N. 05410/2012REG.PROV.COLL.
N. 03027/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3027 del 2009, proposto da:
Arcadipane Grazia e Cammarata Cataldo, rappresentati e difesi dagli avvocati Gemma Scalia e Leonardo Cattaneo, con domicilio eletto presso Gemma Scalia in Roma, viale delle Milizie 19;
Arcadipane Grazia e Cammarata Cataldo, rappresentati e difesi dagli avvocati Gemma Scalia e Leonardo Cattaneo, con domicilio eletto presso Gemma Scalia in Roma, viale delle Milizie 19;
contro
Provincia
di Como, rappresentata e difeso dagli avvocati Guido Francesco
Romanelli e Umberto Grella, con domicilio eletto presso Guido Francesco
Romanelli in Roma, via Cosseria 5;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE IV n. 00114/2009, resa
tra le parti, concernente SANZIONE AMMINISTRATIVA PER LAVORI DI
DISBOSCAMENTO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti gli avvocati Gemma Scalia e Umberto Grella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.-
Arcadipane Grazia e Cammarata Cataldo con ricorso al TAR Lombardia –
Milano, integrato da motivi aggiunti, impugnavano il provvedimento
dirigenziale del 27 maggio 2008 (procollo n. 26796), con il quale la
Provincia di Como – Settore Pianificazione Territoriale (Settore Aree
Protette, Paesaggio e Reti Ecologiche) ordinava a Cammarata Cataldo,
quale trasgressore ed esecutore materiale e ad Arcadipane Grazia, quale
titolare dell’omonima azienda agricola e proprietaria dei terreni, il
pagamento della somma di euro 6.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria
ex art. 167 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e il provvedimento n.
45304 della Provincia di Como, Settore Polizia Locale, avente ad oggetto
l’ingiunzione di pagamento della somma di euro 10.015,00 a titolo di
sanzione pecuniaria, per i fatti accertati con il verbale del 22 giugno
2005.
In entrambi i provvedimenti si richiamava il
verbale redatto dal Corpo Forestale dello Stato in seguito ad accesso
degli agenti sui terreni di proprietà dell’azienda in data 22 giugno
2005.
2.- Il TAR Lombardia accoglieva parzialmente
il ricorso, riducendo l’importo delle sanzioni irrogate alla complessiva
somma di euro 11.000,00 avendo ravvisato nella fattispecie un concorso
formale di illeciti, applicando di conseguenza la previsione di cui
all’art. 8, comma 1 della l. n. 689 del 1981 sull’illecito continuato.
3.-
I ricorrenti, con l’atto in esame, hanno impugnato la suddetta sentenza
di cui chiedono l’annullamento o la riforma alla stregua dei seguenti
motivi:
1) illegittimità della sentenza per
insussistenza del presupposto per l’applicazione della sanzione, in
quanto la zona interessata dall’intervento edilizio (mappale n. 1755)
sarebbe qualificata come area a prato e non come area boschiva. Il TAR
non avrebbe valutato tale circostanza, aderendo alla prospettazione
della Provincia, secondo la quale la parte delimitata dalla recinzione
di cantiere sarebbe da ritenersi boscata per la presenza di polloni di
robinia di anni uno. Le robinie, affermano gli appellanti, sono piante
che crescono nelle aree incolte e quindi, sarebbero spontaneamente
cresciute nell’area delimitata dalla recinzione del cantiere, essendo
stata eliminata la copertura d’erba per l’esecuzione dei lavori, ma non
per questo l’area potrebbe considerarsi boschiva;
2)
erroneamente il TAR non avrebbe valutato che l’autorizzazione
paesaggistica non era necessaria non trattandosi di area boscata e che
comunque avrebbe dovuto essere richiesta nel procedimento per il
rilascio del permesso di costruire;
3) il TAR non
avrebbe adeguatamente valutato la censura relativa all’illegittima
duplicazione delle sanzioni per uno stesso fatto e da parte dello stesso
soggetto; la dedotta incompetenza della Polizia Locale, cui competono
compiti di sorveglianza, ad irrogare sanzioni e deciderne l’importo; la
contraddittorietà tra il provvedimento della Polizia Locale che
richiedeva la sanatoria forestale, sanzionandone la mancanza con
l’emissione di ordinanza di ripristino, e il provvedimento dirigenziale
del Settore Pianificazione Territoriale che aveva escluso l’opportunità di interventi di ripristino dello stato dei luoghi ;
4)
il TAR, erroneamente, non avrebbe apprezzato la dedotta violazione del
procedimento da parte della Polizia Locale che non avrebbe nemmeno dato
comunicazione di avvio del procedimento.
