Ordinanza 111/2013 | |
Giudizio | |
Presidente GALLO - Redattore CRISCUOLO | |
Udienza Pubblica del 23/04/2013 Decisione del 22/05/2013 | |
Deposito del 29/05/2013 Pubblicazione in G. U. | |
Norme impugnate: | Art. 3 della legge della Regione Veneto 27/12/2011, n. 30. |
Massime: | |
Atti decisi: | ord. 79/2012 |
ORDINANZA N. 111
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA,
Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo
CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo
CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo
3 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30
(Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle
attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia
di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e
parchi commerciali), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per
il Veneto nel procedimento vertente tra la Pam Panorama s.p.a. e il
Comune di Treviso ed altri, con ordinanza del 29 febbraio 2012, iscritta
al n. 79 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visti gli atti di costituzione della Pam Panorama
s.p.a., della Regione Veneto, nonché gli atti di intervento della
Federdistribuzione, della Bennet s.p.a. e della Aspiag Service s.r.l.;
udito nell’udienza pubblica del 23 aprile 2013 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;
uditi gli avvocati Giorgio Roderi per la Pam Panorama
s.p.a. e per la Federdistribuzione, Luigi Manzi per la Regione Veneto,
Federica Scafarelli per la Aspiag Service s.r.l. e Mariano Protto per la
Bennet s.p.a.
Ritenuto che, con ordinanza depositata il 29
febbraio 2012, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto
(d’ora in avanti, TAR) ha sollevato, in riferimento agli articoli 41 e
117, secondo comma, lettere e) ed m), della Costituzione, questioni di
legittimità costituzionale dell’articolo 3 della legge della Regione
Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia di orari
di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e
disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali
relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali);
che il TAR premette di essere chiamato a pronunziare su
un ricorso promosso da una società per azioni contro il Comune di
Treviso e la Regione Veneto (entrambi costituiti nel relativo giudizio),
con l’intervento ad opponendum di FILCAMS Cgil, FISASCAT Cisl e UILTUCS
Uil, per l’annullamento dell’ordinanza sindacale 30 dicembre 2011,
protocollo n. 43, limitativa della possibilità di apertura domenicale
degli esercizi commerciali al dettaglio;
che il rimettente osserva che con decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e
il coordinamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è stato riformato l’art. 3, comma
1, lettera d-bis), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di
entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale ora dispone
che: «[…] al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo
condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento
del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello
minimo e uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di
prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117,
comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le attività
commerciali […] sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:
d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo
della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata
di chiusura infrasettimanale dell’esercizio; […]»;
che, dopo la nuova legge statale, è intervenuta la legge
della Regione Veneto n. 30 del 2011, la quale, all’art. 3, ha previsto
lo stesso tipo di limitazione degli orari di apertura e chiusura delle
attività di commercio al dettaglio preesistente alla novella legislativa
dello Stato, stabilendo (in particolare) che tali attività «osservano
la chiusura domenicale e festiva» (comma 2), e che «derogano all’obbligo
di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2» in ipotesi limitate
nonché, in via sperimentale, in ulteriori ipotesi (commi 4, 6 e 7);
che il Comune di Treviso, con il provvedimento impugnato, ha dato attuazione a detta legge regionale;
che, prosegue il rimettente, con il ricorso, esaminato
in fase cautelare, è richiesto di annullare, previa sospensiva, la
citata ordinanza sindacale «prescindendo dalla legge regionale del
Veneto n. 30 del 27.12.11 o disapplicandola ovvero rimettendo la
questione della sua costituzionalità alla Corte costituzionale»;
che, sotto il profilo della rilevanza della questione di
legittimità costituzionale, il principio di gerarchia delle fonti
normative nazionali non consentirebbe di prescindere da una legge
regionale contraria a una legge statale, quando la prima sia successiva
alla seconda, come avvenuto nella specie;
che, in secondo luogo, non sarebbe possibile
disapplicare la legge regionale interna per contrasto con i principi del
diritto comunitario, perché, a parte altre considerazioni, la
disapplicazione sarebbe possibile soltanto nei confronti di una norma
comunitaria self-executing, ipotesi non ricorrente nel caso in esame;
che profili di illegittimità per vizi formali, oltre ad
essere sprovvisti di fumus boni iuris, «sarebbero comunque logicamente
subordinati al predetto nucleo della causa petendi»;
che la questione di legittimità costituzionale sarebbe
dunque rilevante, essendo possibile e necessario annullare l’ordinanza
sindacale impugnata, qualora la Corte costituzionale annullasse, in
parte qua, l’art. 3 della legge regionale n. 30 del 2011;
che si dovrebbe, altresì, stabilire se la questione di legittimità costituzionale sia non manifestamente infondata;
che, da una parte, detta questione – riguardante i
limiti dell’apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali –
rientrerebbe, in astratto, nella potestà legislativa residuale della
Regione, di cui all’art. 117, quarto comma, Cost., vertendosi in materia
di “commercio”; d’altra parte la stessa questione rientrerebbe, sempre
in astratto, anche nella competenza esclusiva dello Stato, qualora
incidesse sulla «tutela della concorrenza», di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., o sulla «determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.;
che la legge dello Stato avrebbe fatto riferimento, nel
liberalizzare le aperture domenicali e festive, alle citate lettere e)
ed m) dell’art. 117, secondo comma, Cost., mentre la successiva legge
regionale avrebbe mantenuto fermo il precedente regime di divieto di
apertura domenicale e festiva, «con l’evidente conseguenza d’incidere
sul confronto concorrenziale tra imprese più o meno strutturate, o
semplicemente intenzionate, in relazione all’esercizio dell’iniziativa
economica in tali giorni e di incidere, altresì, sui livelli di
prestazioni di beni e servizi disponibili per i consumatori ed utenti»;
che la giurisprudenza avrebbe riconosciuto che la
potestà legislativa residuale della Regione in materia di commercio
possa estendersi alla disciplina degli orari e dei giorni di apertura
degli esercizi, affinché non sia svuotata di un contenuto essenziale,
«ma con il limite di poter incidere sulla tutela della concorrenza e sui
livelli di prestazioni minime in modo da aumentarli, sia pure
indirettamente e marginalmente, e non invece in modo da comprimerli
rispetto alla disciplina esclusiva statale, così come effettuato con
l’art. 3 della L. R. 30/11»;
che, ad avviso del TAR, la disciplina dettata dalla
norma censurata presenterebbe aspetti di contrasto con gli artt. 41 e
117, secondo comma, lettere e) ed m), Cost.;
che, come il rimettente riferisce, con separata
ordinanza è già stata disposta, in accoglimento provvisorio
dell’incidente cautelare, la sospensione dell’efficacia del
provvedimento impugnato fino alla decisione della questione di
legittimità costituzionale ed è stato rinviato l’esame ulteriore della
domanda cautelare alla camera di consiglio da fissare dopo la
comunicazione della detta decisione;
che, con atto depositato il 29 maggio 2012, nel giudizio
di legittimità costituzionale si è costituita la Regione Veneto,
chiedendo che la questione sollevata dal TAR sia dichiarata non
rilevante o, nel merito, non fondata;
che la norma censurata avrebbe già formato oggetto di
altra impugnazione e, inoltre, risulterebbe pendente un ulteriore
giudizio concernente l’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la cui
definizione potrebbe spiegare riflessi anche sulla questione qui in
esame;
che l’ente territoriale si sofferma sull’evoluzione
legislativa regionale nella materia del commercio, esponendo che, nelle
more dell’approvazione di una legge organica, ha ritenuto necessario
introdurre, in via sperimentale e transitoria, alcune misure urgenti,
una delle quali riguardante la disciplina degli orari di apertura e
chiusura delle attività commerciali al dettaglio, limitandosi ad
introdurre alcuni elementi di flessibilità e di maggiore
concorrenzialità nella vigente disciplina regionale, modellata su quella
statale;
che, dopo avere illustrato tali profili, la Regione
deduce l’irrilevanza della questione, perché il TAR avrebbe impugnato
soltanto l’art. 3 e non anche l’art. 5 della legge e ciò, ad avviso
della difesa regionale, in caso di accoglimento della questione di
legittimità costituzionale della norma censurata avrebbe come effetto la
reviviscenza della normativa precedente, ancor più restrittiva;
che l’interpretazione dell’art. 31, comma 1, del d.l. n.
