domenica 12 agosto 2012

NOVITA' LEGISLATIVE IN MATERIA DI VENDITA DIRETTA DEI PRODOTTI AGRICOLI

Precedenti post del sottoscritto:
Mario Serio

LE NOVITÀ LEGISLATIVE IN MATERIA DI VENDITA DIRETTA DEI PRODOTTI AGRICOLI
Roma, 10 luglio 2012
A cura del Dipartimento Attività Produttive ANCI
Stefano Campioni
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Facendo seguito alle precedenti note di indirizzo in materia di vendita diretta dei prodotti
agricoli, si ritiene opportuno fornire alle Amministrazioni comunali ulteriori indicazioni in
considerazione delle intervenute novità legislative.
Il riferimento è all’articolo 27, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5,
convertito dalla legge n. 35 del 2012, nonché all’articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito dalla legge n. 214 del 2011.
Innanzitutto, va segnalato che il citato articolo 27 ha apportato modifiche all’articolo 4
del d.lgs. n. 228 del 2001 che disciplina gli adempimenti di natura amministrativa da
espletare per l’esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.
Alla luce dell’intervenuta novità legislativa, il primo periodo del comma 2 dell’articolo 4
stabilisce che: “La vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante è soggetta a
comunicazione al Comune del luogo ove ha sede l’azienda di produzione e può essere
effettuata a decorrere dalla data di invio della medesima comunicazione”.
Rispetto al testo previgente si osserva che il citato comma 2 consente l’immediato inizio
dell’esercizio dell’attività in oggetto a seguito della presentazione della comunicazione al
Comune competente per territorio in considerazione dell’ubicazione dell’azienda di
produzione non subordinando, quindi, come accadeva precedentemente all’intervento
legislativo in esame, l’esercizio dell’attività al decorso di un termine di trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione da parte dell’Amministrazione.
Sulla base dell’attuale testo della norma in esame si ritiene che la disciplina sopra
riportata si applichi anche alle altre modalità di vendita diretta diverse da quella in forma
itinerante e per le quali lo stesso articolo 4 richiede l’inoltro al Comune della predetta
comunicazione.
Infatti, fermo restando che il comma 2 dell’articolo 4 cit. non ha subìto modifiche laddove
esonera dall’obbligo della comunicazione la vendita diretta “esercitata su superfici
all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori
agricoli abbiano la disponibilità”, la novità in esame è destinata a produrre effetti anche in
caso di presentazione della comunicazione, ai sensi del successivo comma 4, per
l’esercizio della vendita diretta “non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti
al pubblico”.
A tale conclusione si giunge considerando che la disciplina della comunicazione, cui fa
riferimento in più occasioni l’articolo 4, è unica come risultante dal combinato disposto
dei commi 2 e 3, rispettivamente quanto agli effetti della sua presentazione (comma 2) e
al suo contenuto (comma 3).
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Avendo il legislatore, pertanto, innovato il comma 2 nel senso sopra ricordato, si ritiene
che il principio dell’inizio dell’attività di vendita contestualmente all’invio della
comunicazione debba valere anche per le altre due modalità di esercizio della vendita
diretta prese in considerazione dal comma 4 (vendita in forma non itinerante su aree
pubbliche e vendita in locali aperti al pubblico).
E’ necessario, peraltro, precisare che la possibilità di inizio immediato dell’esercizio
dell’attività di vendita non può riguardare la specifica ipotesi contemplata nel secondo
periodo dello stesso comma 4, a norma del quale: “Per la vendita al dettaglio su aree
pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio la comunicazione deve contenere la richiesta
di assegnazione del posteggio medesimo …”. Infatti, in tale ipotesi, all’invio della
comunicazione deve accompagnarsi la presentazione di un’istanza di assegnazione di un
posteggio, con conseguente necessità di emanazione di un atto concessorio da parte
dell’Amministrazione comunale proprietaria dell’area interessata.
