ORDINANZA N. 168
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO,
Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo
CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
articoli 19, 29-bis e 30, comma 2, lettera b), della legge della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 5 dicembre 2005, n. 29 (Normativa
organica in materia di attività commerciali e di somministrazione di
alimenti e bevande. Modifica alla legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2
«Disciplina organica del turismo»), promosso dal Tribunale
amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia nel procedimento
vertente tra Pollini Retail s.r.l. e l’Unione dei Comuni Aiello-San Vito
con ordinanza del 10 febbraio 2011, iscritta al n. 253 del registro
ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.
51, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visto l’atto di intervento della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2012 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale
per il Friuli-Venezia Giulia ha sollevato – in riferimento agli
articoli 2, 3, 41 e 117, primo e secondo comma, lettera e), della
Costituzione – questione di legittimità costituzionale degli articoli
19, 29-bis e 30, comma 2, lettera b), della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 5 dicembre 2005, n. 29 (Normativa organica in
materia di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e
bevande. Modifica alla legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2 «Disciplina
organica del turismo»), in particolare nella parte in cui escludono gli
esercizi commerciali con superficie di vendita inferiore a metri
quadrati 400, insediati in centri commerciali, dalla possibilità di
usufruire delle deroghe all’obbligo di chiusura festiva e domenicale
previste dall’art. 30, comma 2, lettera b), della medesima legge;
che il rimettente premette di dover decidere in ordine
alla legittimità dell’atto emesso dall’Unione dei Comuni Aiello-San Vito
con il quale è stato imposto alla società Marangi Immobiliare s.r.l.,
proprietaria del complesso edilizio ove è insediato il centro
commerciale «Palmanova Outlet Village», di presentare la comunicazione
delle giornate festive e domenicali prescelte per l’apertura, ai sensi
degli artt. 29 e 29-bis della legge reg. n. 29 del 2005, come modificati
dall’art. 2, comma 47, della legge reg. 16 luglio 2010, n. 12
(Assestamento del bilancio 2010 e del bilancio pluriennale per gli anni
2010-2012 ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale n. 21/2007);
che l’art. 30, comma 2, della legge reg. n. 29 del 2005,
nella formulazione antecedente le modifiche introdotte dalla legge reg.
n. 12 del 2010, prevedeva che gli esercizi di commercio al dettaglio in
sede fissa isolati, con superficie di vendita non superiore a mq. 400,
allocati in qualunque zona del territorio comunale potessero determinare
liberamente l’orario di apertura e di chiusura sia nei giorni feriali
sia in quelli domenicali e festivi, in deroga a quanto disposto dagli
artt. 28 e 29;
che nel corso dell’anno 2009 un provvedimento di
contenuto analogo era stato annullato dal medesimo rimettente sulla base
di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’espressione
«esercizio isolato», ritenuta idonea a qualificare qualsivoglia
struttura autonoma, dotata di autorizzazione propria e indipendente da
altri esercizi;
che, secondo il rimettente, le modifiche normative
introdotte dalla legge reg. n. 12 del 2010 precludono tale
interpretazione adeguatrice in quanto il termine «isolati» contenuto
nella precedente versione dell’art. 30, comma 2, lettera b), è stato
sostituito con il termine «singoli», con l’ulteriore precisazione che
tali devono intendersi quelli non insediati in un centro commerciale al
dettaglio o in un complesso commerciale ai sensi dell’art. 29-bis, e,
quindi, anche in un outlet;
che, inoltre, con l’introduzione dell’art. 29-bis, è
stata espressamente estesa l’applicazione delle disposizioni di cui
all’art. 29 (giornate di chiusura degli esercizi) anche ad «ogni singolo
esercizio di vendita al dettaglio, di vicinato, di media o di grande
struttura insediato in un centro commerciale al dettaglio o in un
complesso commerciale a prescindere dalla modalità organizzativa, ovvero
dalla strutturazione aziendale del centro o del complesso medesimi,
