N. 03971/2012REG.PROV.COLL.
N. 01482/2012 REG.RIC.
N. 01482/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1482 del 2012, proposto da:
Renato Pigliasco e Guido Carlo Pigliasco, rappresentati e difesi dagli avv. Vincenzo Garzia, Luciano Filippo Bracci, con domicilio eletto presso Luciano Filippo Bracci in Roma, largo del Teatro Valle 6;
contro
Comune di Arcugnano, rappresentato e difeso dall'avv. Federico Casa, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 00579/2011, resa tra le parti, concernente DETERMINAZIONE SENTIERI PERCORSI NON IDENTIFICATI NUMERO MAPPA CATASTALE – MCP.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Arcugnano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Luciano Filippo Bracci e Luca Mazzeo su delega di Federico Casa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto in primo grado Pigliasco Renato e Vuga Giuseppina agivano per l’annullamento della delibera n.DC/28/2003 adottata dal Consiglio Comunale di Arcugnano in data 27 marzo 2003, con cui è stato disposto “..che tutto il sedime dei sentieri insistente sul terreno che risulta tracciato nelle mappe catastali e individuato con due linee continue e senza numero di mappale non è considerabile di proprietà privata e pertanto non può essere in nessun modo occupato con strutture private, manomesso o comunque distrutto indipendentemente dalla situazione o stato in cui oggi si trovi”.
Il giudice di primo grado, in accoglimento della eccezione sollevata dal Comune appellato, dichiarava irricevibile per tardività il ricorso proposto, ritenendo che il dies a quo dovesse farsi decorrere dalla avvenuta pubblicazione della delibera comunale impugnata nell’Albo pretorio comunale; il primo giudice, inoltre, osservava anche che i ricorrenti avevano sostenuto essi stessi che almeno in parte le strade in questione non erano di loro proprietà privata e comunque ciò non era stato dimostrato pienamente.
Avverso tale sentenza propongono appello Pigliasco Renato e Pigliasco Guido Carlo (nel frattempo succeduti quali eredi alla signora Vuga, deceduta nel dicembre 2007), i quali, dopo avere riportato i motivi del ricorso originario (violazione dell’art. 3 della l.241 del 1990, degli artt. 51 e seguenti l. 20 marzo 1865, dell’art. 42 Costituzione, eccesso di potere sotto svariati profili), deducono i seguenti motivi.
La sentenza sarebbe erronea nel punto in cui ha dichiarato la tardività del ricorso, in quanto la impugnata delibera comunale, risalente al 27 marzo 2003, riguarda specificamente proprio i proprietari di strade private, su cui essa incide.
La delibera impugnata si porrebbe inoltre in contrasto con le previsioni del codice della strada, sul tema della (erronea) classificazione stradale, essenndo per giunta in opposizione con le previsioni catastali e con l’utilizzo meramente privato della strada vicinale c.d. “del Buso”.
Si è costituito il Comune di Arcugnano, deducendo l’infondatezza dell’appello.
Con atto depositato in data 20 giugno 2012 la parte appellante ha chiesto rinvio della causa, non essendo stato possibile reperire documentazione relativa alla proprietà di parte della strada che sbocca sulla via pubblica.
Alla richiesta di rinvio si è opposta la difesa del Comune appellato, che ha osservato la genericità e tardività di tale richiesta.
Alla udienza pubblica del 3 luglio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione, non essendosi ritenuta da parte di questo Giudicante la sussistenza dei presupposti del chiesto rinvio.
DIRITTO
L’appello è infondato.In ordine al primo motivo, con il quale l’appello tende a contestare la pronuncia preliminare di tardività, sostenendo che, per la natura, il tenore e contenuto dell’atto impugnato, il termine per impugnare non potrebbe che decorrere dalla notificazione o comunicazione individuale, esso non può che essere respinto, con conferma sul punto della sentenza appellata.
E’ noto che le regole del processo amministrativo (prima all’art. 21 l.Tar, oggi all’art. 41 cpa) prevedono che il dies a quo per impugnare una delibera comunale per i soggetti che non ne sono i diretti destinatari, come è nella specie, decorra dal giorno in cui è scaduto il termine di pubblicazione dell’atto nell’albo pretorio (tra tante, Consiglio Stato, VI, 6 aprile 2010, n. 1918; V, 21 dicembre 2010, n. 9314).
Nella specie, la delibera impugnata è stata pubblicata per quindici giorni all’albo pretorio a partire dal 24 aprile 2003 ed è divenuta esecutiva in data 5 maggio 2003.
Il ricorso è stato notificato soltanto in data 21 gennaio 2005 e quindi abbondantemente oltre il termine di sessanta giorni previsto a pena di decadenza per l’impugnazione.
Non è sostenibile l’affermazione che, nella specie, i ricorrenti di primo grado sarebbero destinatari determinati.
Si tratta infatti di un provvedimento a carattere generale che prevede che “i sedimi dei sentieri con determinate caratteristiche non sono considerabili di proprietà privata e pertanto non possono essere in nessun modo occupati con strutture private” .
A prescindere dalla effettiva loro valenza eventualmente lesiva - e in disparte la eventuale tutela di tipo proprietario sulla strada asseritamente privata dinanzi al giudice ordinario –, atti di tale tenore non necessitano di essere notificati a determinati destinatari, che non sussistono e non sono individuati né individuabili a priori.
Quanto sopra osservato, esime il Collegio dall’esaminare le deduzioni che riguardano le censure di difetto di motivazione e istruttoria della delibera impugnata, così come le osservazioni in ordine alla effettiva prova della proprietà della strada da parte degli appellanti.
Per le sopra esposte considerazioni, l’appello deve essere respinto, con conferma della appellata sentenza.
La condanna alle spese della presente fase di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma l’appellata sentenza.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro tremila/00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)