giovedì 12 luglio 2012

Il sequestro probatorio di atti, documenti, anche informatici, documentazione, anche bancaria in genere, deve essere motivato in relazione alla necessità delle cose sequestrate ai fini dell’accertamento dei reati per i quali si procede

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 febbraio – 10 luglio 2012, n. 27296
Presidente Mannino – Relatore Andronio

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 15 luglio 2011, il Tribunale di Venezia ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’indagato ed avente ad oggetto il decreto di sequestro probatorio di atti, documenti, anche informatici, documentazione, anche bancaria in genere, disposto il 28 giugno 2011 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, in relazione a reati di cui alla legge n. 74 del 2000.
2. – Avverso tale provvedimento l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo di impugnazione, la mancanza di motivazione in ordine alle ragioni del rigetto dell’istanza di riesame. Rileva la difesa che il procedimento in oggetto riguarda una pluralità di persone che, in modo del tutto autonomo (non essendo contestata l’ipotesi di concorso, se non per “blocchi” di imputati) rispondono della violazione dell’articolo 2 che dell’articolo 8 del decreto legislativo numero 74 del 2000. Dal tenore dell’ordinanza impugnata, non si comprenderebbe la quale i tali reati il sequestro probatorio eseguito si riferisce, né indicazioni in tal senso potrebbero essere desunte dal decreto di sequestro.

Considerato in diritto

3. – Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
3.1. – Deve preliminarmente ribadirsi che, secondo quanto affermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento di sequestro probatorio deve essere motivato in relazione alla necessità delle cose sequestrate ai fini dell’accertamento dei reati per i quali si procede (ex plurimis, Sez. 2, 11 novembre 2011, n. 2736, Rv. 251759; Sez. 5, 07 ottobre 2010, n. 1769, Rv. 249740).
3.2. – Nel caso in esame – come correttamente rilevato dal ricorrente – né dall’ordinanza impugnata né dal decreto di sequestro si desume con sufficiente chiarezza a quali reati ed a quali concrete esigenze probatorio sia preordinata la misura disposta. Il decreto di sequestro si riferisce, infatti, ad una pluralità di soggetti e ad una pluralità di reati tributari e non specifica quale sia il nesso di strumentalità tra le cose che ne sono oggetto ed i reati stessi, né in cosa consistano le specifiche violazioni contestate all’indagato odierno ricorrente.
Tali lacune non sono colmante dall’ordinanza impugnata, perché in essa il Tribunale si limita ad affermare, senza alcuno specifico riferimento alla documentazione sequestrata e ai reati contestati all’odierno ricorrente, che, nel corso di una perquisizione del 2004 nella sede di una società erano stati trovati documenti che attestavano vendite intracomunitarie di telefoni cellulari a detta società “in epoca successiva alla data del sequestro. Si decide, dunque, di procedere a perquisizione al fine di avvalorare, o meno, la predetta ipotesi investigativa”. Si tratta, a ben vedere, di affermazioni del tutto generiche e, perciò – lo si ribadisce – insufficienti a costituire un valido sostegno motivazionale circa la strumentalità probatoria delle cose sequestrate rispetto ai reati per i quali si procede.
4. – L’ordinanza impugnata deve essere, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame, tenuto conto del principio di diritto sopra formulato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Venezia per nuovo esame.