N. 00730/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01472/1996 REG.RIC.
N. 03510/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui
ricorsi riuniti nn. 1472/1996 e 3510/1997, proposti da De Vita
Caterina, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Laudicina, con
domicilio eletto presso l’avv. Francesco Paolo Gallo in Palermo, via M.
Stabile n. 200;
contro
il Comune di Marsala, non costituito in giudizio,
per l'annullamento
-quanto al ricorso n. 1472/1996:
dell’ordinanza
n. 12 del 9 gennaio 1996, con la quale è stato negato il rilascio di
concessione edilizia in sanatoria di un fabbricato realizzato in
contrada “Berbaro Rina”;
-quanto al ricorso n. 3510/1997:
dell’ordinanza n. 514 del 28 maggio 1997, con la quale è stata ingiunta la demolizione del predetto fabbricato.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2012 il Presidente dott. Nicolo' Monteleone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con
i due ricorsi in esame, ritualmente notificati e depositati, la sir.ra
De Vita Caterina ha impugnato i seguenti provvedimenti emessi dal Comune
di Marsala:
-(ricorso n. 1472/1996) ordinanza n.
12 del 9 gennaio 1996, con la quale è stato negato il rilascio di
concessione edilizia in sanatoria di un fabbricato realizzato in
contrada “Berbaro Rina”;
-(ricorso n. 3510/1997)
ordinanza n. 514 del 28 maggio 1997, con la quale è stata ingiunta la
demolizione del predetto fabbricato.
La ricorrente
ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensiva e col
favore delle spese, deducendo i seguenti motivi:
-nel primo ricorso:
1) nullità della notifica del provvedimento impugnato;
2) eccesso di potere per falsa applicazione di legge;
3) eccesso di potere per difetto e carenza di motivazione;
4) eccesso di potere per violazione e falsa applicazione di legge.
5) eccesso di potere per sviamento e falsità o illiceità della causa;
6) eccesso di potere per sviamento e mancata applicazione di legge;
-nel secondo ricorso:
1) nullità della notifica del provvedimento impugnato;
2) eccesso di potere per difetto e carenza di motivazione;
3) eccesso di potere per violazione e falsa applicazione di legge.
Con
ordinanze n. 1038 del 24 aprile 1996 e n. 2280 del 28 ottobre 1997,
sono state respinte le domande incidentali di sospensione
dell’esecuzione delle ordinanze impugnate;
Il Comune di Marsala non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 28 marzo 2012 i ricorsi – assente il difensore della ricorrente - sono stati posti in decisione.
I due ricorsi (che vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva) sono manifestamente infondati.
Va
disatteso il primo motivo d’impugnazione (comune a entrambi i ricorsi),
in quanto devono ritenersi legittimi gli atti adottati in materia
edilizia che siano stati notificati per mezzo del messo comunale e non
dell'ufficiale giudiziario come previsto per legge (cfr., fra le tante, T.A.R.
Sicilia Palermo, sez. I, 8 luglio 2002, n. 1936, sez. III, 26 ottobre
2005, n. 4105, 15 febbraio 2006, n. 394, 2 febbraio 2012, n. 256).
Gli
altri motivi di gravame (che, in buona sostanza, sono comuni a entrambi
i ricorsi e, per la loro intrinseca omogeneità, possono essere
esaminanti congiuntamente) non meritano accoglimento.
Ed
invero, come ha costantemente affermato questo Tribunale in fattispecie
analoghe alla presente (fra le tante, sez. II, 15 maggio 1997, n. 860;
sez. I, 22 dicembre 2004, n. 2922, 16 aprile 2006, n. 837, 6 giugno
2006, n. 1405; sez. II, 23 maggio 2005, n. 805, 8 agosto 2007, n. 1932,
20 gennaio 2010, n. 591; sez. III, 20 marzo 2012, n. 606), il vincolo di
inedificabilità di cui all’art. 15 della l. reg. n. 78/76 è assoluto e
diretto essendo la norma in argomento di azione e non di relazione.
Conclusione, questa, cui da tempo è pervenuta la giurisprudenza (cfr.,
fra le tante, C.G.A., 21 febbraio 2000, n. 70; 25 maggio 2000, n. 250; 2
novembre 2001, n. 617; 5 dicembre 2002, n. 651);
Da tali conclusioni e dalle sottostanti motivazioni il Collegio non trova ragioni per discostarsi nel caso in esame.
Va,
infatti, ribadito che il divieto di edificazione nella fascia di
rispetto di 150 metri dalla battigia ha come destinatari, in base alle
successive leggi regionali 30 aprile 1991, n. 15 (art. 2) e 31 maggio
1994, n. 17 (art. 6), non soltanto le amministrazioni comunali in sede
di formazione degli strumenti urbanistici, ma anche i privati che
intendano procedere a lavori di costruzione entro tale fascia. Ne
consegue l'esclusione dalla concessione o autorizzazione in sanatoria
per tutte le costruzioni eseguite entro i 150 metri dalla battigia.