incluso l’outlet»;
che, a parere del rimettente, le modifiche introdotte
determinano una violazione degli artt. 2, 3 e 41 Cost. per l’immotivata
ed irrazionale disparità di trattamento fra fattispecie analoghe che
consegue al trattamento differenziato tra operatori commerciali di pari
dimensioni, che abbiano solo una differente ubicazione all’interno o
meno di un centro commerciale;
che le norme citate avrebbero di fatto determinato
l’introduzione di una misura restrittiva, in contrasto con l’art. 117,
primo comma, Cost. e con l’art. 28 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea (TUE), in quanto la distinzione fra i vari esercizi
commerciali al dettaglio non trova alcun fondamento nel principio
concorrenziale e comporta un ostacolo anche alla libera circolazione dei
prodotti provenienti da Paesi dell’Unione europea, ove distribuiti in
esercizi di limitate dimensioni, ma ubicati in centri commerciali;
che, sotto altro profilo, anche l’art. 19 della legge
reg. n. 29 del 2005 sarebbe viziato da illegittimità costituzionale
nella parte in cui vieta agli esercizi che effettuano vendite secondo la
formula «outlet» di svolgere la propria attività al di fuori di centri
commerciali perché, in tal modo, a tale tipologia di esercizi
commerciali non potrebbe mai applicarsi il regime di deroghe al divieto
di apertura domenicale e festiva previsto dall’art. 30 della legge
medesima;
che, in ogni caso, le norme censurate dovrebbero
ritenersi in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
trattandosi di norme riconducibili alla materia «tutela della
concorrenza» attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato;
che il rimettente pone un’ulteriore questione di
costituzionalità, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera
e), Cost., con specifico riferimento all’art. 29-bis, secondo comma,
della legge reg. n. 29 del 2005 che sarebbe del tutto irragionevole e
discriminatorio nella parte in cui impone a tutti gli esercizi
commerciali autonomi, sol perché ubicati all’interno di un centro
commerciale, di individuare le giornate di apertura domenicale e festiva
in maniera uniforme e unitaria, in contrasto con tutto l’impianto
normativo del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della
disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59);
che, infine, il Tribunale amministrativo per il
Friuli-Venezia Giulia ravvisa la non manifesta infondatezza del profilo
di incostituzionalità derivante dalla violazione dei principi in tema di
rapporto fra funzione giurisdizionale e potere legislativo, perché il
legislatore regionale avrebbe utilizzato la funzione legislativa
all’unico (dichiarato) scopo di superare ed eludere il giudicato
amministrativo precedentemente formatosi;
che è intervenuta nel giudizio la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia chiedendo che la questione venga dichiarata
inammissibile o infondata, riservandosi di svolgere le proprie difese in
future memorie;
che, nella memoria depositata in prossimità
dell’udienza, la difesa della Regione evidenzia in primo luogo che, dopo
l’ordinanza di rimessione, la materia degli orari degli esercizi
commerciali ha subito rilevanti interventi legislativi;
che, in primo luogo, è sopravvenuto l’art. 35, comma 6,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge
15 luglio 2011, n. 111, che ha aggiunto la lettera d-bis) al comma 1
dell’art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di
entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233;
che, inoltre, la citata lettera d-bis) del comma 1
dell’art. 3 del d.l. n. 223 del 2006 è stata successivamente modificata
dall’art. 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni
urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,
n. 214;
che il nuovo comma 1, lettera d-bis), dell’art. 3 del
d.l. n. 223 del 2006 inserito dal primo dei decreti citati e,
successivamente, modificato dal secondo, nella versione oggi in vigore
stabilisce che «le attività commerciali […] sono svolte senza i seguenti
limiti e prescrizioni: […] d-bis) il rispetto degli orari di apertura e
di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché
quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale
dell’esercizio»;
che, secondo la Regione, tali novità normative non hanno
rilevanza per il giudizio in corso perché l’art. 3, comma 3, del d.l.
