Vi riporto l'importante circolare ministeriale e la prima sentenza del Tar Basilicata alla Regione per non avere adempiuto agli obblighi di pubblicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC)
Ministero dell'interno
Dipartimento della Pubblica Sicurezza
Direzione Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato
(300/A/7138/11/101/138 del 02/09/2011)
Oggetto:Accesso ai documenti riguardanti l'attività di rilevazione e di accertamento in materia di incidenti stradali, nonché le attività di accertamento e contestazione di illeciti amministrativi
Nell' ambito delle procedure volte ad alleggerire il carico burocratico dei Reparti e degli Uffici della Polizia Stradale[1] ed in attesa di emanare nuove disposizioni per la riorganizzazione degli Uffici Incidenti della Specialità, al fine di recuperare risorse da destinare ai servizi istituzionali esterni, si ritiene necessario intervenire sulle modalità di ricezione delle istanze e di trasmissione degli atti relativi agli incidenti stradali rilevati dal personale della Polizia Stradale, richiesti dagli interessati.
Le indicazioni che seguono, peraltro, vanno incontro al diritto del cittadino, normativamente riconosciuto, di inoltrare elettronicamente comunicazioni e istanze e ricevere, sempre elettronicamente, gli atti cui chiede l'accesso. Se ne otterrà, da entrambe le parti, un notevole risparmio in termini di tempo, una riduzione dei costi, senza compromettere la sicurezza e la garanzia di certificazione della spedizione, della consegna, del contenuto degli atti.
La possibilità di chiedere agli organi di Polizia di cui all'articolo 12 del C.d.S. le informazioni concernenti gli incidenti stradali da essi rilevati è, com'è noto, prevista da due diverse discipline:
- quella stabilita dall'articolo 11, comma 4, del C.d.S., le cui modalità procedurali sono scandite nel relativo articolo 21 del Regolamento di esecuzione;
- quella di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e del relativo Regolamento governativo di attuazione, emanato con D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352.
L'accesso agli atti si può concretizzare in vari modi: mediante visione diretta degli originali presso gli uffici; la trascrizione del loro contenuto; l'acquisizione di una copia. Quest'ultima modalità, con estrazione di una copia informale, è quella adottata in prevalenza e genera un rilevante carico di lavoro per ogni Ufficio Incidenti della Polizia Stradale.
Al fine di ridurre tale impegno, è necessario che gli Uffici e i Reparti dipendenti comunichino ai soggetti interessati (in particolare, i rappresentanti delle società di assicurazione e degli studi legali, i periti , gli investigatori privati, ecc.) la possibilità di presentare agli uffici della Polizia Stradale la richiesta di copia informale degli atti utilizzando la Posta Elettronica Certificata (PEC), di cui sia gli Uffici della Specialità sia tali soggetti sono ormai dotati. La richiesta sarà, di conseguenza, evasa attraverso l'invio di un file in formato PDF contenente gli atti precedentemente scannerizzati[2], con tempi di trattazione notevolmente ridotti rispetto a quelli necessari a garantire l'estrazione della copia in formato cartaceo.
In tal modo, la ricezione e la trasmissione dei documenti in forma elettronica sostituirà quella in formato cartaceo, salvo i limitati casi di richieste inoltrate da soggetti che non dispongono della PEC.
Per completezza si chiarisce quanto segue:
- la possibilità di esercitare l'accesso per via telematica è espressamente prevista dall'articolo 13 del Regolamento di disciplina per l'accesso ai documenti amministrativi, in conformità a quanto stabilito nel Capo V della legge n. 241/1990, emanato con D.P.R. 184/2006 [3];
- la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi da tempo[4] è del parere che, per l'accesso a questi atti, non sia dovuta l'imposta di bollo, tanto sulla richiesta quanto sulla copia informe rilasciata;
- la stessa Commissione ha in più occasioni sostenuto che, in base al quadro normativo di riferimento, l'accesso in via telematica può essere consentito anche gratuitamente, a meno che il provvedimento organizzatorio della singola amministrazione[5] non abbia individuato i costi per tale forma di accesso;
- in assenza di provvedimento in tal senso da parte del Ministero dell'Interno, non sono dovuti costi di riproduzione per ottenere la trasmissione per via telematica del documento elettronico formato dalla scansione degli atti del fascicolo dell' incidente;
- nessun onere di riproduzione è dovuto anche nel caso in cui la richiesta di rilascio di copia informale sia presentata in formato cartaceo all'ufficio di polizia, ma contenga la specificazione che la copia degli atti sia emessa in formato elettronico da inviare ad un indirizzo PEC;
- per tutelare la sicurezza delle reti informatiche della Polizia Stradale, non è possibile accedere alla richiesta di rilascio di copia elettronica degli atti su supporto offerto dal richiedente (es pen-drive USB, hard disk portatile, ecc.);
- le richieste di copie conformi all'originale sono, invece, soggette sia al pagamento dell'imposta di bollo che dei costi di riproduzione, giacchè il documento continuerà ad essere originato in formato cartaceo.
