TAR Puglia, Lecce, sez. II, 1/6/2012 n. 998
N. 00998/2012 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1832 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Blue Box Ventures
s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv.to Saverio Sticchi Damiani, con
domicilio eletto presso Saverio Sticchi Damiani in Lecce, via 95° Rgt
Fanteria n. 9;
contro
Provincia di Lecce,
rappresentata e difesa dall'avv. Giuditta Angelastri, con domicilio
eletto in Lecce, presso l’Ufficio Legale dell’Amministrazione
provinciale, Via Umberto I° n. 13;
per l'annullamento
- della nota prot. n.
87113, emessa dalla Provincia di Lecce, Settore Lavori Pubblici e
Mobilità in data 25.10.2011 e notificata alla Blue Box Ventures Srl in
data 07.11.2011, con cui l'Amministrazione provinciale comunicava alla
società ricorrente l'aumento del canone annuo relativo alla Concessione
n. 14610 rilasciata alla Società da euro 516,46 ad euro 17.246,25, in
forza di quanto stabilito nel nuovo "Regolamento Provinciale per
l'applicazione del Canone per l'Occupazione di Spazi e Aree Pubbliche",
adottato dal Consiglio Provinciale con deliberazione n.12 del 22 marzo
2011;
- del suddetto
"Regolamento Provinciale per l'applicazione del Canone per l'Occupazione
di spazi e Aree Pubbliche", nella parte in cui, all'art.43 (titolato
"norma finale e transitoria") prescrive che "le concessioni e le
autorizzazioni per l'occupazione di spazi e aree pubbliche rilasciate
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente aggiornamento
del regolamento devono essere adeguate alle disposizioni di cui ai
presenti articoli e sono rinnovate, a richiesta del titolare, a
condizione che le stesse non siano in contrasto con le disposizioni
contenute nel regolamento medesimo", sancendo così la portata
retroattiva del Regolamento rispetto alle concessioni sorte
precedentemente alla sua entrata in vigore;
a seguito della
presentazione di motivi aggiunti, per l’annullamento della nota prot. n.
103834 del 19 dicembre 2011, con cui la Provincia di Lecce ha
confermato la legittimità degli atti precedentemente adottati;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 5 aprile 2012 il dott. Paolo Marotta e uditi per le
parti l’avv.to A. Caggiula, in sostituzione dell'avv.to S. Sticchi
Damiani, e l’avv.to F.sca Testi, in sostituzione dell'avv.to G.
Angelastri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società ricorrente è
stata autorizzata dalla Provincia di Lecce con provvedimento
dirigenziale n. 14610 del 25 febbraio 2011 ad eseguire lavori di scavo
per l’interramento di elettrodotti lungo alcuni tratti di strada
provinciale per il trasporto della energia prodotta da impianti
fotovoltaici. L’autorizzazione rilasciata prevedeva il pagamento di un
canone determinato nella misura del 20% dell’importo complessivamente
corrisposto ai Comuni compresi nell’ambito territoriale della Provincia
riferito all’anno precedente al rilascio della concessione, ai sensi del
d.lgs. n. 446/1997, come modificato dall’art. 18 della l. n. 488/99 e,
comunque, in misura non inferiore ad € 516,46.
Con il proposto gravame
la società ricorrente impugna, per la parte di interesse, il
regolamento provinciale per l’applicazione del canone per l’occupazione
di spazi ed aree pubbliche, approvato con deliberazione del Consiglio
provinciale n. 12 del 22 marzo 2011, e la nota del 25 ottobre 2011
(prot. n. 87113). In particolare, la società ricorrente si duole del
fatto che con la nuova normativa regolamentare siano stati modificati i
criteri di determinazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree
pubbliche (artt. 27-31) e, per effetto della predetta modifica, il
canone imposto alla società, in relazione agli elettrodotti interrati
nelle strade provinciali, sia stato elevato da € 516,46 ad € 17.246,25.
La ricorrente contesta
la legittimità degli atti impugnati, deducendo i seguenti motivi di
impugnativa: Eccesso di potere per irragionevolezza dell’azione
amministrativa. Violazione del principio del legittimo affidamento.
Violazione del principio di irretroattività dei regolamenti
amministrativi.
Si è costituita in
giudizio l’Amministrazione provinciale, contestando la fondatezza del
proposto gravame e chiedendone pertanto la reiezione.
Alla Camera di
Consiglio del 18 gennaio 2012, su richiesta della parte ricorrente, la
causa è stata cancellata dal ruolo delle sospensive.
