Sommario 1. L'attività amministrativa. Cenno definitorio. 2. L'atto
amministrativa. 3. Le patologie dell'atto amministrativo.
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1. L’attività
amministrativa. Cenno definitorio.
L'ATTIVITA' AMMINISTRATIVA è quell'attività mediante la quale gli
organi statali (o di altra PA) all'uopo preposti provvedono alla cura degli
interessi pubblici ad essi affidati.
La DISCREZIONALITA' AMMINISTRATIVA consiste in una facoltà di
scelta, da parte della PA, fra più comportamenti giuridicamente leciti per il
soddisfacimento dell'interesse pubblico (inteso come concreto, obiettivo e
collettivo) e per il perseguimento di un fine rispondente alla causa del potere
esercitato: a) DISCREZIONALITA' PIENA (se l'attività posta in essere è
insindacabile); b) DISCREZIONALITA' PARZIALE (se l'attività posta in essere è
sindacabile solo in determinati casi previsti); c) DISCREZIONALITA' TECNICA
(ogni qualvolta che le norme non consentono di orientare univocamente verso una
determinata scelta discrezionale); d) MISTA (se l'attività posta in essere
presenta caratteri tipici sia della discrezionalità tecnica che
amministrativa).
In riferimento, al punto c), come ricorda l'Avv. Buonaiuto,
così come da contributo telematico effettuato in data 3/3/2009 dal titolo “Il
concetto di discrezionalità nel diritto amministrativo”: <<occorre
ribadire che ben spesso le valutazioni tecniche non sono esse stesse valutabili
univocamente in un determinato senso, ma postulano l’aderenza ad una piuttosto
che all’altra concezione scientifica, o risultano comunque opinabili (come ben
spesso accade per le discipline scientifiche o, specialmente,in campo estetico,
come pure sociologico o economico). In realtà, nemmeno nel contesto delle
“scienze esatte” (es, matematica, fisica, chimica) si può essere sicuri
dell’univocità e costanza di determinate conclusioni, potendosi distinguere
semmai, con maggiore aderenza al livello attuale delle conoscenze, non tanto fra
scienze esatte e scienze sociali o inesatte, quanto piuttosto tra risultati
verosimili e risultati plausibili. In conclusione, si può dire che la fase
istruttoria assume grande rilievo, oggi, anche sotto il profilo di cui si è
detto, attinente specialmente al nesso con le norme tecniche, ovvero le regole
appartenenti a discipline non giuridiche, in relazione alle quali erroneamente
si parlava di “discrezionalità tecnica”, essenzialmente per inferirne la
conclusione che il loro esame sarebbe sottratto alla cognizione del giudice
amministrativo, quasi che avesse a che fare con il merito dell’attività
amministrativa (rispetto al quale pure, come si è rilevato, la cognizione del
G.A. non si arresta totalmente). Anzi, si può dire che sia ormai consolidato
l’orientamento, giurisprudenziale (a partire dalla Sent. Consiglio di Stato,
Sez. IV, 9 aprile 1999 n. 601) secondo il quale la violazione di norme
tecniche, quando queste siano richiamate dalla norma giuridica (e in tal modo
in essa incorporate), non può che assumere lo stesso valore degli altri vizi di
legittimità, in particolare la violazione di legge>>.
2. L'atto
amministrativo
2.1. Definizione e caratteri generali
Un ATTO
AMMINISTRATIVO è un atto giuridico posto in essere da un'autorità
amministrativa nell'esercizio di una sua funzione amministrativa. Esso è
espressione di un potere amministrativo, produttivo di effetti
indipendentemente dalla volontà del soggetto o dei soggetti cui e rivolto.
L'atto amministrativo è unilaterale, con
rilevanza esterna e nominativo: a) unilaterale, poiché la
manifestazione di volontà in cui esso si concreta proviene dalla pubblica autorità;
b) con rilevanza esterna, poiché è destinato ad esplicare i suoi effetti non
soltanto all'interno dell'organismo da cui promana, ma anche nei confronti di
soggetti ad esso estranei, quali, ad es., i privati cittadini; c) tipici e
nominativi; d) autoritativi; e) esecutivi ed esecutori (nel senso che sono
immediatamente esecutivi e la PA può imporre la loro esecuzione anche senza
provvedimento giurisdizionale). Nell'atto amministrativo, la volontà non
promana da un soggetto fisico, ma è solitamente il risultato di una sequenza di
atti di diversi uffici o organi; inoltre non è libera nelle scelte, ma
condizionata dai fini istituzionali, verso i quali l'intera attività della PA
deve sempre essere diretta.
