SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 779 del 2008, proposto da Dal Zovo Pierina, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Ettore Verino, Marco Brighenti, Franco Zambelli, con domicilio eletto presso Mario Ettore Verino in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 13;
contro
Comune di San Giovanni Ilarione, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Clarich e Luigi Biondaro, con domicilio eletto presso Marcello Clarich in Roma, piazza del Popolo, n. 18;
nei confronti di
Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZIONE II, n. 1313/2007, resa tra le parti, concernente DINIEGO DI CONDONO EDILIZIO PER VINCOLO PAESAGGISTICO E ORDINE DI RIPRISTINO DELLO STATO ORIGINALE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti l’avvocato Sanino (per delega dell'avvocato Clarich) e l'avvocato dello Stato Galluzzo;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti l’avvocato Sanino (per delega dell'avvocato Clarich) e l'avvocato dello Stato Galluzzo;
FATTO e DIRITTO
1. Con tre distinti ricorsi al Tar Veneto l’odierna appellante ha impugnato:
- l’ordinanza del Comune di S. Giovanni Ilarione 19 febbraio 1993 n. 777 recante ordine di ripristino dell’originario uso agricolo e atti presupposti;
- il provvedimento della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona 11 marzo 1999 recante annullamento del provvedimento 7 gennaio 1999 n. 6093 con cui il Comune di S. Giovanni Ilarione autorizzava, ai sensi dell’art. 39 l. n. 724/1994, il condono edilizio chiesto dalla ricorrente;
- il provvedimento della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona 11 marzo 1999 recante annullamento del provvedimento 7 gennaio 1999 n. 6093 con cui il Comune di S. Giovanni Ilarione autorizzava, ai sensi dell’art. 39 l. n. 724/1994, il condono edilizio chiesto dalla ricorrente;
- il provvedimento emesso dal Comune di S. Giovanni Ilarione 26 luglio 1999 n. 5061 recante rigetto della domanda di condono edilizio a seguito del detto provvedimento Soprintendentizio, con gli atti presupposti.
2. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe (Tar Veneto, 26 aprile 2007 n. 1313) ha riunito i tre ricorsi, dichiarato improcedibile il primo e respinto gli altri due.
Ha proposto appello parziale l’originaria ricorrente, con cui ripropone i motivi del secondo e del terzo ricorso di primo grado.
2. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe (Tar Veneto, 26 aprile 2007 n. 1313) ha riunito i tre ricorsi, dichiarato improcedibile il primo e respinto gli altri due.
Ha proposto appello parziale l’originaria ricorrente, con cui ripropone i motivi del secondo e del terzo ricorso di primo grado.
3. Il contenzioso verte sulle opere realizzate dall’appellante su un lotto di terreno mappale 1189, foglio 12, su cui inizialmente veniva costruito un fabbricato ad uso civile abitazione con annessi rustici, giusta concessione edilizia rilasciata nel 1988.
I locali venivano dati in locazione e utilizzati per il deposito di materiali edili.
Il Comune contestava con provvedimento 19 febbraio 1993 n. 777 il mutamento di destinazione d’uso.
Per tale mutamento veniva chiesto e ottenuto condono edilizio, per cui il contenzioso attivato in primo grado veniva dichiarato improcedibile, e su tale capo di sentenza non c’è appello.
Veniva anche chiesto il condono per il piazzale pertinenziale di circa 5200 mq. adibito a deposito di materiali edili.
Il Comune in data 7 gennaio 1999 autorizzava il condono con prescrizioni volte a ridurre l’impatto dell’opera sul vicino Torrente Alpone, e prescrivendo il pagamento dell’indennità di cui all’art. 15 l. n. 1497/1939.
I locali venivano dati in locazione e utilizzati per il deposito di materiali edili.
Il Comune contestava con provvedimento 19 febbraio 1993 n. 777 il mutamento di destinazione d’uso.
Per tale mutamento veniva chiesto e ottenuto condono edilizio, per cui il contenzioso attivato in primo grado veniva dichiarato improcedibile, e su tale capo di sentenza non c’è appello.
Veniva anche chiesto il condono per il piazzale pertinenziale di circa 5200 mq. adibito a deposito di materiali edili.
Il Comune in data 7 gennaio 1999 autorizzava il condono con prescrizioni volte a ridurre l’impatto dell’opera sul vicino Torrente Alpone, e prescrivendo il pagamento dell’indennità di cui all’art. 15 l. n. 1497/1939.
