Corte di Cassazione Sez. Sesta Pen. - Sent. del 09.02.2012
Motivi Della Decisione
1. Con sentenza del 14 Luglio 2010 la Corte d’appello di Brescia
confermava la condanna inflitta a (…) assessore del Comune di Mantova,
imputata del delitto di peculato d’uso, perché, ottenuta la consegna di
un’autovettura per recarsi a Milano per partecipare a un corso
formativo, disertava il corso e tratteneva il veicolo per fini privati
per tutta la giornata.
La Corte d’appello osservava che l’imputata, una volta deciso di non recarsi a Milano, avrebbe dovuto restituire l’autovettura, essendo venuta meno la ragione di servizio che ne giustificava la disponibilità. Ella, invece, trattenendo l’auto e utilizzandola a fine giornata per scopi personali, l’aveva sottratta alla sua destinazione arrecando pregiudizio alla funzionalità dell’Ente pubblico.
Contro detta sentenza ricorre l’imputata, denunciando erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione. Deduce che la sua condotta non avrebbe recato un tangibile, concreto e apprezzabile pregiudizio all’Amministrazione e che il tragitto compiuto dalla propria casa al centro cittadino fu quello necessario per la riconsegna del veicolo. Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.
2. Il ricorso è fondato.
La Corte d’appello, pur riconoscendo che non è stata raggiunta la prova che l’imputata avesse usato l’autovettura di servizio per scopi personali se non quando, a fine giornata, lasciata la periferia ove abitava, si trasferì nel centro città per andare a trovare la madre, ha ravvisato la commissione del reato di peculato d’uso in due distinte condotte:
A) nel fatto che, omettendo di riconsegnare l’autovettura o anche solo di dare avviso all’amministrazione del suo mancato utilizzo, sottrasse il veicolo alla sua destinazione istituzionale,
B) nel fatto che, utilizzando l’auto per recarsi in centro città per fare visita alla madre prima di riconsegnarla all’amministrazione, usò il veicolo per fini personali estranei all’Ente proprietario.
Ora il fatto descritto sub A), risoltosi nel comportamento negligente dell’amministratore pubblico che, non dovendo più utilizzare l’autovettura di servizio per soddisfare le esigenze in vista delle quali gli era stata consegnata, omise di restituirla tempestivamente a chi di dovere, è senz’altro censurabile sotto il profilo disciplinare, ma non integra gli estremi del reato contestato, del quale difetta l’elemento essenziale dell’appropriazione, posto che il veicolo non fu utilizzato per fini personali privati. In vero una cosa è il ritardato negligente adempimento dell’obbligo di restituzione, altra è l’appropriazione illecita, penalmente rilevante, che si realizza mediante l’uso della cosa pubblica a fini privati.
Il reato di peculato è dunque configurabile, prima facie, solamente nel fatto descritto sub B). A riguardo va tuttavia ricordato che la recente giurisprudenza di legittimità, valorizzando il principio di offensività che permea il diritto penale e considerando il carattere plurioffensivo del reato che tutela sia l’interesse al buon andamento della pubblica amministrazione sia l’interesse all’integrità patrimoniale dell’Ente pubblico, esclude la sussistenza del reato laddove l’uso momentaneo della cosa non abbia leso in modo apprezzabile gli anzidetti interessi (Sez. 6 n. 7177 del 27/10/2011, M., rv 249459; idem, N. 10233 del 10/01/2007, S., rv 235941; idem n. 9216 del 01/02/2005 T.).
Sulla base dell’interpretazione testé richiamata deve escludersi che il fatto residuale ascritto all’imputata, consistito nell’uso dell’auto di servizio per il trasferimento dalla periferia al centro città (trasferimento comunque necessario per la restituzione del veicolo) al fine di compiere una visita privata, abbia concretato il delitto di peculato d’uso, essendo mancato quel minimo apprezzabile pregiudizio agli interessi tutelati dalla norma incriminatrice necessario per la consumazione del reato medesimo.
Pertanto la sentenza impugnata dev’essere annullata per insussistenza del fatto.
La Corte d’appello osservava che l’imputata, una volta deciso di non recarsi a Milano, avrebbe dovuto restituire l’autovettura, essendo venuta meno la ragione di servizio che ne giustificava la disponibilità. Ella, invece, trattenendo l’auto e utilizzandola a fine giornata per scopi personali, l’aveva sottratta alla sua destinazione arrecando pregiudizio alla funzionalità dell’Ente pubblico.
Contro detta sentenza ricorre l’imputata, denunciando erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione. Deduce che la sua condotta non avrebbe recato un tangibile, concreto e apprezzabile pregiudizio all’Amministrazione e che il tragitto compiuto dalla propria casa al centro cittadino fu quello necessario per la riconsegna del veicolo. Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.
2. Il ricorso è fondato.
La Corte d’appello, pur riconoscendo che non è stata raggiunta la prova che l’imputata avesse usato l’autovettura di servizio per scopi personali se non quando, a fine giornata, lasciata la periferia ove abitava, si trasferì nel centro città per andare a trovare la madre, ha ravvisato la commissione del reato di peculato d’uso in due distinte condotte:
A) nel fatto che, omettendo di riconsegnare l’autovettura o anche solo di dare avviso all’amministrazione del suo mancato utilizzo, sottrasse il veicolo alla sua destinazione istituzionale,
B) nel fatto che, utilizzando l’auto per recarsi in centro città per fare visita alla madre prima di riconsegnarla all’amministrazione, usò il veicolo per fini personali estranei all’Ente proprietario.
Ora il fatto descritto sub A), risoltosi nel comportamento negligente dell’amministratore pubblico che, non dovendo più utilizzare l’autovettura di servizio per soddisfare le esigenze in vista delle quali gli era stata consegnata, omise di restituirla tempestivamente a chi di dovere, è senz’altro censurabile sotto il profilo disciplinare, ma non integra gli estremi del reato contestato, del quale difetta l’elemento essenziale dell’appropriazione, posto che il veicolo non fu utilizzato per fini personali privati. In vero una cosa è il ritardato negligente adempimento dell’obbligo di restituzione, altra è l’appropriazione illecita, penalmente rilevante, che si realizza mediante l’uso della cosa pubblica a fini privati.
Il reato di peculato è dunque configurabile, prima facie, solamente nel fatto descritto sub B). A riguardo va tuttavia ricordato che la recente giurisprudenza di legittimità, valorizzando il principio di offensività che permea il diritto penale e considerando il carattere plurioffensivo del reato che tutela sia l’interesse al buon andamento della pubblica amministrazione sia l’interesse all’integrità patrimoniale dell’Ente pubblico, esclude la sussistenza del reato laddove l’uso momentaneo della cosa non abbia leso in modo apprezzabile gli anzidetti interessi (Sez. 6 n. 7177 del 27/10/2011, M., rv 249459; idem, N. 10233 del 10/01/2007, S., rv 235941; idem n. 9216 del 01/02/2005 T.).
Sulla base dell’interpretazione testé richiamata deve escludersi che il fatto residuale ascritto all’imputata, consistito nell’uso dell’auto di servizio per il trasferimento dalla periferia al centro città (trasferimento comunque necessario per la restituzione del veicolo) al fine di compiere una visita privata, abbia concretato il delitto di peculato d’uso, essendo mancato quel minimo apprezzabile pregiudizio agli interessi tutelati dalla norma incriminatrice necessario per la consumazione del reato medesimo.
Pertanto la sentenza impugnata dev’essere annullata per insussistenza del fatto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Depositata in Cancelleria il 09.02.2012