lunedì 11 gennaio 2021

Codice della strada: nessuna violazione per la bici a pedalata assistita con “start assist”


Il dispositivo “start assist” non rende il veicolo qualificabile come ciclomotore
e, quindi, lo stesso non è soggetto alle norme del cds per la circolazione dei ciclomotori, in quanto il predetto mezzo può al più raggiungere una velocità massima di 6 KM/h. Pertanto, è annullabile, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 1 lett. b) del D.M. 31.01.2003, il verbale che, nel qualificare come ciclomotore la bicicletta a pedalata assistita, ritenga tale veicolo un mezzo soggetto alle norme del codice della strada e, quindi, passibile di sanzione amministrativa. È quanto si legge nella sentenza del Tribunale di Palermo del 29 settembre 2020, n. 2881. 

Tribunale di Palermo, sez. V, sentenza 29 settembre 2020, n. 2881


Trattasi di un giudizio d’appello avverso una sentenza del Giudice di Pace con la quale è stata rigettata in primo grado l’opposizione a sanzione amministrativa avverso dei verbali di contestazione elevati per presunte violazioni del codice della strada.

Nel precipuo, era stato contestato in primo grado il presupposto dell’irrogazione della sanzione, sulla scorta che il veicolo sul quale viaggiava l’opponente non dovesse ritenersi un ciclomotore ma piuttosto una bicicletta a pedalata assistita e, dunque, sottratta alle prescrizioni previste dalla legge, rectius dal codice della strada, per i ciclomotori.

Ciò posto, per ben comprendere le doglianze sollevate in appello è opportuno disquisire sul DM 31/01/2003. Tale decreto avente a oggetto il recepimento della direttiva 2002/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 marzo 2002, relativa all’omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e che, a sua volta, abroga la direttiva 92/61/CEE del Consiglio, all’art. 1 recita : “1. Il presente decreto: a) si applica a tutti i veicoli a motore a due o tre ruote, gemellate o no, destinati a circolare su strada, nonché ai loro componenti e alle loro entità tecniche; b) n. 1 non si applica ai veicoli sottoindicati: 1) veicoli aventi una velocità massima per costruzione non superiore a 6 km/h;” precisando l’esclusione al n. 8 sempre del precitato articolo lettera b) delle: “ biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 kW la cui alimentazione e’ progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare, ne’ ai loro componenti o entità tecniche, salvo che non siano destinati a far parte di un veicolo cui si applica il presente decreto”.

Premesso ciò, occorre dire, ritornando ai fatti di cui in sentenza, che il giudizio di primo grado si era concluso senza alcun accertamento in merito al tipo di veicolo oggetto di contestazione. Prova ne sia che l’appello si fondava sull’erroneo presupposto in cui era incorso il giudice di primae curae, ossia che il mezzo condotto dall’appellante fosse qualificabile come ciclomotore e, quindi, soggetto alla disciplina del codice della strada dettata per la circolazione dei ciclomotori.

Tale erroneo presupposto, su cui poggiava la sentenza di primo grado, si basava solamente sul fatto che nei verbali impugnati si leggeva che il veicolo procedeva senza l’assistenza dei pedali e grazie a un dispositivo che consentiva di accelerare senza l’utilizzo degli stessi.

Non v’è dubbio come un accertamento di tal guisa non possa assolutamente giustificare la contestazione dell’infrazione per le ragioni che seguono.

Sovvertendo l’iter logico motivazionale del decisum, occorre prima trattare la questione della natura del verbale di accertamento. Nel caso di specie, il verbale redatto dagli agenti che hanno contestato l’infrazione non è assistito dalla fede privilegiata, poiché ciò che viene contestato è il fatto che gli agenti verbalizzanti si sono limitati a constatare che il veicolo viaggiasse senza l’assistenza dei pedali, senza ulteriormente accertare la velocità di percorrenza che, ove fosse stata rilevata, non avrebbe potuto certamente superare i 6 KM/H, per le ragioni che andremo a spiegare ulteriormente infra.

Ed invero, sulla fede privilegiata che, conformemente al disposto dell’art. 2700 c.c. deve riconoscersi ai verbali redatti dai pubblici ufficiali, è appena il caso di richiamare il principio ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, con riferimento al verbale di accertamento di una violazione del codice della strada l’efficacia di piena prova fino a querela di falso che ad esso deve riconoscersi in dipendenza della sua natura di atto pubblico - oltre che quanto alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese dalla parti, anche relativamente “agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza (conosciuti e descritti senza margini di apprezzamento) o da lui compiuti”- non sussiste né con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, né con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti, i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obiettivo e pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale, implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi che quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna non la percezione di una realtà statica(come la descrizione dello stato dei luoghi senza oggetti in movimento), bensì l’indicazione di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante (nei sensi suddetti, tra le tante, Cass. civ. 01/07/2005 n. 14038; Cass. civ. 03/12/2002 n. 17106; Cass. civ. 08/93/2000 n. 33500; Cass. civ. 10/04/1999 n. 3522).

Da qui correttamente il giudice di secondae curae ha disposto, stante la richiesta dell’appellante di una rivalutazione del compendio probatorio, l’ammissione di una consulenza tecnica che verificasse le caratteristiche del mezzo, al fine di valutare se il veicolo de quo potesse rientrare o meno nella categoria dei ciclomotori.

E ciò sulla scorta di quanto previsto, anche e soprattutto, dalla direttiva europea 2002/24/CE, siccome recepita nel decreto ministeriale mentovato, ove all’articolo 1, punto h) definisce la bicicletta a pedalata assistita come una bicicletta dotata di motore elettrico ausiliario e con le seguenti caratteristiche:

1) potenza nominale massima continua del motore elettrico: 0,25 kW;

2) alimentazione del motore progressivamente ridotta e quindi interrotta al raggiungimento dei 25 km/h;

3) alimentazione del motore interrotta prima dei 25 km/h se il ciclista smette di pedalare.

Di talchè, ai veicoli che soddisfano questa direttiva non viene richiesta l'omologazione e sono considerati a tutti gli effetti come le biciclette tradizionali.


Di contro, i veicoli che non presentano tutti e tre requisiti sopra indicati non possono essere considerati biciclette e devono essere, quindi, omologati e immatricolati.

Anche se per correttezza espositiva occorre dire che nella seduta n. 377 del 15/01/2015 della XVII legislatura del Senato della Repubblica era stata presentata da alcuni senatori un’interrogazione parlamentare rivolta al Ministero dei Trasporti, con l’ordine del giorno avente a oggetto proprio la possibilità di aumentare il limite legale della potenza dei motori delle bici elettriche, con l’introduzione di una nuova categoria di e-bike con velocità massima di 45 km/h.

Orbene, la citata interrogazione viene dallo scrivente trascritta nel presente commento, in quanto dalla sua lettura si coglie proprio il segno della finalità dell’immissione sul mercato di tali mezzi di trasporto. Ed invero, si legge nella precitata interrogazione : “De Pietro, Orellana, Simeoni, Bocchino, Campanella, Casaletto, Mastrangeli, - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che: secondo i firmatari del presente atto di sindacato ispettivo, favorire l'utilizzo di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale dovrebbe essere una delle priorità dei Comuni italiani; una capillare diffusione della bicicletta come mezzo di trasporto alternativo rappresenta un importante strumento per ridurre l'inquinamento a livello nazionale e in particolare nelle grandi metropoli; l'uso delle biciclette si ripercuote positivamente anche sul congestionamento delle infrastrutture di trasporto; tenuto conto che: le biciclette con pedalata assistita consentono spostamenti rispettosi dell'ambiente, silenziosi, economici e risultano utilizzabili anche da parte di utenze vulnerabili come soggetti anziani e/o con leggere patologie; all'interno del territorio nazionale vi sono molte zone cittadine ed extraurbane collinari e montagnose, con importanti dislivelli e la diffusione dell'utilizzo della bicicletta con pedalata assistita potrebbe costituire un ulteriore incentivo all'utilizzo di mezzi non inquinanti; tenuto altresì conto che: il decreto del 31 gennaio 2003 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di recepimento della direttiva europea 2002/24/CE del 18 marzo 2002, all'art. 1, comma, 1, lettera b), punto 8, definisce le biciclette a pedalata assistita nei termini di biciclette dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 kW la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 chilometri orari o prima se il ciclista smette di pedalare; le biciclette a pedalata assistita che soddisfano contemporaneamente i citati requisiti della direttiva sono considerate a tutti gli effetti come le biciclette tradizionali; considerato infine che: in Svizzera, Paese montuoso, sono consentiti motori di potenza superiore a 250 watt, potenza evidentemente inadeguata rispetto a salite e dislivelli importanti; il Codice della strada svizzero opera la distinzione tra biciclette a pedalata assistita lente con motore fino a 500 watt e velocità assistita fino a 25 chilometri orari e biciclette a pedalata assistita lente con motore fino a 1000 watt e velocità massima fino a 45 chilometri orari, queste ultime con obbligo di targa, assicurazione, casco e attivazione del motore solo pedalando, si chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno attivarsi per modificare l'art. 50 del codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, introducendo la distinzione tra biciclette a pedalata assistita lente e biciclette a pedalata assistita veloci, analogamente a quanto disposto in Svizzera; se ritenga di stimolare, nelle opportune sedi europee, la modifica della direttiva europea 2002/24/CE al fine di introdurre la distinzione tra biciclette a pedalata assistita lente e biciclette a pedalata assistita; se intenda proporre, in ambito nazionale ed europeo, che le biciclette a pedalata assistita debbano obbligatoriamente essere provviste di un pulsante che consenta alla bici di avanzare alla velocità di 6 chilometri orari anche senza pedalare”.

Posto ciò, e tornando ai fatti processuali di cui è commento, l’accertamento tecnico disposto dal giudice di secondae curae ha verificato che il veicolo de quo era munito di un dispositivo “start assist”, dispositivo quest’ultimo che consente, senza l’ausilio dei pedali, sia l’accensione che il raggiungimento nella sola fase iniziale della velocità massima di 6 KM/H (sempre che il conducente non interrompa l’azione sul pulsante prima di aver raggiunto detta velocità massima). Prova ne sia, che raggiunta tale velocità tale dispositivo perde di qualsiasi funzione non consentendo al veicolo di accelerare ulteriormente.

Or dunque, nell’ipotesi in cui, il veicolo è in movimento il conducente può azionare i pedali in modo da attivare l’assistenza del motore elettrico, passando da una velocità di 6 Km/H a una velocità più elevata soltanto utilizzando i pedali con l’ausilio del motore elettrico e fino ad una velocità massima di 25 Km/H.

Da quanto precede discende quale logico corollario, giusta quanto statuito in sentenza di cui è commento che: “ il dispositivo “start assist” non rende il veicolo qualificabile come ciclomotore (come erroneamente affermato dagli agenti verbalizzanti e ribadito dal GdP nella sentenza impugnata), potendo il veicolo al più raggiungere una velocità massima di 6 km/h e pertanto, deve ritenersi sottratto all’applicazione del D.M. cit. ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. b)”.

Difatti, anche azionando i pedali con l’assistenza del motore elettrico il veicolo non risulta assoggettabile alla disciplina relativa ai ciclomotori, che vanno identificati in quei veicoli che possono raggiungere una velocità fino a 45 Km/h, piuttosto è riconducibile alla categorie della bicicletta con pedala assistita, atteso che il veicolo può raggiungere una velocità massima di 25km/h, come attestato dallo stesso ctu nella sentenza di cui è commento.

Parimenti, a nulla rileva, come, peraltro, correttamente statuito dal giudice peloritano la circostanza che “il veicolo nella fase iniziale possa muoversi senza azionare i pedali, ma soltanto grazie al dispositivo “start assist”, in quanto la velocità massima che può raggiungere mediante tale sistema è di soli 6 km/h, e quindi in ogni caso non troverebbe applicazione la normativa richiamata in materia di ciclomotori, perché l’art. 1 lett. b), espressamente esclude i veicoli con velocità massima fino a 6 km/h”.

È di palmare evidenza, infatti, che : “se il conduttore non pedala, il veicolo non si muove, se non ad una velocità minima di 6 Km/h, tollerata dal legislatore in quanto finalizzata unicamente a trarsi d’impaccio dalle situazioni che potrebbero comportare un pericolo”.

Lo scrivente, comunque e in ogni caso, non comprende le ragioni che hanno spinto il giudice del gravame a compensare le spese e competenze del giudizio di primo grado, in quanto dalla sentenza non emerge alcuna motivazione sul punto.

A parere di chi scrive, la sentenza si presta alla censura innanzi al giudizio di legittimità, deducendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e la carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla compensazione delle spese di lite, giusta principio affermato dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 31288/2019

Copyright © - Riproduzione riservata