2.2. La classificazione degli atti
Gli atti amministrativi si distinguono in varie
categorie. Gli atti amministrativi si
distinguono in atti vincolati, che l'amministrazione deve emanare secondo norme
previste dalla legge e atti discrezionali, lasciati alla libera scelta della
PA. La distinzione più importante che si suole fare e quella tra provvedimenti:
a) ATTI TIPICI E NOMINATI; b) ATTI CHE NON SONO PROVVEDIMENTI.
In riferimento al
punto a), sono atti dotati di particolare forza giuridica in quanto
destinati a modificare situazioni giuridiche in modo autoritativo, quali: 1) AUTORIZZAZIONI, con la quale la PA provvede alla rimozione
di un limite legale posto all'esercizio di un'attività inerente ad un DS o ad
una potestà pubblica che devono necessariamente preesistere in capo al
destinatario (e possono essere ESPRESSE/ TACITE, IMPLICITE/ INDIRETTE, MODALI
quando per ragioni di pubblico interesse sono consentito all'autorità
amministrativa d'inserire prescrizioni limitative o modali, nel provvedimento
permissivo o NON MODALI, PERSONALI quando l'apprezzamento discrezionale della
PA concerne requisiti inerenti la persona del soggetto autorizzato o REALI/OB
REM quando l'accertamento verte su requisiti concernenti una “res”, e
DISCREZIONALI/ VINCOLATE); 2) LICENZE; 3) CONCESSIONI, con
la quale la PA conferisce ex novo posizioni giuridiche attive al destinatario,
ampliandone così la sfera giuridica (con l'atto di Concessione, sorge un
rapporto di diritto pubblico fra la PA concedente e il concessionario e possono
essere CONCESSIONI TRASLATIVE e CONCESSIONI COSTITUTIVE); 4) ORDINI; 5) ATTI
OBLATIVI.
In riferimento al
punto b), vi rientrano in
questa categoria i regolamenti della PA e gli atti amministrativi in senso
stretto, con i quali la PA non modifica la situazione giuridica di soggetti
privati ma si limita a dichiarare l'esistenza di un fatto (ad es., rilascio di
certificati) oppure a formulare giudizi (ad es., giudizi delle commissioni di
concorso, accertamenti tributari ...) o pareri (ad es., in merito a
provvedimenti disciplinari nei confronti di un dipendente pubblico): 1) PARERI, che possono essere "facoltativi" e/o
"obbligatori", ma comunque espressi in forma scritta; 2) ATTO DI CONTROLLO; 3) ATTO PROPULSIVO; 4) ATTO RICOGNITIVO; 5) ATTO
PARITETICO.
2.3. Gli elementi dell'atto amministrativo
2.3.1. L'OGGETTO, IL CONTENUTO E LA FORMA
L'oggetto dell'atto
amministrativo è la situazione giuridica del soggetto nei cui confronti l'atto
esplica i suoi effetti, o la cosa sulla quale esso produce una trasformazione
giuridica. L'oggetto deve essere determinato o determinabile: la sua mancanza o
la sua errata individuazione rende invalido l'atto. Il contenuto è ciò che
l'atto di volta in volta dispone (ordina, autorizza, acconsente, accerta...).
Deve essere possibile, lecito,
determinato o determinabile. E' necessario che sia posto in essere da un organo
dotato di potestà amministrativa, e che sia esplicazione di una potestà
amministrativa (ad es., non e atto amministrativo il decreto legge). Affinché
un atto amministrativo esista (forma) è necessario che sia manifestato
dall'organo competente a emanarlo, che sia riferibile a esso e indichi di
provenire dal suo autore; se non vi sono leggi o norme regolamentari che
stabiliscono come esso debba essere esternato vale la libertà di forma. Perciò
oltre agli atti scritti ve ne sono alcuni espressi oralmente o mediante
segnali, o anche in modo implicito (l'autorizzazione di un ente non riconosciuto
a compiere un acquisto può rivelare l'implicita volontà dell'autorità
amministrativa di riconoscere l'ente). Dalla manifestazione tacita o implicita
va tenuto distinto il silenzio della PA (cfr. 2.3.2, presente trattazione).