Gli Uffici e i Reparti dipendenti, ricevuta la richiesta tramite PEC, verificheranno, come già avviene, la legittimazione del richiedente, soggetto cui è riconosciuto il diritto di accesso perché vanta l'interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti[6]. Dovrà, inoltre, essere verificato che l'incidente non abbia assunto rilevanza penale (mortale o con lesioni per le quali è stata sporta querela), caso nel quale la richiesta dovrà essere corredata anche del nulla osta da parte dell' Autorità Giudiziaria. Se la richiesta proviene da soggetti terzi rispetto all'evento infortunistico (avvocati, investigatori privati, ecc.), la stessa dovrà essere corredata da delega rilasciata dall' interessato e dalla copia di un suo documento d'identità.
Sussistendo le condizioni di legge per il rilascio della copia degli atti, l'ufficio che custodisce il fascicolo del sinistro provvederà ad elaborare un file in formato PDF contenente gli atti scannerizzati, per l'invio con PEC al soggetto richiedente.
La validità della trasmissione e della ricezione del messaggio di PEC è attestata, rispettivamente, dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna.
Nel caso in cui l'ufficio non abbia la disponibilità contingente della casella di PEC, può essere utilizzata per inviare la documentazione anche la casella di posta elettronica non certificata.
Al contrario, non potrà essere dato corso alla richiesta di rilascio di copia informale di atti mediante trasmissione telematica, se la stessa perviene da soggetto che non abbia utilizzato la PEC.
La procedura delineata dalla presente circolare potrà essere adottata anche nel caso di richiesta e rilascio di atti relativi alle attività di accertamento e contestazione degli illeciti amministrativi.
Copia della circolare sarà pubblicata sul sito www.poliziadistato.it per poter informare tutti i cittadini delle presenti disposizioni circa il rilascio di copia di atti con sistemi informatici di riproduzione e trasmissione.
Ulteriori iniziative di comunicazione per raggiungere i soggetti interessati da tale nuova organizzazione della richiesta e rilascio di copia di atti, dovranno essere individuate in sede locale per accelerare il processo di snellimento degli oneri burocratici, sia per i cittadini che per gli uffici di polizia, derivanti dalle procedure per via telematica appena descritte.
IL DIRETTORE CENTRALE
Giuffrè
Giuffrè
[1] Da ultimo si veda la circolare n.300/A/418l/1l/13l/0/39 del 6 maggio 2011, diretta ai Compartimenti della Polizia Stradale.
[2] A tal fine giova ricordare che è possibile acquisire ed immagazzinare elettronicamente documenti in formato PDF sia con normali scanner, sia e soprattutto mediante l'utilizzo della fotocopiatrice Olivetti dCopia 500MF in dotazione a molti Uffici della Polizia Stradale.
[3] La disposizione rinvia all'articolo 38 del D.P.R. 445/2000, per quanto riguarda le modalità di invio telematico delle domande e delle relative sottoscrizioni, nonché agli articoli 4 e 5 del D.P.R. 6812005 e al decreto legislativo 82/2005.
[4] Vedasi parere del 3 aprile 1997.
[5] Art. 1 D.P.R. 18412006
[6] Cfr. art. 22 legge n. 241/1990.
