E'
illegittimo il provvedimento con il quale e' stata rigettata l'istanza
presentata dalla titolare di una parafarmacia, tendente a ottenere
l'autorizzazione a installare, in corrispondenza del proprio esercizio,
una croce bifacciale di colore blu, al centro della quale sarebbe stata
inserita la scritta "parafarmacia".La ricorrente, titolare di una
parafarmacia, ha impugnato il provvedimento con cui il Comune ha negato
alla medesima l’installazione di impianti pubblicitari strumentali
all’attività svolta. In particolare, ha eccepito l’illegittimità del
diniego sulla scorta della violazione del D.Lgs. n. 153/2009, vigente in
materia di disciplina delle farmacie; tanto, poiché la medesima,
mediante la menzionata istanza, aveva chiesto l’autorizzazione a
installare, al di fuori del proprio esercizio commerciale, una croce con
impianto a neon di colore blu, con la scritta parafarmacia, proprio per
differenziarla da quella riservata in via esclusiva ai titolari delle
farmacie. Costituitasi in giudizio, l’amministrazione ha eccepito in
rito l’inammissibilità del ricorso in quanto sarebbe stato proposto
avverso un atto meramente confermativo. Il Collegio di Roma, in via
preliminare, non ha condiviso l’eccezione di inammissibilità sollevata
dalla civica P.A.. Al riguardo ha evidenziato che l’amministrazione, con
il provvedimento impugnato, aveva respinto la richiesta della
ricorrente sulla considerazione per cui, analogamente a quanto espresso
in merito a una precedente istanza, la competente unità organizzativa
tecnica municipale aveva espresso parere contrario in ragione del
contrasto con quanto previsto nella deliberazione di Giunta regionale n.
864/2006. Sicché, ha precisato che il contestato diniego, sebbene
provvisto di motivazione e statuizioni identiche a un precedente atto,
era stato tuttavia adottato sulla base di una “rinnovata istruttoria”,
incentrata su un nuovo parere che, seppur analogo a quello reso nella
precedente istruttoria, aveva comportato una nuova valutazione
dell’amministrazione comunale e, così, l'esercizio di un autonomo
potere. Per siffatte ragioni, ha ritenuto che il provvedimento impugnato
non poteva essere considerato atto meramente confermativo, bensì un
nuovo atto provvedimentale autonomamente impugnabile. Con riferimento al
merito della vicenda, l’adito Tribunale ha ritenuto il gravame fondato
sia con riferimento alla violazione della deliberazione di Giunta
regionale n. 864/2006, sia in relazione alla mancata osservanza delle
disposizioni di cui al D.Lgs. n. 153/2009 (“Disciplina sui nuovi servizi
erogati dalle farmacie nell’ambito del S.S.N.”). E infatti,
quanto alla menzionata deliberazione regionale, ha osservato che il
medesimo atto, sotto la rubrica "insegna", in alcuna guisa contiene
precipue indicazioni sulle denominazioni che possono essere usate per
individuare gli esercizi commerciali diversi dalle farmacie che vendono
medicinali. L’atto deliberativo, non a caso,
specifica unicamente che: "… in ogni caso non dovranno essere utilizzate
denominazioni e simboli che possano indurre il cliente a ritenere che
si tratti di una farmacia". Di converso ha evidenziato
che la deliberazione prevede espressamente l’ammissibilità
dell’adozione della denominazione "parafarmacia", atteso il comune
utilizzo del termine con riferimento a esercizi diversi dalle farmacie
in cui si commercializzano prodotti di interesse sanitario.
Parallelamente, con riguardo alla disciplina
di cui al D.Lgs. n. 153/2009, il giudicante ha ricordato che l’art. 5
prevede che: "Al fine di consentire ai cittadini un'immediata
identificazione delle farmacie operanti nell'ambito del Servizio
sanitario nazionale, l'uso della denominazione «farmacia» e della croce
di colore verde, su qualsiasi supporto cartaceo, elettronico o di altro
tipo, è riservato alle farmacie aperte al pubblico e alle farmacie
ospedaliere". Considerato l’esposto dato normativo, il G.A. romano,
dunque, ha sottolineato la sussistenza del solo divieto di utilizzo di
denominazioni e simboli potenzialmente idonei a indurre i consumatori in
errore circa la natura di farmacia dell’esercizio.
Viceversa, ha precisato che l’utilizzo della
denominazione "parafarmacia" e di una croce di diverso colore, come il
blu, da un lato, non è vietata dalle fonti normative, dall’altro, non
appare idonea a ingenerare alcuna confusione nei consumatori ai fini
dell’individuazione della esatta tipologia di servizio.
Di conseguenza, il T.A.R. capitolino ha ritenuto che l’elemento
indicativo delle sole farmacie è il simbolo "croce" di colore verde e
non il simbolo "croce" di altri colori.
A fortiori nelle ipotesi, come
quella in parola, in cui il menzionato simbolo di colore blu doveva
essere associato alla denominazione di "parafarmacia".
(Sentenza Tribunale amministrativo regionale ROMA 12/09/2012, n. 7697)
(Sentenza Tribunale amministrativo regionale ROMA 12/09/2012, n. 7697)