Con motivi aggiunti,
depositati in data 6 marzo 2012, la società ricorrente ha impugnato la
nota prot. n. 103834 del 19 dicembre 2011, con cui la Provincia di Lecce
ha confermato la legittimità degli atti precedentemente adottati.
La società ricorrente
ha contestato la legittimità della nota da ultimo impugnata per i
seguenti motivi: Eccesso di potere per erronea presupposizione in
diritto, irragionevolezza dell’azione amministrativa, violazione dei
principi di proporzionalità e di legittimo affidamento.
Con diverse memorie depositate nel corso del giudizio le parti hanno avuto modo di rappresentare le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 4 aprile 2012, su richiesta delle parti, la causa è stata posta in decisione.
1. Preliminarmente il
collegio rileva che la controversia de qua rientra nella giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, in quanto la Corte costituzionale
con sentenza 14 marzo 2008 n. 64 ha affermato la natura non tributaria
del canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (c.o.s.a.p.),
dichiarando conseguentemente l'incostituzionalità dell'art. 2, comma 2,
secondo periodo, D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 nella parte in cui
stabiliva che appartengono alla giurisdizione tributaria anche le
controversie relative alla debenza del canone previsto dall'art. 63
D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446. La Corte costituzionale ha precisato,
infatti, che tale canone deve essere considerato quale corrispettivo per
l'uso di un bene pubblico, la cui corresponsione presuppone la stipula
di una concessione tra l'impresa e l'Amministrazione, spettando alla
cognizione del giudice ordinario soltanto le vertenze meramente
patrimoniali in relazione alle quali l'Amministrazione non esercita un
potere amministrativo.
1.1. Con l’unico
articolato motivo del ricorso introduttivo del giudizio, la parte
ricorrente, dopo aver evidenziato che per effetto degli atti gravati
l’importo del canone di concessione per l’occupazione di suolo pubblico è
stato incrementato da € 515,46 ad € 17.246,25, deduce eccesso di potere
per irragionevolezza e violazione del legittimo affidamento riposto
dalla ricorrente medesima nell’ammontare del canone dovuto per
l’occupazione del suolo pubblico.
1.2 Dopo aver
evidenziato che la nuova disciplina regolamentare approvata con
deliberazione del Consiglio provinciale n. 12 del 22 marzo 2011,
l’Amministrazione provinciale ha disposto l’applicazione del nuovo
canone a far data dal 1° gennaio 2011 (e, quindi, anche alle
concessioni, come quella della ricorrente, rilasciate in data anteriore a
quella di approvazione del regolamento provinciale), la società
ricorrente deduce, altresì, l’illegittimità dell’azione amministrativa
per violazione del principio della irretroattività dei regolamenti
amministrativi.
1.3 La società
ricorrente deduce l’illegittimità dell’azione amministrativa anche sotto
altro profilo, evidenziando che la decisione dell’Amministrazione
provinciale di aumentare nella maniera sopra indicata il canone di
occupazione del suolo e delle aree pubbliche non possa trovare la
propria legittimazione nella clausola dell’autorizzazione provinciale
che imponeva alla società concessionaria l’obbligo di accettare
“eventuali variazioni nella misura del canone che la Provincia dovesse
determinare con propri provvedimenti esecutivi a norma di legge”. A tale
riguardo sostiene la società ricorrente che quella sopra richiamata
debba essere qualificata come clausola vessatoria e che,
conseguentemente, detta clausola debba essere ritenuta inefficace, ai
sensi dell’art. 1341 c.c., mancando di autonoma sottoscrizione.
2. Con motivi aggiunti
la società ricorrente si sofferma ulteriormente sulla dedotta
irretroattività delle norme regolamentari impugnate, evidenziando che la
deroga al principio di irretroattività invocata dalla Amministrazione
provinciale sulla base dell’art. 53, comma 16, della l. n. 388 del 23
dicembre 2000 non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie, non
avendo il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche natura
tributaria. Per il resto ha ribadito le argomentazioni già svolte nel
ricorso introduttivo del giudizio.
Di contro,
l’Amministrazione provinciale ha difeso la legittimità del proprio
operato, sostenendo l’inapplicabilità in favore della società ricorrente
del regime forfetario agevolato previsto dall’art. 63, comma 2, lett.
f) punto 3 del d.lgs. n. 446/1997 per le occupazioni permanenti,
realizzate da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle
esercenti attività strumentali ai servizi medesimi.
