunedì 22 luglio 2013

La sosta nella corsia d'emergenza è consentita solo 3 ore e se c'è avaria.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 maggio – 8 luglio 2013, n. 16953
Presidente Settimj – Relatore Giusti

Fatto e diritto

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 28 dicembre 2012, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.:
“Il Giudice di pace di Vercelli, con sentenza depositata il 17 marzo 2008, ha rigettato l'opposizione proposta da M.G.C. avverso il verbale in data 3 ottobre 2007, con cui la Polizia stradale di Alessandria/Casale Sud gli aveva contestato la violazione dell'art. 176, commi 1 e 2, del codice della strada, per avere circolato lungo la corsia per la sosta di emergenza lungo l'(…).
Il Tribunale di Vercelli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 7 gennaio 2011, ha rigettato l'appello del M. .
Per quanto qui ancora rileva, il giudice del gravame ha ritenuto che, non avendo la parte istante reiterato le richieste istruttorie all'udienza di precisazione delle conclusioni, a fronte della formulazione di conclusioni e specifiche per il resto, le istanze predette devono intendersi rinunciate.
Inoltre, il Tribunale - premesso che l'appellante non ha contestato la ricostruzione dei fatti operata dagli agenti verbalizzanti e fatta propria dal giudice di primo grado - ha escluso l'esistenza della scriminante putativa dello stato di necessità, osservando che costituiva comportamento esigibile dal M. , autotrasportatore di professione, il rispetto delle prescrizioni del codice della strada per l'ipotesi di avaria del mezzo, che gli imponevano di fermarsi sulla corsia per la sosta di emergenza, ove avrebbe potuto sostare fino ad un massimo di tre ore, segnalare la presenza del veicolo in avaria con gli strumenti prescritti e, non essendo in grado di porre rimedio all'avaria da se medesimo, chiamare il soccorso stradale.
Per la cassazione della sentenza del Tribunale il M. ha proposto ricorso, con atto notificato all'Avvocatura distrettuale il 22 febbraio 2012, sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell'interno e la Prefettura di Vercelli hanno resistito con controricorso.
Preliminarmente, va respinta l'eccezione di inammissibilità sollevata dai controricorrenti. Invero, il ricorso è stato notificato nei termini, mentre la nullità della notifica, derivante dall'essere stata effettuata presso l'Avvocatura distrettuale anziché presso l'Avvocatura generale, è stata sanata dall'avere le intimate Amministrazioni statali resistito con controricorso. Passando all'esame del ricorso, con il primo mezzo ci si duole della mancata ammissione delle istanze istruttorie reiterate e dedotte nell'atto di appello, con particolare riguardo alla richiesta di c.t.u. ed al rinnovo dell'escussione testimoniale dell'agente scelto S.V..
La censura è infondata, essendosi la sentenza impugnata attenuta al principio secondo cui le istanze istruttorie, non accolte in primo grado e reiterate con l'atto di appello, le quali non vengano riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, devono reputarsi rinunciate, a prescindere da ogni indagine sulla volontà della parte interessata, cosi da esonerare il giudice del gravame dalla valutazione sulla relativa ammissione o dalla motivazione in ordine alla loro mancata ammissione (Cass., Sez. III, 27 aprile 2011, n. 9410).
Il secondo motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riguardo alla sussistenza nel caso di specie delle condizioni per ritenere lecita la condotta contestata al conducente) appare inammissibile, perché mira ad una revisione del giudizio di fatto e ad una lettura delle emergenze processuali diversa da quella alla quale è pervenuto, con logica e congrua motivazione, il giudice del merito.
Il terzo mezzo, con cui si censura la condanna dell'appellante alla refusione delle spese del secondo grado, è infondato, avendo il Tribunale fatto corretta applicazione del principio di soccombenza.
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, per esservi rigettato”.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione sostenute dalle Amministrazioni controricorrenti, liquidate in Euro 1.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.