sabato 19 maggio 2012

L'attività amministrativa, in riferimento agli atti della pubblica amministrazione


Sommario 1. L'attività amministrativa. Cenno definitorio. 2. L'atto amministrativa. 3. Le patologie dell'atto amministrativo.
Pubblicato in Diritto amministrativo Data di pubblicazione: 10/05/2012
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1. L’attività amministrativa. Cenno definitorio.
L'ATTIVITA' AMMINISTRATIVA è quell'attività mediante la quale gli organi statali (o di altra PA) all'uopo preposti provvedono alla cura degli interessi pubblici ad essi affidati.
La DISCREZIONALITA' AMMINISTRATIVA consiste in una facoltà di scelta, da parte della PA, fra più comportamenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento dell'interesse pubblico (inteso come concreto, obiettivo e collettivo) e per il perseguimento di un fine rispondente alla causa del potere esercitato: a) DISCREZIONALITA' PIENA (se l'attività posta in essere è insindacabile); b) DISCREZIONALITA' PARZIALE (se l'attività posta in essere è sindacabile solo in determinati casi previsti); c) DISCREZIONALITA' TECNICA (ogni qualvolta che le norme non consentono di orientare univocamente verso una determinata scelta discrezionale); d) MISTA (se l'attività posta in essere presenta caratteri tipici sia della discrezionalità tecnica che amministrativa).
In riferimento, al punto c), come ricorda l'Avv. Buonaiuto, così come da contributo telematico effettuato in data 3/3/2009 dal titolo “Il concetto di discrezionalità nel diritto amministrativo”: <<occorre ribadire che ben spesso le valutazioni tecniche non sono esse stesse valutabili univocamente in un determinato senso, ma postulano l’aderenza ad una piuttosto che all’altra concezione scientifica, o risultano comunque opinabili (come ben spesso accade per le discipline scientifiche o, specialmente,in campo estetico, come pure sociologico o economico). In realtà, nemmeno nel contesto delle “scienze esatte” (es, matematica, fisica, chimica) si può essere sicuri dell’univocità e costanza di determinate conclusioni, potendosi distinguere semmai, con maggiore aderenza al livello attuale delle conoscenze, non tanto fra scienze esatte e scienze sociali o inesatte, quanto piuttosto tra risultati verosimili e risultati plausibili. In conclusione, si può dire che la fase istruttoria assume grande rilievo, oggi, anche sotto il profilo di cui si è detto, attinente specialmente al nesso con le norme tecniche, ovvero le regole appartenenti a discipline non giuridiche, in relazione alle quali erroneamente si parlava di “discrezionalità tecnica”, essenzialmente per inferirne la conclusione che il loro esame sarebbe sottratto alla cognizione del giudice amministrativo, quasi che avesse a che fare con il merito dell’attività amministrativa (rispetto al quale pure, come si è rilevato, la cognizione del G.A. non si arresta totalmente). Anzi, si può dire che sia ormai consolidato l’orientamento, giurisprudenziale (a partire dalla Sent. Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 aprile 1999 n. 601) secondo il quale la violazione di norme tecniche, quando queste siano richiamate dalla norma giuridica (e in tal modo in essa incorporate), non può che assumere lo stesso valore degli altri vizi di legittimità, in particolare la violazione di legge>>.
2. L'atto amministrativo
2.1. Definizione e caratteri generali
Un ATTO AMMINISTRATIVO è un atto giuridico posto in essere da un'autorità amministrativa nell'esercizio di una sua funzione amministrativa. Esso è espressione di un potere amministrativo, produttivo di effetti indipendentemente dalla volontà del soggetto o dei soggetti cui e rivolto. L'atto amministrativo è unilaterale, con rilevanza esterna e nominativo: a) unilaterale, poiché la manifestazione di volontà in cui esso si concreta proviene dalla pubblica autorità; b) con rilevanza esterna, poiché è destinato ad esplicare i suoi effetti non soltanto all'interno dell'organismo da cui promana, ma anche nei confronti di soggetti ad esso estranei, quali, ad es., i privati cittadini; c) tipici e nominativi; d) autoritativi; e) esecutivi ed esecutori (nel senso che sono immediatamente esecutivi e la PA può imporre la loro esecuzione anche senza provvedimento giurisdizionale). Nell'atto amministrativo, la volontà non promana da un soggetto fisico, ma è solitamente il risultato di una sequenza di atti di diversi uffici o organi; inoltre non è libera nelle scelte, ma condizionata dai fini istituzionali, verso i quali l'intera attività della PA deve sempre essere diretta.