L’Amministrazione
resistente sostiene, infatti, che la società ricorrente non possa essere
qualificata né come azienda esercente un pubblico servizio né come
soggetto esercente attività strumentali ai pubblici servizi,
evidenziando che la predetta società opera secondo logiche lucrative
(realizza impianti di produzione di energia che viene poi venduta ai
gestori delle reti pubbliche nazionali e locali).La natura lucrativa
dell’attività svolta dalla ricorrente sarebbe dunque incompatibile con
la invocata applicazione del regime agevolativo previsto dalla
disposizione sopra richiamata.
3. Il proposto gravame è meritevole di accoglimento parziale, nei termini di seguito indicati.
3.1 L’art. 63 del
d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, nell’attribuire ai Comuni ed alle
Province potestà regolamentare in ordine alla occupazione permanente o
temporanea di spazi ed aree pubbliche, stabilisce, al secondo comma,
lett. f), che, per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi,
condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di
erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività
strumentali ai servizi medesimi, il regolamento (comunale o provinciale)
deve prevedere “un canone determinato forfetariamente come segue: 1)
per le occupazioni del territorio comunale…… 2) per le occupazioni del
territorio provinciale, il canone è determinato nella misura del 20 per
cento dell’importo risultante dall’applicazione della misura unitaria di
tariffa di cui al numero 1, per il numero complessivo delle utenze
presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale; 3) in
ogni caso l'ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o
provincia non può essere inferiore a lire 1.000.000. La medesima misura
di canone annuo è dovuta complessivamente per le occupazioni permanenti
di cui alla presente lettera effettuate dalle aziende esercenti attività
strumentali ai pubblici servizi”.
La questione di diritto
sottoposta al collegio è, dunque, sostanzialmente quella di stabilire
se la società ricorrente possa essere inclusa nel novero dei soggetti in
favore dei quali l’art. 63, comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 446/1997,
prevede un regime agevolativo e forfetario da applicarsi per le
occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture o qualsiasi altro
impianto o manufatto.
Occorre premettere che
la costruzione e l’esercizio di impianti per l’energia da fonti
rinnovabili sono libere attività d’impresa soggette alla sola
autorizzazione amministrativa della Regione, secondo l’art. 12 del
d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387. Si tratta di attività economiche non
riservate agli Enti locali, non soggette a regime di privativa, che non
rientrano nella nozione di servizio pubblico locale, di cui agli artt.
112 e ss. del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267.
Tuttavia, l’art. 1,
comma 4, della legge del 9 gennaio 1991 n. 10 dispone che
“l’utilizzazione delle fonti di energia di cui al comma 3” (tra le quali
è compreso anche il sole) “è considerata di pubblico interesse e di
pubblica utilità e le opere relative sono equiparate alle opere
dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell’applicazione delle leggi
sulle opere pubbliche; mentre l’articolo 12, comma 1, del decreto
legislativo del 29 dicembre 2003 n. 387 precisa che “le opere per la
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le
opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e
all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3,
sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.
Se, dunque, la
costruzione e l’esercizio di impianti fotovoltaici finalizzati alla
produzione di energia elettrica non possono essere sussunti nella
categoria del “servizio pubblico”, si tratta comunque di attività
qualificate espressamente dal legislatore come “di pubblico interesse e
di pubblica utilità”.
Oltre a ciò, l’art. 7,
comma 1, del d.lgs. n. 387/2003 demanda al Ministro delle attività
produttive il compito di adottare, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e d’intesa con la Conferenza
unificata, uno o più decreti con i quali sono definiti i criteri per
l'incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte
solare. In attuazione di questa disposizione, sono stati adottati
diversi Decreti ministeriali tra i quali, da ultimo, il D.M. 6 agosto
2010, che all’art. 8 disciplina per gli impianti solari fotovoltaici un
sistema di tariffe incentivanti, di importo decrescente e di durata tali
da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di
esercizio.
L’art.13, commi 3 e 4,
del d.lgs. n. 387/2003 prevede inoltre per i produttori di energia
elettrica (anche da fonti rinnovabili) la possibilità di richiedere al
gestore della rete il ritiro dell’energia elettrica prodotta a prezzo
amministrato (c.d. ritiro dedicato) secondo modalità determinate
dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas. Nella determinazione
delle condizioni economiche di ritiro, l’Autorità per l’energia
elettrica e per il gas ha stabilito per gli impianti di produzione di
energia elettrica da fonte rinnovabile di ridotte dimensioni un regime
di “prezzi garantiti minimi” al fine di assicurare la copertura dei
costi di gestione (che per i piccoli impianti risultano particolarmente
elevati in relazione alla loro limitata redditività) e di assicurane
così la sopravvivenza economica.