2.3.2. L'INERZIA DELLA P.A.
In caso di INERZIA DELLA PA , la
legge n. 241/1990 ha sancito che: a) l'obbligo generale della PA di concludere
il procedimento mediante l'adozione di un provvedimento espresso (art. 2, legge
n. 241/90); b) è illegittimo il comportamento omissivo ed inerziale della PA e
il privato ha un vero e proprio diritto alla conclusione del procedimento
(potendo agire ottenendo sanzioni civili, penali, disciplinari). In
particolare, la legge da rilievo ad alcune ipotesi inerziali, attribuendo
determinati significati.
Il SILENZIO-ASSENSO è previsto dall'art. 20, legge n. 241/90,
prevedendo il valore d'accoglimento dell'istanza: fatta salva l'applicazione
dell'art. 19, legge n. 241/90 nei procedimenti ad istanza di parte per il
rilascio di provvedimenti amministrativi (d.i.a. e s.c.i.a.), il silenzio della
PA competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza
necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione: a)
non comunica all'interessato, nel termine di 30 giorni o 90 giorni se c'è
decreto del Presidente del CdM su proposta del Ministro interessato il
provvedimento di diniego; b) non procede ai sensi dell'art. 20, comma 2, legge
n. 241/90, cioè la PA competente può indire, entro 30 giorni dalla
presentazione dell'istanza, una conferenza di servizi, anche tenendo conto
delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati. Nei casi in cui
il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda,
l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela,
ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies, legge n. 241/90. Le disposizioni
del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il
patrimonio culturale e paesaggistico,
l'ambiente, la difesa nazionale,
la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e
la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone
l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge
qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché
agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con i Ministri competenti. Le controversi in tema di silenzio-assenso
sono devolute alla giurisdizione del GA.
Il SILEZIO-DINIEGO (RIFIUTO) si ha quando la legge conferisce
all'inerzia questo significato.
Il SILENZIO-INADEMPIENTO è stabilito dal combinato degli artt. 31 e
117 del Codice del processo amministrativo: il privato può adire l'AG al fine
d'ottenere l'accertamento dell'obbligo della PA di provvedere. Decorsi i
termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi
previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento
dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere. L'azione può essere proposta
fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla
scadenza del termine di conclusione del procedimento. E' fatta salva la riproponibilità
dell'istanza di avvio del procedimento
ove ne ricorrano i presupposti. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza
della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o
quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della
discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere
compiuti dall'amministrazione. La domanda volta all'accertamento delle nullità
previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di 180 giorni. La
nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere
rilevata d'ufficio dal giudice. A tale silenzio, la legge non gli ha attribuito
alcun significato. Ai sensi dell'art. 21-quater, legge n. 241/90: i
provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che
sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo.
2.3.3. LA STRUTTURA FORMALE
Un atto amministrativo, nella
generalità dei casi, presenta una struttura formale composta da: a) INTESTAZIONE (indica l'autorità da cui
emana l'atto); b) PREAMBOLO; c)
MOTIVAZIONE (valuta comparativamente gli interessi, indicando le ragioni
per le quali si preferisce soddisfare un interesse in luogo di un altro, per
cui indica i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche); d) DISPOSITIVO (e la parte precettiva
che costituisce l'atto di volontà della PA); e) LUOGO e DATA; f) SOTTOSCRIZIONE (contiene la firma dell'autorità
che emana l'atto o di quella delegata).