2.2. La classificazione degli atti
Gli atti amministrativi si distinguono in varie categorie. Gli atti amministrativi si distinguono in atti vincolati, che l'amministrazione deve emanare secondo norme previste dalla legge e atti discrezionali, lasciati alla libera scelta della PA. La distinzione più importante che si suole fare e quella tra provvedimenti: a) ATTI TIPICI E NOMINATI; b) ATTI CHE NON SONO PROVVEDIMENTI.
In riferimento al punto a), sono atti dotati di particolare forza giuridica in quanto destinati a modificare situazioni giuridiche in modo autoritativo, quali: 1) AUTORIZZAZIONI, con la quale la PA provvede alla rimozione di un limite legale posto all'esercizio di un'attività inerente ad un DS o ad una potestà pubblica che devono necessariamente preesistere in capo al destinatario (e possono essere ESPRESSE/ TACITE, IMPLICITE/ INDIRETTE, MODALI quando per ragioni di pubblico interesse sono consentito all'autorità amministrativa d'inserire prescrizioni limitative o modali, nel provvedimento permissivo o NON MODALI, PERSONALI quando l'apprezzamento discrezionale della PA concerne requisiti inerenti la persona del soggetto autorizzato o REALI/OB REM quando l'accertamento verte su requisiti concernenti una “res”, e DISCREZIONALI/ VINCOLATE); 2) LICENZE; 3) CONCESSIONI, con la quale la PA conferisce ex novo posizioni giuridiche attive al destinatario, ampliandone così la sfera giuridica (con l'atto di Concessione, sorge un rapporto di diritto pubblico fra la PA concedente e il concessionario e possono essere CONCESSIONI TRASLATIVE e CONCESSIONI COSTITUTIVE); 4) ORDINI; 5) ATTI OBLATIVI.
In riferimento al punto b), vi rientrano in questa categoria i regolamenti della PA e gli atti amministrativi in senso stretto, con i quali la PA non modifica la situazione giuridica di soggetti privati ma si limita a dichiarare l'esistenza di un fatto (ad es., rilascio di certificati) oppure a formulare giudizi (ad es., giudizi delle commissioni di concorso, accertamenti tributari ...) o pareri (ad es., in merito a provvedimenti disciplinari nei confronti di un dipendente pubblico): 1) PARERI, che possono essere "facoltativi" e/o "obbligatori", ma comunque espressi in forma scritta; 2) ATTO DI CONTROLLO; 3) ATTO PROPULSIVO; 4) ATTO RICOGNITIVO; 5) ATTO PARITETICO.
2.3. Gli elementi dell'atto amministrativo
2.3.1. L'OGGETTO, IL CONTENUTO E LA FORMA
L'oggetto dell'atto amministrativo è la situazione giuridica del soggetto nei cui confronti l'atto esplica i suoi effetti, o la cosa sulla quale esso produce una trasformazione giuridica. L'oggetto deve essere determinato o determinabile: la sua mancanza o la sua errata individuazione rende invalido l'atto. Il contenuto è ciò che l'atto di volta in volta dispone (ordina, autorizza, acconsente, accerta...).
Deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile. E' necessario che sia posto in essere da un organo dotato di potestà amministrativa, e che sia esplicazione di una potestà amministrativa (ad es., non e atto amministrativo il decreto legge). Affinché un atto amministrativo esista (forma) è necessario che sia manifestato dall'organo competente a emanarlo, che sia riferibile a esso e indichi di provenire dal suo autore; se non vi sono leggi o norme regolamentari che stabiliscono come esso debba essere esternato vale la libertà di forma. Perciò oltre agli atti scritti ve ne sono alcuni espressi oralmente o mediante segnali, o anche in modo implicito (l'autorizzazione di un ente non riconosciuto a compiere un acquisto può rivelare l'implicita volontà dell'autorità amministrativa di riconoscere l'ente). Dalla manifestazione tacita o implicita va tenuto distinto il silenzio della PA (cfr. 2.3.2, presente trattazione).
