martedì 2 luglio 2013

Finta rapina o finto suicidio? Depistaggi e mezze verità

Gli investigatori non brancolano nel buio, ma sono ancora lontani dalla soluzione del caso: la morte di Mirco Vicari è ancora senza spiegazioni. Se si trattasse di un giallo letterario, sarebbe un bestseller. La realtà è più intricata e complessa di ogni fantasia. Dove la creatività si ferma, è la realtà a superare i limiti dell’esperienza. Ma la morte del vigile urbano di Palermo, duro, puro e fragile, purtroppo è una tragedia umana immensa, che ha sconvolto due famiglie ed ha privato due bambini del padre.
Il giallo, tuttavia, resta. Potrebbe essere stato “scritto” dalla vittima, e sarebbe una versione inquietante, secondo alcune voci, ancora nebulose, che affidano a due vigilesse, restate senza nome, della cui esistenza qualcuno perfino dubita: Mirco Vicari, il vigile ucciso da un colpo di pistola al cuore, avrebbe manifestato l’intenzione di togliersi la vita. Non solo, avrebbe riferito di volerlo fare con una messinscena, alfine di evitare che il suicidio fosse scoperto. Un’idea illustrata ben due volte a persone diverse, che all’indomani della sua morte, avrebbero parlato. Con chi?
Due fatti impediscono di dare credito a questa ipotesi: confidare, addirittura in più occasione, di stare pensando ad un suicidio fingendo un delitto è un nonsenso. Se Mirco Vicari aveva bisogno di costruire una messinscena, doveva tenere per sé, e nessun altro, la pianificazione dell’exit strategy.
Il movente del suicidio, inoltre: non si tratterebbe di dissapori familiari, ma di problemi economici (Vicari faceva altri piccoli lavori per arrotondare lo stipendio) e del timore di non riuscire a dare ai bambini il necessario (era separato e da sei mesi aveva una compagna). Gli inquirenti, per verificare il movente, cercano una polizza assicurativa, la quale potrebbe negare il pagamento del premio, tuttavia, in caso di suicidio. Da qui, dunque, la necessità di “fabbricare” il delitto. Ma come si concilia questa intenzione con la confessione del suicidio affidata a due vigilesse? E soprattutto, come si spiega, la scelta di morire nel corso di una conversazione telefonica con la propria compagna?
Mirco Vicari è stato al telefono, un cellulare, ben dieci minuti con la sua donna, ed è durante la lunga conversazione che sarebbero arrivati i presunti rapinatori. Nessun segno di colluttazione, secondo gli inquirenti. E ad uccidere la pistola d’ordinanza. In più, il telefonino acceso (che registra l’urlo: “fermi polizia”, del vigile urbano, dopo la scoperta della porta di ingresso della propria abitazione, aperta.
Che cosa si sono detti il vigile urbano e la sua compagna in quei dieci minuti che precedono e seguono, per un breve tempo, il colpo di pistola? Gli elementi che emergeranno dal racconto della donna potrebbero essere risolutivi, comunque determinanti ai fini della soluzione del giallo.
Gli inquirenti ci vanno con i piedi di piombo: hanno cercato degli assassini fin dal primo istante, a ben ragione. Il vigile faceva con rigore il suo lavoro nella squadra anti-abuso e la sua attività si svolgeva in zone a rischio dove, come dichiarano suoi colleghi, le minacce e le intimidazioni sono all’ordine del giorno verso la polizia municipale. Se Marco Vicari è stato punito per uno sgarro, il suicidio sarebbe un depistaggio. Senza il racconto delle vigilesse e la “verità” della compagna, l’ipotesi non potrebbe essere nemmeno presa in considerazione.
La messinscena del suicidio, dunque, resta in piedi perché sia la vittima – presunto suicida per bisogno – sia i suoi assassini, contribuiscono a metterla al centro della storia, neppure con propositi opposti: il primo, per negare l’evento, i secondi per avallarlo e indurre gli investigatori ad imboccare questa strada.
Siccome l’una ipotesi esclude l’altra, la morte del vigile urbano resta un mistero, dal quale si potrebbe venir fuori attraverso un’uscita di emergenza: i rapinatori potrebbero essere, in realtà, dei ladri incaricati di punire il vigile mettendo a soqquadro l’appartamento, con un furto esemplare, che fosse di monito sia a lui che all’intera categoria. La presenza del vigile urbano, armato, avrebbe rovinato il piano e “costretto” i ladri, esecutore di ordini perentori, a difendersi. Sarebbe partito un colpo, centrando al petto Mirco Vicari. Un “incidente”, insomma.