4.- Si è
costituita in giudizio la Provincia di Como che ha proposto anche
appello incidentale per la riforma della sentenza n. 114 del 2009, nella
parte in cui, pur riconoscendo la sussistenza di due autonome
violazioni e quindi la legittimità delle due distinte sanzioni, ha
ritenuto sussistente la fattispecie del concorso formale di illeciti e
ha ridotto l’entità della sanzione, invece di disporre il cumulo.
5.- Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica.
In particolare i ricorrenti hanno illustrato le censure dedotte chiedendo l’accoglimento dell’appello.
La
Provincia di Como ha eccepito la carenza di interesse e
l’inammissibilità dell’appello, avendo gli appellanti presentato
richiesta di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del d.
lgs. n. 42 del 2004, avente ad oggetto l’area (mappale 1775) individuata
nel verbale del Corpo Forestale dello Stato del 22 agosto 2005; hanno
insistito sull’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva
impugnazione del verbale del 22 agosto 2005.
Alla pubblica udienza del 24 aprile 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.
5.-
Si può prescindere dall’esame delle eccezioni in rito sollevate dalla
difesa della Provincia, essendo l’appello principale infondato nel
merito.
5.1- Tuttavia, per mera completezza va
osservato che la presentazione da parte degli appellanti dell’istanza di
compatibilità paesistica in sanatoria non fa venir meno l’interesse
alla decisione del ricorso, né il titolo in sanatoria dai medesimi
ottenuto è idoneo a definire il giudizio per cessazione della materia
del contendere, ben potendo residuare un’azione di danni, ove venga
accertata l’illegittimità del comportamento dell’amministrazione.
Peraltro,
la sanatoria in materia urbanistica ha il mero effetto di definire la
controversia amministrativa e precludere gli effetti ripristinatori, ma
salvo che la legge non disponga diversamente, non esplica effetti
interruttivi o estintivi dei giudizi pendenti relativi ai fatti o atti
oggetto della sanatoria.
5.2- Ugualmente infondata è
l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata
dalla difesa della Provincia, respinta dal giudice di primo grado e
riproposta in questo giudizio, in relazione all’omessa impugnazione del
verbale di accertamento del Corpo Forestale dello Stato del 22 agosto
2005, atto che costituisce il presupposto dei successivi provvedimenti
sanzionatori adottati dalla Provincia.
Come
rilevato dal TAR non esiste alcun rapporto di pregiudizialità logica tra
il verbale e le ordinanze – ingiunzioni di pagamento, oggetto di
gravame.
Il verbale dell’organo accertatore ha
quale destinatario l’amministrazione competente ad irrogare la sanzione
perché valuti la sussistenza dei presupposti per emanare l’ordinanza
ingiunzione e graduare la misura della sanzione.
In
limine esso integra la comunicazione di avvio del procedimento
sanzionatorio e consente una rapida definizione in misura ridotta delle
sanzioni, ove l’interessato non ne contesti il contenuto.
6.- Passando all’esame delle censure dedotte con l’appello principale, si osserva quanto segue.
6.1-
Assumono gli appellanti che nell’area interessata dalla edificazione,
mappale n. 1755, non era presente alcuna zona a bosco e che essa è
qualificata come zona a prato (tanto risulterebbe dall’attestazioni del
21 febbraio 2006 della stessa Provincia di Como).
L’assunto non può essere condiviso.
La
nozione di territorio coperto da bosco nella legislazione paesaggistica
ed in particolare nella legge n. 431 del 1985 ora inserita nel testo
del d. lgs. n. 490 del 1999, deve essere ricavata non solo in senso
naturalistico ma anche normativo, riferendosi a provvedimenti
legislativi, nazionali e regionali, ed ad atti amministrativi generali o
particolari, sicché non è possibile adottare, alla luce della "ratio"
della legge n. 431 del 1985, una concezione quantitativa e restrittiva
di bosco, dovendosi includere anche le aree limitrofe che servono per la
salvaguardia e l'ampliamento, attesa la significativa differenza tra
bosco e territorio coperto da bosco, che implica un elemento tipizzante
quella zona (Cassazione penale, sez. III, 9 giugno1994, n. 7556).
Peraltro, l’adozione da parte del legislatore della formula "territori coperti da foreste e boschi",
in luogo di quella prevista dal d.m. 1° settembre 1984, che sottoponeva
a generalizzato vincolo paesaggistico "i boschi e le foreste", implica
il riferimento ad una nozione normativa di bosco che non è circoscritta
ai soli terreni boscati, ma ad un elemento tipizzante il territorio che
non può essere ricoperto da alberi e può servire per salvaguardare il
bosco.
In altri termini, il concetto di bosco è da
intendersi a livello eco - sistemico, non solo quale formazione vegetale
ma quale insieme di elementi biotici, abiotici e paesaggistici che ne
connotano il proprio essere peculiare.
Ne consegue
che la presenza di essenze arboree e floreali formatesi spontaneamente
dimostra la naturale vocazione del terreno a bosco, peraltro normale nei
terreni limitrofi ai boschi, allorché venga dissodato il terreno e
tolto il manto erboso, come è avvenuto nel caso in esame, in cui è stato
effettuato lo scavo propedeutico alla edificazione del fabbricato
rurale.
6.2- In tale prospettiva perde rilievo
anche la censura con la quale si imputa al Corpo Forestale dello Stato
di aver qualificato l’area come boschiva.
Il Corpo
Forestale ha solamente svolto la sua funzione di accertare e descrivere i
fatti avvenuti, cioè il taglio di alcune essenze arboree e floreali
senza la prescritta autorizzazione in zona boschiva.
Peraltro,
la circostanza che l’area di cui trattasi fosse stata invasa dalle
robinie dopo lo scavo che aveva tolto il manto erboso non è contestata;
la contestazione riguarda la necessità del parere paesaggistico in
relazione all’asserita destinazione dell’area a prato e
dell’occasionalità della crescita delle essenze arboree.
Infatti,
il provvedimento dirigenziale del 27 maggio 2008 (procollo n. 26796),
del Settore Pianificazione Territoriale (Settore Aree Protette,
Paesaggio e Reti Ecologiche) applicava la sanzione per aver eseguito in
assenza di autorizzazione paesaggistica “lavori di disboscamento
finalizzati alla costruzione di un fabbricato ad uso agricolo… attuati
mediante l’eliminazione di giovani polloni di robinia dell’età di anni
uno ed all’eliminazione delle ceppaie su una superficie di 600 metri
quadrati in località Campo Amà del Comune di Gironico su parte del
mappale 1755 governato a bosco ceduo”
Tale
doglianza non può trovare accoglimento perché, come detto sopra, al di
là di ogni dissertazione sulla definizione di bosco e di territorio
boschivo, la prossimità dell’area interessata dall’intervento edilizio a
zona boschiva imponeva l’autorizzazione paesaggistica ex art. 167 del
d. lgs. n. 42 del 2007 e l’autorizzazione al taglio delle essenze
arboree.
6.3- Assumono gli appellanti che era onere
del Comune che ha rilasciato il permesso di costruire richiedere
l’autorizzazione paesaggistica e che non è stata richiesta proprio
perché mancava il vincolo a bosco.
La doglianza non coglie nel segno.
E’,
infatti, onere di chi intende edificare in zona soggetta a vincolo
richiedere all’amministrazione preposta alla tutela del vincolo il
parere o nulla osta.
Non può, pertanto, essere
imputato al Comune che ha rilasciato il titolo a costruire la
responsabilità per non aver chiesto il parere o nulla osta dell’autorità
preposta alla tutela del paesaggio.
Quanto al
potere di verifica della compatibilità paesaggistica delle opere esso è
autonomo rispetto a quello riguardante il controllo edilizio –
urbanistico.
Nella Regione Lombardia, peraltro, le
distinte funzioni sono attribuite ad amministrazioni diverse,
precisamente la tutela paesaggistica è affidata alla Provincia, mentre
quella urbanistica ed edilizia spetta al Comune, sicché la verifica
della compatibilità paesaggistica non poteva essere richiesta al Comune.
In
conclusione, la circostanza che i ricorrenti disponessero di permesso
di costruire e che in forza di tale titolo abbiano effettuato le
operazioni di taglio di arbusti, non esclude la configurabilità della
violazione in materia paesaggistica.
6.4- In ordine
all’asserita duplicazione delle ordinanze ingiunzioni, in quanto si
fondano sulla stessa violazione accertata dal Corpo Forestale dello
Stato, come rilevato dal giudice di primo grado, la duplicazione non
sussiste poiché le norme violate sono tra loro in rapporto di specialità
con conseguente concorso apparente di norme, poiché tutelano distinti
beni giuridici non sovrapponibili tra loro.
La
materia della tutela delle zone boscate e dell’ecosistema forestale è
disciplinato a livello statale dal RD n. 3267 del 1923 e dal d. lgs. n.
227 del 2001 ed a livello regionale dalla l. regionale n. 27 del 2004.
Le
citate disposizioni normative sono preposte alla cura di un interesse
pubblico del tutto differente e distinto dalla tutela e valorizzazione
del paesaggio e dell’ambiente tutelato da un altro corpo normativo: art.
734 c.p.; d. lgs. n. 42 del 2004; d. lgs. n. 152 del 2006; art. 80 e
segg. della l. reg. Lombardia n. 13 del 2005.
In
caso di costruzione in zona sottoposta a vincolo paesistico e a vincolo
forestale occorrono l’autorizzazione forestale al mutamento di
destinazione d’uso da foresta a zona antropizzata da parte dell’ente
preposta alla tutela boschiva, nel caso la Provincia di Como e
l’autorizzazione paesaggistica da parte dell’ente preposto alla tutela
paesaggistica, nel caso ugualmente la Provincia di Como, oltre
naturalmente al permesso di costruire di competenza del Comune.
Né
può trarre in inganno il fatto che l’autorizzazione paesaggistica e
quella forestale siano di competenza dello stesso ente, atteso che
vengono rilasciate a seguito di due diversi procedimenti, essendo
diverse le finalità della tutela.
La realizzazione
di qualunque opera in assenza della prescritta autorizzazione forestale
costituisce un illecito amministrativo sanzionato dagli artt. 4 e 23
della l. reg. n. 27 del 2004.
In particolare,
l’art. 23 della l. reg. citata stabilisce che la sanzione pecuniaria sia
sempre dovuta per il fatto di aver eseguito opere in assenza di
autorizzazione (illecito formale) ed in caso di mancato ottenimento o
mancata richiesta di autorizzazione in sanatoria, il ripristino dello
stato dei luoghi.
Appare evidente a tal punto
l’equivoco in cui sono incorsi gli appellanti che hanno ritenuto che
l’amministrazione provinciale abbia proceduto ad emanare due sanzioni
per uno stesso fatto, senza considerare che con lo stesso fatto erano
stati commessi due distinti illeciti amministrativi.
6.5-
Gli appellanti a sostegno del gravame adducono anche un vizio di intima
contraddittorietà tra il provvedimento della Polizia Locale che
richiederebbe la sanatoria forestale, sanzionandone la mancanza con
l’emissione di ordinanza di ripristino, nel mentre il Dirigente del
Settore Pianificazione della Provincia di Como aveva già escluso
l’opportunità di interventi di ripristino dello stato dei luoghi,
ritenendo che l’erogazione di una sanzione pecuniaria avrebbe consentito
di effettuare in via sostitutiva opere di riqualificazione boschiva di
valore paesaggistico e ambientale superiore all’azione di ripristino in
loco, dato il carattere fortemente invasivo della robinia, consentendo
una più efficace salvaguardia dei livelli di valore paesaggistico e
biodiversità del territorio.
La censura è infondata.
La
sanzione ripristinatoria nella materia della tutela del bosco prescinde
dal danno ambientale ed è dovuta per il solo fatto dell’eliminazione di
una parte di bosco (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 giugno 2000, n. 3184).
Essa è prevista dalla legge, oltre ed a prescindere da quella pecuniaria, sempre e comunque dovuta.
Né
vi è, quindi, alcuna contraddizione tra quanto valutato dal settore
ambiente in ordine alla opportunità del ripristino dello stato dei
luoghi e l’obbligo di ripristino dei luoghi in mancanza di sanatoria
nella fattispecie di danno ambientale per eliminazione di essenze
arboree.
6.6- In ordine alla dedotta violazione
della l. n. 241 del 1990, per omessa comunicazione di avvio del
procedimento sanzionatorio da parte della Polizia locale, a parte il
fatto che gli appellanti erano a conoscenza del sopralluogo da parte
della polizia forestale, svoltosi alla presenza di uno di essi e che
hanno partecipato al procedimento, avendo presentato scritti difensivi,
va considerato che non è prevista la comunicazione di avvio del
procedimento per gli atti sanzionatori (cfr. Cons. Stato, sez. IV,
1°ottobre 2007, n. 5050).
6.7- Non ha pregio la
censura di incompetenza del Comandante della Polizia provinciale ad
emettere l’ordinanza ingiunzione, atteso che il Regolamento della
Polizia della Provincia di Como attribuisce al Comandante il potere di
adottare tale tipo di provvedimenti, avendogli attribuito la potestà
sanzionatoria in materia ambientale. Peraltro, il Regolamento non
risulta nemmeno impugnato in parte qua, il che rende oltre che infondata, anche inammissibile, la censura.
Per quanto esposto, attesa l’infondatezza delle censure, l’appello principale deve essere respinto.
7.-
Va ora esaminato l’appello incidentale spiegato dalla Provincia di Como
per la riforma della sentenza nella parte in cui, pur riconoscendo la
sussistenza di due autonome violazioni e quindi la legittimità delle due
distinte ordinanze impugnate, ha ritenuto sussistente la fattispecie
del concorso formale di illeciti ex art. 8, comma 1, l. n. 689 del 1981
e, quindi, ha ridotto l’entità della sanzione.
7.1- A sostegno del gravame, la Provincia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della l. n. 689 del 1981.
Secondo
la Provincia non sussisterebbe la fattispecie del concorso apparente di
norme di cui all’art. 8, comma 1, l. citata laddove trattasi, come
nella specie, di illeciti diversamente qualificabili: formale quello
paesaggistico, sostanziale quello boschivo e il potere sanzionatorio è
affidato alla competenza di enti diversi, oltre a difficoltà pratiche in
mancanza di criteri normativi per la determinazione delle sanzioni.
Aggiunge
la Provincia che la peculiarità della materia forestale, dove pare
corretto distinguere i casi di modifica del bosco caratterizzati dal
mero illecito formale di esecuzione del taglio senza previo titolo, ma
senza alcun danno sostanziale all’ambito tutelato (illecito formale) dai
casi in cui, l’azione di disboscamento non solo difetti del titolo, ma
abbia anche prodotto un danno sostanziale all’ecosistema boschivo
(illecito sostanziale), come nel caso, in cui sarebbero venuti meno 600
metri quadri di bosco per fare spazio ad alcune edificazioni agricole.
In
questo caso sarebbe invocabile la fattispecie del c.d. illecito
continuato di cui all’art. 8, comma 2, l. n. 689 del 1981, con il regime
del cumulo delle sanzioni.
7.2- L’assunto della Provincia non è condivisibile.
L’art. 8, comma 1, della l. n. 689 del 1981 stabilisce che “Salvo
che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od
omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni
amministrative e commette più violazioni della stessa disposizione,
soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata
sino al triplo”.
La norma di portata generale non consente alcun distinguo tra illeciti formali o sostanziali.
Il
divieto di cumulo di sanzioni per il caso di più illeciti commessi con
un’unica azione o un unico disegno criminoso prescinde dalla valutazione
del tipo di reato e delle diverse autorità cui spetta il potere
sanzionatorio, essendo una disposizione a favore del reo, onde mitigare
l’effetto sanzionatorio dell’azione delittuosa che contestualmente abbia
causato più violazioni distintamente tutelate.
La
regola dettata dall’art. 8 della l. n. 689 del 1981 è conforme a
principi di civiltà giuridica, sicché la sua applicazione non può essere
esclusa da difficoltà pratiche, quali la mancanza di criteri normativi
per la determinazione delle sanzioni.
Ben può
valutarsi in concreto quale sia la sanzione più grave applicata
dall’amministrazione ed applicare successivamente il correttivo
dell’aumento del triplo.
Nel caso, come
correttamente rilevato dal TAR, essendo stata parametrata la sanzione in
materia paesaggistica ai criteri fissati dall’art. 23 della l. reg. n.
27 del 2004 che sanzionano gli illeciti forestali, applicati anche dal
Dirigente di Polizia locale, v’era equivalenza delle sanzioni e, quindi
era di semplice applicazione il criterio indicato dall’art. 8, comma 1,
della l. n. 689 del 1981.
Per quanto esposto l’appello incidentale deve essere respinto.
8.- In conclusione devono essere respinti sia l’appello principale che l’appello incidentale.
Le spese di giudizio vanno di conseguenza compensate tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l
'appello principale e l’appello incidentale e, per l'effetto, conferma
la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)