2.3.2. L'INERZIA DELLA P.A.
In caso di INERZIA DELLA PA , la legge n. 241/1990 ha sancito che: a) l'obbligo generale della PA di concludere il procedimento mediante l'adozione di un provvedimento espresso (art. 2, legge n. 241/90); b) è illegittimo il comportamento omissivo ed inerziale della PA e il privato ha un vero e proprio diritto alla conclusione del procedimento (potendo agire ottenendo sanzioni civili, penali, disciplinari). In particolare, la legge da rilievo ad alcune ipotesi inerziali, attribuendo determinati significati.
Il SILENZIO-ASSENSO è previsto dall'art. 20, legge n. 241/90, prevedendo il valore d'accoglimento dell'istanza: fatta salva l'applicazione dell'art. 19, legge n. 241/90 nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi (d.i.a. e s.c.i.a.), il silenzio della PA competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione: a) non comunica all'interessato, nel termine di 30 giorni o 90 giorni se c'è decreto del Presidente del CdM su proposta del Ministro interessato il provvedimento di diniego; b) non procede ai sensi dell'art. 20, comma 2, legge n. 241/90, cioè la PA competente può indire, entro 30 giorni dalla presentazione dell'istanza, una conferenza di servizi, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies, legge n. 241/90. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico,
l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti. Le controversi in tema di silenzio-assenso sono devolute alla giurisdizione del GA.
Il SILEZIO-DINIEGO (RIFIUTO) si ha quando la legge conferisce all'inerzia questo significato.
Il SILENZIO-INADEMPIENTO è stabilito dal combinato degli artt. 31 e 117 del Codice del processo amministrativo: il privato può adire l'AG al fine d'ottenere l'accertamento dell'obbligo della PA di provvedere. Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere. L'azione può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. E' fatta salva la riproponibilità  dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione. La domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di 180 giorni. La nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice. A tale silenzio, la legge non gli ha attribuito alcun significato. Ai sensi dell'art. 21-quater, legge n. 241/90: i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo.
2.3.3. LA STRUTTURA FORMALE
Un atto amministrativo, nella generalità dei casi, presenta una struttura formale composta da: a) INTESTAZIONE (indica l'autorità da cui emana l'atto); b) PREAMBOLO; c) MOTIVAZIONE (valuta comparativamente gli interessi, indicando le ragioni per le quali si preferisce soddisfare un interesse in luogo di un altro, per cui indica i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche); d) DISPOSITIVO (e la parte precettiva che costituisce l'atto di volontà della PA); e) LUOGO e DATA; f) SOTTOSCRIZIONE (contiene la firma dell'autorità che emana l'atto o di quella delegata).
2.3.4. I REQUISITI DI VALIDITA' ED EFFICACIA
I requisiti sono le componenti che incidono sulla validità e sull'efficacia dell'atto e quindi si distinguono in: a) REQUISITI DI LEGITTIMITA', la cui mancanza comporta l'annullabilità dell'atto e sono i requisiti che la legge richiede perché l'atto amministrativo, oltre che esistente, sia valido cioè legittimo (la loro mancanza perciò è un vizio e comporta l'illegittimità dell'atto); b) REQUISITI D'EFFICACIA, necessari invece perché l'atto produca concretamente i suoi effetti. L'efficacia e la qualità dell'atto amministrativo di poter validamente produrre gli effetti per i quali e stato posto in essere. L'atto amministrativo, in quanto prodotto dalla PA per finalità di pubblico interesse è produttivo di effetti indipendentemente, ma anche contro, la volontà del soggetto, o dei soggetti, interessato dall'atto. In base alla loro efficacia, gli atti amministrativi possono essere: 1) ATTI COSTITUTIVI, che creano/ modificano/ estinguono un rapporto giuridico preesistente; 2) ATTI DICHIARATIVI, che si limitano ad accertare una situazione senza influire su essa. Rispetto all'efficacia dell'atto amministrativo si riporta la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4126/2002, che recita: «I provvedimenti amministrativi hanno carattere costitutivo e producono effetti a decorrere dalla data della loro emanazione, con la sola eccezione dei casi in cui una norma disponga diversamente (perché richiede il superamento di un controllo preventivo di legittimità ovvero la notifica dell'atto al suo destinatario), oppure dei casi in cui un obbligo di fare (ad esempio imposto con un provvedimento contingibile ed urgente) divenga concretamente esigibile a seguito della sua comunicazione al destinatario».