n. 223 del 2006 prevede l’abrogazione delle sole disposizioni
legislative e regolamentari statali di disciplina del settore della
distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui al
comma 1, mentre per le leggi regionali scatta un dovere di adeguamento,
da valutarsi nel rispetto degli statuti speciali;
che, inoltre, nella precedente versione del decreto,
scaturita dal d.l. n. 98 del 2011, al comma 7 dell’art. 35, era stato
previsto testualmente che: «le regioni e gli enti locali adeguano le
proprie disposizioni legislative e regolamentari alla disposizione
introdotta dal comma 6 entro la data del 1° gennaio 2012», senza
tuttavia individuare alcuna specifica conseguenza per l’ipotesi di
superamento del predetto termine;
che il fatto che le Regioni abbiano ancora la
possibilità di adeguare la propria legislazione alla nuova disciplina
statale dimostrerebbe che, per il passato, l’intervento legislativo era
perfettamente legittimo;
che, pertanto, non vi sarebbe alcuna influenza o
rilevanza del novum normativo sul giudizio in corso, che ha ad oggetto
la legittimità di atti amministrativi risalenti al 2010;
che, quanto alle singole censure, la difesa della
Regione eccepisce innanzitutto l’inammissibilità della questione di
costituzionalità sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 41 Cost. per
genericità della motivazione;
che la questione sarebbe comunque infondata, perché si
tratterebbe di norme da un lato aventi lo scopo, del tutto ragionevole,
di agevolare i piccoli e medi negozi isolati, che sono più vicini agli
utenti e non beneficiano dei vantaggi derivanti dall’essere inseriti in
un centro commerciale e, dall’altro, rientranti nella competenza
regionale piena in materia di commercio, ai sensi dell’art. 4, numero
6), dello statuto speciale o, qualora ritenuto più favorevole, dell’art.
117, quarto comma, Cost. (ex art. 10 legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione»);
che, con riferimento alla seconda questione relativa
alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. e dell’art. 28 TUE, la
difesa regionale evidenzia che l’art. 28 del vigente TUE è del tutto
inconferente e l’errata indicazione del parametro interposto dovrebbe
determinare l’inammissibilità della censura per oscurità;
che la censura sarebbe comunque infondata, perché le
norme sulla chiusura nei giorni festivi non rappresentano una misura
restrittiva all’importazione da parte degli altri Stati membri e non si
vede come possano essere considerate «misure di effetto equivalente»,
come chiarito dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia
dell’Unione europea;
che, a parere della difesa regionale, la questione
relativa all’art. 19, comma 1, della legge reg. n. 29 del 2005 sarebbe
inammissibile perché la norma non trova applicazione nel giudizio a quo,
avendo ad oggetto ipotesi del tutto estranee alla vicenda processuale
che riguarda un atto amministrativo applicativo degli artt. 29 e 29-bis
della legge reg. n. 29 del 2005;
che la censura sarebbe anche inammissibile per l’omessa
motivazione delle ragioni della rilevanza e per la genericità della
motivazione in ordine alla manifesta infondatezza, limitandosi il
rimettente ad affermare che vi sarebbe violazione dell’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost.;
che anche la questione relativa all’art. 29-bis, comma
2, della legge reg. n. 29 del 2005, secondo il quale «l’elenco delle
giornate domenicali e festive prescelte per l’apertura ai sensi
dell’articolo 29, comma 3, lettera b), è unico e uniforme per tutti gli
esercizi di cui al comma 1 insediati nel centro commerciale al dettaglio
ovvero nel complesso commerciale», sarebbe inammissibile per
genericità, non essendoci alcuna indicazione delle norme del d.lgs. n.