Vero
è, infatti, che il citato art. 15 lett. a) della l. reg. n. 78/76 reca
disposizioni da osservare “ai fini della formazione degli strumenti
urbanistici generali comunali”, e pertanto ha per suoi destinatari
soltanto i comuni. Va, però, osservato che successivamente è intervenuto
l’art. 23, comma 10, della l. reg. n. 37/1985 che ha stabilito che
restano escluse dalla sanatoria “le costruzioni eseguite in violazione
dell’art. 15, lett. a, della l. reg. n. 78/76, ad eccezione di quelle
iniziate prima dell’entrata in vigore della stessa legge e le cui
strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31
dicembre 1976” (eccezione in questa sede non rilevante, essendo stato il
manufatto in parola eseguito dopo tale data).
La
questione se il legislatore regionale abbia inteso, con l’introduzione
nell’ordinamento dell’art. 23, comma 10, L. r. n. 37/85, rendere i
cittadini e non solo l’Amministrazione destinatari della norma è stata
definitivamente risolta con l’entrata in vigore dell’art. 2 L. r. n.
15/91 secondo cui: “Le disposizioni di cui all’art. 15, primo comma,
lettere a), d) ed e) della legge regionale 12 giugno 1976 n. 78, devono
intendersi direttamente ed immediatamente efficaci anche nei confronti
dei privati”.
Seppure quest’ultima norma possa non
essere ritenuta di interpretazione autentica dell’art. 15 della legge
reg. n. 78/1976 essa è, comunque, espressamente interpretativa dell’art.
23 della legge reg. n. 37/1985.
Pertanto, deve
concludersi che diretti destinatari di quest’ultimo articolo siano anche
i privati, con conseguente attuale insanabilità delle costruzioni
abusive in esso indicate (in tal senso, C.G.A., 31 gennaio 1995, n. 10,
25 ottobre 2009, n. 998).
Quanto sopra esposto
vale, altresì, a confutare anche il dedotto difetto di motivazione,
stante che, trattandosi di atti vincolati (il Comune non ha fatto altro
che applicare doverosamente il disposto normativo che, come già
evidenziato, vieta tassativamente l’edificazione nella fascia di
rispetto di 150 metri dalla battigia), appare sufficiente il mero
riscontro della violazione di tale divieto.
Peraltro,
deve ritenersi che il suddetto art. 15, come ha avuto recentemente
occasione di ribadire questa Sezione (v. sentenza n. 2 febbraio 2012, n.
256) “si presenta proporzionato e del tutto coerente con la sua
ragionevole finalità che è, per l’appunto, la conservazione
dell’esistente in vista e per i fini della tutela del territorio
costiero” (cfr. C.G.A. 21 settembre 2010, n. 1220).
Deve,
ancora, rilevarsi che l’art. 12 L. reg. sic. n. 26/1986 prevede la
sanabilità delle costruzioni abusive in aree vincolate solo qualora esse
risultino “...già ricomprese in piani particolareggiati di recupero
approvati e siano compatibili con i piani stessi e sui piani
particolareggiati si siano espressi gli enti preposti alla tutela dei
vincoli”, per cui è la stessa norma a negare qualsivoglia rilevanza
giuridica agli ipotizzati, futuri piani di recupero (cfr., fra le tante,
T.A.R. Sicilia, sez. III, 16 aprile 2006, n. 837, 20 marzo 2012, n.
609; sez. II, 20 gennaio 2010, n. 591).
Non può
essere condivisa, infine, la tesi secondo cui il diniego di sanatoria
sarebbe illegittimo in quanto intervenuto dopo la scadenza del termine
di 24 mesi fissato dall’art. 35 della legge n. 47/1985 (art. 26, comma
15, della L.r. 10 agosto 1985, n. 37) per la pronuncia dell’autorità
amministrativa.
Come ha avuto occasione di
osservare questa Sezione Sezione in fattispecie analoghe alla presente
(fra le tante, 31 gennaio 2006, n. 280; 6 giugno 2066, n. 1406), è
costante e consolidata ormai la giurisprudenza, secondo la quale non
solo tale termine non può essere considerato perentorio (con conseguente
“consumazione” del potere della pubblica amministrazione), bensì
acceleratorio e quindi ordinatorio, ma soprattutto il prodursi del
silenzio-accoglimento, in ipotesi di richiesta di sanatoria non evasa
entro detto termine, è escluso in radice nei casi in cui non sussistano i
presupposti che dovrebbero invece ricorrere per legittimare l’adozione
del provvedimento positivo. Ciò in quanto “L’eventuale inerzia
dell'amministrazione nel provvedere sulle domande di condono edilizio,
non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non
potrebbero mai conseguire in virtù di provvedimento espresso” (cfr.
altresì, Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2001, n. 249, T.A.R. Sicilia
Catania, sez. I, 29 giugno 2004, n. 1750; T.A.R. Campania Napoli, sez.
IV, 19 giugno 2003, n. 7596).
Per le suesposte ragioni, i due ricorsi in esame devono essere respinti.
Nulla va disposto in ordine alle spese di giudizio, non essendosi costituito il Comune intimato.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione terza, riuniti i due ricorsi in epigrafe indicati, li respinge.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella Camera di consiglio del 28 marzo 2012, con l'intervento dei Signori Magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente, Estensore
Federica Cabrini, Consigliere
Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE | ||
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)