Così ha deciso la sezione tributaria civile della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 6721 depositata il 4 maggio 2012, pronunciandosi su di un ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza della Commissione Tribunale Regionale.
In particolare, la predetta Commissione aveva rigettato l’appello proposto dalla stessa Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto integralmente il ricorso della parte contribuente sul presupposto che l’atto di accertamento (relativo, nella fattispecie, ad ILOR) non fosse stato notificato alla società contribuente. La sentenza impugnata aveva ritenuto, infatti, che la procedura di notifica dell’avviso di accertamento fosse stata fatta in violazione delle prescrizioni dell’art. 145 c.p.c. (non essendosi verificata l’impossibilità di eseguire la consegna né per irreperibilità, né per incapacità, né per rifiuto) ed in ogni caso per omessa indicazione della relata di notifica degli elementi imposti dagli artt. 138, 139 e 145 del c.p.c. La stessa Commissione aveva, altresì, evidenziato che l’inidoneità della procedura di notifica non avrebbe potuto essere avanzata in occasione della notifica della cartella esattoriale “in quanto i vizi di notifica dell’atto presupposto ne avrebbero comunque inficiato la validità”.
L’Agenzia, ricorrendo in cassazione, aveva rilevato, tra l’altro, che il giudice di appello aveva omesso di rilevare che, pur dandosi per presupposto come inidonea la procedura di notifica dell’avviso di accertamento, quest’ultimo avrebbe potuto essere comunque impugnato unitamente alla consequenziale cartella di pagamento.
La Suprema Corte ha ribadito un principio che, sebbene dettato in materia di avviso di mora, risulta estensibile ad ogni fattispecie di correlazione tra atto presupposto ed atto consequenziale. In tema di riscossione delle imposte, l’avviso di mora assolve a due funzioni: la prima, avente carattere necessario, consiste nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata. La seconda funzione è eventuale, ha natura sostanziale e consiste nel portare a conoscenza del contribuente per la prima volta la pretesa erariale, ove l’avviso di mora non sia stato preceduto dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione o della cartella esattoriale. Pertanto, il contribuente il quale lamenti che la notificazione dell’avviso di mora non sia stata preceduta dalla regolare notificazione degli atti di imposizione, ha l’onere di impugnare congiuntamente sia l’avviso di mora, sia gli atti da questi presupposti e non notificatigli. In difetto, egli decade dal potere di impugnare i successivi avvisi di mora di identico contenuto emessi dall’amministrazione al fine di sanare la sopravvenuta efficacia del primo, per mancato inizio dell’espropriazione nel termine di legge. Dunque, la Corte, affermando che il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare la definitività del provvedimento impositivo impugnato, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara inammissibile il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo.
In particolare, la predetta Commissione aveva rigettato l’appello proposto dalla stessa Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto integralmente il ricorso della parte contribuente sul presupposto che l’atto di accertamento (relativo, nella fattispecie, ad ILOR) non fosse stato notificato alla società contribuente. La sentenza impugnata aveva ritenuto, infatti, che la procedura di notifica dell’avviso di accertamento fosse stata fatta in violazione delle prescrizioni dell’art. 145 c.p.c. (non essendosi verificata l’impossibilità di eseguire la consegna né per irreperibilità, né per incapacità, né per rifiuto) ed in ogni caso per omessa indicazione della relata di notifica degli elementi imposti dagli artt. 138, 139 e 145 del c.p.c. La stessa Commissione aveva, altresì, evidenziato che l’inidoneità della procedura di notifica non avrebbe potuto essere avanzata in occasione della notifica della cartella esattoriale “in quanto i vizi di notifica dell’atto presupposto ne avrebbero comunque inficiato la validità”.
L’Agenzia, ricorrendo in cassazione, aveva rilevato, tra l’altro, che il giudice di appello aveva omesso di rilevare che, pur dandosi per presupposto come inidonea la procedura di notifica dell’avviso di accertamento, quest’ultimo avrebbe potuto essere comunque impugnato unitamente alla consequenziale cartella di pagamento.
La Suprema Corte ha ribadito un principio che, sebbene dettato in materia di avviso di mora, risulta estensibile ad ogni fattispecie di correlazione tra atto presupposto ed atto consequenziale. In tema di riscossione delle imposte, l’avviso di mora assolve a due funzioni: la prima, avente carattere necessario, consiste nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata. La seconda funzione è eventuale, ha natura sostanziale e consiste nel portare a conoscenza del contribuente per la prima volta la pretesa erariale, ove l’avviso di mora non sia stato preceduto dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione o della cartella esattoriale. Pertanto, il contribuente il quale lamenti che la notificazione dell’avviso di mora non sia stata preceduta dalla regolare notificazione degli atti di imposizione, ha l’onere di impugnare congiuntamente sia l’avviso di mora, sia gli atti da questi presupposti e non notificatigli. In difetto, egli decade dal potere di impugnare i successivi avvisi di mora di identico contenuto emessi dall’amministrazione al fine di sanare la sopravvenuta efficacia del primo, per mancato inizio dell’espropriazione nel termine di legge. Dunque, la Corte, affermando che il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare la definitività del provvedimento impositivo impugnato, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara inammissibile il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo.
CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA DEL 4 MAGGIO 2012, N. 6721
La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. (..),
letti gli atti depositati
Osserva
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso
per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria
regionale di ……. n. 133/30/08, depositata il 24.11.2008, con la quale –
in controversia concernente impugnazione da parte della “(X) snc” di
avviso di accertamento per ILOR 1995 – è stato rigettato l’appello
proposto dall’Agenzia avverso la sentenza di primo grado che aveva
accolto integralmente il ricorso della parte contribuente, sul
presupposto che il predetto atto di accertamento non fosse stato
notificato alla società contribuente.
La sentenza impugnata ha ritenuto che la
procedura di notifica dell’avviso di accertamento fosse stata fatta in
violazione delle prescrizioni dell’art. 145 c.p.c. (non essendosi
verificata l’impossibilità di eseguire la consegna né per
irreperibilità, né per incapacità, né per rifiuto) ed in ogni caso per
omessa indicazione nella relata di notifica degli elementi imposti dagli
artt. 145, 138 e 139 c.p.c.. La stessa Commissione ha anche evidenziato
che la inidoneità della procedura di notifica non avrebbe potuto essere
avanzata in occasione della notifica della cartella esattoriale “in
quanto i vizi di notifica dell’atto presupposto ne avrebbero comunque
inficiato la validità”.
L’Agenzia ricorrente ha affidato il ricorso a quattro motivi di impugnazione.
La contribuente non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380-bis
c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi
dell’art. 375 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso (rubricato
come “Violazione o falsa applicazione degli art. 19 terzo comma e art.
21 primo comma DLgs. 31.12.1992 n. 546, in relazione all’art. 360 comma 1
n. 3 e 4 c.p.c.”, assistito da idoneo quesito) appare più liquido
rispetto agli altri, fondato e da accogliersi.
Ed invero, l’Agenzia lamenta
correttamente che il giudice di appello (che pure era stato richiesto di
pronunciarsi sul punto, come si desume da quanto dianzi riferito a
proposito della motivazione della sentenza impugnata) ha omesso di
rilevare che – pur dandosi per presupposto come inidonea la procedura di
notifica dell’avviso di accertamento – quest’ultimo avrebbe dovuto
essere comunque impugnato unitamente alla consequenziale cartella di
pagamento, in applicazione della disciplina di legge degli artt. 19 e 21
sopra richiamati.
Sul punto basterà menzionare il costante
indirizzo di questa Corte, sia pure dettato in materia di avviso di
mora ma estensibile ad ogni fattispecie di correlazione tra atto
presupposto ed atto consequenziale”. In tema di riscossione delle
imposte, l’avviso di mora assolve due funzioni: la prima, equivalente a
quella del precetto ed avente carattere necessario, consiste
nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e
nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto
entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si
procederà ad esecuzione forzata.
La seconda funzione è eventuale, ha
natura sostanziale, e consiste nel portare a conoscenza del contribuente
per la prima volta la pretesa erariale, ove l’avviso di mora non sia
stato preceduto dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento o di
liquidazione o della cartella esattoriale.
Pertanto il contribuente il quale
lamenti che la notificazione dell’avviso di mora non sia stata preceduta
dalla regolare notificazione degli atti di imposizione, ha l’onere di
impugnare congiuntamente sia l’avviso di mora, sia gli atti da questo
presupposti e non notificatigli.
In difetto, egli decade non solo dal
potere di impugnare i suddetti provvedimenti, ma decade altresì dal
potere di impugnare i successivi avvisi di mora di identico contenuto
emessi dall’amministrazione al fine di sanare la sopravvenuta efficacia
del primo, per mancato inizio dell’espropriazione nel termine di legge”
(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13483 del 08/06/2007).
Non vi è dubbio perciò che sia oggetto
di erronea applicazione della disciplina qui valorizzata il contrario
convincimento del giudice di appello, il quale avrebbe quindi dovuto
rilevare la definitività del provvedimento impositivo impugnato e
disattendere il ricorso.
A tanto può ora provvedere questa Corte, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di merito.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma, 30 settembre 2011.
- che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
- che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
- che il Collegio, a seguito della
discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in
diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
- che le spese di lite posso essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il
ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna
la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado,
liquidate in € 3.500,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le
parti le spese dei gradi di merito.