Tale autorizzazione veniva dal Comune trasmessa alla competente Soprintendenza, ricadendo il piazzale entro la fascia di rispetto del Torrente Alpone (ai sensi dell’art. 1 l. n. 431/1985).
La Soprintendenza annullava l’autorizzazione comunale, ritenendo che l’opera alterasse i tratti caratteristici della località protetta.
In attuazione di tale provvedimento, il Comune a sua volta negava il condono edilizio.
La Soprintendenza annullava l’autorizzazione comunale, ritenendo che l’opera alterasse i tratti caratteristici della località protetta.
In attuazione di tale provvedimento, il Comune a sua volta negava il condono edilizio.
4. Con l’atto di appello si ripropongono i motivi dei ricorsi di primo grado (salvo il primo ricorso), si muovono motivate critiche alla sentenza e, per taluni dei motivi, si lamenta il vizio di omessa pronuncia.
5. E’ fondato e assorbente il quinto motivo di appello con cui si ripropone il quinto motivo del ricorso di primo grado, con cui si lamentava l’omesso avvio del procedimento.
5.1. Il Tar ha dichiarato la censura inammissibile sostenendo che di tale vizio si poteva lamentare solo il Comune.
5.2. Parte appellante osserva che l’avviso di avvio del procedimento di controllo della Soprintendenza sui nulla osta e pareri paesaggistici va dato anche al destinatario del provvedimento finale.
Né il vizio sarebbe superabile con il richiamo all’art. 21-octies l. n. 241/1990, non trattandosi di atto vincolato.
5.3. La questione della necessità o meno di avviso di avvio del procedimento è stata affrontata dalla Sezione con svariate decisioni, secondo cui è in linea di principio necessario dare specifico avviso agli interessati dell’avvio del procedimento di controllo del nulla osta paesaggistico, da parte della competente Soprintendenza (Cons. St., sez. VI, 20 gennaio 2003 n. 203; Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2002 n. 1790).
5.3. La questione della necessità o meno di avviso di avvio del procedimento è stata affrontata dalla Sezione con svariate decisioni, secondo cui è in linea di principio necessario dare specifico avviso agli interessati dell’avvio del procedimento di controllo del nulla osta paesaggistico, da parte della competente Soprintendenza (Cons. St., sez. VI, 20 gennaio 2003 n. 203; Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2002 n. 1790).
Sebbene sia possibile, in astratto, che l’avviso sia surrogato da atti equipollenti, tuttavia secondo l’orientamento espresso dalla sezione, non può costituire di regola equipollente la dizione, nel nulla osta paesaggistico, che l’atto sarà trasmesso alla Soprintendenza per il controllo (Cons. St., sez. VI, n. 1790/2002, cit.).
Invero, con numerose pronunce, dalle cui conclusioni il Collegio non ritiene di doversi discostare, questa Sezione ha più volte affrontato la problematica sollevata con la censura in esame, risolvendola in senso negativo a quello prospettato dall’amministrazione appellante, ossia nel senso della sussistenza dell’obbligo dell’autorità statale di dare notizia all’interessato, anche nell’ipotesi in cui il nulla osta rechi l’avviso che l’atto sarà trasmesso alla Soprintendenza, dell’avvio del procedimento preordinato all’eventuale annullamento del nulla - osta paesaggistico (cfr., tra le tante, Cons. St., sez. VI, n. 5728/2004; Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2004 n. 1626; Cons. St., sez. VI, 20 gennaio 2003 n. 203; Cons. St., sez. VI, 17 settembre 2002 n. 4709; Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2002 n. 1790).
Invero, con numerose pronunce, dalle cui conclusioni il Collegio non ritiene di doversi discostare, questa Sezione ha più volte affrontato la problematica sollevata con la censura in esame, risolvendola in senso negativo a quello prospettato dall’amministrazione appellante, ossia nel senso della sussistenza dell’obbligo dell’autorità statale di dare notizia all’interessato, anche nell’ipotesi in cui il nulla osta rechi l’avviso che l’atto sarà trasmesso alla Soprintendenza, dell’avvio del procedimento preordinato all’eventuale annullamento del nulla - osta paesaggistico (cfr., tra le tante, Cons. St., sez. VI, n. 5728/2004; Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2004 n. 1626; Cons. St., sez. VI, 20 gennaio 2003 n. 203; Cons. St., sez. VI, 17 settembre 2002 n. 4709; Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2002 n. 1790).
Invero, il parere paesaggistico rilasciato nella specie dal Comune non avrebbe mai potuto essere considerato quale atto equipollente all’avviso di procedimento da iniziarsi da parte della Soprintendenza ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990.