2.3.4. I REQUISITI DI VALIDITA' ED EFFICACIA
I requisiti sono le componenti
che incidono sulla validità e sull'efficacia dell'atto e quindi si distinguono
in: a) REQUISITI DI LEGITTIMITA', la cui mancanza comporta l'annullabilità
dell'atto e sono i requisiti che la legge richiede perché l'atto
amministrativo, oltre che esistente, sia valido cioè legittimo (la loro
mancanza perciò è un vizio e comporta l'illegittimità dell'atto); b) REQUISITI
D'EFFICACIA, necessari invece perché l'atto produca concretamente i suoi
effetti. L'efficacia e la qualità dell'atto amministrativo di poter validamente
produrre gli effetti per i quali e stato posto in essere. L'atto
amministrativo, in quanto prodotto dalla PA per finalità di pubblico interesse
è produttivo di effetti indipendentemente, ma anche contro, la volontà del
soggetto, o dei soggetti, interessato dall'atto. In base alla loro efficacia,
gli atti amministrativi possono essere: 1) ATTI COSTITUTIVI, che creano/
modificano/ estinguono un rapporto giuridico preesistente; 2) ATTI
DICHIARATIVI, che si limitano ad accertare una situazione senza influire su
essa. Rispetto all'efficacia dell'atto amministrativo si riporta la pronuncia
del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4126/2002, che recita: «I provvedimenti
amministrativi hanno carattere costitutivo e producono effetti a decorrere
dalla data della loro emanazione, con la sola eccezione dei casi in cui una
norma disponga diversamente (perché richiede il superamento di un controllo
preventivo di legittimità ovvero la notifica dell'atto al suo destinatario),
oppure dei casi in cui un obbligo di fare (ad esempio imposto con un
provvedimento contingibile ed urgente) divenga concretamente esigibile a
seguito della sua comunicazione al destinatario».
2.3.5. GLI ELEMENTI. CENNI
Rispetto al contenuto dell'atto amministrativo
si distinguono gli ELEMENTI ESSENZIALI dai ELEMENTI ACCIDENTALI: a) la mancanza
di un elemento essenziale determina la nullità dell'atto amministrativo, mentre
la mancanza di un requisito determina l'annullabilità dell'atto, cioè la possibilità
che sia annullato, su istanza di parte o d'ufficio da parte della Pubblica
Amministrazione; b) gli elementi accidentali si possono applicare soltanto agli
atti amministrativi negoziali (infatti rispetto agli atti amministrativi gli
elementi accidentali non hanno ragion d'essere, es., un certificato di nascita
sottoposto a condizione sospensiva). Gli elementi accidentali devono essere
possibili e leciti. Inoltre, gli elementi accidentali illeciti o impossibili
non comportano la nullità o l'annullabilità dell'atto amministrativo, ma si
considerano come non apposti.
2.3.6. GLI ELEMENTI ESSENZIALI
Sono ELEMENTI ESSENZIALI
dell'atto amministrativo: a) CAPACITA' DEL SOGGETTO CHE EMANA L'ATTO, per cui
il soggetto che emana l'atto amministrativo deve avere la capacità (cd.
competenza ad emanarlo) e se l'atto è emanato da un soggetto che non e organo
della PA, non si e in presenza di un atto amministrativo, ma in casi
particolari previsti dalla legge, l'attività posta in essere da un privato può
qualificarsi come amministrativa (es. il caso di un cittadino che in presenza
di catastrofi naturali svolga volontariamente attività di natura pubblica, cd.
funzionario di fatto); b) DICHIARAZIONE, che è l'atto con cui la PA rende
conoscibile al suo esterno la propria volontà; c) OGGETTO; d) CAUSA, che è la finalità
tipica di pubblico interesse prevista dall'ordinamento per l'atto (es. la causa
dell'espropriazione consiste nel trasferimento coattivo del bene da un privato
alla PA, dietro il corrispettivo di un indennizzo. Alla PA non e attribuito un
generico potere di porre in essere tutti quegli atti che realizzino l'interesse
pubblico; al contrario sono attribuiti tanti poteri specifici, ciascuno dei
quali realizza uno specifico interesse pubblico, rappresentato dalla causa); e)
FORMA, che è l'elemento che si lega alla dichiarazione, determinato per legge,
nonostante che nel diritto amministrativo la forma degli atti e tendenzialmente
libera, potendo l'atto amministrativo rivestire sia la forma scritta (es. un
verbale) sia la forma orale (es. un atto iussivo) sia la forma simbolica o per
immagini (es. un segnale stradale, che dai più si ritiene essere un atto di
natura iussiva) [se la forma è essenziale, la sua violazione comporta, di
regola, l'annullabilità dell'atto ed il relativo vizio è quello della
violazione di legge, mentre se la forma viene considerato elemento costitutivo,
la sua mancanza comporta la nullità dell'atto e ancora se la violazione attiene
ad un aspetto meramente formale, che non incide sugli elementi essenziali,
allora il vizio può essere sanato mediante autocorrezione (es. in caso di mera irregolarità)
ovvero mediante il principio del raggiungimento dello scopo]; f) DESTINATARIO,
che deve essere determinato o determinabile, poiché la sua mancanza determina
la nullità dell’atto, mentre l’errata individuazione comporta l’annullabilità;
g) MOTIVAZIONE. In particolare, la motivazione si collega sia alla
dichiarazione che alla forma dell'atto amministrativo. Per l'art. 3, legge n.
241/1990, ad esclusione degli atti normativi e di quelli a contenuto generale,
deve riportare: 1) i presupposti di fatto, 2) le ragioni giuridiche che hanno
determinato le ragioni dell'amministrazione. La motivazione non può consistere
in una formula stereotipata o generica, come ad es. per motivi di servizio.
Ovviamente e superflua, e quindi non è necessaria, la motivazione in un atto di
mera certificazione (es. un certificato di nascita) o in un atto che sia
dovuto, cioè che la PA è obbligata, per disposizione di legge, a rilasciare. In
secondo luogo, la mancanza di uno degli elementi essenziali (a mente dell'art.
21-septies, legge n. 241/1990) e causa di nullità dell'atto. Invece, la
mancanza o l'insufficienza della motivazione è causa di annullabilità. Quanto
agli atti amministrativi non provvedimentali, la motivazione sembra essere
dovuta per le dichiarazioni di scienza o di conoscenza ove esse comportino una
qualificazione giuridica o discrezionale dei fatti accertati (es. per gli atti
ispettivi). La motivazione è dovuta, inoltre, per gli atti non provvedimentali
di natura discrezionale.
2.3.7. GLI ELEMENTI ACCIDENTALI
Sono ELEMENTI ACCIDENTALI
dell'atto amministrativo: a) TERMINE, che rappresenta un avvenimento futuro e
certo a partire dal quale ( termine iniziale) o fino al quale (termine finale)
l'atto avrà efficacia, ma può essere posto discrezionalmente solo agli atti per
i quali la legge non prescrive diversamente; b) CONDIZIONE, che rappresenta un
avvenimento futuro ed incerto (può trattarsi di una condizione sospensiva, per cui
gli effetti dell'atto si realizzano al verificarsi dell'avvenimento, o di una
condizione risolutiva, per cui gli effetti dell'atto cessano al verificarsi
dell'avvenimento. La condizione puo essere apposta a tutti gli atti
discrezionali di amministrazione attiva
e a quelli di controllo ma non puo essere apposta agli atti consultivi); c)
MODO, che può essere apposto ad un atto amministrativo solo nei casi previsti
dalla legge (es. la licenza di guida può comportare un modo [l'uso degli
occhiali] per il privato).
3. Le invalidità del
provvedimento amministrativo
3.1. L'invalidità del
provvedimento amministrativo
Un atto amministrativo può essere
invalido perché contrario a norme giuridiche, e allora si tratta di un atto
amministrativo illegittimo, oppure perché e contrario al principio
costituzionale della buona amministrazione (art. 97 Cost.), e allora si tratta
di un atto amministrativo inopportuno. L'atto illegittimo può essere viziato in
modo più o meno grave, dando luogo a due categorie di invalidità degli atti
amministrativi: gli atti nulli e gli atti annullabili.
3.2. La nullità
Un atto è NULLO (per Virga, sono
identiche le cause della nullità con l'inesistenza) se:
1) c’è INCOMPETENZA ASSOLUTA,
cioè quando colui che ha emanato l'atto non aveva potere di farlo;
2) MANCA UNO DEGLI ELEMENTI
ESSENZIALI (per cui: inesistenza o indeterminabilità del soggetto o
dell'oggetto, illegittimità del contenuto, mancanza di finalità intesa come
interesse pubblico, ...).
La nullità comporta le seguenti
conseguenze sull’atto amministrativo:
a) in-esistenza giuridica
dell’atto, quindi inefficacia dello stesso; b) in-esecutorietà, quando l’atto
nullo è inefficace e come tale anche in-esecutorio (qualora all’atto nullo
venga data esecuzione, al soggetto compete il cd. diritto di resistenza); c)
in-annullabilità, per cui l’atto nullo è inesistente, e come tale non puo
essere annullato; d) in-sanabilità e in-convalidabilità, per cui l’atto nullo
non può essere sanato né convalidato.
