N. 01563/2012REG.PROV.COLL.
N. 03272/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 3272 del 2008, proposto
dall’Immobiliare Laurus S.a.s. di Pagnotti Eugenia & C.,
rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Paolucci, con domicilio
eletto presso il signor Massimo Letizia in Roma, viale Angelico n.103;
contro
Il Comune di Bologna, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Stella Richter, Annamaria
Cupello Castagna e Giulia Carestia, con domicilio eletto presso il
primo in Roma, via Orti della Farnesina 126;
il Direttore del settore territorio e riqualificazione urbana del Comune di Bologna;
il Direttore del settore territorio e riqualificazione urbana del Comune di Bologna;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 4421/2007, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2012 il Cons. Claudio
Boccia e uditi per le parti l’avvocato Letizia, per delega dell’avvocato
Paolucci, e l’avvocato Stella Richter;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.
Con provvedimento del 23 giugno 1998, il Soprintendente per i Beni
Culturali, Ambientali e Architettonici di Bologna annullava la
concessione edilizia in sanatoria, rilasciata con provvedimento del 27
aprile 1998 dal Comune di Bologna alla società immobiliare Laurus di
Pagnotti Eugenia &C. per mantenere in essere un corpo di fabbricato
(serra) e locali accessori, sito in Bologna, via Siepelunga n.75.
A
tale provvedimento faceva seguito l’ordinanza del 1° dicembre 2000 del
Comune di Bologna (Direzione territorio e riqualificazione urbana e
edilizia- ufficio contenzioso) di demolizione del predetto manufatto.
Avverso
tale provvedimento l’Immobiliare Laurus proponeva il ricorso n.210 del
2001, proposto al TAR per l’Emilia Romagna- Bologna, che lo respingeva
con sentenza n.4421 del 2007.
2. Contro tale
sentenza la predetta Immobiliare Laurus proponeva l’appello n. 3272 del
2008, deducendo che aveva errato il giudice di prime cure nel ritenere
che - una volta respinta la domanda di condono - il Comune di Bologna
sarebbe stato vincolato ad emettere l’ordinanza di demolizione e che era
da considerarsi illegittimo il provvedimento di demolizione del
fabbricato in quanto “derivante” da un altro provvedimento- il decreto
di annullamento della concessione edilizia in sanatoria- anch’esso
illegittimo.
A sostegno delle sue argomentazioni,
l’appellante rilevava che il presupposto dell’ordinanza di demolizione
era da rinvenirsi “non tanto nell’annullamento della provvedimento di
condono” quanto piuttosto nell’abusività del manufatto, che nel caso di
specie non poteva considerarsi tale.
Infatti, il
medesimo sarebbe stato costruito intorno agli anni ’30 e cioè prima
dell’entrata in vigore della legge n.1150 del 1942 che prescriveva
(all’art.31) l’obbligo di munirsi di licenza edilizia solo nei comuni
dove esisteva un piano regolatore o nei casi in cui la costruzione
dell’edificio fosse stata prevista in centro abitato.
L’appellante
rilevava, altresì, che il giudice di primo grado aveva errato anche
nell’escludere la legittimità del manufatto in questione per il solo
fatto che era stata proposta istanza di condono, poiché tale istanza era
stata presentata solo per “scrupolo”, non essendovene bisogno per
quanto sopra detto.
3. La Immobiliare Lurus
depositava, in data 19 gennaio 2012, una memoria nella quale si
riepilogavano le deduzioni addotte nel ricorso in appello a sostegno
delle proprie argomentazioni difensive.
4. Nell’udienza del 21 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
5.
Preliminarmente osserva il Collegio che le affermazioni di parte
appellante, relativamente alla data di costruzione dell’edificio, non
trovano una conferma negli atti, dai quali invero emerge (relazione
illustrativa allegata alla pratica di condono del 28 gennaio 1998) che
“non è stato possibile reperire provvedimenti autorizzativi inerenti la
costruzione del manufatto” per cui “si è provveduto ad inoltrare la
presente richiesta di sanatoria” e ad identificare “ gli interventi
eseguiti in assenza di atti autorizzativi nella Tipologia 1, in quanto
corrispondenti ad un aumento di superficie utile.”
Sotto tale profilo, osserva il Collegio che:
–
nel caso di proposizione di una istanza di sanatoria di un immobile
abusivo, il richiedente abbia l’onere di dimostrare la sussistenza dei
presupposti previsti dalla legge e, in particolare, quale sia stata la
data di realizzazione delle opere;
- ove un
interessato intenda far rilevare dall’amministrazione comunale che
l’edificio è stato realizzato in un’epoca in cui ancora la normativa
allora vigente non richiedeva titoli edilizi (e pertanto chieda un atto
accertativo in alternativa a quello di sanatoria che presuppone
l’abusività delle opere), egli comunque abbia l’onere di dimostrare
tutte le relative circostanze di fatto.
In punto di
fatto, è decisivo considerare che non è stato provato nel corso del
procedimento che le opere sono state realizzate quando ancora non
occorreva il titolo edilizio.
La natura abusiva
delle opere trova inoltre conferma sia nel contenuto stesso della
istanza di sanatoria, sia nel fatto che la concessione edilizia
rilasciata nel 1956 riguardava, per quanto rileva nel giudizio, due
manufatti ai bordi di una piscina, nessuno dei quali però è risultato
corrispondente alle dimensioni accentuatamente rettangolari del
manufatto abusivo risultante dal verbale di sopralluogo del 14 febbraio
2000, n. 70.
Per quanto riguarda il secondo motivo,
il Collegio condivide quanto osservato dal TAR, sulla assenza di
illegittimità derivata: in un parallelo giudizio, è risultato legittimo
l’annullamento da parte della Soprintendenza statale dell’autorizzazione
paesaggistica , sicché il Comune era obbligato, in base alla normativa
vigente in materia, ad emettere il contestato provvedimento di
demolizione dell’immobile.
6. Per le ragioni esposte, l’appello va respinto.
7. Le spese del secondo grado seguono il principio della soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull'appello n. 3272 del 2008, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte
soccombente al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, che
quantifica in euro 5000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Claudio Boccia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)