E ciò perché l’atto comunale costituisce l’oggetto della nuova fase procedimentale destinata ad aprirsi di fronte all’autorità statale, sicché la stessa non può, strutturalmente, essere considerata equivalente all’avviso dell’inizio di tale nuova fase, dal momento che esso non contiene alcuna generica informazione circa l’oggetto, il responsabile del procedimento, le modalità di partecipazione, ed in genere lo svolgimento della predetta nuova fase.
E ciò perché l’atto comunale costituisce l’oggetto della nuova fase procedimentale destinata ad aprirsi di fronte all’autorità statale, sicché la stessa non può, strutturalmente, essere considerata equivalente all’avviso dell’inizio di tale nuova fase, dal momento che esso non contiene alcuna generica informazione circa l’oggetto, il responsabile del procedimento, le modalità di partecipazione, ed in genere lo svolgimento della predetta nuova fase.
E’ stato evidenziato, in particolare, dalla giurisprudenza richiamata che l’onere di comunicare l’avvio del procedimento non può essere soddisfatto dalla semplice indicazione della soggezione al potere ministeriale contenuta nell’autorizzazione paesaggistica, né dall’indicazione del Ministero tra i destinatari dell'atto medesimo, in quanto siffatte indicazioni non garantiscono né che la pratica sia stata effettivamente trasmessa all’autorità statale, né che questa l’abbia ricevuta, di modo che l’interessato dovrebbe esercitare la propria pretesa partecipativa senza sapere se l’autorizzazione rilasciatagli ed il relativo incartamento siano pervenuti a destinazione, col rischio di porre in essere un’attività che potrebbe, poi, rivelarsi prematura e inutile, ovvero inadeguata, se si considera il potere, riconosciuto all’autorità statale, di acquisire dall’organo di amministrazione attiva i chiarimenti e gli elementi integrativi ritenuti necessari ai fini del corretto esercizio delle funzioni di controllo, ed il correlativo diritto del privato [art. 10 lett. a), l. n. 241/1990] di prendere visione di tutti gli atti del procedimento ai fini di una proficua partecipazione.
Deve essere ribadito, pertanto, l’indirizzo giurisprudenziale della Sezione, che richiede che il provvedimento ministeriale di annullamento del nulla-osta paesaggistico sia preceduto necessariamente dall’avviso del procedimento, salvo che la conoscenza dell’inizio del medesimo procedimento sia avvenuta aliunde (Cons. St., sez. VI, 17 ottobre 2003 n. 6342; Cons. St., sez. VI, 29 aprile 2003 n. 2176; Cons. St., sez. VI, 10 aprile 2003 n. 1909).
In definitiva, deve ribadirsi che l’onere di cui all’art. 7, comma 1, della l. n. 241/1990, viene soddisfatto soltanto dalla formale comunicazione ad opera dell’autorità statale competente a pronunciare l’eventuale annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, così come, del resto, esplicitamente previsto dalla normativa regolamentare attuativa della l. n. 241/1990 appositamente dettata dal Ministero dei beni culturali ed ambientali, con d.m. n. 495 del 13 giugno 1994 (art. 4 e tabella A punto 4).
Né il vizio può ritenersi irrilevante ai sensi dell’art. 21-octies l. n. 241/1990, perché, presentando la valutazione di compatibilità paesaggistica un margine di opinabilità, la partecipazione dell’interessata al procedimento avrebbe potuto fornire un apporto per una soluzione favorevole, anche mediante l’indicazione di misure di compatibilizzazione o di ridimensionamento dell’opera abusiva.
6. Alla luce di quanto esposto, e con necessario e logico assorbimento di ogni altra censura, l’appello va accolto e per l’effetto vanno annullati:
- il provvedimento della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona 11 marzo 1999 recante annullamento del provvedimento 7 gennaio 1999 n. 6093 con cui il Comune di S. Giovanni Ilarione autorizzava, ai sensi dell’art. 39 l. n. 724/1994, il condono edilizio chiesto dalla ricorrente;
- il provvedimento emesso dal Comune di S. Giovanni Ilarione 26 luglio 1999 n. 5061 recante rigetto della domanda di condono edilizio a seguito del provvedimento Soprintendentizio.
7. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla:
- il provvedimento della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona 11 marzo 1999;
- il provvedimento emesso dal Comune di S. Giovanni Ilarione 26 luglio 1999 n. 5061. Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.