2.3.5. GLI ELEMENTI. CENNI
Rispetto al contenuto dell'atto amministrativo si distinguono gli ELEMENTI ESSENZIALI dai ELEMENTI ACCIDENTALI: a) la mancanza di un elemento essenziale determina la nullità dell'atto amministrativo, mentre la mancanza di un requisito determina l'annullabilità dell'atto, cioè la possibilità che sia annullato, su istanza di parte o d'ufficio da parte della Pubblica Amministrazione; b) gli elementi accidentali si possono applicare soltanto agli atti amministrativi negoziali (infatti rispetto agli atti amministrativi gli elementi accidentali non hanno ragion d'essere, es., un certificato di nascita sottoposto a condizione sospensiva). Gli elementi accidentali devono essere possibili e leciti. Inoltre, gli elementi accidentali illeciti o impossibili non comportano la nullità o l'annullabilità dell'atto amministrativo, ma si considerano come non apposti.
2.3.6. GLI ELEMENTI ESSENZIALI
Sono ELEMENTI ESSENZIALI dell'atto amministrativo: a) CAPACITA' DEL SOGGETTO CHE EMANA L'ATTO, per cui il soggetto che emana l'atto amministrativo deve avere la capacità (cd. competenza ad emanarlo) e se l'atto è emanato da un soggetto che non e organo della PA, non si e in presenza di un atto amministrativo, ma in casi particolari previsti dalla legge, l'attività posta in essere da un privato può qualificarsi come amministrativa (es. il caso di un cittadino che in presenza di catastrofi naturali svolga volontariamente attività di natura pubblica, cd. funzionario di fatto); b) DICHIARAZIONE, che è l'atto con cui la PA rende conoscibile al suo esterno la propria volontà; c) OGGETTO; d) CAUSA, che è la finalità tipica di pubblico interesse prevista dall'ordinamento per l'atto (es. la causa dell'espropriazione consiste nel trasferimento coattivo del bene da un privato alla PA, dietro il corrispettivo di un indennizzo. Alla PA non e attribuito un generico potere di porre in essere tutti quegli atti che realizzino l'interesse pubblico; al contrario sono attribuiti tanti poteri specifici, ciascuno dei quali realizza uno specifico interesse pubblico, rappresentato dalla causa); e) FORMA, che è l'elemento che si lega alla dichiarazione, determinato per legge, nonostante che nel diritto amministrativo la forma degli atti e tendenzialmente libera, potendo l'atto amministrativo rivestire sia la forma scritta (es. un verbale) sia la forma orale (es. un atto iussivo) sia la forma simbolica o per immagini (es. un segnale stradale, che dai più si ritiene essere un atto di natura iussiva) [se la forma è essenziale, la sua violazione comporta, di regola, l'annullabilità dell'atto ed il relativo vizio è quello della violazione di legge, mentre se la forma viene considerato elemento costitutivo, la sua mancanza comporta la nullità dell'atto e ancora se la violazione attiene ad un aspetto meramente formale, che non incide sugli elementi essenziali, allora il vizio può essere sanato mediante autocorrezione (es. in caso di mera irregolarità) ovvero mediante il principio del raggiungimento dello scopo]; f) DESTINATARIO, che deve essere determinato o determinabile, poiché la sua mancanza determina la nullità dell’atto, mentre l’errata individuazione comporta l’annullabilità; g) MOTIVAZIONE. In particolare, la motivazione si collega sia alla dichiarazione che alla forma dell'atto amministrativo. Per l'art. 3, legge n. 241/1990, ad esclusione degli atti normativi e di quelli a contenuto generale, deve riportare: 1) i presupposti di fatto, 2) le ragioni giuridiche che hanno determinato le ragioni dell'amministrazione. La motivazione non può consistere in una formula stereotipata o generica, come ad es. per motivi di servizio. Ovviamente e superflua, e quindi non è necessaria, la motivazione in un atto di mera certificazione (es. un certificato di nascita) o in un atto che sia dovuto, cioè che la PA è obbligata, per disposizione di legge, a rilasciare. In secondo luogo, la mancanza di uno degli elementi essenziali (a mente dell'art. 21-septies, legge n. 241/1990) e causa di nullità dell'atto. Invece, la mancanza o l'insufficienza della motivazione è causa di annullabilità. Quanto agli atti amministrativi non provvedimentali, la motivazione sembra essere dovuta per le dichiarazioni di scienza o di conoscenza ove esse comportino una qualificazione giuridica o discrezionale dei fatti accertati (es. per gli atti ispettivi). La motivazione è dovuta, inoltre, per gli atti non provvedimentali di natura discrezionale.
2.3.7. GLI ELEMENTI ACCIDENTALI
Sono ELEMENTI ACCIDENTALI dell'atto amministrativo: a) TERMINE, che rappresenta un avvenimento futuro e certo a partire dal quale ( termine iniziale) o fino al quale (termine finale) l'atto avrà efficacia, ma può essere posto discrezionalmente solo agli atti per i quali la legge non prescrive diversamente; b) CONDIZIONE, che rappresenta un avvenimento futuro ed incerto (può trattarsi di una condizione sospensiva, per cui gli effetti dell'atto si realizzano al verificarsi dell'avvenimento, o di una condizione risolutiva, per cui gli effetti dell'atto cessano al verificarsi dell'avvenimento. La condizione puo essere apposta a tutti gli atti discrezionali  di amministrazione attiva e a quelli di controllo ma non puo essere apposta agli atti consultivi); c) MODO, che può essere apposto ad un atto amministrativo solo nei casi previsti dalla legge (es. la licenza di guida può comportare un modo [l'uso degli occhiali] per il privato).
3. Le invalidità del provvedimento amministrativo
3.1. L'invalidità del provvedimento amministrativo
Un atto amministrativo può essere invalido perché contrario a norme giuridiche, e allora si tratta di un atto amministrativo illegittimo, oppure perché e contrario al principio costituzionale della buona amministrazione (art. 97 Cost.), e allora si tratta di un atto amministrativo inopportuno. L'atto illegittimo può essere viziato in modo più o meno grave, dando luogo a due categorie di invalidità degli atti amministrativi: gli atti nulli e gli atti annullabili.
3.2. La nullità
Un atto è NULLO (per Virga, sono identiche le cause della nullità con l'inesistenza) se:
1) c’è INCOMPETENZA ASSOLUTA, cioè quando colui che ha emanato l'atto non aveva potere di farlo;
2) MANCA UNO DEGLI ELEMENTI ESSENZIALI (per cui: inesistenza o indeterminabilità del soggetto o dell'oggetto, illegittimità del contenuto, mancanza di finalità intesa come interesse pubblico, ...).
La nullità comporta le seguenti conseguenze sull’atto amministrativo:
a) in-esistenza giuridica dell’atto, quindi inefficacia dello stesso; b) in-esecutorietà, quando l’atto nullo è inefficace e come tale anche in-esecutorio (qualora all’atto nullo venga data esecuzione, al soggetto compete il cd. diritto di resistenza); c) in-annullabilità, per cui l’atto nullo è inesistente, e come tale non puo essere annullato; d) in-sanabilità e in-convalidabilità, per cui l’atto nullo non può essere sanato né convalidato.
