CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE– SENTENZA 23 MARZO 2012, N. 4685
Fatto
Con sentenza n. 53/19/2009 depositata il
21/9/2009, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia rigettava
l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di
primo grado che, sul ricorso della società agricola aveva confermato la
legittimità del recupero dell’Iva, per l’anno 1997, relativa alla
vendita di un terreno ritenuto di natura edificabile, rilevando come la
società contribuente non avesse svolto, nell’anno in questione, alcuna
attività agricola, dichiarando non dovute le sanzioni, stante
l’incertezza in relazione alla applicazione della normativa di
riferimento.
L’Agenzia delle Entrate impugna la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo la violazione e
falsa applicazione dell’articolo 34, commi 3 e 4, d.p.r. 633 del 1972,
all’epoca vigente, dell’arti. 8 D.lgs 546 del 1992 nonché dell’art. 6,
comma secondo D.lgs 472/1997, in relazione all’articolo 360, numero tre,
c.p.c. censurando il capo della sentenza che aveva dichiarato non
dovute le sanzioni in mancanza di una condizione di inevitabile
incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma
tributaria.
I contribuenti presentavano controricorso proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi:
a) omessa pronuncia sul fatto decisivo
relativo alla nullità e illegittimità dell’avviso di accertamento in
relazione all’articolo 360, comma uno, n. 4 c.p.c. con riferimento
all’articolo 112 c.p.c., essendo stato, in precedenza, annullato, in via
di autotutela, dall’Agenzia delle entrate un precedente atto di
accertamento ai fini dell’ILOR e dell’lrpef sulla base dei medesimi
fatti, non potendo essere integrato da un secondo atto impositivo;
b) violazione e falsa applicazione
dell’articolo 34, comma quattro d.p.r. 633 del 1972 nel testo vigente
ratione temporis, in relazione all’articolo 360, comma uno, numero tre,
c.p.c., avendo applicato la Commissione regionale la previsione
nonnativa di cui all’articolo 34, comma sei d.p.r. 633 del 1972,
decorrente dal 1/1/1998.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 14 marzo 2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
1) In ordine logico va esaminato, preliminarmente, il ricorso incidentale, stante la ritualità di quello principale.
Il primo motivo è infondato per violazione del principio della autosufficienza del ricorso.
Anche se la Commissione regionale non si
è pronunciata sul motivo di ricorso relativo alla inammissibilità
dell’avviso di accertamento a seguito dell’annullamento in autotutela,
di un precedente avviso di accertamento ai fini llor e Irpef,
asseritamente articolato sulla medesima ‘fonte d’innesco”, non ha
tuttavia specificato o riprodotto nel ricorso il contenuto di tale
asserito precedente accertamento, omettendo di fornire gli elementi di
conoscenza necessari per verificare, da parte di questa Corte, l’assunto
dei ricorrenti. È, infatti, necessario, in ossequio al principio di
autosufficienza del ricorso, che la Corte deve essere, dunque, in grado
di acquisire dalla mera lettura del ricorso -e senza dover accedere ad
atti del giudizio di merito, ivi inclusa la sentenza impugnata- una
sufficiente conoscenza del fatto sostanziale che, se fondato su atti o
documenti prodotti nel processo, impone alla parte ricorrente di
trascriverne integralmente il contenuto in modo di consentire alla Corte
di valutare immediatamente la ammissibilità e fondatezza del motivo
dedotto (cfr. Corte cass. SU 24.9.2010 n. 20159; id. VI sez. ord.
30.7.2010 n. 17915; id. Ili sez. 4.9.2008 n. 22303; id. Ili sez.
31.5.2006 n. 12984; id. I sez. 24.3.2006 n. 6679; id. Corte cass. Ili
sez. 25.2.2005 n. 4063; id. sez. lav. 21.10.2003 n. 15751; id. sez. lav.
12.6.2002 n. 8388).
2) Medesime argomentazioni valgono con
riferimento alla secondo motivo del ricorso incidentale, non avendo i
ricorrenti allegato al ricorso o, comunque, riprodotto il contenuto
dell’avviso di accertamento.
Peraltro la Commissione regionale ha
fondato il recupero dell’Iva sulla mancanza di prova dell’espletamento
di alcuna attività agricola, risultando, quindi irrilevante la questione
relativa all’applicazione, nell’anno di riferimento (1997), del testo
in vigore dal 11/5/1997 alla 31/12/1997 che comunque, prevede la
realizzazione di un volume di affari non superiore a 20 milioni di lire,
costituito per almeno due terzi da cessione di prodotti di cui al comma
primo, circostanza, quest’ultima, di cui peraltro non è stata fornita
prova alcuna da parte del contribuente su cui incombeva il relativo
onere
3) Va disatteso anche l’unico motivo del
ricorso principale. La norma che prevede l’errore sulla “portata ed
ambito applicativo” della norma tributaria quale causa di non
punibilità, è riprodotta anche nell’art. 6 co2, del D.Lgs 18.12.1997 n
472 (recante “Disposizioni generali in materia di sanzioni
amministrative per le violini delle norme tributarie a norma dell’art. 3
comma 133 della legge 23.12.1996 n. 662) e nell’art. 10co3 legge n.
212/000.
Questa Corte (cfr. Corte cass.
28.11.2007 n. 24670; id. 21 marzo 2008, n. 7765; id. 11.9.2009 n. 19638)
è ripetutamente intervenuta a definire l’ambito di applicazione delle
norme richiamate enunciando i seguenti principi di diritto:
- per “incertezza normativa oggettiva
tributaria”‘ deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si
crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del
diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione
normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed
accertata dai giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al
termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la
norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di
specie
- l’incertezza normativa oggettiva
costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza
incolpevole del diritto come emerge dall’art. 6 D.Lgs 18 dicembre 1997,
n. 472, che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza
normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi
effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al
giudice e non può essere operato dalla amministrazione l’incertezza
normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza
giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza,
di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma
giuridica tributaria. L’essenza del fenomeno “incertezza normativa
oggettiva” si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che
spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che
sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non
esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni
normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2)
nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma
giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della
formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni
amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una
prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative
contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7)
nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari
accompagnati dalla sollecita-zione, da parte dei Giudici comuni, di un
intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto
tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel
contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di
interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita
preesistente. Tali fatti indice devono essere accertati ed esaminati ed
inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano
metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra
loro contrastanti ed incompatibili. Nella fattispecie in esame sussiste,
come affermato dalla Commissione tributaria, una difficoltà
d’individuazione delle disposizioni normative applicabili, ratione
temporis, che giustifica la non applicazione delle sanzioni. Vanno
conseguentemente respinti il ricorso principale è incidentale. La
reciproca soccombenza induce alla compensazione delle spese del grado di
giudizio.
PQM
Respinge i ricorsi principale e incidentale. Dichiara compensate le spese del grado di giudizio.