Con sentenza n. 33374, depositata il 26 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un soggetto che, invitato dai Carabinieri a presentarsi in Caserma “per ragioni di giustizia”, non si era presentato senza addurre alcun giustificato motivo ed era stato così condannato dal Tribunale per violazione dell’art. 650 cp (inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità).
La Corte condivide l’assunto secondo il quale l’estrema vaghezza delle motivazioni indicate nel detto invito non consentiva il vaglio sulla relativa legittimità, sottolineando l’esigenza di una maggior precisione al riguardo, tale da integrare un contenuto minimo motivazionale.
La totale genericità dell’invito non consentiva quindi di verificare “i motivi dell’obbligatorietà dell’ottemperanza, rimanendo peraltro irrilevante ogni possibile esplicitazione solo verbale in quanto estranea agli imprescindibili requisiti formali dell’atto”.
Dalle motivazioni sopra sintetizzate è derivato l’annullamento dell’impugnata sentenza “perché il fatto non sussiste”.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 settembre – 26 novembre 2020, n. 33374
Presidente Rocchi – Relatore Binenti
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la sentenza indicata
in epigrafe, resa a seguito di giudizio abbreviato, condannava D.M.F. e
D.M.V. alla pena di Euro 136,00 ciascuno, ritenendoli responsabili del
reato di cui all’art. 650 c.p., per non avere osservato, senza
giustificato motivo, il provvedimento legalmente emesso dall’autorità
per ragioni di giustizia, che intimava loro di presentarsi alla Stazione
dei Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere entro il 29 ottobre 2017,
affinché fossero sentiti come persone informate dei fatti nell’ambito di
un procedimento penale in corso.
2. Propongono congiuntamente ricorso per cassazione i predetti imputati,
tramite il comune difensore, svolgendo doglianze affidate a tre motivi.
2.1. Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 650 c.p., sul rilievo
che il provvedimento che sarebbe stato violato non era stato legalmente
emesso mancando di motivazione idonea a consentire la verifica della sua
legittimità.
2.2. Il secondo motivo denuncia violazione di legge, in ragione della
mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art.
131-bis c.p., pur trattandosi di un comportamento non abituale e di
modesta offensività, attribuito a incensurati aventi una personalità non
incline a commettere reati.
2.3. Il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizi della
motivazione, non essendo state adeguatamente spiegate le ragioni del
diniego delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione
condizionale della pena, nonostante la sussistenza di molteplici
elementi idonei a giustificare entrambi detti benefici.
Considerato in diritto
1. Il primo assorbente motivo è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
2.
La contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p., certamente può essere
integrata dall’inottemperanza, senza giustificato motivo, all’invito a
presentarsi alla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero ai
fini dell’assunzione di sommarie informazioni nell’ambito di un
procedimento penale. Infatti, in tal caso, non potendo la polizia
giudiziaria procedere all’accompagnamento coattivo della persona alla
quale è rivolto l’invito, la disposizione incriminatrice di cui al
citato art. 650 viene ad assolvere alla sua imprescindibile funzione
sussidiaria, derivante dall’assenza di altri rimedi e sanzioni in caso
di ingiustificata inottemperanza dell’ordine legalmente dato per
“ragione di giustizia” (Sez. 1, n. 6595 del 07/01/2016, Comito, Rv.
266213).
Tuttavia, va tenuto a mente il principio, secondo cui il provvedimento
dell’autorità in ogni caso deve presentare i requisiti di legittimità
che possano farlo ritenere “legalmente dato”, per le ragioni indicate
nella norma, nei confronti di un certo soggetto individuabile come colui
che è tenuto a osservarlo. Sotto questo aspetto vengono in evidenza
solo le indicazioni enunciate nell’invito: ci si deve cioè riferire al
suo intrinseco contenuto che rappresenta la legittimità dell’atto.
Cosicché, rimangono irrilevanti le esplicitazioni solo verbali di natura
informale che eventualmente accompagnino l’operato dell’autorità
procedente.
Applicando tali ultimi enunciati all’invito a presentarsi rivolto alla
persona informata dei fatti per essere sentita dalla polizia giudiziaria
in un procedimento penale, non può ritenersi legittima – e pertanto non
può comunque far ravvisare l’integrazione del reato di cui trattasi nel
caso dell’inottemperanza – una comunicazione che si limiti a riportare
espressioni assolutamente generiche, quanto alle ragioni della
convocazione, così come avviene quando si fa esclusiva menzione dei
“motivi di giustizia” (Sez. 1, n. 555 del 16/11/2011, Filogamo, Rv.
249430). Di contro, deve essere almeno indicato che l’invito è rivolto
all’assunzione delle informazioni da parte della polizia giudiziaria,
che così adempie alle funzioni demandategli dal codice di rito. Tale
minimo obbligo di motivazione risulta già in grado di assolvere alla
funzione – che condiziona intrinsecamente la legittimità dell’atto – di
fare comprendere che l’interessato ha l’obbligo di presentarsi in
ottemperanza a un provvedimento “legalmente dato”.
3. Orbene, nella specie, come specificatamente rappresentato nel primo
motivo del ricorso e risulta dimostrato dagli atti indicati (ossia gli
inviti rivolti agli imputati attraverso la formale consegna) e allegati
al fascicolo trasmesso, il provvedimento non presentava i requisiti di
cui sopra avuto riguardo al suo contenuto, limitandosi a richiamare in
modo assolutamente generico (attraverso il semplice sbarramento di un
dei riquadro) le “ragioni di giustizia”, così da non potere
rappresentare l’oggetto dell’invito e, dunque, i motivi
dell’obbligatorietà dell’ottemperanza, rimanendo peraltro irrilevante
ogni possibile esplicitazione solo verbale in quanto estranea agli
imprescindibili requisiti formali dell’atto.
4. Non possono, dunque, ricorrere le condizioni dell’inottemperanza a un
provvedimento legalmente dato richieste per l’integrazione del reato
contestato.
Ne discende l’annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non
sussiste, senza rinvio ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l) non
risultando necessarie ulteriori verifiche ai fini della pronunzia di
assoluzione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
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