Corte di Cassazione, sez. VI-2 Civile, ordinanza 2 marzo – 28 maggio 2012, n. 8479
Presidente Goldoni – Relatore Bucciante
La Corte ritenuto che:
- si è proceduto nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c.;
- la relazione depositata in cancelleria è del seguente tenore:
“Con sentenza dell'11 luglio 2008 il Giudice di pace di Treviso ha accolto l'opposizione proposta da N..M. avverso il verbale con cui due vigili urbani del Comune di Treviso gli avevano contestato di aver violato le norme del C.d.S, (D. L.vo 285/92) di cui all'art. 158 cc 2 - lasciava in sosta il veicolo suddetto su uno stallo riservato alle persone diversamente abili esponendo permesso tipo invalidi numero XXXXXXX del Comune di (OMISSIS) intestato a Ma.Gi. (OMISSIS) rilasciato il 28/4/2003 valido fino al 18/4/08. La signora Ma.Gi. non è presente in piazza Borsa al momento dell'accertamento. Si procede al ritiro del titolo in attesa di accertamenti in quanto non ci sono elementi validi che comprovino l'autenticità tipo timbro a inchiostro, oppure timbro a secco, oppure ologramma. Il Giudice di pace ha basato al decisione sul duplice rilievo che il contrassegno rilasciato alle persone invalide di cui si tratta era autentico e che dall'esame dei fatti descritti da entrambe le parti risulta plausibile che il veicolo era stato utilizzato dalla madre del ricorrente, titolare del diritto di uso di detto contrassegno.
Impugnata dal Comune di Treviso, la decisione è stata riformata dal Tribunale di Treviso, che con sentenza del 9 aprile 2010, in accoglimento del gravame, ha respinto l’opposizione, rilevando che N..M. non aveva provato che il veicolo, in sosta, [era] stato impiegato per il trasporto della persona invalida, in quanto il mezzo era nella disponibilità dello stesso M. , il quale aveva risposto alle domande dei vigili dapprima invocando motivi di privacy e poi affermando vagamente che sua madre era a passeggio con amici, mentre per tutto il tempo delle operazioni di accertamento, protrattesi per più di un'ora, la titolare dell'autorizzazione non era giunta sul posto.
Contro tale sentenza N..M. ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. Il Comune di Treviso non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.
Con i tre motivi addotti a sostegno del ricorso M.N. rivolge alla sentenza impugnata essenzialmente una stessa censura: avere il Tribunale ritenuto sussistente una violazione (uso di un contrassegno per invalidi, in assenza del presupposto che ne consentiva l'utilizzazione: art. 188 C.d.S.) diversa da quella che era stata contestata (uso di un contrassegno privo di autenticità: art. 158 C.d.S.).
La censura appare manifestamente infondata.
La sosta in uno spazio riservato agli invalidi, con un veicolo che non sia effettivamente adibito al trasporto di una persona alla quale il relativo contrassegno sia stato rilasciato, rientra proprio nella previsione dell'art. 158 C.d.S. Appunto la violazione di questa norma era stata contestata nella specie, come risulta evidente dal tenore del verbale che si è prima trascritto, in cui si è dato atto dell’assenza sul posto della titolare dell'autorizzazione e delle risposte che il conducente del veicolo aveva dato ai vigili urbani, per giustificare tale assenza; fatto diverso e ulteriore (avente rilevanza penale e quindi insuscettibile di contestazione come violazione amministrativa) è poi l’ipotizzata falsità del contrassegno, che ha dato luogo al suo "ritiro" da parte degli agenti. In tal senso, del resto, l’atto era stato inteso anche dal Giudice di pace con la sentenza di primo grado, che sul punto non aveva formato oggetto di appello incidentale da parte di M.N. .
Si ritiene quindi possibile definire il giudizio ai sensi dell'art. 375, n. 5, seconda ipotesi, c.p.c.”;
- il difensore del ricorrente e il pubblico ministero sono comparsi e sono stati sentiti in camera di consiglio;
- il collegio concorda con le argomentazioni svolte nella relazione e le fa proprie, rilevando che non sono state efficacemente contrastate dalle deduzioni esposte oralmente dal difensore del ricorrente, che ha ribadito gli assunti dell'atto di impugnazione, senza tenere conto dei dati documentali evidenziati nella relazione stessa;
- il ricorso viene pertanto rigettato;
- non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale il Comune di Treviso non ha svolto attività difensive.
rigetta il ricorso.
Presidente Goldoni – Relatore Bucciante
Fatto e diritto
La Corte ritenuto che:
- si è proceduto nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c.;
- la relazione depositata in cancelleria è del seguente tenore:
“Con sentenza dell'11 luglio 2008 il Giudice di pace di Treviso ha accolto l'opposizione proposta da N..M. avverso il verbale con cui due vigili urbani del Comune di Treviso gli avevano contestato di aver violato le norme del C.d.S, (D. L.vo 285/92) di cui all'art. 158 cc 2 - lasciava in sosta il veicolo suddetto su uno stallo riservato alle persone diversamente abili esponendo permesso tipo invalidi numero XXXXXXX del Comune di (OMISSIS) intestato a Ma.Gi. (OMISSIS) rilasciato il 28/4/2003 valido fino al 18/4/08. La signora Ma.Gi. non è presente in piazza Borsa al momento dell'accertamento. Si procede al ritiro del titolo in attesa di accertamenti in quanto non ci sono elementi validi che comprovino l'autenticità tipo timbro a inchiostro, oppure timbro a secco, oppure ologramma. Il Giudice di pace ha basato al decisione sul duplice rilievo che il contrassegno rilasciato alle persone invalide di cui si tratta era autentico e che dall'esame dei fatti descritti da entrambe le parti risulta plausibile che il veicolo era stato utilizzato dalla madre del ricorrente, titolare del diritto di uso di detto contrassegno.
Impugnata dal Comune di Treviso, la decisione è stata riformata dal Tribunale di Treviso, che con sentenza del 9 aprile 2010, in accoglimento del gravame, ha respinto l’opposizione, rilevando che N..M. non aveva provato che il veicolo, in sosta, [era] stato impiegato per il trasporto della persona invalida, in quanto il mezzo era nella disponibilità dello stesso M. , il quale aveva risposto alle domande dei vigili dapprima invocando motivi di privacy e poi affermando vagamente che sua madre era a passeggio con amici, mentre per tutto il tempo delle operazioni di accertamento, protrattesi per più di un'ora, la titolare dell'autorizzazione non era giunta sul posto.
Contro tale sentenza N..M. ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. Il Comune di Treviso non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.
Con i tre motivi addotti a sostegno del ricorso M.N. rivolge alla sentenza impugnata essenzialmente una stessa censura: avere il Tribunale ritenuto sussistente una violazione (uso di un contrassegno per invalidi, in assenza del presupposto che ne consentiva l'utilizzazione: art. 188 C.d.S.) diversa da quella che era stata contestata (uso di un contrassegno privo di autenticità: art. 158 C.d.S.).
La censura appare manifestamente infondata.
La sosta in uno spazio riservato agli invalidi, con un veicolo che non sia effettivamente adibito al trasporto di una persona alla quale il relativo contrassegno sia stato rilasciato, rientra proprio nella previsione dell'art. 158 C.d.S. Appunto la violazione di questa norma era stata contestata nella specie, come risulta evidente dal tenore del verbale che si è prima trascritto, in cui si è dato atto dell’assenza sul posto della titolare dell'autorizzazione e delle risposte che il conducente del veicolo aveva dato ai vigili urbani, per giustificare tale assenza; fatto diverso e ulteriore (avente rilevanza penale e quindi insuscettibile di contestazione come violazione amministrativa) è poi l’ipotizzata falsità del contrassegno, che ha dato luogo al suo "ritiro" da parte degli agenti. In tal senso, del resto, l’atto era stato inteso anche dal Giudice di pace con la sentenza di primo grado, che sul punto non aveva formato oggetto di appello incidentale da parte di M.N. .
Si ritiene quindi possibile definire il giudizio ai sensi dell'art. 375, n. 5, seconda ipotesi, c.p.c.”;
- il difensore del ricorrente e il pubblico ministero sono comparsi e sono stati sentiti in camera di consiglio;
- il collegio concorda con le argomentazioni svolte nella relazione e le fa proprie, rilevando che non sono state efficacemente contrastate dalle deduzioni esposte oralmente dal difensore del ricorrente, che ha ribadito gli assunti dell'atto di impugnazione, senza tenere conto dei dati documentali evidenziati nella relazione stessa;
- il ricorso viene pertanto rigettato;
- non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale il Comune di Treviso non ha svolto attività difensive.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.