3.3. L'annullamento
Un atto amministrativo risulta ANNULLABILE quando c'e:
a) INCOMPETENZA RELATIVA, per cui l'organo che ha emanato l'atto è competente, ma non colui che se ne e occupato, ad es. perchè inferiore gerarchicamente a chi ne aveva il potere. Può essere per grado o per materia.
b) ECCESSO DI POTERE, che è il cattivo e scorretto uso del potere discrezionale della PA da parte della stessa, e si differenzia dall'ABUSO DI POTERE perché l'ECCESSO mantiene il comportamento dell'agente nel quadro di un potere inalterato, mentre l'ABUSO intacca la sua consistenza o in uno degli elementi che lo compongono. Per esserci ECCESSO DI POTERE, occorrono 3 requisiti: 1) un potere discrezionale della P.A., poiché per gli atti vincolati, essendone predeterminato dalla legge il contenuto, non può riscontrarsi un vizio della funzione (o della volontà); 2) una condotta che esula da tale potere; 3) la prova dello sviamento, necessaria per far venir meno la presunzione di legittimità dell’atto. Le singole figure di ECCESSI DI POTERI sono: 1) SVIAMENTO DI POTERE, per uso del potere discrezionale della PA da parte della stessa per interessi personali/ politici (es. l’imposizione di un vincolo storico ad un immobile al solo scopo di sottrarlo alla demolizione prevista nel piano regolatore) o uso del potere discrezione della PA che persegue l'interesse pubblico, per un fine diverso (es. trasferimento di un impiegato ad una sede disagiata come punizione, laddove per la punizione sono previste apposite azioni disciplinari); 2) TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI, quando la PA, nell’emanazione di un provvedimento, abbia ritenuto esistente un fatto inesistente, o viceversa ovvero quando abbia dato ai fatti un significato erroneo, illogico o irrazionale: es. la PA che accetta la dimissioni di un impiegato sull’erronea presupposizione che siano state presentate; 3) ILLOGICITA'/CONTRADDITTORIETA' DELLA MOTIVAZIONE, quando essa sia illogica o contrastante in varie parti, o quando sia in contrasto col dispositivo o con il preambolo; 4) CONTRADDITTORIETA' TRA PIU' ATTI, quando più atti successivi siano contrastanti tra loro in modo da non far risultare quale sia la vera volontà della P.A. (es. dopo aver collocato a riposo un impiegato, gli si affidi un nuovo incarico); 5) DISPARITA' DI TRATTAMENTO, quando con riferimento a due o più identiche situazioni di fatto si adottino provvedimenti diversi e tra loro inconciliabili.
c) VIOLAZIONE DI LEGGE, per cui, l'atto va contro una legge dello Stato, ma la violazione di legge deve considerarsi una figura residuale in quanto comprende tutte quelle specie di vizi che non rientrano nelle altre due categorie. Essa si sostanzia in un contrasto fra l’atto e l’ordinamento giuridico indipendentemente dalla posizione psicologica (dolosa o colposa) del soggetto agente. L’espressione "legge" ha un senso molto ampio, comprendendo tutti gli atti di normazione; non rientrano in essa, le circolari, che sono norme interne la cui violazione concreta l’eccesso di potere).
L'annullamento comporta l'esistenza e l'efficacia finché non è dichiarata; avendo efficacia ex tunc, l'atto sarà giuridicamente inesistente e sull'esecutorietà dell’atto annullabile non influisce neppure l’eventuale sentenza del GO che ne abbia dichiarato incidentalmente l’illegittimità: infatti l'art. 5, LAC riconosce al GO soltanto la possibilità di disapplicare l’atto, non anche quella di annullarlo o modificarlo. L’annullamento non si verifica di diritto. L'annullamento può essere d'UFFICIO, su iniziativa della PA, se non sono: 1) ATTI PREPARATORI; 2) ATTI DI CONTROLLO; 3) ATTI DECISORI. A secondo dell'autorità che lo dispone, l'annullamento può essere di quattro specie: 1) ANNULLAMENTO GERARCHICO, emanato dall'autorità gerarchicamente superiore; 2) ANNULLAMENTO MINISTERIALE DI ATTI DIRIGENZIALI, secondo l'art. 14, comma 3, d.lgs. n. 165/2001, il dirigente ha poteri d'annullamento ministeriale per motivi di legittimità; 3) ANNULLAMENTO GOVERNATIVO, emanato dal Governo; 4) AUTO-ANNULLAMENTO, se compiuto da chi l'ha emanato, come espressione di autotutela.