In sintesi, alla luce della novità legislativa sopra esaminata, la vendita diretta di prodotti
agricoli da parte degli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese presso la
Camera di Commercio, ferma restando l’osservanza delle specifiche norme in materia
igienico-sanitaria ed in materia di circolazione stradale (rectius: norme del codice della
strada relative al divieto di fermata e di sosta dei veicoli), può essere esercitata:
1) su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di cui gli
imprenditori abbiano la disponibilità: in tal caso non occorre alcuna comunicazione
all’Amministrazione comunale;
2) in forma itinerante: in tal caso l’attività può essere iniziata contestualmente all’invio
della comunicazione al Comune del luogo ove ha sede l’azienda di produzione;
3) in forma non itinerante su aree pubbliche: in tal caso l’attività può essere iniziata,
previo invio della comunicazione al Comune in cui si intende esercitare la vendita,
contestualmente alla concessione da parte del Comune dell’area su cui esercitare
l’attività.
4) in locali aperti al pubblico: (ivi compresi i locali facenti parte dell’azienda agricola): in
tal caso l’attività può essere iniziata contestualmente all’invio della comunicazione al
Comune nel cui territorio è ubicato il locale;
5) su aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio: in tal caso l’attività può essere
iniziata previa comunicazione al Comune in cui si intende esercitare la vendita, cui
allegare la richiesta di assegnazione del posteggio, e contestualmente all’assegnazione del
predetto posteggio;
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6) con le modalità tipiche del commercio elettronico: in tal caso l’attività può essere
iniziata contestualmente all’invio della comunicazione al Comune ove ha sede l’azienda di
produzione.
Nell’ipotesi in cui l’imprenditore agricolo interessato all’esercizio della vendita diretta
ometta di inoltrare la comunicazione al Comune, lo stesso imprenditore si pone, per ciò
solo, al di fuori della fattispecie speciale di vendita esonerata dall’osservanza della
normativa in materia di commercio. Conseguentemente l’impresa esercente la vendita
sarà tenuta alla piena osservanza della disciplina amministrativa delle attività
commerciali al dettaglio ed alle relative sanzioni.
Restano ferme, naturalmente, le prerogative del Comune in ordine ai controlli successivi
alla comunicazione relativamente al rispetto da parte dell’imprenditore agricolo della
normativa afferente alla vendita diretta dei propri prodotti ai sensi dell’articolo 4 del
d.lgs. n. 228 del 2001.
In ordine alla natura della comunicazione di cui all’articolo 4 in esame, occorre
puntualizzare che la medesima non è qualificabile quale segnalazione certificata di inizio
attività (SCIA) di cui all’articolo 19 della legge n. 241 del 1990. In effetti, rispetto
all’istituto della SCIA la comunicazione in parola si pone in rapporto di specialità, per
ragioni di natura sia soggettiva che oggettiva.
In particolare, la comunicazione è un istituto che il legislatore riferisce unicamente agli
imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese ed esclusivamente per l’inizio
dell’esercizio dell’attività di vendita in deroga alla disciplina in materia del commercio
nonché in materia edilizia ed urbanistica (cfr. sentenza T.A.R. Puglia, 11 novembre
2004, n. 5211, secondo cui: “il decreto legislativo n. 228 del 2001 non impone affatto il
possesso di requisiti oggettivi (conformità dei locali alle norme regolamentari edilizie ed alle
destinazioni d’uso di zona) … ed oblitera ogni vincolo di natura urbanistica di guisa che i
locali destinati all’attività di vendita scontano unicamente la verifica di idoneità igienico
sanitaria”).
Inoltre, ai sensi dell’articolo 49, comma 4-ter, del decreto-legge n. 78 del 2010, come
convertito dalla legge n. 122 del 2010, “Le espressioni "segnalazione certificata di inizio
attività" e "Scia" sostituiscono, rispettivamente, quelle di "dichiarazione di inizio attività'" e
"Dia", ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia, e la disciplina di
cui al comma 4-bis (n.d.a.: nuova formulazione dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990)
sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, quella della dichiarazione di inizio attività recata da ogni normativa
statale e regionale”.
