Nel procedimento in esame viene impugnata dal Comune la sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso presentato da un dipendente comunale (il responsabile dell’ufficio tecnico), per l’annullamento della delibera di Giunta con la quale veniva disposta la sua sospensione cautelare dal servizio perché sottoposto a quattro procedimenti penali, uno dei quali sfociato nel rinvio a giudizio. Il Tribunale adito accoglieva il motivo nel quale era stata dedotta la violazione dell’art. 27, comma 2, del C.C.N.L. del 6 aprile 1995 per il comparto Enti locali, a causa della mancanza di motivazione in ordine alla possibilità di pervenire alla sanzione disciplinare del licenziamento. Nel presente appello il Comune soccombente chiede la riforma della sentenza, criticando la lettura data dal Giudice di primo grado alla citata previsione di C.C.N.L. e sostenendo che la prognosi sull’applicabilità della sanzione espulsiva non è imposta nel caso, come quello oggetto di giudizio, in cui i procedimenti penali concernono fatti "direttamente attinenti al rapporto di lavoro", ma la diversa ipotesi, parimenti contemplata dalla norma contrattuale, di fatti diversi, come evincibile dalla formulazione letterale della stessa ed in particolare dall’impiego della disgiuntiva "o". Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello affermando che ha ragione l’amministrazione appellante a sostenere che nel caso di rinvio a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro il potere di sospensione cautelare è riconducibile al potere datoriale di autotutela durante il tempo occorrente alla definizione del procedimento penale su detti fatti, in funzione preventiva di possibili pregiudizi al regolare funzionamento del servizio ed al prestigio dell’amministrazione. Tale interpretazione è avvalorata dalla formulazione letterale, in cui le due ipotesi sono grammaticalmente distinte attraverso la disgiuntiva "o". (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.10.2012, n. 5354)