Sulla base delle disposizioni sopra richiamate è lecito inferire le seguenti conclusioni:
a) la produzione di
energia elettrica da impianti fotovoltaici (e in generale da fonti
rinnovabili) non può essere considerata alla stregua di qualsiasi bene
commerciabile in una economia di libero mercato in relazione ai ripetuti
interventi legislativi diretti alla regolamentazione del relativo
mercato, attraverso la determinazione di tariffe incentivanti e di
prezzi minimi garantiti;
b) deve ritenersi
incompatibile con il favore mostrato da norme anche di rango primario
per la realizzazione e la gestione degli impianti fotovoltaici una
disciplina regolamentare che assoggetti il trasporto della energia
derivante da fonti rinnovabili ad un onere maggiormente oneroso di
quello previsto per il trasporto di energia elettrica da fonti
energetiche non rinnovabili (ad esempio, gas naturale);
c) la lievitazione dei
costi di gestione degli impianti fotovoltaici (tra i quali debbono
essere inclusi anche quelli relativi al trasporto della energia
prodotta) non può che ripercuotersi, nel lungo periodo, sugli utenti
finali della energia elettrica prodotta, con conseguente elusione della
finalità cui è preordinato il regime concessorio differenziato previsto
dall’art. 63 comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 446/1997 e s.m.i.
In base al quadro
normativo di riferimento ed alla luce delle considerazioni che
precedono, il collegio è pervenuto alla meditata conclusione di ritenere
che anche le aziende che realizzano impianti fotovoltaici per la
produzione di energia elettrica debbano essere ammesse a fruire, con
riguardo agli elettrodotti interrati nelle strade comunali o
provinciali, del regime agevolativo forfetario di cui all’art. 63, comma
2, lett. f), del d.lgs. n. 446/1997 e s.m.i., dovendo dette aziende
essere assimilate a quelle svolgenti un’attività strumentale ad un
pubblico servizio.
Il collegio tiene
comunque a precisare che l’ammontare del canone quantificato in misura
forfetaria dall’art. 63, comma 2, punto 3, del d.lgs. n. 446/1997 in
lire 1.000.000 si pone in termini di alternatività rispetto al criterio
di cui al punto 2 della medesima disposizione e, costituendo il minimo
inderogabile, non esclude una quantificazione forfetaria di entità
superiore.
4. Non può invece
essere condivisa la tesi della società ricorrente laddove afferma che
gli atti impugnati sarebbero illegittimi anche in relazione al carattere
retroattivo attribuito dalla Provincia alle nuove disposizioni
regolamentari.
In proposito, il
collegio fa rilevare che il principio della irretroattività della legge,
stabilito dall’art.11 delle preleggi, non è un principio assoluto,
potendo essere derogato da norme di pari grado (solo per le norme penali
incriminatrici il principio della irretroattività della legge ha
carattere inderogabile, essendo stabilito dall’art. 25, comma 2, della
Carta fondamentale, a norma del quale: “Nessuno può essere punito se non
in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto
commesso”).
Nel caso di specie, la
possibilità da parte degli Enti locali di conferire efficacia
retroattiva alle norme regolamentari relative alle entrate è
espressamente prevista da norme di rango primario.
L’art. 53, comma 16,
della legge 23 dicembre 2000 n. 388 attribuisce agli Enti locali il
potere di approvare i regolamenti relativi alle loro entrate, entro la
data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di
previsione. La disposizione richiamata precisa espressamente: “I
regolamenti sulle entrate, anche se approvati successivamente all'inizio
dell'esercizio purché entro il termine di cui sopra, hanno effetto dal
1° gennaio dell'anno di riferimento”.
L’art. 151, comma 1,
del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 fissa al 31 dicembre il termine per la
deliberazione del bilancio di previsione per l'anno successivo da parte
degli Enti locali e dispone che il termine può essere differito con
decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza
Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
Orbene, il termine per
la deliberazione del bilancio di previsione degli Enti locali per l’anno
2011 è stato dapprima differito al 31 marzo 2011, con D.M. del 17
dicembre 2010, e, successivamente, ulteriormente differito al 30 giugno
2011, con D.M. 16 marzo 2011.
Sulla base delle
disposizioni sopra richiamate, dunque, ben poteva la Provincia di Lecce
attribuire efficacia retroattiva (con decorrenza dal 1° gennaio 2011)
alle disposizioni regolamentari in materia di COSAP approvate con
deliberazione del C.P. n. 12 del 22 marzo 2011 (non essendo ancora
scaduto, alla data di adozione del Regolamento, il termine previsto per
l’approvazione del Bilancio di previsione).