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Quindi, anche dal punto di vista strettamente testuale, è confermata la specialità della
disciplina in materia di vendita diretta dei prodotti agricoli, tenuto conto che nell’articolo
4 del d.lgs. n. 228 del 2001 non è mai utilizzata la locuzione “dichiarazione di inizio
attività” bensì esclusivamente l’espressione “comunicazione al Comune” che delinea, come
sopra sottolineato, un istituto del tutto autonomo rispetto alla SCIA.
Quanto all’articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge n.
214 del 2011, citato nella premessa alla presente, si evidenzia che dal 28 dicembre 2011
(data di entrata in vigore dell’articolo 34 come modificato dalla legge di conversione) le
attività economiche devono essere improntate al principio di libertà di accesso, di
organizzazione e di svolgimento e, a tal fine, non sono consentite limitazioni
amministrative all’esercizio di attività economiche che non siano giustificate, ad esempio,
da esigenze imperative di interesse generale.
Inoltre, la medesima norma al comma 3 dispone che sono abrogate le norme che
prevedono restrizioni che, ad esempio, limitano l’esercizio di un’attività economica ad
alcune categorie di soggetti imprenditoriali. E’ evidente che l’abrogazione in parola deve
essere riferita sia alle disposizioni statali che a quelle regionali, laddove esse prevedano
limiti che, in forza della novità legislativa in esame, ostacolino l’esercizio delle attività
economiche.
Con riferimento alla norma in questione, l’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato è intervenuta con un parere del 4 gennaio 2012 (vedi Allegato 1 alla presente)
dichiarando ingiustificate e distorsive le disposizioni contenute nel Regolamento sugli
esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di un Comune laddove, in contrasto
con le nuove norme in materia di liberalizzazione delle attività economiche (a partire
dall’articolo 3 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito con legge 14 settembre 2011,
n. 148), tali disposizioni non consentono al titolare di un esercizio commerciale definito
“di vicinato” di utilizzare piani di appoggio e sedute per il consumo sul posto di prodotti
posti in vendita.
Il parere reso dall’Autorità Antitrust assume rilievo in considerazione del fatto che, pur
riferendosi ad una specifica questione di interesse per gli esercizi di vicinato, può
pacificamente ritenersi valido in qualsiasi altra ipotesi in cui un soggetto imprenditoriale
intenda avvalersi delle opportunità derivanti dalle norme di liberalizzazione sopra
indicate e, di conseguenza, predisporre delle sedute o dei piani di appoggio per il
consumo in loco dei prodotti posti in vendita nell’ambito di un locale aperto al pubblico,
nel rispetto delle vigenti disposizioni igienico-sanitarie in materia di vendita di prodotti
agroalimentari.
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Pertanto, anche nelle ipotesi di vendita diretta effettuata dagli imprenditori agricoli ai
sensi della disciplina in esame non può ad essi essere preclusa dalle Amministrazioni
comunali la possibilità di effettuare contestualmente a tale attività la somministrazione
“non assistita” dei prodotti oggetto di vendita per il consumo in loco.
A tale ultimo proposito, si ritiene utile allegare alla presente (vedi Allegato 2) il recente
parere reso dal servizio ANCI-Risponde ad un’Amministrazione comunale sulla specifica
questione relativa alle conseguenze derivanti dall’entrata in vigore della normativa in
materia di liberalizzazioni in tema di esercizio di attività economiche. Il predetto parere
affronta, altresì, la specifica tematica dei rapporti tra la norma statale in parola e le
disposizioni regionali restrittive del campo di applicazione dell’attività di
somministrazione non assistita, sostenendo la condividibile tesi dell’abrogazione di
queste ultime disposizioni in considerazione dell’intervento legislativo statale sopra
commentato in materia di tutela della concorrenza ai sensi dell’articolo 117, comma 2,
lettera e), della Costituzione.
