lunedì 21 maggio 2012

Buca non visibile situata sul manto stradale.L'anomalia stradale deve essere provata dal danneggiato

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 aprile - 18 maggio 2012, n. 7937/12
Presidente Trifone – Relatore Cirillo
Svolgimento del processo
D.I.C.A. conveniva in giudizio il Comune di Copertino, davanti al Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Nardo, per ottenere il risarcimento dei danni da lui sofferti a causa di una caduta, verificatasi nel territorio del predetto Comune verso le ore 16 del 27 novembre 1998, mentre egli era alla guida del proprio ciclomotore; tale caduta era dovuta, secondo la sua ricostruzione, alla presenza di una buca non visibile situata sul manto stradale.
Con sentenza del 13 marzo 2006 il predetto Tribunale accoglieva la domanda e condannava il Comune di Copertino al pagamento, in favore del D.I. , della somma complessiva di 28.280,85 Euro, oltre interessi e rivalutazione, nonché al pagamento delle spese di lite.
Interposto appello da parte del Comune soccombente, la Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 14 settembre 2009, accoglieva il gravame e, riformando in toto la sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta dal D.I. , compensando le spese del doppio grado e ponendo quelle della consulenza tecnica espletata in primo grado a carico di entrambe le parti in misura uguale.
Osservava in proposito la Corte territoriale che i testi escussi in primo grado non avevano riferito nulla a proposito della presenza di una buca sul manto stradale, né che vi fosse un ristagno d'acqua nel punto ove si era verificato il sinistro, tale da impedire la visibilità. Era risultato, invece, che sulla strada in questione erano in corso di svolgimento lavori di rifacimento del manto stradale e di pavimentazione del marciapiede adiacente. Poiché, inoltre, il sinistro si era verificato intorno alle ore 16 di una giornata di fine novembre, la Corte di Lecce affermava che non poteva ritenersi dimostrata, in assenza di prova sul punto, la preclusione totale di visibilità del manto stradale a causa del buio, sicché doveva affermarsi che il D.I. , tenendo una condotta di guida improntata a maggiore cautela, avrebbe certamente potuto evitare la caduta. E, d'altra parte, l'età dell'attore al momento del fatto (77 anni) avrebbe dovuto imporre al medesimo una particolare attenzione nella guida del ciclomotore.
Propone ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Lecce il D.I. , con atto affidato ad un solo articolato motivo.
Resiste il Comune di Copertine con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360, n. 3) e n. 5) c.p.c., dell'art. 2043 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c..
Osserva il ricorrente che dalle risultanze istruttorie raccolte nel giudizio di primo grado è emerso in modo evidente che l'incidente è stato determinato da un avvallamento del manto stradale tale da causare la caduta del D.I. dal proprio ciclomotore. Il Comune di Copertino non ha fornito la prova che l'illuminazione pubblica fosse già in funzione nel momento in cui la caduta si era verificata; e, d'altra parte, poiché il fatto è avvenuto alle ore 16 circa del giorno 27 novembre, è ragionevole pensare che a quell'ora fosse quasi buio. Pertanto, la situazione assume i connotati della c.d. insidia o trabocchetto, poiché la buca non era segnalata, né avvistabile con l'ordinaria diligenza. Il fatto, poi, che nella zona dei lavori vi fossero delle chiusure con il nastro bianco e rosso dava ancora maggiore affidamento agli utenti della strada della piena regolarità del manto stradale fuori della zona segnalata.
Il Comune di Copertino, inoltre, non avrebbe in alcun modo dimostrato che la condotta di guida del D.I. sia stata imprudente.
2. Occorre rilevare, preliminarmente, che il Comune di Copertino ha eccepito l'inammissibilità del ricorso, ai sensi dell'art. 360 bis, n. 2), c.p.c., in quanto la sentenza d'appello sarebbe, a suo dire, rispettosa dei principi regolatori del giusto processo.
Tale eccezione è infondata, poiché nel ricorso non si pone, in effetti, alcun profilo di lesione dei principi regolatori del giusto processo, sicché non ha senso invocare la conseguente ragione di inammissibilità.
3. Nel merito, il ricorso è infondato.
Questa Corte ha ribadito in più occasioni che la responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. - nel cui ambito va ricompresa anche la responsabilità per la omessa o incompleta manutenzione delle strade da parte degli enti pubblici a ciò preposti, tradizionalmente ricondotta alle figure della c.d. insidia o trabocchetto - non esonera la parte danneggiata dall'onere della prova non soltanto del fatto storico qualificabile come illecito, ma anche degli elementi costitutivi dello stesso, del nesso di causalità, dell'ingiustizia del danno e dell'imputabilità soggettiva. In altri termini, il soggetto che agisce per il risarcimento dei danni ha l'onere di dimostrare che "l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa" (in termini, Cass., 13 luglio 2011, n. 15389, e, in precedenza Cass., 11 gennaio 2008, n. 390, Id., 17 luglio 2009, n. 16719; v. pure Cass., 13 luglio 2011, n. 15375, ove si rileva, fra l'altro, che l'anomalia stradale deve essere provata dal danneggiato).
A tale orientamento la presente pronuncia intende dare continuità.
Nella specie la Corte territoriale, con motivazione logica e coerente, supportata da convincente analisi del materiale probatorio esistente, ha rilevato che i testimoni non avevano riferito nulla né sull'esistenza della buca né sul fatto che vi fosse un ristagno d'acqua sul manto stradale; risultava provato soltanto, invece, che sul luogo del sinistro erano in corso lavori di pavimentazione del manto stradale con conseguenti irregolarità del medesimo. Analogamente, non poteva ritenersi dimostrato che, a causa di possibili avverse condizioni meteorologiche, non vi fosse adeguata visibilità del campo stradale, tenuto conto del giorno e dell'ora in cui la caduta del D.I. si era verificata. D'altra parte, risponde a nozione di comune esperienza il fatto che, pur sopraggiungendo il buio, in una giornata di fine novembre, in un momento piuttosto anticipato, poiché la caduta dell'odierno ricorrente è avvenuta intorno alle ore 16, a quell'ora il buio non è tale da impedire, di per sé, una sufficiente visibilità della strada.
Ne consegue che, alla luce della ricostruzione del quadro probatorio operata dalla Corte d'appello di Lecce, è chiaro che l'odierno ricorrente non ha in alcun modo dimostrato la sussistenza del nesso di causalità tra la propria caduta dal ciclomotore e la presunta insidia esistente sulla strada.
Il motivo di ricorso, del resto, non scalfisce il ragionamento del giudice di merito, risolvendosi in una diversa ricostruzione del quadro probatorio e nel tentativo di sollecitare, da parte di questa Corte, una non consentita rivalutazione dello stesso. È noto, infatti, che con il ricorso per cassazione non può rimettersi in discussione l'apprezzamento delle prove compiuto dal giudice di merito, perché l'art. 360, n. 5), c.p.c. non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale, la correttezza dell'esame e della valutazione compiuta dal giudice di merito (in tal senso, di recente, v. Cass., 18 marzo 2011, n. 6288, Id., ord. 6 aprile 2011, n. 7921).
4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
In considerazione del tipo di controversia e del diverso esito dei due gradi del giudizio di merito, si ritiene equo compensare per intero le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.