Leggi la circolare in formato pdfMinistero dell’Interno Direttiva per la semplificazione dell’attività amministrativa e gestionale degli uffici territoriali della Polizia Stradale – Disposizioni attuative – Seguito (Circolare n. 300/A/4181/11/1310/39 del 6 maggio 2011) Leggi la circolare Allegato 2 Relazione annuale Allegato 3 SPS modulo incidenti stradali |
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PEC - Il TAR condanna la Regione Basilicata
La sentenza è una novità assoluta e rappresenterà probabilmente uno spartiacque in materia di Pubblica Amministrazione Digitale: il T.A.R. Basilicata ordina alla Regione Basilicata di adempiere agli obblighi di pubblicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), sancendo così il diritto dei cittadini di comunicare con la PA attraverso questo strumento. L’amministrazione – non costituitasi in giudizio – è stata condannata anche alla rifusione delle spese legali.Si è trattato della prima class action italiana in materia di PA digitale da quando è stato adottato il CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale), che all’articolo 3 prevede il diritto all’uso delle nuove tecnologie. A patrocinare la causa il movimento “Radicali Italiani” e l’Associazione “Agorà Digitale” difesi dall'avv. Ernesto Belisario, unitamente ad alcuni cittadini, dopo che la Regione non aveva risposto alla loro richiesta di pubblicare sulla home page del proprio sito web l’indirizzo di PEC, come previsto dall’art. 54 comma 2 ter del CAD e dalle “Linee guida per i siti web delle P.A. – Anno 2010” dettate dal Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
La class action si è conclusa, quindi, con la sentenza n. 478/2011, depositata lo scorso 23 settembre dal T.A.R. Basilicata. In pratica, con questa sentenza si afferma che le disposizioni del CAD sono cogenti e devono essere applicate. Per la prima volta trovano applicazione a seguito di un giudizio instaurato innanzi ad un Tribunale le norme previste dal Codice dell’Amministrazione Digitale riferite ai diritti dei cittadini e delle imprese all’uso delle nuove tecnologie
N. 00478/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00033/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 33 del 2011, proposto da:
M. S., in proprio e nella qualita' di Segretario del Movimento "Radicali Italiani", L. N., in
proprio e nella qualita' di Segretario dell'Associazione"Agora' Digitale" e M. B.i,
rappresentati e difesi dall'avv. Ernesto Belisario, con domicilio eletto presso il suo studio in
Potenza, viale Marconi, 75;
contro
Regione Basilicata in Persona del Presidente P.T., non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
C. G., D. N., rappresentati e difesi dall'avv. Ernesto Belisario, con domicilio eletto presso il
suo studio in Potenza, viale Marconi, 75;
per l'accertamento ai sensi e per gli effetti degli artt.1 e 3, D.Lgs n. 198/2009 e art. 3
comma 1-ter, D.Lgs n. 82/2005, della violazione da parte della Regione Basilicata
dell’obbligo ad adottare gli atti amministrativi necessari a consentire ai cittadini e agli utenti
di comunicare con l’ente stesso mediante la posta elettronica certificata, garantendo
idonea pubblicità al proprio indirizzo di posta elettronica certificata, ai sensi degli articoli 3,
6, 54 del d.lgs n. 82/2005 e di conseguenza, condannare la Regione ad assicurare
l’effettività delle predette disposizioni mediante l’adozione degli atti amministrativi
obbligatori per legge, nonché di ogni altro atto idoneo e necessario a consentire ai cittadini
e agli utenti della Regione di poter individuare agevolmente il recapito di posta elettronica
certificata attraverso la sua pubblicazione sulla pagina iniziale del sito;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di intervento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto il D.Lgs n. 198/2009;
Relatore il magistrato Paola Anna Gemma Di Cesare e udito l’Avv. Ernesto Belisario,
procuratore costituito di parte ricorrente e degli intervenienti ad audivandum;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
OMISSIS
DIRITTO
1.- Con il ricorso in epigrafe M. B., M. S., in proprio e nella sua qualità di segretario del
movimento “Radicali italiani”, L. N, in proprio e nella sua qualità di segretario
dell’associazione “Agorà digitale”, domandano l’accertamento del disservizio determinato
dalla mancata pubblicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata sulla pagina web
iniziale del sito istituzionale della Regione e dalla impossibilità di utilizzo della posta
elettronica certificata per le comunicazioni con l’ente, con la conseguente condanna
dell’amministrazione intimata a porre in essere gli adempimenti necessari.
2.- In via preliminare occorre verificare la sussistenza delle tre condizioni dell’azione: la
possibilità giuridica o ammissibilità dell’azione; la legittimazione ad agire; l’interesse ad
agire.
2.1.- Il primo requisito è soddisfatto dall’esistenza della norma costituita dall’art. 1, comma
1, d.lgs 20 dicembre 2009 n. 198 recante "attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo
2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari
di servizi pubblici" che contempla la possibilità di proporre un’azione allo scopo di
“ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio”
azionabile sia da singoli "titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una
pluralità di utenti e consumatori" sia da "associazioni o comitati a tutela degli interessi dei
propri associati".
Il presupposto di ammissibilità dell’azione passa attraverso la verifica della sussistenza di
uno dei seguenti comportamenti tipizzati: a) la violazione di termini o dalla mancata
emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da
emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un
regolamento; b) la violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi; c) la violazione
di standard qualitativi ed economici stabiliti per i concessionari di servizi pubblici, dalle
autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e per le pubbliche
amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di
performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
In tema di ammissibilità dell’azione è stato già chiarito da condivisibile giurisprudenza
amministrativa (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 20 gennaio 2011, n. 552 confermata dal
Consiglio Stato , sez. VI, 09 giugno 2011 , n. 3512) che la disposizione transitoria di cui
all’art. 7 del lgs 198/2009, laddove subordina l’applicabilità delle norme in materia di
ricorso per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni all’adozione di uno o più atti
attuativi adottati con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri deputati a definire gli
obblighi contenuti nelle carte dei servizi, non opera nell’ipotesi in cui il legislatore abbia già
delineato il comportamento esigibile dall’amministrazione. L’azione è, quindi, direttamente
esperibile nell’ipotesi di omissione o tardiva emanazione di atti amministrativi generali
obbligatori e non aventi contenuto normativo.
Sotto tale profilo, pertanto, si ravvisa uno dei presupposti dell’azione, poiché nel ricorso in
esame è lamentata proprio l’omessa adozione di atti amministrativi obbligatori per
consentire agli utenti l’effettivo utilizzo della posta elettronica certificata per le
comunicazioni con la Regione.
2.2.- Quanto alla legittimazione ad agire, va precisato che l’art. 1 d.lgs n. 198/2009
riconosce la legittimazione a proporre l’azione per l’efficienza delle pubbliche
amministrazioni sia ai singoli "titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per
una pluralità di utenti e consumatori" ( art. 1, comma 1 del d.lgs 198/2009) sia ad
"associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla
pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1” e quindi titolari di interessi
giuridicamente rilevanti ed omogenei tra loro (art. 1, comma 4 d.lgs198/2009).
2.2.1.- Per quanto riguarda le associazioni- nel cui novero è certamente riconducibile il
movimento politico Radicali Italiani- osserva il Collegio che la loro legittimazione non può
estendersi ad ogni attività di carattere pubblicistico che si ripercuota sugli utenti, ma va pur
sempre vagliata alla luce delle finalità statutarie dell’ente.
In altre parole, la legittimazione delle associazioni ( riconosciute e non riconosciute) alla
proposizione dell’azione per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni va sempre
verificata in concreto, caso per caso, in relazione alla natura e alla tipologia dell’interesse
leso, al fine di accertare se l’ente ricorrente sia statutariamente deputato alla tutela di
quello specifico interesse “omogeneo per una pluralità di utenti e di consumatori”.
Si può allora affermare che le associazioni, in tanto possono proporre l’azione contemplata
dal d.lgs n. 198/2009, in quanto le stesse dimostrino di possedere sufficienti indici di
rappresentatività degli interessi diffusi di una particolare categoria di utenti (gli interessi
diffusi si trasformano, infatti , in interessi collettivi una volta “soggettivizzati” in capo all’
ente esponenziale che agisce a tutela di interessi omogenei del gruppo).
Deve ritenersi pertanto preclusa la legittimazione a proporre l’azione per l’efficienza di cui
al d.lgs 198/2009 da parte di partiti e movimenti politici o, in generale, di associazioni e
comitati a tutela oggettiva del ripristino della legalità violata: il movimento politico è
espressione, per sua stessa definizione, degli interessi politici dei sui associati ed in
quanto rappresentativo di una classe generale ed eterogenea non è legittimato ad
esprimere gli interessi giuridicamente rilevanti di una classe determinata ed omogenea di
“utenti e consumatori”.
Ciò è del resto confermato dallo Statuto del movimento Radicali Italiani, versato in atti, nel
quale, tra gli scopi da perseguire, non emerge alcun riferimento alla tutela dei diritti e delle
libertà digitali né tanto meno, più in generale, alla tutela degli interessi dei consumatori e
degli utenti.
Il citato Statuto si limita ad affermare che il movimento ha “lo scopo di rafforzare le lotte
liberali, liberiste e libertarie per la rivoluzione liberale e per gli Stati uniti d’Europa”.
Ne consegue che non è concepibile la configurazione in capo agli associati del movimento
politico “Radicali Italiani” la sussistenza del requisito legittimante alla proposizione
dell’azione di cui al d.lgs n. 198/2009: la rappresentatività di un interesse specifico ed
omogeneo, che, nella specie, è affermato come interesse a chè la Regione ponga in
essere gli atti necessari per attuare le disposizioni legislative che impongono la
pubblicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata sulla pagina iniziale del sito
istituzionale e consentano di conseguenza un agevole accesso alla comunicazione
telematica con la Regione.
2.2.2.- Alla luce delle coordinate sopra tracciate, il Collegio ritiene, invece, sussistente la
legittimazione ad agire in capo all’Associazione Agorà digitale, poiché la stessa non ha un
fine politico generale, ma assume, come specifico scopo statutario quello di “difendere le
libertà digitali…e di sviluppare una comunicazione in rete che sappia coinvolgere ed
informare”. Tale associazione, quindi, in quanto rappresentativa proprio dello specifico
interesse asseritamente leso dalla Regione con la mancata attuazione delle disposizioni
del codice dell’amministrazione digitale è legittimata ad agire.
2.3.- Una volta verificata l’ammissibilità dell’azione e la legittimazione ad agire, resta da
scrutinare la sussistenza di un’altra condizione dell’azione: l’interesse al ricorso.
A mente dell'art. 1 comma 1 del d.lgs 198/09- riproduttivo delle regola processuale
generale- la proposizione dell’azione è condizionata alla sussistenza di una “lesione
diretta, concreta ed attuale”, derivante dalle omissioni o dalla gestione inefficiente
dell’amministrazione.
Con tale precisazione il legislatore- richiedendo che sia dimostrata la sussistenza di un
interesse che, al di là della sua natura, abbia una sua concretezza e sia stato o sia
suscettibile di essere leso- intende evidentemente stemperare la portata dell’ampliamento
della legittimazione ad agire, al fine di evitare che l’azione in discorso trasmodi sino a
diventare uno strumento di controllo oggettivo e generalizzato dell’operato della P.A. e
quindi un modello alternativo alla funzione di controllo politico-amministrativo.
Non è sufficiente, quindi, che il ricorrente si limiti a dedurre, come nella specie,
l’inefficienza in cui la pubblica amministrazione sarebbe incorsa, ma egli deve anche
dedurre la lesione personale che abbia subito o che possa subire, nell’immediato o a
breve, al proprio interesse omogeneo a quello di una determinata classe di utenti o
consumatori.
In particolare, nella fattispecie in capo ai ricorrenti M. B., M. S. e a L. N. (laddove questi
ultimi agiscono anche in proprio), nel ricorso nulla è prospettato specificamente in ordine
all’interesse personale di ciascuno, che sarebbe stato leso concretamente dalla mancata
indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata nella pagina iniziale del sito web
della Regione, il che ha impedito all’amministrazione, in sede di diffida, ed impedisce ora
al Collegio, di verificare la sussistenza del loro concreto e personale interesse. Tali
ricorrenti si sono infatti limitati a dedurre il disservizio determinato dalla mancata
pubblicazione sulla pagina web del sito istituzionale dell’indirizzo di posta elettronica
certificata, che avrebbe pregiudicato la possibilità per gli utenti di comunicare
telematicamente con la Regione.
Né la diffida proposta a norma dell’art. 3 del d.lgs n. 198/2009 può valere- contrariamente
a quanto controdedotto nelle memorie autorizzate ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.- a
concretizzare l’interesse dei ricorrenti, poiché la rappresentazione della lesione subita o
subenda a causa del disservizio lamentato asseritamente derivato dall’impossibilità di
conoscere e comunicare agevolmente in via telematica con la Regione, avrebbe dovuto
esser presente già nell’atto di diffida stesso, in modo da consentire all’amministrazione di
correggere le disfunzioni lamentate.
Ne consegue pertanto l’inammissibilità del ricorso proposto da M. B., M. S. e a L. N..
3.- Il difetto di prospettazione della sussistenza di una lesione diretta concreta ed attuale si
ravvisa anche in relazione all’intervento in giudizio proposto da C. G. e D. N..
Tali intervenienti si limitano, infatti, ad affermare di aver un interesse omogeneo a quello
dei ricorrenti e di avere interesse all’accoglimento del ricorso sia in quanto residenti nella
Regione Basilicata sia in quanto “utenti di una pluralità di servizi erogati dalla medesima
Regione”.
Ritiene, al riguardo, il Collegio che non possa essere criterio discretivo in ordine alla
sussistenza o meno di un interesse concreto al ricorso di cui all’art. 1 D.lgs. n. 198 del
2009 la mera circostanza della residenza del ricorrente o dell’interveniente nel territorio
della Regione, posto che anche un non residente può evidentemente avere interesse a
fruire dei servizi telematici erogati dalla Regione Basilicata ed avere necessità di
comunicare telematicamente con l’ente.
Risulta, invece, necessario individuare un criterio di prossimità tra il titolare dell’interesse e
l’ente pubblico in relazione ad una specifica funzione pubblica o ad uno specifico servizio
pubblico erogato dall’ente, di cui il soggetto ricorrente (cittadino o non cittadino, residente
o non residente) prospetti di volere o dovere fruire avvalendosi delle tecnologie
telematiche di comunicazione.
Occorre, pertanto, che il ricorrente o l’interveniente ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs.. n. 198
del 2009 dimostri di essere effettivo portatore di un interesse omogeneo alla classe di
utenti o consumatori di riferimento, nel cui interesse egli pure esercita la propria azione o
effettua il proprio intervento.
4.- Per quanto attiene all’ interesse al ricorso dell’associazione “Agorà digitale” deve
ritenersi che questo sia sussistente e che sia implicito negli stessi requisiti di adeguata
rappresentatività che ne fondano la legittimazione ad agire.
Ritiene, infatti, il Collegio che qualora l’azione per l’efficienza di cui all’art. 1 del d.lgs n.
198/2009 sia presentata da un ente a tutela di un interesse collettivo non occorre indagare
anche sulla sussistenza dei requisiti di concretezza, attualità e immediatezza delle lesione,
posto che per tali enti l’accertamento della lesività non può che essere compiuto in astratto
in relazione all’effettiva capacità di tutela degli interessi della categoria che si assume lesa
dall’inefficienza amministrativa.
Se infatti in caso di azione per l’efficienza proposta da un singolo, ai sensi dell’art. 1,
comma 1, del d.lgs 198/2009, deve apprezzarsi quale sia l’interesse concreto al ricorso,
essenzialmente al fine di verificare l’omogeneità dell’interesse del ricorrente rispetto a
quello della classe che egli pretende di rappresentare, nel caso, invece, di una analoga
azione proposta da un ente esponenziale è la stessa rappresentatività dell’ente
associativo rispetto ad un particolare categoria di utenti o consumatori a consentire di
verificare l’omogeneità dell’interesse dell’ente ricorrente rispetto a quello della classe che
questo assume di rappresentare. Ed una tale verifica non può che passare attraverso la
valutazione del grado di rappresentatività dell’ente e del suo fine statutario, che deve
contemplare proprio la garanzia di quei particolari interessi che si intendono tutelare con il
ricorso.
5.- Nel merito, chiarita l’ammissibilità del ricorso in quanto proposto dall’associazione
“Agorà digitale”, occorre accertare se la mancata pubblicazione da parte della Regione
dell’indirizzo di posta elettronica certificata sulla pagina iniziale del proprio sito istituzionale
e la non effettiva attivazione della casella di posta elettronica certificata per le
comunicazioni con gli utenti integri uno dei presupposti previsti dall’art. 1 del d.lgs
n.198/2009 e, segnatamente, quello della “mancata adozione di atti amministrativi generali
obbligatori e non aventi contenuto normativo”.
Per poter verificare se sussista in capo alla Regione un obbligo rimasto inadempiuto giova
una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento al precipuo fine di verificare se
le norme vigenti impongono l’immediata applicazione o frappongano dilazioni
all’operatività delle disposizioni in materia di comunicazione tramite posta elettronica
certificata.
Una prima imposizione alle Regioni di comunicare in via digitale è rinvenibile nell’ art. 2 del
d.lgs 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione digitale, che reca: “lo Stato,
le regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l'accesso, la
trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale e si
organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate le
tecnologie dell'informazione e della comunicazione".
Il successivo art. 3 del citato D.Lgs. 82/2005 pone in diretta correlazione l’obbligo della
pubblica amministrazione di comunicare in via digitale con il riconoscimento agli utenti del
diritto di “richiedere ed ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con
le pubbliche amministrazioni”.
Tra le modalità di comunicazione tra privato e pubblica amministrazione contemplate dal
codice dell’amministrazione digitale, l’art. 6 prevede l’utilizzo da parte della pubblica
amministrazione della posta elettronica certificata per la trasmissione telematica di
documenti che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna.
L’attuazione degli adempimenti relativi alla posta elettronica certificata è individuato
dall’art. 11, comma 5, del D.Lgs. 27 ottobre 2009 n. 150 (recante attuazione della legge 4
marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) come strumento per rendere
effettivi i principi di trasparenza nella pubblica amministrazione.
Lo stesso decreto legislativo n.150/2009, all’art. 11, comma 1, che per effetto di quanto
disposto dal successivo art. 16 trova immediata applicazione anche negli ordinamenti delle
regioni, impone la pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle
informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione e quindi anche degli indirizzi di
posta elettronica certificata fruibili dagli interessati.
Come precisato dall’art. 54, comma 2 ter, del codice dell’amministrazione digitale, le
amministrazioni sono tenute a pubblicare nei propri siti un indirizzo istituzionale di posta
elettronica certificata “a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta” e “di
assicurare, altresì un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta”.
Al riguardo, un ulteriore vincolo, che questa volta incide sulle modalità di pubblicizzazione
delle caselle di posta elettronica certificata, è dettato dalla “Linee guida per i siti web della
P.A- Anno 2010-” dettate dal Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione in
attuazione della direttiva n. 8/2009 del Dipartimento della funzione pubblica, dove le
regioni sono espressamente indicate tra le amministrazioni tenute all’osservanza delle
indicazioni impartite (art.1, comma 3 delle citate linee guida).
Tali linee guida impongono che l’elenco delle caselle di posta elettronica certificata debba
essere:
a) “costantemente disponibile all’interno della testata”;
b) collocato in posizione privilegiata in modo da essere visibile nella home page del sito.
L’immediata applicabilità per le Regioni delle disposizioni sopra illustrate e la conseguente
cogenza dell’obbligo per le amministrazioni di pubblicare sulla propria home page l’elenco
completo delle caselle di posta elettronica certificata e di rendere effettiva la possibilità per
l’utente di comunicare tramite posta elettronica certificata è confermata anche da alcune
disposizioni del decreto legislativo correttivo al codice dell’amministrazione digitale (D.
Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235) ed in particolare:
a) dall’abrogazione nel corpo dell’art. 3 del codice dell’amministrazione digitale della
disposizione (comma 1 bis) che, con riferimento alle amministrazioni regionali e locali,
subordinava l’attuazione del principio relativo al diritto dell’utente di “richiedere ed ottenere
l’uso delle tecnologie telematiche” alla sussistenza delle risorse tecnologiche ed
organizzative disponibili e al rispetto della loro autonomia normativa;
b) dall’assenza di una specifica disposizione transitoria che dilazioni l’entrata a regime
delle disposizioni in materia di comunicazione tra cittadini e pubblica amministrazione
tramite posta elettronica certificata, come invece previsto all’art. 57 del D.Lgs. 30 dicembre
2010 n. 235, rubricato “disposizioni transitorie e finali”, per altre disposizioni del codice,
quali ad esempio quelle in materia di pagamenti telematici di comunicazioni tra imprese e
amministrazioni pubbliche, che sono subordinate all’adozione, entro termini prestabiliti, di
successivi decreti ministeriali.
5.- Il quadro normativo sopra tratteggiato delinea quindi in modo chiaro il comportamento
esigibile dalla Regione: l’obbligo di soddisfare la richiesta di ogni interessato a comunicare
in via informatica tramite posta elettronica certificata e quindi, a monte, l’obbligo di
adottare gli atti di carattere tecnico ed organizzativo finalizzati alla pubblicazione sulla
pagina iniziale del sito degli indirizzi di posta elettronica certificata e a consentire l’effettiva,
concreta ed immediata possibilità di interagire con l’ente attraverso tale modalità di
comunicazione elettronica.
L’inerzia dell’amministrazione nell’ adozione di tali atti da emanarsi obbligatoriamente è
desumibile, ai sensi dell'art. 64 comma 4, c.p.a., anche dalla mancata costituzione in
giudizio e dalla conseguente assenza di ogni difesa da parte dell'Amministrazione
intimata. Il che, mentre da un lato porta ragionevolmente a dedurre che, rispetto a quanto
prospettato in ricorso, l’amministrazione non avesse alcuna difesa utile da opporre;
dall’altro lato rende ancor più commendevole il comportamento della regione se, nelle
more, si fosse attivata senza darne contezza a questo giudice.
Orbene, le deduzioni prospettate in ricorso sono condivise dal Collegio, poiché la mancata
individuazione di almeno un indirizzo istituzionale di posta elettronica certificata sul sito
web, come comprovato dall’allegazione, versata in atti, di una stampa della pagina del sito
(recante la data 24 gennaio 2011), nonché la mancata attuazione del diritto degli utenti di
comunicare elettronicamente tramite l’ utilizzo della stessa determina un disservizio,
costringendo gli interessati a recarsi personalmente presso gli uffici e ad utilizzare lo
strumento cartaceo per ricevere ed inoltrare comunicazioni e/o documenti.
Va peraltro precisato che il disservizio lamentato estende i suoi riflessi negativi anche sulle
modalità di esercizio del diritto del privato di partecipare al procedimento amministrativo
poiché l’art. 4, comma 1, del codice dell’amministrazione digitale consente, infatti, di
esercitare tali diritti procedimentali anche attraverso strumenti di comunicazione telematici.
Né è possibile sottovalutare le ripercussioni di tale disservizio sulla disciplina delle
notificazioni, così come previsto dall’art. 4 del d.lgs n. 82/2005, il quale consente che “ogni
atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l'uso delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della
vigente normativa”, che attribuisce al documento trasmesso lo stesso valore giuridico della
trasmissione del documento in originale, posto che a norma dell’art. 45 dello stesso
decreto legislativo il documento trasmesso con qualsiasi mezzo informatico idoneo ad
accertarne la fonte di provenienza, soddisfa il requisito della forma scritta e la sua
trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale e che “il
documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se
inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile
all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del
destinatario messa a disposizione dal gestore”.
Alla stregua delle considerazioni svolte, in accoglimento delle censure con cui è dedotta la
violazione degli articoli 3, 6 e 54 del codice dell’amministrazione digitale, la Regione
Basilicata, è tenuta a consentire agli utenti di interloquire tramite posta elettronica
certificata e a rendere visibile nella home page del sito l’elenco degli indirizzi di posta
elettronica certificata, come imposto dalle “Linee guida per i siti web della P.A- Anno 2010-
” dettate dal Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
6.- Le spese processuali, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza,
sono liquidate in dispositivo in favore dell’Associazione Agorà digitale, tenuto anche conto
sia della omessa pubblicazione da parte della Regione della notizia del ricorso sul proprio
sito istituzionale, come previsto dall’art. 1, comma 2, del d.lgs n. 198/2009 sia del
complessivo comportamento processuale (in omissione), dell’ente intimato.
6.1.- Non vi è luogo, invece, a pronunzia sulle spese tra gli altri ricorrenti e la Regione, in
mancanza di costituzione dell’ente intimato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Movimento Radicali da M. S. (in proprio), da
L. N. (in proprio) e da M. B.;
- dichiara l’inammissibilità dell’intervento proposto da C. G. e D. N.;
-accoglie il ricorso proposto dall’associazione “Agorà digitale” e, accertata la mancata
pubblicazione sulla home page del sito della Regione dell’indirizzo istituzionale (o degli
indirizzi) di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi a norma di quanto
previsto dall’art. 54 comma 2 ter, del codice dell’amministrazione digitale e dalle “Linee
guida per i siti web della P.A- Anno 2010-” dettate dal Ministero per la pubblica
amministrazione e l’innovazione, ordina alla Regione di porre in essere gli adempimenti
necessari alla pubblicazione del predetto indirizzo e a rendere effettivo il diritto degli utenti
di comunicare tramite posta elettronica certificata, entro giorni 60 dalla comunicazione o
notificazione della presente sentenza, all'uopo utilizzando le risorse strumentali, finanziarie
ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica;
-condanna la Regione al pagamento in favore dell’associazione Agorà digitale di Euro
5000, 00 (cinquemila/00) per diritti, onorari, oltre I.v.a., C.p.a. e alla rifusione delle spese
per il contributo unificato, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nelle camere di consiglio del giorno 28 luglio e del 20 settembre
2011 con l'intervento dei magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Antonio Ferone, Consigliere
Paola Anna Gemma Di Cesare, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art.89, co. 3, cod. proc. amm.)