Corte di Cassazione Sez. Terza Pen. - Sent. del 07.03.2012 n. 8939
Presidente Ferrua - Relatore Fiale
Ritenuto in fatto
La Corte di appello di Torino, con sentenza del 29.11.2010, in
parziale riforma della sentenza 15,12.2009 del Tribunale di quella
città:
a) ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di N.A. in ordine ai reati di cui:
- agli artt. 609 bis, 609 ter, n. 1, cod. pen. per avere -
approfittando della propria qualità di responsabile dei volontari della
Croce Rossa Italiana aventi un’età compresa tra gli otto e i quattordici
anni (c.d. “mini pionieri”), con specifici compiti di responsabilità
educativa ed istruttiva - compiuto con violenza atti sessuali sulla
minore infraquattordicenne D.G.V.A. nata il (…) baciandola sul collo e
sulla bocca, toccandole il sedere, abbassandole i pantaloni ed inserendo
le dita nella vagina - presso la sede C.R.I. di (…) ;
- all’art. 609 bis cod. pen. per avere - approfittando della propria
qualità di responsabile dei volontari (c.d. “mini pionieri”) della
Croce Rossa Italiana - compiuto con violenza, durante un turno notturno,
atti sessuali sulla minore R.B. (nata l’(…), abbassandole i pantaloni,
cercando di penetrarla e facendosi praticare un rapporto orale con
ingoio dello sperma - nella sede C.R.I. di (…) ;
- agli artt. 81 cpv. e 600 quater cod. pen. per essersi procurato,
scaricandoli sul proprio computer portatile, n. 13 filmati a contenuto
pedopornografico prodotti mediante lo sfruttamento sessuale di minori
degli anni diciotto - acc. in (omissis) ;
- all’art. 527 cod. pen. per avere compiuto atti osceni in luogo
aperto al pubblico, compiendo gli atti sessuali dianzi descritti sulla
minore V.A.D.G. ;
b) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche ritenute
equivalenti alle aggravanti e alla recidiva specifica, determinava la
pena principale in anni cinque, mesi undici di reclusione;
c) confermava le pene accessorie applicate dal primo giudice, la
disposta revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena
inflitta dal G.I.P. del Tribunale di Torino con sentenza 16.4.2003
(divenuta irrevocabile l’1.6.2003), nonché le statuizioni risarcitorie
in favore delle costituite parti civili (D.G.P.S. e M.D.R. , genitori di
V. , e R.B. ).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del N., il
quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di
motivazione - ha eccepito:
a) l’incongruo riconoscimento di piena attendibilità alle
dichiarazioni accusatorie delle minori, pur presentando le stesse
disarmonie ed incongruenze e pure essendo venuti meno gli addotti
elementi di riscontro;
b) l’incongruo diniego, in relazione ad entrambi gli episodi di
pretesa violenza sessuale, dell’attenuante speciale di cui all’609 bis,
ultimo comma, cod. pen.;
c) il computo erroneo della pena, in quanto la Corte territoriale,
in seguito al riconoscimento di attenuanti generiche equivalenti alle
aggravanti contestate, avrebbe dovuto operare una corrispondente
diminuzione con riferimento non soltanto alla pena-base ma anche
all’aumento infinto a titolo di continuazione per ogni reato satellite.
Considerato in diritto
1. Le doglianze riferite in ricorso al riconoscimento della responsabilità penale devono essere rigettate, perché infondate.