201 del 2011 propugnata dal rimettente non sarebbe esatta ed
attribuirebbe all’intervento del legislatore statale una portata così
ampia da svuotare la competenza regionale esclusiva in materia di
commercio, relativamente all’aspetto degli orari di apertura e chiusura
degli esercizi commerciali, mentre la norma censurata costituirebbe una
misura diretta ad assicurare uno sviluppo equilibrato delle diverse
tipologie distributive presenti sul territorio;
che sarebbe possibile una interpretazione
costituzionalmente orientata del citato art. 31, comma 1, nel senso di
ravvisare in esso un principio generale, suscettibile di differenti
declinazioni a livello regionale, per assicurare un bilanciamento tra
tutti i valori suscettibili di tutela;
che, diversamente opinando, andrebbe posta anche la
questione di legittimità costituzionale della norma ora menzionata,
sulla quale la difesa regionale si sofferma;
che il richiamo all’art. 117, secondo comma, lettera m),
Cost., non sarebbe pertinente, mentre la censura mossa con riferimento
all’asserita lesione dell’art. 41 Cost. sarebbe del tutto generica e,
comunque, non fondata;
che, con atto depositato il 29 maggio 2012, si è
costituita nel giudizio di legittimità costituzionale la società
ricorrente nel processo davanti al TAR, chiedendo che sia dichiarata
l’illegittimità costituzionale della norma censurata;
che, con atto depositato il 29 maggio 2012, è
intervenuta nel giudizio di legittimità costituzionale la
Federdistribuzione-Federazione delle Associazioni delle Imprese e delle
organizzazioni associative della Distribuzione Moderna Organizzata,
chiedendo che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3
della legge della Regione Veneto n. 30 del 2011;
che, con atto depositato il 29 maggio 2012, è
intervenuta nel giudizio di legittimità costituzionale l’ASPIAG SERVICE
s.r.l., chiedendo che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale
della norma censurata;
che, con atto depositato il 29 maggio 2012, è
intervenuta nel giudizio di legittimità costituzionale la BENNET s.p.a.,
chiedendo: 1) che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 3 della legge regionale n. 30 del 2011; 2) in subordine, che
sia dato atto che la citata legge deve intendersi implicitamente
abrogata dal d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 214 del 2011, e/o che deve essere disapplicata dal giudice
nazionale per contrasto con prevalenti disposizioni di rango
sovranazionale;
che, in prossimità dell’udienza di discussione, sono state depositate memorie illustrative.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale
per il Veneto, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita della
legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Veneto
27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia di orari di
apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e
disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali
relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali), perché,
nel disciplinare gli orari di apertura e chiusura delle attività di
commercio al dettaglio, violerebbe gli articoli 41 e 117, secondo comma,
lettere e) ed m), della Costituzione, in quanto, prevedendo il divieto
di apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali, avrebbe
inciso sul confronto concorrenziale tra imprese, sui livelli essenziali
delle prestazioni di beni e servizi disponibili per consumatori ed
utenti e sull’iniziativa economica;
che, con sentenza n. 65 dell’anno 2013, successiva alla
suddetta ordinanza, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del citato articolo 3 della legge della Regione Veneto n.
30 del 2011, ritenendo che esso dettasse «una serie di rilevanti
limitazioni e restrizioni degli orari e delle giornate di apertura e di
chiusura al pubblico delle attività di commercio al dettaglio»;
che, di conseguenza, la questione di legittimità
costituzionale oggi in esame è divenuta priva di oggetto e, quindi, va
dichiarata manifestamente inammissibile (ex plurimis: ordinanze n. 206
del 2012, n. 312 e n. 225 del 2011), con assorbimento di ogni altro
profilo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale) e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni
di legittimità costituzionale dell’articolo 3 della legge della Regione
Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia di orari
di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e
disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali
relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali), sollevate,
in riferimento agli articoli 41 e 117, secondo comma, lettere e) ed m),
della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il
Veneto con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI