Pubblicato il 03/10/2019
N. 06640/2019REG.PROV.COLL.
N. 04156/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4156 del 2019,
proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
la signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli
avvocati Vincenzo Caridi e Andrea Callea, con domicilio digitale come da
PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre
2019 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti l’avvocato Angelo
Clarizia, su delega dichiarata dell’avvocato Vincenzo Caridi, e
l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio (R.G. n.
-OMISSIS-), l’appellata impugnava il verbale del 23 aprile 2018 con cui,
nell’ambito della procedura di cui al concorso pubblico per il
reclutamento di 893 posti da allievo agente della Polizia di Stato, la
Commissione per l'accertamento dei requisiti psico-fisici del
Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha ritenuto la stessa non idonea al
servizio di Polizia, nonché la relativa scheda medica contenente la
verbalizzazione e gli esiti degli accertamenti psico-fisici (scheda del
20 aprile 2018) e il decreto, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del
personale del Ministero dell'Interno - supplemento straordinario n. 1/28
del 29 maggio 2018, di approvazione della graduatoria di merito.
2. Il T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione I-quater,
con ordinanza n. -OMISSIS-(di conferma del precedente decreto cautelare
presidenziale n. -OMISSIS-), in accoglimento dell’istanza cautelare,
ammetteva con riserva la candidata. In seguito la stessa, risultata
idonea agli accertamenti psico-fisici e attitudinali, è stata convocata
per la frequenza del corso di formazione.
2.1. Infine, il T.a.r., con sentenza n.-OMISSIS-, ha
accolto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti.
Secondo il Tribunale, in particolare:
a) “la mera presenza di un tatuaggio sulla cute di
un aspirante a pubblico impiego acquista una sua specifica valenza, ai
fini dell’esclusione dal relativo concorso, soltanto nell’ambito degli
ordinamenti militari e/o assimilati e solo quando il tatuaggio, per
estensione, gravità o sede, determini una rilevante alterazione
fisiognomica, tanto da determinare l’adozione di un giudizio di non
idoneità al servizio”;
b) “tuttavia, anche in tale ambito, la presenza di
un tatuaggio non può costituire causa automatica di esclusione dal
concorso per non idoneità, essendo necessario che tale alterazione
acquisita della cute rivesta carattere “rilevante” e che sia idonea a
compromettere il decoro della persona e dell’uniforme, con conseguente
onere per l’Amministrazione di specificare, con adeguata motivazione, le
ragioni in base alle quali la presenza di un tatuaggio possa assurgere a
causa di non idoneità all’arruolamento, avuto riguardo ai precisi
parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento”;
c) “ciò in quanto, secondo il punto 2, lettera B
della tabella 1 (a cui il Decreto ministeriale 30 giugno 2003, n. 198,
all’art. 3, comma 2, rinvia per l’individuazione delle imperfezioni come
causa di non idoneità) tra queste vanno ricompresi i tatuaggi sulle
parti del corpo non coperte dall’uniforme, quando per la loro sede e
natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di
personalità abnorme”;
d) “in conclusione, il gravato giudizio di
inidoneità è illegittimo quanto meno sotto il profilo della valutazione
dei presupposti di fatto e di diritto, della carenza di motivazione e
della contraddittorietà, con specifico riferimento al riscontro operato
in sede di accertamento, atteso che la disamina della documentazione
prodotta agli atti coerentemente conduce ad escludere la sussistenza –
già in sede di accertamento dei requisiti psicofisici - di un
“tatuaggio” definito ma, seppure in virtù degli interventi “laser” a cui
la ricorrente si è sottoposta per la rimozione degli stessi prima
dell’accertamento, di parte di cute del polso del braccio destro e
sinistro con la presenza di incisione sulla cute stessa, con figura di
tatuaggio in rimozione”.
3. Il Ministero dell’Interno ha proposto appello, per
ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto
integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha
sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i) la motivazione della sentenza sarebbe erronea, poiché i
requisiti psico-fisici richiesti dal bando di concorso devono essere
posseduti alla data di scadenza del termine della presentazione della
domanda o, al più tardi, al momento della visita medica;
ii) non sarebbe corretta l’osservazione in sentenza sulla
ritenuta carenza motivazionale in ordine alla rimozione dei tatuaggi in
corso;
iii) erroneamente la sentenza si fonda essenzialmente sulla discrepanza tra la "documentazione fotografica allegata agli atti processuali dalla difesa della ricorrente"
e l’accertamento concorsuale, senza tener conto che i requisiti
psico-fisici devono essere posseduti dai candidati unicamente al momento
in cui vengono sottoposti a visita medica collegiale concorsuale.
3.1. Si è costituita in giudizio l’appellata, la
quale, depositando memoria difensiva, si è opposta all’appello e ne ha
chiesto l’integrale rigetto. Ella ha precisato al riguardo la
correttezza della decisione impugnata, nell’aver considerato che già al
momento della visita, come rilevato dalla stessa commissione (che
appunto definisce il tatuaggio “in via di rimozione”), residuavano solo esiti cicatriziali, frutto del trattamento di rimozione con laser avviato in precedenza.
4. In sede cautelare, con l’ordinanza n. -OMISSIS-, la
Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecutività della
sentenza impugnata, al fine di garantire la piena parità di trattamento
tra i candidati e riservando alla fase di merito l’approfondimento della
questione centrale della controversia.
4.1. All’udienza del 19 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
6. Il Collegio intende premettere la ricostruzione dei fatti posti alla base dell’impugnata esclusione della candidata:
a) con domanda ID n. 668727 presentata in data 7
giugno 2017, l’appellata partecipava al concorso pubblico, per esame, a
893 posti, aperto ai cittadini italiani, purché in possesso dei
requisiti prescritti per l’assunzione nella Polizia di Stato, indetto
con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana -
4^ Serie Speciale “Concorsi ed Esami” del 26 maggio 2017;
a.1) in particolare, il bando di concorso prevedeva il
superamento delle seguenti prove: prova scritta (art. 10), prova di
efficienza fisica (art. 12), accertamenti psico-fisici (art. 14) e
accertamenti attitudinali (art. 15);
a.2) con particolare riferimento alla prova per accertamenti psico-fisici di cui all’art. 14, il bando disponeva, al punto 5, «Costituiscono
altresì cause di inidoneità, per l’assunzione nella Polizia di Stato,
le imperfezioni e le infermità elencate nella tabella 1, allegata al
D.M. 30 giugno 2003, n. 198»;
b) superata sia la prova scritta che la prova di
efficienza fisica, l’appellata, all’esame per l’accertamento del
possesso dei requisiti psico-fisici, in data 23 aprile 2018, veniva
giudicata inidonea dalla Commissione con la seguente motivazione a
verbale: “Tatuaggio in via di rimozione in zona non coperta
dall’uniforme (lato ulnare polso dx 3x1 cm; superficie ulnare polso sin
3x1 cm; superficie radiale polso sin. 1x15 cm) ai sensi dell’articolo 3
comma 2 riferimento tabella 1 punto 2 lettera “b” del DM 30.06.2003 n.
198 e succ. modific. ed integr.” e veniva conseguentemente esclusa dal concorso;
c) il T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione I-quater,
adito dalla interessata con ricorso R.G. n. -OMISSIS-, con ordinanza n.
-OMISSIS-(di conferma del precedente decreto cautelare presidenziale n.
-OMISSIS-), ammetteva con riserva la candidata, la quale, in seguito
risultata idonea agli accertamenti psico-fisici e attitudinali, veniva
convocata per la frequenza del 204° corso di formazione per allievi
agenti della Polizia di Stato;
d) a conclusione del corso, l’appellata si è
classificata al posto 280 nella graduatoria finale, pubblicata in data
21 giugno 2019, e in data 26 giugno 2019 ha prestato giuramento come
agente in prova della Polizia di Stato.
7. Ciò premesso, il Collegio rammenta che il citato
punto 2, lettera b) della tabella 1, alla quale l’art. 3, comma 2, del
decreto ministeriale 30 giugno 2003, n. 198, rinvia per l’individuazione
delle imperfezioni come causa di non idoneità, individua tra le “cause di non idoneità per l'ammissione ai concorsi pubblici per l'accesso ai ruoli del personale della polizia di stato” i “tatuaggi
sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme o quando, per la loro
sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di
personalità abnorme”.
7.1. Vengono in tal modo individuate due distinte
fattispecie, entrambe rilevanti ai fini della dichiarazione di non
idoneità (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2012, n. 3525):
a) quella della presenza di “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme”, in relazione alla quale nessuna rilevanza assume la “particolare sede o natura” ovvero il “contenuto” del tatuaggio;
b) quella della presenza di tatuaggi che, a prescindere dalla collocazione in parti del corpo non coperte dall’uniforme, “per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”.
Del resto, con riferimento alla presente controversia,
tale distinzione trova conferma nelle “Procedure per lo svolgimento
degli accertamenti psico-fisici del concorso pubblico per l’assunzione
di 1148 allievi agenti della Polizia di Stato”, dove si dispone che “Per
la valutazione dei tatuaggi di cui al punto 2, lettera b della tabella 1
allegata al d.m. 30 giugno 2003, n. 198, la Commissione, ove ritenuto
necessario, potrà fare indossare al candidato i capi di vestiario
previsti dalle uniformi, inclusa la maglietta a maniche corte tipo
“polo”, di taglia adeguata. I tatuaggi non coperti dai capi di vestiario
dell’uniforme – compresi quelli degli arti superiori, qualora non
coperti dalla maglietta a manica corta – costituiranno causa di non
idoneità. I tatuaggi che, seppure coperti dai capi di vestiario previsti
dalle uniformi, siano deturpanti o ritenuti indice di personalità
abnorme costituiranno anch’essi causa di non idoneità”.
7.2. La distinzione rileva sul piano della natura dell’accertamento richiesto all’Amministrazione:
a) nel primo caso, è la mera presenza, al momento
dell’esame da parte della Commissione per l’accertamento dei requisiti
psico-fisici, di un tatuaggio, su una parte del corpo non coperta
dall'uniforme, a giustificare il giudizio di non idoneità. Invero, la
presenza del tatuaggio è sempre causa di esclusione, qualora esso, quale
che ne sia l'entità o il soggetto rappresentato, sia collocato "nelle parti del corpo non coperte dall'uniforme",
dovendosi, a tal fine, fare riferimento a tutti i tipi di uniforme
utilizzate e/o utilizzabili nell'ambito del servizio. In particolare, in
giurisprudenza si afferma costantemente che l'amministrazione non è
titolare di alcuna discrezionalità, non dovendo procedere ad alcuna
valutazione, dovendo bensì solo prendere atto degli esiti di un mero
accertamento tecnico (copertura o meno del tatuaggio da parte delle
divise) (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 luglio 2018, n. 4305);
trattandosi di un mero accertamento tecnico, esula da ciò ogni
valutazione del nocumento all'immagine dell'amministrazione o al decoro
della divisa;
b) nel secondo caso, invece, l’Amministrazione è
tenuta, ai fini dell’esclusione per la presenza di un tatuaggio, a
valutare, e conseguentemente a motivare in tal senso, la “rilevanza”
dell’alterazione acquisita della cute e l’idoneità di essa a
compromettere il decoro della persona e dell’uniforme. In particolare,
il tatuaggio può diventare causa di esclusione - ancorché non collocato
in “parti visibili” come innanzi precisate - allorché esso venga
considerato “deturpante” per sede e natura, ovvero “indice di
personalità abnorme” in virtù del suo “contenuto” (id est, di
quanto da esso rappresentato). In questa ipotesi, l'esclusione dunque
non è vincolata quale conseguenza dell'esito di un accertamento tecnico,
ma essa rappresenta l'eventuale misura adottata all'esito di una
valutazione che costituisce esercizio di discrezionalità tecnica da
parte dell'amministrazione e che - salvo i limiti rappresentati dalla
sussistenza dei vizi di difetto di motivazione ovvero di eccesso di
potere per illogicità e/o irragionevolezza - non è sindacabile dal
giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità.
7.3. Ciò considerato, non è condivisibile la statuizione del primo giudice secondo cui, in presenza di tatuaggio “sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme”,
la mera presenza di esso sulla cute non sarebbe di per sé sufficiente
ai fini dell’esclusione dal concorso, essendo invece necessario che il
tatuaggio, per estensione, gravità o sede, determini una rilevante
alterazione fisiognomica, idonea a compromettere il decoro della persona
e dell’uniforme.
Del resto, la chiarezza del dato normativo di cui alla
citata fonte regolamentare - attualmente ancora vigente ed efficace -
non lascia adito a diverse interpretazioni, volte a dare risalto
all’espressione di un ulteriore giudizio di valore.
7.4. Ad ogni modo, ai fini della valutazione della
correttezza dell’accertamento tecnico effettuato dall'amministrazione,
deve altresì tenersi conto che:
a) l'accertamento dei requisiti fisici deve avvenire
avuto riguardo al momento della scadenza del termine di presentazione
della domanda di una procedura selettiva, onde garantire doverosamente
la par condicio tra i candidati (sul punto cfr. ancora Cons.
Stato, n. 4305/2018, cit.); tuttavia, al riguardo, va anche considerato
che il primo momento utile per l’accertamento di tali requisiti è quello
della visita per l’idoneità psico-fisica; invero, sebbene i requisiti
di idoneità debbano essere posseduti entro la data di scadenza del
termine per la partecipazione, essi devono essere verificabili nei tempi
della selezione concorsuale;
b) la visibilità del tatuaggio, proprio in quanto rilevante ex se,
deve presentare una certa evidenza, ovvero determinare l'impossibilità
del tatuaggio di essere coperto indossando la divisa (cfr. Cons. Stato,
sez.VI, 13 maggio 2010, n. 2950);
c) il giudizio di esclusione deve essere congruamente
motivato in ordine alla “visibilità” del tatuaggio: la motivazione deve
riguardare non solo l’ubicazione del tatuaggio, in termini pertanto di
potenziale individuabilità, ma anche la sua effettiva consistenza (Cons.
Stato Sez. II, Sent., 26 agosto 2019, n. 5875; Sez. III, 3 giugno 2019,
n. 3729).
7.5. L’apprezzamento richiesto dall’Amministrazione
potrebbe tuttavia divenire più complesso nell’ipotesi in cui, come nel
caso in esame, in occasione della visita venga rilevato che è già in
corso un processo di rimozione del tatuaggio, al punto che esso non
presenta più tratti definiti e non è più chiaramente identificabile.
Al riguardo si rinvengono casi in cui è lo stesso
Ministero ad aver attribuito rilevanza al processo di rimozione,
provvedendo a sospendere l'accertamento e fissando poi la verifica in un
termine generalmente utile alla procedura concorsuale, onde offrire al
candidato la possibilità di ripresentarsi con il tatuaggio rimosso. Tale
riferita opzione procedurale si è sostanziata in una precisa opzione
ermeneutica della richiamata inidoneità, dequotata a non definitiva, e
in quanto tale non ostativa, laddove se ne sia dimostrata l'azione
chirurgica ablativa in atto (in passato soluzioni di questo tipo sono
state anche stimolate dalla giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5
dicembre 2013, n. 5779).
7.6. Con riferimento all’ipotesi opposta, in cui
l’Amministrazione abbia provveduto all’immediata esclusione del
candidato, la giurisprudenza maggioritaria, dalla quale questo Collegio
non intende discostarsi, ha solitamente negato rilevanza al processo di
rimozione in atto del tatuaggio, facendo applicazione del sopra citato
indirizzo secondo cui l'accertamento dei requisiti fisici deve avvenire
avuto riguardo al momento della scadenza del termine di presentazione
della domanda di una procedura selettiva, in tal modo garantendo la par condicio
tra i candidati (Cons. Stato, n. 4305/2018; da ultimo, Sez. IV, ord.
3849/2019; Sez. IV, ord. 2386/2019; Sez. II, n. 2109/2019; Sez. IV, ord.
nn. 4342 e 4346 del 14 settembre 2018, ove, in particolare, si è
affermato che è “irrilevante l’inizio della rimozione del tatuaggio”).
In particolare, è stato ritenuto che spetti all’interessato dimostrare
che, al momento dell’accertamento svolto dall’Amministrazione, fosse già
ultimata la procedura di rimozione e, conseguentemente, fosse in toto
eliminata la percepibilità visiva del tatuaggio, difettando altrimenti i
requisiti psico-fisici per l’assunzione (Sez. IV, ord. 2386/2019).
7.7. Sulla base di tali considerazioni, il Collegio,
con specifico riferimento alla fattispecie in esame, rileva che, al
momento dell’accertamento concorsuale, la commissione medica, come
risulta dal verbale della visita e dalla scheda allegata, ha descritto
dettagliatamente le figure tatuate sugli arti superiori (note musicali,
stelle e luna), ne ha misurato la lunghezza e ne ha valutato la
visibilità ovvero l’impossibilità degli stessi ad essere coperti con
l’uniforme estiva (polo manica corta);
7.7.1. Per converso, la candidata (ricorrente in primo
grado), al fine di dimostrare che già al momento della visita per
accertamenti psico-fisici tenuta in data 23 aprile 2018 il tatuaggio
risultava già rimosso residuando solo esiti cicatriziali sulla cute, si
limitava a produrre:
a) documentazione fotografica priva di data, dalla
quale si evince che la terapia medica di rimozione con laser, quanto
meno alla data della prima produzione in giudizio unitamente al ricorso
introduttivo (notificato in data 15 giugno 2018), aveva esiti positivi,
divenuti poi, quanto meno alla data della seconda produzione documentale
(23 gennaio 2019), ottimali;
b) certificato medico privato, con cui si attesta che
il trattamento laser per rimozione dei tatuaggi ai polsi destro e
sinistro aveva avuto inizio nell’anno 2017 e che alla data del 6 giugno
2018 poteva ritenersi “in via di conclusione”.
7.6. In definitiva, alla luce della documentazione in
atti, ferma la sussistenza di adeguata motivazione nel verbale
impugnato, non può dirsi che sia stata raggiunta idonea e sufficiente
dimostrazione del fatto che, come prospettato dalla candidata, al
momento della visita il tatuaggio fosse già rimosso residuando meri
esiti cicatriziali, atteso che, da un lato, le allegazioni fotografiche
sono prive di data e sono state prodotte successivamente
all’accertamento concorsuale, dall’altro, che la certificazione medica
versata in atti non è stata rilasciata da una struttura sanitaria
pubblica.
8. In ragione di quanto esposto, l’appello deve quindi
essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere
respinto il ricorso di primo grado.
9. La peculiarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello R.G. n. 4156/2019,
come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza
impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Alessandro Verrico | Luigi Maruotti | |
IL SEGRETARIO