1.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, in tema di valutazione probatoria:
- la deposizione della persona offesa dal reato, anche se
quest’ultima non è equiparabile al testimone estraneo, può tuttavia
essere da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta ad
un’indagine positiva, da condursi con la necessaria cautela, sulla
credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l’ha resa [vedi, tra le
decisioni più recenti, Cass.: Sez. III: 5.5.2010, n. 29612; 12.10.2006,
n. 34110; 10.8.2005, n. 30422 e 29.1.2004, n. 3348;
- la valutazione del contenuto delle dichiarazioni del minore -
parte offesa in materia di reati sessuali, in considerazione delle
complesse implicazioni che la materia stessa comporta (di ordine etico,
culturale ed affettivo), deve contenere un esame sia dell’attitudine
psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto sia
della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni
interne ed esterne. Proficuo è l’uso dell’indagine psicologica, che
concerne due aspetti fondamentali: l’attitudine del minore a
testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua
credibilità. Il primo consiste nell’accertamento della sua capacità di
recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di
esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione
all’età, alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con
il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti familiari. Il
secondo - da tenere distinto dall’attendibilità della prova, che rientra
nei compiti esclusivi del giudice - è diretto ad esaminare il modo in
cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in
maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna
(vedi Cass., Sez. III, 3.10.1997, n. 8962);
- nel caso di dichiarazioni accusatorie formulate da minori, il
giudice ha l’obbligo - al fine di escludere ogni possibilità di dubbio o
di sospetto che esse siano conseguenti ad un processo di auto od etero -
suggestione oppure di esaltazione o fantasia - di sottoporre le accuse
medesime ad attenta verifica, si da potere escludere che esse possano
derivare dalla immaturità psichica ovvero da facile suggestionabilità
(vedi Cass., Sez. 1, 5.4.1984, n. 3102).
1.2 I giudici del merito, nella fattispecie in esame, in riferimento
al delitto di violenza sessuale in danno della undicenne D.G.V. ,
risultano essersi attenuti correttamente agli anzidetti principi, poiché
essi hanno:
- valorizzato anzitutto la genesi della notizia di reato,
evidenziando la spontaneità e la coerenza delle accuse formulate dalla
ragazzina;
- valutato adeguatamente il grado cognitivo e di attitudini
percettive della minore, illustrandone la capacità a rendere valida
testimonianza in seguito alla corretta comprensione degli avvenimenti.
Tale valutandone è stata effettuata, oltre che in seguito alla
visione dirette dell’audizione protetta con cui erano state raccolte le
dichiarazioni di V., anche alla stregua delle considerazioni svolte
dalla dr.ssa B. (in seguito a perizia psicodiagnostica effettuata in
sede di incidente probatorio), secondo le quali dall’indagine peritale
“non sono emersi elementi che facciano ipotizzare una incapacità a
riferire in modo corretto i fatti accaduti né sono presenti disturbi
della sfera cognitiva che interferiscano con la percezione della realtà e
con la capacità di ricordare quanto accaduto e di riferirlo a terzi”.
Razionalmente è stato escluso, quindi, che le dichiarazioni
accusatorie medesime potessero risultare inficiate dalla pur evidenziata
circostanza che, sempre quanto a V. , “sul piano affettivo sono in atto
dinamiche preadolescenziali che la confondono e la spingono ad essere e
a mostrarsi più grande di quello che è, con il rischio di esporsi in
modo poco critico ad esperienze potenzialmente incongrue per la sua
attuale maturità affettivo - relazionale”. Trattasi, invero, di
considerazioni che attengono all’atteggiamento comportamentale della
ragazza, che la ha esposta a maggior rischio a fronte della condotta
illecita tenuta dall’imputato, ma che non riguardano la sua idoneità a
rendere congruamente testimonianza e che non riverberano effetti di
compromissione sull’attendibilità di quanto riferito (per propensione al
travisamento e/o a fantasticherie);
- ponderato le dichiarazioni accusatorie formulate dalla ragazzina,
razionalmente spiegando (in relazione alla sostanziale inesperienza in
campo sessuale) i motivi per i quali ella abbia in primo momento
ritenuto e riferito ai genitori, alle amiche ed ai Carabinieri di essere
stata deflorata (deflorazione esclusa, invece, dalla visita
ginecologica);
- evidenziato la mancanza assoluta di motivi che possano portare ad
ipotizzare la formulazione di accuse ingiuste nei confronti del
coordinatore, per il quale provava una spiccata simpatia;
- dato conto che effettivamente “molti dei fatti e delle circostanze
indicati come riscontri sono venuti meno” e puntualmente riferito circa
la contraddittorietà delle testimonianze delle amiche, ma rilevato che
il narrato era rimasto sostanzialmente costante nel suo nucleo
essenziale, mentre le contraddizioni riguardano solo i particolari del
fatto, come raccontato dalla parte lesa e percepito e compreso dalle sue
coetanee;
- messo in luce la valenza di riscontro da riconoscersi comunque al
contenuto dei messaggi telefonici inviati alla ragazzina dal N. sui
significati allusivi dei quali “se fossi stata più grande ti avrei
fatta”, “perché non mi mandi una foto nuda?”, “mi piaci con il tanga”
non può sorgere alcun dubbio.
1.3 In riferimento poi al delitto di violenza sessuale in danno di
R..B. , i giudici del merito hanno spiegato come il rapporto orale
intercorso con quella ragazza (che era “infatuata” del suo istruttore),
inizialmente consensuale, aveva assunto però connotazioni illecite di
violenza quanto l’uomo aveva preteso che ella ingoiasse il suo sperma
facendo ricorso alla forza fisica (tenendone e spingendone la testa) per
vincerne il dissenso.
Hanno dato ragione della ritenuta inconsistenza dell’atteggiamento
difensivo dell’imputato (attestatosi su una negazione integrale del
fatto), con accorta valutazione (anche in questo caso) delle richieste e
delle proposte fatte alla ragazza attraverso messaggi telefonici),
razionalmente escludendo intenti di ritorsioni o di vendetta.
Hanno minuziosamente analizzato le deposizioni rese dai testi della
difesa, illustrando come le stesse non fossero idonee ad inficiare il
nucleo essenziale della vicenda.
La mancata individuazione della data esatta in cui il fatto è
avvenuto: non influisce sulla configurazione dell’accusa, in quanto con
argomentazioni logiche è stato escluso che il fatto non si sia mai
verificato alla stregua delle circostanze narrate dalla giovane e
contestate dalla difesa; né ha alcuna incidenza sulla qualificazione
giuridica R. ha compiuto 16 anni l’(…), tenuto conto che non è stata
contestata né ritenuta la fattispecie di cui all’art. 609 quater cod.
pen.
1.4 In ordine ad entrambi gli episodi di violenza sessuale deve
concludersi pertanto, che la Corte territoriale - previo accurato
raffronto degli elementi di responsabilità acquisiti a carico
dell’imputato con le obiezioni mosse dalla difesa - è razionalmente
pervenuta ad un’affermazione di colpevolezza sulla base di un apparato
argomentativo della cui logicità non è dato dubitare.
Non sono conseguentemente ammissibili tutte quelle diffuse critiche
alla motivazione articolate nel ricorso, le quali - al limite di una
“invasione nel merito” - hanno segnalato pretese inadeguatezze della
giustificazione della decisione impugnata.
Non emerge, invero, che la motivazione sia caratterizzata da: a)
carenza di risposta a temi rilevanti e decisivi, prospettati dalle parti
o rilevabili d’ufficio; b) discordanza, incoerenza, disomogeneità ed
inconciliabilità logica tra singole proposizioni del costrutto di
spiegazione e delle relative connessioni ed inferenze; e) palese ed
immediata evidenza di contrasto e/o incompatibilità, nel ragionamento e
nelle sequenze narrative, la quale comporti irragionevolezze e/o
conclusioni tautologiche, oppure asserzioni che risultano arbitrarie o
paradossali, in quello specifico e preciso contesto di spiegazione.
Né possono essere oggetto di valutazione censoria, da parte della
Corte di Cassazione, ogni altra disarmonia, improprietà, scarsa
congruenza, oppure ancora imperfezioni della trama espositiva o delle
singole proposizioni che sostanziano e danno corpo alla motivazione,
considerato anche che il controllo di legittimità si appunta
esclusivamente sulla coerenza strutturale “interna” della decisione, di
cui viene verificata l’oggettiva “tenuta” sotto il profilo
logico-argomentativo.