114 del 1998 violate;
che, infine, del tutto infondata sarebbe la censura
relativa alla violazione dei principi in tema di rapporto tra funzione
giurisdizionale e potere legislativo, perché le modifiche introdotte non
si pongono affatto come legge di interpretazione autentica, non avendo
carattere retroattivo e non intendendo in alcun modo incidere sui
giudicati preesistenti.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale
per il Friuli-Venezia Giulia dubita – in riferimento agli articoli 2, 3,
41 e 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione, della
legittimità costituzionale degli articoli 19, 29-bis e 30, comma 2,
lettera b), della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 5
dicembre 2005, n. 29 (Normativa organica in materia di attività
commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande. Modifica alla
legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2 «Disciplina organica del
turismo»), in particolare nella parte in cui escludono gli esercizi
commerciali con superficie di vendita inferiore ai metri quadrati 400,
ma insediati in centri commerciali, dalla possibilità di usufruire delle
deroghe all’obbligo di chiusura festiva e domenicale previste dall’art.
30, comma 2, lettera b), della medesima legge;
che, secondo il rimettente, le norme citate violerebbero
gli artt. 2, 3, 41 Cost. per l’immotivata ed irrazionale disparità di
trattamento fra fattispecie analoghe che consegue alla disciplina
differenziata tra operatori commerciali di pari dimensioni, con solo una
differente ubicazione all’interno o meno di un centro commerciale;
che sarebbe violato anche l’art. 117, primo comma, Cost.
e l’art. 28 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TUE),
in quanto la distinzione fra i vari esercizi commerciali al dettaglio
non trova alcun fondamento nel principio concorrenziale e comporta un
ostacolo anche alla libera circolazione dei prodotti provenienti da
Paesi dell’Unione europea, ove distribuiti in esercizi di limitate
dimensioni, ma ubicati in centri commerciali;
che il dubbio di legittimità costituzionale investe
anche la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
trattandosi di norme riconducibili alla materia «tutela della
concorrenza» attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato;
che, infine, le modifiche introdotte si porrebbero in
contrasto anche con i principi in tema di rapporto fra funzione
giurisdizionale e potere legislativo, perché il legislatore regionale
avrebbe introdotto le norme de quibus al solo scopo di superare ed
eludere il giudicato amministrativo;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, la
disciplina degli orari degli esercizi commerciali e della chiusura
domenicale e festiva ha subito rilevanti modifiche ad opera del
legislatore statale;
che un primo intervento si è avuto con l’art. 35, comma
6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge
15 luglio 2011, n. 111, che ha aggiunto la lettera d-bis) al comma 1
dell’art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di
entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233;
che la nuova lettera d-bis) del comma 1 del citato art. 3
del d.l. n. 223 del 2006 aggiunge all’elenco degli ambiti normativi per
i quali espressamente esclude che lo svolgimento di attività
commerciali possa incontrare limiti e prescrizioni anche la disciplina
degli orari e della chiusura domenicale o festiva degli esercizi
commerciali, sia pure solo in via sperimentale e limitatamente agli
esercizi ubicati nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle
località turistiche o città d’arte;
che l’art. 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei
conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214, ha ulteriormente modificato l’art. 3, comma 1, lettera
d-bis), del d.l. n. 223 del 2006, eliminando dal testo della norma il
riferimento ai Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località
turistiche o città d’arte, così estendendo la liberalizzazione della
disciplina degli orari degli esercizi commerciali e della chiusura
domenicale e festiva a tutte le attività commerciali, come individuate
dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4,
della legge 15 marzo 1997, n. 59);
che la modificata normativa statale prevede che tali
attività commerciali non possano più incontrare limiti o prescrizioni
relativi agli orari di apertura e chiusura e alle giornate di chiusura
obbligatoria;
che compete al rimettente verificare se la motivazione
in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza della
questione, prospettata nell’ordinanza di rimessione, resti o meno valida
alla luce del novum normativo;
che, pertanto, occorre restituire gli atti al giudice
rimettente, perché operi una nuova valutazione della rilevanza e della
non manifesta infondatezza della questione (ordinanze n. 145, n. 38 e n.
12 del 2010);
che la Corte, con ordinanza n. 59 del 2012, ha già
deciso nel senso sopraindicato in ordine ad altre 38 ordinanze emesse
dal medesimo rimettente e identiche a quella oggetto del presente
giudizio.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2012.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI