mercoledì 21 marzo 2012

Chi richiede la sanatoria di un immobile abusivo ha l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge e, in particolare, quale sia stata la data di realizzazione delle opere

N. 01563/2012REG.PROV.COLL.
N. 03272/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3272 del 2008, proposto dall’Immobiliare Laurus S.a.s. di Pagnotti Eugenia & C., rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Paolucci, con domicilio eletto presso il signor Massimo Letizia in Roma, viale Angelico n.103;
contro
Il Comune di Bologna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Stella Richter, Annamaria Cupello Castagna e Giulia Carestia, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Orti della Farnesina 126;
il Direttore del settore territorio e riqualificazione urbana del Comune di Bologna;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 4421/2007, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2012 il Cons. Claudio Boccia e uditi per le parti l’avvocato Letizia, per delega dell’avvocato Paolucci, e l’avvocato Stella Richter;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con provvedimento del 23 giugno 1998, il Soprintendente per i Beni Culturali, Ambientali e Architettonici di Bologna annullava la concessione edilizia in sanatoria, rilasciata con provvedimento del 27 aprile 1998 dal Comune di Bologna alla società immobiliare Laurus di Pagnotti Eugenia &C. per mantenere in essere un corpo di fabbricato (serra) e locali accessori, sito in Bologna, via Siepelunga n.75.
A tale provvedimento faceva seguito l’ordinanza del 1° dicembre 2000 del Comune di Bologna (Direzione territorio e riqualificazione urbana e edilizia- ufficio contenzioso) di demolizione del predetto manufatto.
Avverso tale provvedimento l’Immobiliare Laurus proponeva il ricorso n.210 del 2001, proposto al TAR per l’Emilia Romagna- Bologna, che lo respingeva con sentenza n.4421 del 2007.
2. Contro tale sentenza la predetta Immobiliare Laurus proponeva l’appello n. 3272 del 2008, deducendo che aveva errato il giudice di prime cure nel ritenere che - una volta respinta la domanda di condono - il Comune di Bologna sarebbe stato vincolato ad emettere l’ordinanza di demolizione e che era da considerarsi illegittimo il provvedimento di demolizione del fabbricato in quanto “derivante” da un altro provvedimento- il decreto di annullamento della concessione edilizia in sanatoria- anch’esso illegittimo.
A sostegno delle sue argomentazioni, l’appellante rilevava che il presupposto dell’ordinanza di demolizione era da rinvenirsi “non tanto nell’annullamento della provvedimento di condono” quanto piuttosto nell’abusività del manufatto, che nel caso di specie non poteva considerarsi tale.
Infatti, il medesimo sarebbe stato costruito intorno agli anni ’30 e cioè prima dell’entrata in vigore della legge n.1150 del 1942 che prescriveva (all’art.31) l’obbligo di munirsi di licenza edilizia solo nei comuni dove esisteva un piano regolatore o nei casi in cui la costruzione dell’edificio fosse stata prevista in centro abitato.
L’appellante rilevava, altresì, che il giudice di primo grado aveva errato anche nell’escludere la legittimità del manufatto in questione per il solo fatto che era stata proposta istanza di condono, poiché tale istanza era stata presentata solo per “scrupolo”, non essendovene bisogno per quanto sopra detto.
3. La Immobiliare Lurus depositava, in data 19 gennaio 2012, una memoria nella quale si riepilogavano le deduzioni addotte nel ricorso in appello a sostegno delle proprie argomentazioni difensive.
4. Nell’udienza del 21 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Preliminarmente osserva il Collegio che le affermazioni di parte appellante, relativamente alla data di costruzione dell’edificio, non trovano una conferma negli atti, dai quali invero emerge (relazione illustrativa allegata alla pratica di condono del 28 gennaio 1998) che “non è stato possibile reperire provvedimenti autorizzativi inerenti la costruzione del manufatto” per cui “si è provveduto ad inoltrare la presente richiesta di sanatoria” e ad identificare “ gli interventi eseguiti in assenza di atti autorizzativi nella Tipologia 1, in quanto corrispondenti ad un aumento di superficie utile.”
Sotto tale profilo, osserva il Collegio che:
– nel caso di proposizione di una istanza di sanatoria di un immobile abusivo, il richiedente abbia l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge e, in particolare, quale sia stata la data di realizzazione delle opere;
- ove un interessato intenda far rilevare dall’amministrazione comunale che l’edificio è stato realizzato in un’epoca in cui ancora la normativa allora vigente non richiedeva titoli edilizi (e pertanto chieda un atto accertativo in alternativa a quello di sanatoria che presuppone l’abusività delle opere), egli comunque abbia l’onere di dimostrare tutte le relative circostanze di fatto.
In punto di fatto, è decisivo considerare che non è stato provato nel corso del procedimento che le opere sono state realizzate quando ancora non occorreva il titolo edilizio.
La natura abusiva delle opere trova inoltre conferma sia nel contenuto stesso della istanza di sanatoria, sia nel fatto che la concessione edilizia rilasciata nel 1956 riguardava, per quanto rileva nel giudizio, due manufatti ai bordi di una piscina, nessuno dei quali però è risultato corrispondente alle dimensioni accentuatamente rettangolari del manufatto abusivo risultante dal verbale di sopralluogo del 14 febbraio 2000, n. 70.
Per quanto riguarda il secondo motivo, il Collegio condivide quanto osservato dal TAR, sulla assenza di illegittimità derivata: in un parallelo giudizio, è risultato legittimo l’annullamento da parte della Soprintendenza statale dell’autorizzazione paesaggistica , sicché il Comune era obbligato, in base alla normativa vigente in materia, ad emettere il contestato provvedimento di demolizione dell’immobile.
6. Per le ragioni esposte, l’appello va respinto.
7. Le spese del secondo grado seguono il principio della soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 3272 del 2008, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, che quantifica in euro 5000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Claudio Boccia, Consigliere, Estensore
 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)