3.3. L'annullamento
Un atto amministrativo risulta
ANNULLABILE quando c'e:
a) INCOMPETENZA RELATIVA, per cui l'organo che ha emanato l'atto è
competente, ma non colui che se ne e occupato, ad es. perchè inferiore
gerarchicamente a chi ne aveva il potere. Può essere per grado o per materia.
b) ECCESSO DI POTERE, che è il cattivo e scorretto uso del potere
discrezionale della PA da parte della stessa, e si differenzia dall'ABUSO DI
POTERE perché l'ECCESSO mantiene il comportamento dell'agente nel quadro di un
potere inalterato, mentre l'ABUSO intacca la sua consistenza o in uno degli
elementi che lo compongono. Per esserci ECCESSO DI POTERE, occorrono 3
requisiti: 1) un potere discrezionale della P.A., poiché per gli atti
vincolati, essendone predeterminato dalla legge il contenuto, non può
riscontrarsi un vizio della funzione (o della volontà); 2) una condotta che
esula da tale potere; 3) la prova dello sviamento, necessaria per far venir
meno la presunzione di legittimità dell’atto. Le singole figure di ECCESSI DI
POTERI sono: 1) SVIAMENTO DI POTERE, per uso del potere discrezionale della PA
da parte della stessa per interessi personali/ politici (es. l’imposizione di
un vincolo storico ad un immobile al solo scopo di sottrarlo alla demolizione
prevista nel piano regolatore) o uso del potere discrezione della PA che
persegue l'interesse pubblico, per un fine diverso (es. trasferimento di un
impiegato ad una sede disagiata come punizione, laddove per la punizione sono
previste apposite azioni disciplinari); 2) TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE
DEI FATTI, quando la PA, nell’emanazione di un provvedimento, abbia ritenuto
esistente un fatto inesistente, o viceversa ovvero quando abbia dato ai fatti
un significato erroneo, illogico o irrazionale: es. la PA che accetta la
dimissioni di un impiegato sull’erronea presupposizione che siano state
presentate; 3) ILLOGICITA'/CONTRADDITTORIETA' DELLA MOTIVAZIONE, quando essa
sia illogica o contrastante in varie parti, o quando sia in contrasto col
dispositivo o con il preambolo; 4) CONTRADDITTORIETA' TRA PIU' ATTI, quando più
atti successivi siano contrastanti tra loro in modo da non far risultare quale
sia la vera volontà della P.A. (es. dopo aver collocato a riposo un impiegato,
gli si affidi un nuovo incarico); 5) DISPARITA' DI TRATTAMENTO, quando con
riferimento a due o più identiche situazioni di fatto si adottino provvedimenti
diversi e tra loro inconciliabili.
c) VIOLAZIONE DI LEGGE, per cui, l'atto va contro una legge dello
Stato, ma la violazione di legge deve considerarsi una figura residuale in
quanto comprende tutte quelle specie di vizi che non rientrano nelle altre due
categorie. Essa si sostanzia in un contrasto fra l’atto e l’ordinamento
giuridico indipendentemente dalla posizione psicologica (dolosa o colposa) del
soggetto agente. L’espressione "legge" ha un senso molto ampio,
comprendendo tutti gli atti di normazione; non rientrano in essa, le circolari,
che sono norme interne la cui violazione concreta l’eccesso di potere).
L'annullamento comporta
l'esistenza e l'efficacia finché non è dichiarata; avendo efficacia ex tunc,
l'atto sarà giuridicamente inesistente e sull'esecutorietà dell’atto
annullabile non influisce neppure l’eventuale sentenza del GO che ne abbia
dichiarato incidentalmente l’illegittimità: infatti l'art. 5, LAC riconosce al
GO soltanto la possibilità di disapplicare l’atto, non anche quella di
annullarlo o modificarlo. L’annullamento non si verifica di diritto.
L'annullamento può essere d'UFFICIO, su iniziativa della PA, se non sono: 1)
ATTI PREPARATORI; 2) ATTI DI CONTROLLO; 3) ATTI DECISORI. A secondo dell'autorità
che lo dispone, l'annullamento può essere di quattro specie: 1) ANNULLAMENTO
GERARCHICO, emanato dall'autorità gerarchicamente superiore; 2) ANNULLAMENTO
MINISTERIALE DI ATTI DIRIGENZIALI, secondo l'art. 14, comma 3, d.lgs. n.
165/2001, il dirigente ha poteri d'annullamento ministeriale per motivi di legittimità;
3) ANNULLAMENTO GOVERNATIVO, emanato dal Governo; 4) AUTO-ANNULLAMENTO, se
compiuto da chi l'ha emanato, come espressione di autotutela.
L’atto amministrativo può essere
(oltre che annullato) anche:
a) ELIMINATO con SENTENZA DEL
TAR/CdS, con DECISIONE AMMINISTRATIVA CON RICORSO DELL'INTERESSATO, con ATTO
SPONTANEO DELLA PA, tramite l'atto di ritiro, che e un provvedimento di II°,
con cui la P.A. ritira con efficacia non retroattiva (ex nunc), un atto
inficiato da vizi di merito in base ad una nuova valutazione degli interessi
[tramite il potere dell'autotutela della PA].
b) SANATO o CONVALIDATO, ma solo
per atti annullabili, mediante un atto che li tiene in vita eliminando il vizio
(cd. convalescenza dell'atto), ottenuto tramite CONVALIDA, RATIFICA o SANATORIA
o un atto che rende l'atto (illegittimo) inattaccabile sul piano amministrativo
e giurisdizionale o un fatto che dia l'effetto conservativo o che raggiunga lo
scopo per cui era stato emanato (cd. Conservazione dell'atto), ottenuto tramite
CONSOLIDAZIONE (cd. conservazione oggettiva che dipende dal decorso del tempo
perentorio entro il quale l'interessato avrebbe potuto proporre ricorso contro
l'atto invalido), ACQUIESCENZA (cd. conservazione soggettiva attraverso
comportamento espresso o fatto concludente), CONVERSIONE e CONFERMA.
c) REVOCATO, con efficacia ex
nunc, se vi sono due presupposti, quali una mancanza attuale di rispondenza
dell'atto alle esigenze pubbliche, dedotta discrezionalmente dalla PA in base
ad una nuova valutazione degli elementi che furono a base dell'atto da revocare
e l'esistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale all’eliminazione
dell'atto inopportuno. Esistono 2 tipi di revoca: 1) AUTOREVOCA, da parte della
stessa autorità che ha emanato l'atto; 2) REVOCA GERARCHICA, da parte dell'autorità
gerarchicamente superiore. Sono IRREVOCABILI, gli atti vincolati, gli atti la
cui efficacia si e già esaurita, gli atti costitutivi di status e diritti
quesiti, gli atti di mera esecuzione, gli atti imperfetti e i provvedimenti
contenziosi. Gli effetti dell'atto cessano solo dal momento della operatività
della revoca, mentre sopravvivono gli effetti già prodotti in precedenza.
3.4. L'inesistenza
Per parte della dottrina esiste
una terza categoria: quella degli atti INESISTENTI, quando c’è:
a) INESISTENZA DEL SOGGETTO (es.
non e organo della PA);
b) INCOMPETENZA ASSOLUTA PER
TERRITORIO (es. il prefetto fa un provvedimento per altra provincia);
c) INCOMPETENZA ASSOLUTA PER
MATERIA;
d) INESISTENZA DELL’OGGETTO (il
destinatario o la res sui quali l’atto e destinato a produrre gli effetti
giuridici);
e) MANCANZA DI FORMA ESSENZIALE,
quando la forma e richiesta dalla legge ad substantiam, cioè a pena di nullità;
f) INESISTENZA DEL CONTENUTO,
quando la parte precettiva è Indeterminata o indeterminabile, Illecita,
Impossibile o Manca la finalità (l’atto non è preordinato al perseguimento di
un interesse pubblico della PA).
3.5. Le altre patologie del provvedimento amministrativo
Un atto amministrativo risulta
IMPERFETTO quando non si sia ancora chiuso il suo ciclo di formazione.
Un atto amministrativo risulta
INEFFICACE quando, benché perfetto, non è idoneo a produrre gli effetti
giuridici in quanto sono inesistenti i requisiti di efficacia previsti: a)
dalla legge (controlli); b) dalla natura dell’atto in quanto ricettizio
(comunicazioni); c) dallo stesso provvedimento (condizione sospensiva). L’atto
inefficace va considerato non esecutivo.
Un atto amministrativo risulta
INESEGUIBILE quando diventa inefficace per il sopravvenire di un atto ostativo
(es. ordinanza di sospensione).
Un atto amministrativo risulta
IRREGOLARE quando l'atto presenta un vizio per il quale la legge non commina
conseguenze negative per l'atto stesso ma solo sanzioni amministrative a carico
dell'agente che lo ha posto in essere (es. violazione delle norme sul bollo).