Nel momento del controllo di legittimità, infatti, questa Corte non
deve stabilire se la decisione di merito delinei effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se la prospettata
giustificazione sia compatibile con il senso comune e sia in linea con
“i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale corrente (cfr., tra le molteplici decisioni in
tal senso, Cass.: Sez. V, n. 39843/2007).
2. Infondate sono pure le doglianze riferite in ricorso al denegato
riconoscimento dell’attenuante prevista dal terzo comma dell’art. 609
bis cod. pen. nei “casi di minore gravità”.
Tate circostanza attenuante deve considerarsi applicabile in quelle
fattispecie in cui -avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed
alle circostanze dell’azione - sia possibile ritenere che la libertà
sessuale personale della vittima (bene-interesse tutelato dalla norma
incriminatrice) sia stata compressa in maniera non grave.
Si impone, pertanto, una valutazione globale del fatto riferita a
tutte le modalità che hanno caratterizzato la condotta criminosa, ove
assumono rilievo il grado di coartazione esercitato sulla vittima e le
condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche
valutate in relazione all’età, l’entità della compressione della libertà
sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici
(vedi Cass., Sez. IH: 15.12.2003, a 47730; 16.5.2000, a 5646).
Nella specie la Corte di merito ha considerato inapplicabile la
norma più favorevole previo opportuno e logico apprezzamento:
dell’insidiosità dei comportamenti illeciti; del tradimento della
fiducia riposta nell’imputato dall’ente di cui faceva parte; del
tralignamento grave dei compiti di formazione e di educazione;
dell’entità dell’alterazione del percorso evolutivo della D.G. .
Trattasi di una valutazione, assolutamente legittima, di elementi
negativi particolarmente rilevanti correttamente correlata alla condotta
complessiva dell’imputato.
3. Merita accoglimento, invece, recezione riguardante il trattamento
sanzionatorio, dovendosi applicare, al riguardo, il principio di
diritto secondo il quale “in tenia di reato continuato, si pone come
necessaria la comparazione fra le attenuanti generiche ed una o più
aggravanti contestate con un reato satellite, perché l’avvenuta
unificazione di tutti i reati, ex art. 81 cpv. cod. pen. non fa venire
meno l’autonomia di ciascuno di essi e, comunque, la maggiore o minore
incidenza di circostanze favorevoli o sfavorevoli all’imputato influisce
sicuramente sulla misura dell’aumento di pena da irrogare per la
continuazione” (vedi Cass., Sez. VI 26.2.1993, n. 1898).
Nella vicenda in esame il giudice di primo grado aveva ritenuto
“reato più grave” quello di violenza sessuale in danno di D.G.V. (capo
A), per il quale aveva inflitto 6 anni di reclusione; tale pena-base
aveva poi aumentato per la continuazione, infliggendo: 8 mesi per la
violenza sessuale in danno di B.R. (capo B), 3 mesi per la detenzione
dei filmati pedopornografici (capo C) 1 mese per il reato di atti osceni
(capo D).
La Corte territoriale, a sua volta - in seguito al riconoscimento
delle attenuanti generiche (ed all’elisione di un fatto già ricompreso
nella contestazione dell’art. 527 cod. pen.) - ha ridotto a 5 anni di
reclusione la pena-base; ha ridotto altresì gli aumenti a titolo di
continuazione per gli altri reati, tranne che per il delitto di violenza
sessuale di cui al capo B). La pena inflitta per tale delitto, invece,
in seguito all’operato giudizio di bilanciamento delle attenuanti
generiche con le aggravanti e la recidiva, doveva essere anch’essa
decurtata ed a ciò il Collegio può direttamente procedere rideterminando
(in applicazione dei medesimo criterio di calcolo applicato dalla Corte
di merito) la relativa pena in mesi sei di reclusione, sicché la pena
complessiva resta definitivamente fissata in anni cinque, mesi nove di
reclusione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza
impugnata con riferimento alla pena inflitta a titolo di continuazione
per il reato sub B): pena che ridetermina in mesi sei di reclusione.
Rigetta il ricorso nel resto.
Depositata in Cancelleria il 07.03.2012