L’atto amministrativo può essere (oltre che annullato) anche:
a) ELIMINATO con SENTENZA DEL TAR/CdS, con DECISIONE AMMINISTRATIVA CON RICORSO DELL'INTERESSATO, con ATTO SPONTANEO DELLA PA, tramite l'atto di ritiro, che e un provvedimento di II°, con cui la P.A. ritira con efficacia non retroattiva (ex nunc), un atto inficiato da vizi di merito in base ad una nuova valutazione degli interessi [tramite il potere dell'autotutela della PA].
b) SANATO o CONVALIDATO, ma solo per atti annullabili, mediante un atto che li tiene in vita eliminando il vizio (cd. convalescenza dell'atto), ottenuto tramite CONVALIDA, RATIFICA o SANATORIA o un atto che rende l'atto (illegittimo) inattaccabile sul piano amministrativo e giurisdizionale o un fatto che dia l'effetto conservativo o che raggiunga lo scopo per cui era stato emanato (cd. Conservazione dell'atto), ottenuto tramite CONSOLIDAZIONE (cd. conservazione oggettiva che dipende dal decorso del tempo perentorio entro il quale l'interessato avrebbe potuto proporre ricorso contro l'atto invalido), ACQUIESCENZA (cd. conservazione soggettiva attraverso comportamento espresso o fatto concludente), CONVERSIONE e CONFERMA.
c) REVOCATO, con efficacia ex nunc, se vi sono due presupposti, quali una mancanza attuale di rispondenza dell'atto alle esigenze pubbliche, dedotta discrezionalmente dalla PA in base ad una nuova valutazione degli elementi che furono a base dell'atto da revocare e l'esistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale all’eliminazione dell'atto inopportuno. Esistono 2 tipi di revoca: 1) AUTOREVOCA, da parte della stessa autorità che ha emanato l'atto; 2) REVOCA GERARCHICA, da parte dell'autorità gerarchicamente superiore. Sono IRREVOCABILI, gli atti vincolati, gli atti la cui efficacia si e già esaurita, gli atti costitutivi di status e diritti quesiti, gli atti di mera esecuzione, gli atti imperfetti e i provvedimenti contenziosi. Gli effetti dell'atto cessano solo dal momento della operatività della revoca, mentre sopravvivono gli effetti già prodotti in precedenza.
3.4. L'inesistenza
Per parte della dottrina esiste una terza categoria: quella degli atti INESISTENTI, quando c’è:
a) INESISTENZA DEL SOGGETTO (es. non e organo della PA);
b) INCOMPETENZA ASSOLUTA PER TERRITORIO (es. il prefetto fa un provvedimento per altra provincia);
c) INCOMPETENZA ASSOLUTA PER MATERIA;
d) INESISTENZA DELL’OGGETTO (il destinatario o la res sui quali l’atto e destinato a produrre gli effetti giuridici);
e) MANCANZA DI FORMA ESSENZIALE, quando la forma e richiesta dalla legge ad substantiam, cioè a pena di nullità;
f) INESISTENZA DEL CONTENUTO, quando la parte precettiva è Indeterminata o indeterminabile, Illecita, Impossibile o Manca la finalità (l’atto non è preordinato al perseguimento di un interesse pubblico della PA).
3.5. Le altre patologie del provvedimento amministrativo
Un atto amministrativo risulta IMPERFETTO quando non si sia ancora chiuso il suo ciclo di formazione.
Un atto amministrativo risulta INEFFICACE quando, benché perfetto, non è idoneo a produrre gli effetti giuridici in quanto sono inesistenti i requisiti di efficacia previsti: a) dalla legge (controlli); b) dalla natura dell’atto in quanto ricettizio (comunicazioni); c) dallo stesso provvedimento (condizione sospensiva). L’atto inefficace va considerato non esecutivo.
Un atto amministrativo risulta INESEGUIBILE quando diventa inefficace per il sopravvenire di un atto ostativo (es. ordinanza di sospensione).
Un atto amministrativo risulta IRREGOLARE quando l'atto presenta un vizio per il quale la legge non commina conseguenze negative per l'atto stesso ma solo sanzioni amministrative a carico dell'agente che lo ha posto in essere (es. violazione delle norme sul bollo).