sabato 24 marzo 2012

Liberalizzazioni - Orari negozi e pubblici esercizi

L’art.31, primo comma, del decreto “Salva Italia”, dopo una serie di modifiche, anche contradittorie, inserite nei decreti precedenti, ha stabilito, in via generale e senza eccezioni, la totale libertà di orari, sia in termini di ore di funzionamento che di aperture domenicali e festive, di tutte le attività di commercio e di somministrazione di alimenti e bevande su tutto il territorio nazionale, motivando la scelta come provvedimento a favore del principio di libera concorrenza, e quindi rientrante nelle competenze statali anche se applicato a settori per i quali la normativa è ordinariamente di competenza regionale.

La norma azzera completamente ogni competenza delle Regioni e dei Comuni in materia di orari e risulta immediatamente operativa, senza attendere i termini di adeguamento previsti dal successivo comma 2.
L’immediata applicazione è del tutto logica in quanto, non prevedendosi competenze dirette di Regioni e Comuni, questi ultimi non debbono in alcun modo le proprie disposizioni locali, che risultano immediatamente inoperanti “ope legis”.

E’ evidente che la novità non sia stata “presa bene” dai Comuni e dalle Regioni, oltre che dalle associazioni dei commercianti, dai sindacati e da altre parti sociali. Nettamente favorevoli, sia pure con più o meno decisione, innanzitutto FEDERDISTRIBUZIONE (grande distribuzione), il CONSIGLIO NAZIONALE DEI CENTRI COMMERCIALI e le Associazioni dei Consumatori.

Più tiepido l’atteggiamento delle Cooperative. Nettamente contrarie, con diverse accentrazioni, le Associazioni di Categorie (CONFCOMMERCIO e CONFESERCENTI) e moderatamente possibilisti i sindacati dei lavoratori del commercio. Esiste una notevole differenza di atteggiamenti (pur nella generale contrarietà alla sottrazione dei loro poteri), tra le Regioni ed i Comuni. Alcune Regioni (Veneto, Toscana, Piemonte, Puglia e Lazio) hanno preso posizioni nettamente contrarie, preannunciando ricorsi, ed altre ancora (Lombardia in testa) si stanno adoperando in sede di Conferenza Stato Regioni per giungere ad un accordo con il Governo per una modifica alla legge che, pur salvaguardando il principio di liberalizzazione, introduca la possibilità per Regioni e Comuni di introdurre dei correttivi.

Una serie di comuni, (un centinaio secondo Federdistribuzione ), hanno emanato ordinanze per bloccare l’applicazione della liberalizzazione. Già in due Regioni (Veneto e Lombardia) i TAR hanno bloccato l’applicazione di tali ordinanze.

In realtà, come precisato dal nostro parere legale e dalle indicazioni di ANCI (Lombardia e Toscana) i comuni non debbono fare altro che applicare la norma, consentendo che gli esercizi aprano liberamente, senza bisogno di emettere alcuna ordinanza in proposito, limitandosi a dare direttive alla vigilanza per non sanzionare chi apre e richiedendo agli operatori l’esposizione del cartello con i nuovi orari praticati ed eventualmente la comunicazione preventiva al Comune degli orari stessi (se prevista dalle leggi regionali o da regolamenti locali, perché la legge nazionale chiede solo il cartello).

I comuni possono comunque intervenire, come precisato dalla Circolare del Ministero Attività produttive n. 3644C del 28/10/11, relativa al DL 98 (ma applicabile anche alla normativa attuale) in caso di problemi di ordine e quiete pubblica, sicurezza, tutela della salute e simili.
La liberalizzazione, comunque, riguarda solo i negozi e gli esercizi di somministrazione con licenza di P.S.
Ne restano escluse le altre licenze di P.S. (quali sale giochi, agenzie, ecc.), gli artigiani (inclusi acconciatori, estetisti, kebab, pizzerie e gelaterie da asporto), Farmacie (per le quali il successivo decreto Monti ha comunque introdotto parziali liberalizzazioni di orario), distributori di carburanti, tabaccherie ed edicole, per le quali continuano a valere le disposizioni attuali, che variano dalla libertà assoluta, ad orari regolamentati dai comuni, a meccanismi di turnazione programmati. 

Fonte: http://www.prassicoop.it