All. Cit.:
- parere dell’Autorità antitrust;
- parere del servizio ANCI-Risponde.


Comune di VERONA
L’art. 34, c. 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge n. 214/2011, reca disposizioni
in tema di liberalizzazione delle attività economiche, “adottate ai sensi dell’art. 117, comma 2,
lettere e) ed m), della Costituzione, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni
di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai
consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul
territorio nazionale.”
Il terzo comma dell’articolo in questione dispone l’abrogazione di alcune restrizioni stabilite dalle
norme vigenti, abrogazione che, stante il richiamo al citato principio costituzionale, coinvolge
disposizioni statali, regionali e locali comunque adottate.
Si deve peraltro ritenere che la citata norma abrogativa, visto anche la sua strutturazione, rivolta alla
“generalità” delle norme, debba essere interpretata ed applicata - oltre che nel rispetto di quanto
indicato nel secondo comma dello stesso articolo - in ossequio al principio di cui all’art. 12 delle cd.
“preleggi”, tenuto cioè conto del senso delle espressioni utilizzate fatto palese dal significato
proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore.
Ciò posto, per la lett. d), del predetto terzo comma, sono abrogate le restrizioni disposte dalle
normative vigenti afferenti “la limitazione dell’esercizio di una attività economica ad alcune
categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti”.
In relazione alla fattispecie concreta cui è fatto riferimento - e quindi alla vendita diretta da parte di
un imprenditore agricolo, con possibilità di consumo sul posto dei prodotti acquistati - si rileva che
per l’art. 10 della L.R. Veneto 21 settembre 2007, n. 29:
“2. Negli esercizi di vicinato abilitati alla vendita di prodotti alimentari è consentito il consumo
immediato sul posto dei soli prodotti di gastronomia fredda, con esclusione di qualsiasi forma di
cottura e di riscaldamento. È altresì consentito il solo consumo sul posto di bevande non alcoliche.
3. Negli esercizi di vicinato di cui al comma 2 e nei panifici è consentita la dotazione di soli piani
d’appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza e alla capacità ricettiva dei locali, nonché la
fornitura di stoviglie e posate a perdere.
4. All’attività di somministrazione non assistita si applicano i requisiti professionali, gli orari e la
disciplina previsti, rispettivamente, per gli esercizi di vicinato e per i panifici.”
L’applicazione dell’art. 34, c. 3, del D.L. n. 201/2011, al caso di specie si ritiene conduca alla
“parificazione” dell’attività intrapresa dall’imprenditore agricolo a quella dei soggetti indicati dalla
stessa norma regionale, poiché altrimenti sussisterebbe una limitazione dell’esercizio dell’attività
economica di cui trattasi - denominata dal legislatore regionale “somministrazione assistita” - per
detta “categoria”. In effetti si tratta di una misura di liberalizzazione che consente a detti
imprenditori di porre in essere un’attività speculare a quella già consentita agli esercizi di vicinato
ed ai panificatori per i rispettivi prodotti.
In questo contesto non si ravvedono motivazioni che possano distinguere l’applicazione della
prevista abrogazione - e quindi la soppressione del divieto - a quanto oggetto del terzo comma
dell’art. 10 della L.R. Veneto n. 29/2007, da ciò conseguendo la possibilità, anche per gli
imprenditori agricoli, di provvedere alla dotazione dei propri esercizi “di soli piani d’appoggio di
dimensioni congrue all’ampiezza e alla capacità ricettiva dei locali, nonché la fornitura di stoviglie
e posate a perdere”. In tal senso si registra anche il parere dell’Autorità Garante per la concorrenza
e del mercato, 4 gennaio 2012, le cui conclusioni, seppur riferite agli esercizi di vicinato ed a
disposizioni regolamentari comunali, forniscono elementi a supporto di quanto sopra espresso.
Restano naturalmente ferme le altre condizioni stabilite per l’esercizio dell’attività di cui trattasi.