Né può essere condivisa
la tesi della società ricorrente secondo la quale l’art. 56, comma 16,
della l. n. 388/2000 sarebbe applicabile solo in materia tributaria e
non potrebbe quindi essere invocato con riguardo alla disciplina
regolamentare relativa al canone per l’occupazione degli spazi e delle
aree pubbliche, avendo detto canone natura non tributaria.
La predetta
disposizione recita testualmente: “Il termine per deliberare le aliquote
e le tariffe dei tributi locali, compresa l'aliquota dell'addizionale
comunale all'IRPEF di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto
legislativo 28 settembre 1998 n. 360, recante istituzione di una
addizionale comunale all'IRPEF, e successive modificazioni, e le tariffe
dei servizi pubblici locali, nonché per approvare i regolamenti
relativi alle entrate degli enti locali, è stabilito entro la data
fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di
previsione. I regolamenti sulle entrate, anche se approvati
successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine di cui
sopra, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento”.
Dal tenore letterale
della disposizione richiamata emerge con chiara evidenza che il suo
ambito oggettivo di applicazione non è limitato solo alla materia
tributaria, ricomprendendo anche i regolamenti relativi alle entrate
(tributarie e non tributarie) degli enti locali, nell’ambito dei quali
deve essere annoverato anche il regolamento per il canone di occupazione
degli spazi e delle aree pubbliche.
5. Né può, infine,
essere condivisa la tesi della società ricorrente laddove afferma che la
clausola contenuta nella concessione rilasciata dalla Provincia di
Lecce (che imponeva alla società concessionaria l’obbligo di accettare
“eventuali variazioni nella misura del canone che la Provincia dovesse
determinare con propri provvedimenti esecutivi a norma di legge”)
sarebbe inefficace, ai sensi dell’art. 1341 c.c., mancando di autonoma e
separata sottoscrizione.
Anzitutto, il collegio
rileva che l’art. 1341 c.c., rubricato “Condizioni generali di
contratto”, collocato nel titolo secondo (Dei contratti in generale) del
libro IV (Delle obbligazioni) del codice civile, è applicabile ai
rapporti negoziali di natura paritetica ed è diretto a tutelare la
posizione del contraente più debole rispetto a quella della parte
predisponente (moduli o formulari); detta disposizione non è, quindi,
astrattamente applicabile ai rapporti concessori di natura
pubblicistica, quale quello in questione.
Oltre a ciò, l’espresso
riconoscimento agli Enti locali da parte di norme di rango primario
della possibilità di attribuire, nei termini sopra indicati, efficacia
retroattiva ai regolamenti delle proprie entrate (e, quindi, di
estenderne la relativa disciplina regolamentare anche ai rapporti
concessori in essere) rende destituita di ogni fondamento giuridico la
invocata applicazione dell’art. 1341, 2° comma, c.c.
6. In conclusione,
assorbita ogni altra censura, il proposto gravame va accolto in
relazione ai profili esaminati al punto sub 3.1 della presente sentenza
e, per l’effetto, l’impugnato regolamento provinciale va annullato nella
parte relativa alla disciplina del canone COSAP per i sottoservizi di
interconnessione per impianti di produzione da energie rinnovabili. Del
pari vanno annullate la nota del 25 ottobre 2011 (prot. n. 87113) nonché
quella del 19 dicembre 2011 (prot. n. 103834), con le quali la
Provincia di Lecce ha determinato in € 17.246,25 il canone dovuto dalla
società ricorrente per l’occupazione di alcuni tratti delle strade
provinciali.
In considerazione della
novità delle questioni prospettate e della parziale fondatezza del
proposto gravame, le spese di giudizio possono essere compensate tra le
parti.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda,
definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, come
integrato dai motivi aggiunti, lo accoglie nei sensi di cui in
motivazione e, per l’effetto, annulla l’impugnato regolamento
provinciale nella parte relativa alla disciplina del canone COSAP per i
sottoservizi di interconnessione per impianti di produzione da energie
rinnovabili nonché la nota del 25 ottobre 2011 (prot. n. 87113) e quella
del 19 dicembre 2011 (prot. n. 103834), con le quali la Provincia di
Lecce ha determinato in € 17.246,25 il canone dovuto dalla società
ricorrente per l’occupazione di alcuni tratti delle strade provinciali
per l’anno 2011.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Costantini, Presidente
Enrico d'Arpe, Consigliere
Paolo Marotta, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)